Lista stampabile poesie
Portate fuor del canto il cuore grande
(lo porterete per il mondo?)
portatelo il fuoco di quando eravate piccini
portate soprattutto l’angolo di mondo
aperto all’infinito, che questo tempo sospira
e non conosce perché, stanco, non sa più cercare…
Portate McCarthy, l’essenziale e una strada infinita
e chiedetelo al tabaccaio di Delhi
da cui comprerete la Sim
di mandare anche una cartolina
Ravenna, 12-08-’24
Un figlio che parte
Se penso a tutta l’arte
e l’azzardo
che c’ha messo il tempo
per dire a me la strada del tempio
per farmi arrivare
tardi ma non in ritardo
a nuove coincidenze
Allora se guardo, se guardo
e mi commuovo
al sol pensier
che mai – mai m’ha lasciato solo
Allora la paura
– lei sì – è solo
un vecchio trucco da mestieranti
Il sole è ancora alto
Simone e Chiara. Ve ne andrete
sicuri amanti
per il mondo
con il dono profondo
dei vostri sguardi rasserenanti
Ravenna, 10-08-’24
E così il cielo
ha sorpreso la terra
quando chi ti ha visto nel fiume
ti ha salutato poi per strada
Per il resto hai sofferto
sotto il cuscino
perché il buio di fuori
lo era di più
E a testa alta
hai sperato
che lui non ti schiaffeggiasse
che fatalmente la favola non finisse così
La tua presenza privilegio
tuo pregio
mio immeritato fregio
Il rischio di non capire
che per amore della classe
ti metti sempre all’ultimo banco
Ma non è solo questo
non è fine a sé stesso
– è che le gioie –
s’incastonano sempre nell’oro della storia
Ravenna, agosto 2024
Si dice salita al cielo…
E son pendii
e planate di fiori
che ti vennero a prendere
Alianti in processione
infiniti
che s’impennarono controvento…
Al canto delle ancor giovani viti
Al limitare dei girasoli secchi
che ti avevano aspettato
in quell’estate di staffette
del novantasei.
Oggi come non mai mi parli apertamente.
Ravenna, 28° dies natalis Graziella Fabbri Lorenzetti
Bloccato nei pensieri
apro le urne
all’orizzonte
guardo scuro
il cielo nascente
che chiaro
Mi ridà
il volo, la vista
e credo che sarà
un giorno nuovo,
di riflessi superficiali e profondi
come un salmodiare – sussurrato del mare
Punta Marina, 16-07-’24
C’è solo una similitudine
amica lontana
nell’afa della pianura padana
tra l’uscire dalle solitudini
e rincorrere le abitudini
dei padri
a costruire e a ricostruire
E’ la sdrappatura del partire
del partorire e vedere andare
e rincorrere un po’ l’infanzia
un po’ gli alibi
quando è ormai troppo tardi
e il senso della vita
soffia sulla schiena con un brivido
Ravenna, 10-07-’24
Dilaga l’estate
e non è dato sapere
se sia più esteso
il mare
o l’amore di Dio in noi
Con i suoi colori
posseduti dalle luci
delle ore,
da sempre
Punta Marina, luglio ’24
S’è rotto solo quello
che si doveva
sono rimasti il fondo
e il collo di bottiglia
con cui il vasaio
rifà ogni giorno
l’anfora che non c’è
Punta Marina, 4-07-’24
Ti ho cercata
dopo la spianata delle idee
in un ricordo
di contese
in un pensiero
cortese
in un incontro
sulle scene
Allora
mi hai capito
spiegato
come una nuvola
nel cielo
che dicono
tuo manto, semplificando
per i bimbi che non mentono
E’ stato mare
e finalmente amore.
Pregare originario
quasi originale
e vario.
Di poesie popolari
– codici giochi ed endecasillabi –
e dalla riva ho imparato a guardar lontano
Punta Marina, giugno ’24
Adorare gli addentellati dei cuori
è avere riconosciuto – in partenza
la loro provenienza –
il loro essere dono celestiale
che distrae
e attrae
– come un elastico –
dei destini umani, all’unica meta
Punta Marina, 22-06-’24
Ci sono
mani forti di padre
che ti ricorderai
ci sono
cuori gonfi di madre
che ti scoppiano dentro
ci sono poi
attraversati i campi
del sapere e del credere
compagni e amici
per la vita e oltre –
Sono loro
le persone piccole e sagge
di cui non puoi più fare a meno
la speranza bambina
razionale e ardita –
sono dita che indicano le stelle
e cuori fortezza che danno coraggio
Ravenna, primavera ’24
Aperto mare ribalti il banco
non stai al gioco del mattino –
riapri come le estati lo scoppiettio
delle more ad agosto – riapri
il libro dei segreti e lo sfogli
neanche tanto di sottecchi –
chiama la trama al cabaret
e allora schizzi e poi fai dispetti
ammutolisci adoriamo. E immaginiamo
un prato dove basti anche per noi, forse
il fiato dei bambini, calpestato dalle loro corse
Punta Marina, 11-06-’24
Apertamente
come il mare ampio
trasparente
Apertamente
sarò di fronte
all’orizzonte come niente
Il mio essere parte
rianimato
a volte cosciente
del mistero
che cresce dentro
lo spaziotempo che ci è dato
Punta Marina, 14-05-’24
C’è una legge:
che ognuno fa per sé
Non voi due
No sconosciuta madre
anche se crescerete
Risale dal tempo
in evidenza
come la piccola corrente
Quel seno di mare
senza scogli
Punta Marina, 12-05-’24
E’ nuovo
come risorto
il giorno
che inclinato
su un piano
e poi su un altro
provvede
alla fede
di chi non crede
Punta Marina, 11-05-’24
Ti sento mentre mi se ne va
il fottuto sogno di essere io
a saper battere quel divino
ritmo che tu scandivi padre
con la mano contro il legno
del mobile svedese, non c’ho
mai capito niente e l’ho
sempre presa come una condanna
come se mi fosse negata
la musica classica e basta
Rivedo oggi popoli nuovi
nelle musiche che comunque
non intendo ma sento
libere virili forti
sarà ascoltarle senza batterne il tempo
Angelina, rondine e manna
Ravenna, 11-05-’24
Drammi e miasmi
dietro di sé
lasciarsi
il pallore
dei fantasmi
senza fumo di te
arsi
di puro dolore
Amo come rinato
ciò che è reale
Ravenna, 10-05-’24
I figli son libri
che andrebbero capiti
ma che non si possono imparare
a malapena
ne so qualche frase
avare
rare
da amare
uniche
come le pupille
e tutto il loro tradire
Ravenna, 06-05-’24
Ho ascoltato il battito
e il tempo del mio respiro
e ho atteso che ci fossi tu
universale
lei e poi lei
tutto l’amore per i soldati
ho ricordato la sposa
e le stagioni dell’amore carnale
e ho atteso che ci fossi tu
universale
tu e poi tu
tutto l’amore per le spose
e le mie rose devote
all’amore degli amanti sinceri
di tutti i tempi e i continenti
universale
Ravenna, 04-05-’24
Il tempo ricorda
il tempo assapora
le ferite di allora
la profondità
che non esplora
che non vuole più
Per loro s’è fatto curioso
e morboso
subisce eppure spazia
il tempo ricorda
e si difende
nelle ferite conosce il mondo
Ma il tempo porterà come una miss
la nuova ferita
della bellezza
da riposarne gli occhi
e da ricordare in bocca
all’imbrunire
Ravenna, 01/05/’24
Ti ho fatto conoscere il porto
ma fino ad allora si balla
fratello
figlio
Schiuma e montagne russe
c’è un volto di donna
ora qui
ora là
come a Samarcanda
Che ricompare
in uno scatto immortale
e ci fa girar la testa
più del mare
più delle onde
‘Tieni, tieni, scivolo
è tuo per un attimo il timone’
‘C’è acqua in coperta
ci spacca la nave in due’
Allucinazione o visione ?
lascia il timone !
e dammi la mano
che non scivoli:
la nave siamo noi
è questa la direzione
Ravenna, 30-04-’24
Matita che gli occhi incastona
dice cosa
non si spaventa
del cielo
che porta dentro
rincorrendone l’eco
Come un senso instaurato
definitivamente
dentro di sé
Ravenna, 27-04-’24
Se non fosse per voi
non mi resta stasera
una sola persona
con me fuoriuscita dal film
Solo pulviscolo della sabbia
e camminate strane
Poi capisco che quello strano sono io
che faccio il sogno
e dopo
non lo riconosco
nella timida unità
che pur si manifesta
Babbo Adriano che mi raccogliesti
a dieci anni dalla pedana
dimmelo stanotte
Sono ancora così fragile
crollo ancora
dopo la stoccata vincente
prima dell’abbraccio della gente?
Ravenna, 26-04-’24
E non capivo e no
da dove venisse
la voce veramente
La nota
sorpresa
e resa magistralmente
Nel suono disegno
e movimento
come un canto che ascolta
Ravenna, 25-04-’24
Non mi schiodo dagli occhi la tua canzone
che una dopo l’altra tiene lo sguardo sospeso
a un trucco a matita
La tua ballata un sorriso
che si srotola e domanda
le cose che impone cantando
Anche quando apparentemente dubita
del motivo
che ti porge da amare
Credi però all’amico
che non si perde più le parole e le note
il tuo frugare dolce e violento nel cielo del mondo
La tua voce non confondo con nessun’altra
nel mio pensiero disorientato spesso
– sappilo anche tu – dalle sue stesse eco
Ravenna, 15-04-’24
Cuore di Roma
piccolo e grande di chi
alle quattro di notte
si sbatte tra i cassonetti
senza svegliare
il sonno fetale
degli invisibili
di quelli finiti e persi
a farsi far la guerra
fino a scomparire
dalla faccia della terra
e a ritrovarli tra
le poesie dei dispersi
Roma, 4-04-’24
Maria, madre di Dio, vergine di San Luca, che hai riconosciuto Giuseppe lavoratore come migliore custode della salvezza, rendici collaboratori e custodi della tua opera nel mondo e vivremo nella gioia.
Accogli chi ingiustamente ancora muore sul lavoro e proteggine le famiglie.
Sostieni coloro che soccorrono e si prendono cura di chi è derelitto e nella disperazione.
Consolaci, salvaci, resuscitaci.
Così sia.
Suviana-Bologna-Ravenna, 10-04-’24
Hai un carattere semplicemente di merda
roba rara
nell’epoca dell’autotune
degli atteggiamenti
Però hai un’intonazione
che prendi stringendo gli occhi
come un gatto
E un’estensione
che se ne esce
come un canto di popolo
dalla miseria
Tutto
tutto semplicemente meraviglioso
Ravenna, 8-04-’24
Ho inseguito chimere
fino alle bestemmie
c’erano le lucciole
ancora tra le casupole
Poi a frantumare barriere
svenire e correre
lasciar perdere
e non ricordare di respirare
Costretto a riprendere
ancora cedere
senza amore solo dolore
o forse due in uno – ma di quello sordo
Ravenna, ogni giorno un barile
Non so più scrivere
non si dilata
l’interlinea –
sì l’attesa la preghiera
sì non cedere continua pur così –
a predicare a non ascoltare
a non fluttuare sotto le palafitte:
come una piroga
che sciaborda
che riflette il sound
di una musica tribale
Sto chiedendo adesso
nel mentre scrivo,
come se questo fosse arte,
al Liga – che ho giocato una vita
come Oriali –
non una poesia
per intero
ma un solo verso,
di quelli alla Del Piero,
per scatenare l’inferno
e ricacciarlo fuori del terzo anello
Ravenna, 7-04-’24
Il sole ora
sa dello stesso odore
del sale –
le vestigia dei molluschi
i legni del mare accatastati
cose lontane –
Labbra spalancate
per bere anche il ghiaccio
che goccia dentro di sé:
l’aperitivo
e l’andamento discorsivo
di un tempo inaspettato
Punta Marina, 6-04-’24
Cielo che tuoni calore
e fulmini il colore
sulle pelli rugose
e vigorose
Nella chiesa Riparata
che ora si popola
qui a fianco
tra i tavolini
Terra del Sole, 5-04-’24
Va’ forte piccolo grande treno
sottobraccio al suo gomitolo
mica e unica lo sai
e lo prendi al volo controvoglia
ma sali come dite voi
quante volte ancora magari
dovrai non salire più al Nord
verso altri destini
Sarà perdersi nell’attenzione e cura
la tua statura vede le cose così
sarà amore che dura
come solo l’amicizia
che ci fa tutti emigranti
amanti stretti a nuovi orizzonti
Roma Bologna, 4-04-’24
Vermiglio cuore della notte ancora nera
del grido soffocato
al canto di miserere
A te sollevare la pietra
a me basterà la tua carezza
e io che temo e io che tremo
Goffo ti offro il peso
che sorridendo tu fai leggero
Tu mi sorridi
e doni al mio cuore gli stessi palpiti
Gli infiniti candori
sorpresi
degli amici
Ravenna, 31-03-’24
C’è non tanto una parte
no non di me
forse del mio segreto spartito
un vocabolario
un inconscio tinto
di osceno
come i capelli corvino
che si fanno i vecchi
Ed è proprio lì –
cioè che continuerò
a tingerli sul sacro viso
del cuore nostro
la nostra fraternità
con un istinto mortale
che mi accompagnerà
vita natural durante
E solo il vino della passione
ubriacherà del suo rosso profondo
di dimenticanza e perdono
il nostro cuore
e la nostra fratellanza
e ci addormenteremo infine
con le nostre fermezze e fragilità
sotto le stelle – che come le donne – non hanno paura
Ravenna, 29-03-’24
L’amore è una frana
ti stana
poi ti sbrana
ti fa a pezzi
come i pettegolezzi
ha i suoi vezzi
ti benedice
ti maledice
ti interdice
ti spalanca
ti fende l’anca
l’anima manca
credevo
vedevo
mi illudevo
di governare
di immolare
sulle are –
sacrifici
e gli artifici
dei raziocini – –
Era la cordigliera,
semiseria,
di amici la sera
Ravenna, 28-03-’24
Noi invece ringiovaniremo
come il Volo adesso
rondini simili a piattelli
sfuggiti ai fucili
Ci armeremo
di fragili ali
che ci doneranno i cieli
umili e liberi
Veri come loro
riusciti presto ma ragazzi ancora
quasi non ci fosse più tempo
Questa volta
il volo d’ottobre
aspetterà
Ravenna, 25-03-’24
Il mare
non invecchia
sulle rive
come noi
sui corpi
e sulle anime
Noi sappiamo
alfine
cercare un senso
e passare
i giorni nostri
raccontandolo al mare
Porto Corsini, 24-03-’24
Apriti cielo
invadimi
dice la scrittrice
dalle forme prorompenti
Così usa le sue arti
per farsi amica
la musa
di cui si finge meretrice
E di chiosa in chiosa
spiega
che lei crea spazi
per il cielo
Come un dono non so
dai modi suadenti
indecenti
un’apertura solo intuita – infinita
Marina di Ravenna, 13-03-’24
Yusuf è un bel nome per un gatto
non c’ho visto niente di male
in quegli occhi – anzi
Uomo europeo dei nostri giorni
un po’ greco un po’ svedese
e la legge britannica
Ho amato il tuo farci sentire
il cambio di tono dei figli
aldilà delle parole
Ho amato il tuo averne cinque
e accettare la differenza
un po’ come una conversione
E ho pensato che tutti qua
come nella tua canzone
ci sorprenderemo
A tirar fuori e a modulare
il tono
dei figli di Dio
Ravenna, 11-03-’24
Il desiderio non è i desideri
il desiderio
ah il desiderio quello vero
non è però etereo
C’è un desiderio che è eterno
e non è etereo
è quello del cuore
e dell’amore
di quell’utero spaziale
che fa appena in tempo a pensare i figli
– come Dio
e già se li immagina nel mondo
un po’ come una lotta con se stessi
di dar la vita e vederla partire
Un po’ come in quelle canzoni
in cui i cantanti
cantano con il cuore in mano
Ravenna, 10-03-’24
Irama lo vidi allora
con Simone
il ramo da cui tendo la mano
Ci sembrò dicemmo
un nuovo Tiziano
Ora non più esile e garbato
però ancora timido
un giovane bel tenebroso
che è roba rara
Canta con o senza musica
come se ciucciasse il capezzolo
di tutte le mamme
e bevesse whiskey con John Wayne
Ah quei riccioli biondi iconici
il muso duro
e il volto futuro di lei
sai da Oriente di sandalo e di muschio bianco
Saprai la giovinezza stremata che grida la propria rabbia?
Ravenna, 8-03-’24
Chi ha ritenuto di liberarmi dalle paure
quasi fosse un esorcismo
di quelli cruenti
Chi mi ha paragonato ai cani vili e lecchini
latrati imperiosi qui sotto casa mia
e i cani attorno alle mie carni con la loro faccia
Non so ognuno ci ha messo quella con cui guarda Dio
o invece quella vile che si lava i panni
nell’Arno del gruppo
Avevano una giusta causa forse
chissà magari lo dirà la storia –
tranne che si sarebbe potuto fare gentilmente
Ravenna, 7-03-’24
Rischiare tutto
anche la dignità
gli affetti più cari
al buio sempre al buio
sai che divertimento
per fortuna che c’è
questo vecchio vinile
e quei due cow boy
di Tom Petty e Bob Dylan
La realtà chiara
a cui dire di sì
knockin’ on heaven’s door
che allora
dico di sì e più ancora
alla mia mania e maniera
di rischiare tutto
bussando
e aspettando
Ravenna, 26-02-’24
I trattori sono carrarmati di pace
colonne che non vanno a Rafah
allevano, coltivano, ci provano
e a Sanremo sarete come Allevi
che di lì si vedono il mare
e le terrazze dure da coltivare
all’Italia dei cantanti chiedete
di riunirsi in coro come per risorgere
Ravenna, 7-02-’24
Lasciava la nave
scivolare via
come
il vento si fosse
preso il timone
e non avesse
altro da fare
che assecondare
che seguire
la temperie
del giorno
e della notte
alta la luna in cielo
a mezzanotte
a mezzogiorno
le correnti e le maree
amare di alghe
di terra
e dolci al largo
tra coperta
e sottocoperta il timo
e il rosmarino
Ravenna, 7/02/’24
Già si inizia a parlare
del ritorno delle rondini
e vorremmo poter dire
che siamo pronti, che siamo felici
Nessun dono di grazia
più ci manca
che ci faccia convinti e decisi,
ma una cappa spegne i sorrisi
Il potere non ce le farà vedere
arrivare,
ammirare
Eppure non c’è pensiero più umano
quando si apre il cielo
a gennaio
Ravenna, 31-01-’24
Ho sfondato sono stato risucchiato
da un imene del cielo
nel Suo cuore
come se fosse da sempre
Frementi palpebre
nel volto quasi sacro
finalmente
nudo e sereno
Erano i tuoi occhi
segno di terra che sa di eden
e dicevano –
l’impegno prendilo con l’azzurro
Ravenna, 29-01-’24
La politica è il vertice della carità, papa Montini. Per i Greci la polis era basata sulla virtù dell’amicizia. Si potrebbe dire oggi che l’amicizia è il vertice dell’umanità. E’ la modalità di rapporto più consona all’umano che vi sia. Essa è anche l’espressione più limpida della giustizia nei rapporti sia dal punto di vista sociale, sia dal punto di vista politico. La base di tali relazioni è nelle relazioni personali. E’ da qui che si impara che l’amicizia non è in balia delle proprie pulsioni e risentimenti, e che se nasce dall’incontro di due soggettività, poi si oggettiva in una sorta di terzietà della relazione stessa, che libera i soggetti dallo scetticismo e dal cinismo, cui porterebbe la considerazione dei limiti posti alla purezza del reciproco desiderio di unità.
Una lealtà, una durata, una benevolenza, una generosità sconosciute si manifestano nel tempo. Questa oggettività del rapporto, possibile particolarmente nella maturità, non teme anzi esalta l’originalità di ciascuno, che trovo significativamente fondata nel personalismo cristiano.
Ravenna, 26-01-’24
l’alba
sul ciglio
al campo
e presto alla nuova stagione
cui andiamo incontro umani
e nel nostro giorno scontato
delle sorprese senza fine
degli incontri più belli
morti mai
abbiamo sempre amato
è crepuscolo dell’alba
Ravenna, 20-01-’24
tra le lampade della notte…
Non è una rivincita il tempo nuovo
Frustrazioni passate
un giorno avranno solo
il nome del dono
Il presente invece fiorite
come sulle strade del Sud
E tu Mistero
aldilà delle litanie
scompiglierai le nostre composizioni
e darai vittorie
a ogni fiore di amici
nel cuore del mondo nuovo
Ravenna, 14-01-’24
Non esiste il tempo bisecato
rigenerato dal calendario
non resiste ad ogni nuovo giorno
Esiste invece il tempo parallelo
il tempo sottostante
redento dal Regno
che avanza misteriosamente
E che comprende ogni sincera
promessa di compimento
Ravenna, 1°-01-’24
Io ho creduto nella morte
come lamiere di aereo contorte
ad ogni fiore del Giappone
avevo obiezione
lapidaria dal ghigno sarcastico
Ma veramente è la cosa più reale
che c’è (?) dominatrice imperiale
Poi ho visto samurai
la dignità scomparsa di padri che sai
che avevo già perso
per la loro volontà di mandarmi verso
dove mi sarei figurato
al profumo di mia moglie e dei suoi fiori
un po’ Parsifal e un po’ Pascal
La morte non morde più l’eterno viaggio
Ravenna, 2-01-’24
Io amo chi amo
perché il bene
a volte è nel sangue
Con te poi ci tagliammo
le vene e unimmo i polsi
più che darci gli anelli
Io amo chi trovo povero
fuori del Lidl
come adoro Lil
Io amo
chi non amo
perché Gesù vince
Io amo le donne
scoperte
tirando la tenda della vita
Io amo i ragazzi
e i loro sguardi alti
aironi che s’alzano anche d’inverno
Io amo con tutto me stesso
quelli che nonostante tutto
adorano l’alba e lottano tutto il giorno
Ravenna, 3-01-’24
Il nostro amore di father e di son
è come la nota di un diapason
singolare e assoluta
voluta
Ma che c’entra con la tua ballata
con il mio adagio?
…
E’ che la risonanza
delle carovane
…
nelle oasi
lontane
…
perfezione
del nostro deserto interiore
…
nasce dai roveti
dai rebbi
…
e trasmette
cristallina
un non so che di sorgivo
che serve
a dissetarsi più che all’acqua
al suono stesso del suo zampillare
Ravenna, 29-12-’23
Io non ho ritmo
ma sento il ritmo
è una maledizione
sentirlo e non prenderlo
a cantare a far l’amore
Ma ci sono amori e voci
che ti sorprendono
perché il segreto del ritmo
è che quello giusto non è mai il tuo
e forse nemmeno, solo, il loro
Ravenna, 28-12-’23
Non resta che l’amicizia, credo
e non altro
quella che non sa quasi niente
dell’altro
e ormai si nutre solo della sicurezza
di ciò che è accaduto
del soave pensiero che niente è finito
che – benedizione – ci sei
così diversa, così diverso, inarrivabili
gli attori della mia compagnia,
ma si sa ogni compagnia si scioglie sempre
e mi diverte seguirne le strade
Signore dammi sempre un’iride come oggi
in cui giocare, in cui amarvi
e per sempre più di me sentirvi importanti
Ravenna, 25-12-’23
E infine ho pianto sulla mia confessione di impotenza
sul mio delirio di onnipotenza
ma l’ho fatto veramente, sconsiderato e bambino,
chiedendo una fine che albergasse il fine
in una Betlemme universale
Più sentivo il sale delle lacrime
no, non di suggestione,
ma quelle delle arsure di ogni giorno
Più vedevo il mescolarsi e il rifarsi
della realtà – nella storia della sua rinascita reale
Ravenna, dicembre 2023
Estrarre pozzi petroliferi da inconsce visioni
rifare senza farli cadere i segreti dei puzzle
usare come quaderni a righe quelli a quadri
amare l’inconscio, tenere i segreti e destrutturare
E poi scendere vecchio portiere
a prendere il regalo di un altro
metà scherzo metà piacere
Perché prima di Natale sarà garbino
e spazzerà via i pensieri amari
Ravenna, dicembre 2023
Basta (!) voler vedere un incubo
in ogni sogno
in ogni ricordo
in ogni accordo
Ché se il tempo
non è uno Stradivari
è invero – un galantuomo
Ravenna, dicembre 2023
Da Gaza
a Villastanza
le chiese
offese
esalano fumi
e residue speranze
lasciate da famiglie
divise
e uccise
Ravenna, dicembre 2023
Ho creduto in una corsa folle
di poter vedere da vivo la fine del tempo
l’amore sociale, l’unità dei popoli
e ho confessato a me stesso
forse un desiderio più che una presunzione
Ma adesso che l’imponderabile
e nemmeno il giudizio universale
soddisfano l’animo
non mi resta che la passione
sconsiderata e bambina per la bellezza
Ravenna, dicembre 2023
Se qui a quest’ora
m’incateno alla circostanza
e poi prego per voi
Si fanno show il limite e il tradimento
e al tempo stesso la grazia
che ci viene donata
Conquistata senza calcolo
più che altro scoppiata dentro all’improvviso
come se il tuo viso fosse l’unico
Ravenna, dicembre 2023
E così questa appartenenza totale
esiziale
esistenziale
comune straordinaria e normale
sbatte ai cancelli dell’attesa
come ai magazzini
del black Friday
Da terra vien su un calore
di tappeto persiano
di cammelli
e storie tenere e rarefatte
nelle teiere
Chissà cosa si beve
se succede che l’attesa non è più pretesa
Ravenna, 13-12-’23
Riposa…
cosa?
Il seme profondo,
tutto il cielo grigio
e la terra spoglia.
Adora nel silenzio
l’uomo che sa
essere sacra –
la suzione –
da un seno nascosto
Ravenna, 13-12-’23
C’è una voce rotta
che è andata al fondo
c’è una vocina
che chiede approvazione
sono le donne e gli uomini
il grido delle ragazze del mondo:
si può stare in superficie
senza vedere la realtà
(a prescindere dall’età)
si può stare male
si può non sapere
a cosa davvero sia servito –
eppure andare in scena
tra le iene e gli amici
e vedere ormai
come tutto sia reale
– tu sei fuoco
finalmente non fatuo
tu sai ardere e non consumarti
ricorda
come un camino
come una tentazione da evitare
che quando si va a fondo
non si vede il fondo
Ravenna, 12-12-’23
E’ invivibile il dolore relativo –
per i familiari
e per le guerre
per una notte senza stelle
Senza proporzione
e anche porzione
di una buona bottiglia
di vino rosso
Solo il dolore
assoluto
il sonno della ragione
l’assenza di Dio –
mancanza sproporzionata e totale –
ritorna a dare
il peso capitale all’amante
all’istante più vicino
Ravenna, 9-12-’23
Notte tutto è notte
non perché lo sia
e non posso saperlo
a quest’ora qui
ma perché lo è stato
profondamente
e ora che aspetto forte
l’alba e il suo saluto
il freddo ancora non mi lascia
Ravenna, 9-12-’23
hai abbandonato
la sala tu
questa sera
lasciandomi tra
la tentazione del niente
e il bisogno di tanti
o forse – di uno
Ravenna, 06-12-’23
Lil Jolie è il ritmo
dentro un unico nome –
è il battito incredibile
delle tue palpebre di musica.
Sono preludi del cielo sugli occhi
man mano che canti,
il timbro che desidera
un’eco lontana dal forte ritorno.
La bocca che disegna
come una bambola assetata e poi –
soffia il gatto arrabbiato
e un altro in amore.
E’ la tua sete che diventa voce – irresistibile.
Ravenna, 1° dicembre 2023
Prospettive
di lustri diverse
lontane fanno festa
Le grand’imprese
umane e sportive
sono le vite costruttive
Milano, 26-11-’23
Quel secondo Set
tutto sbagliato dicono
non lo è stato affatto
E’ stato l’atto di umiltà
di chi sa,
di un giovane già grande
Giocare al gioco dell’altro
prima che fosse troppo tardi
quando saresti stato troppo stanco
Portarlo al tie break il russo
anche nel set dei servizi maledetti
e del gioco da fondo campo
Vincere è quando imponi il tuo gioco
ma anche quando subisci e soffri
quello altrui senza capitolare
Nel terzo quando sei tornato al tuo ritmo
hai accettato e fatto tuoi anche i rari
scambi dal fondo
Così campione, maestro
questo sarà solo un capitolo
di una storia di fatica e di intelligenza (- di gloria)
Ravenna-Torino, 18-11-’23
Credi al cielo figlio mio
che ti fa stringere gli occhi
e poi ti fa sorridere,
stringiti a chi ti ama
forte e tenero
Credi al cielo anche quando
ti risvegli
sotto nuvole a grappolo,
che sputano
sangue carminio
Credi alla terra promessa
come l’hai vista
con la mira ferma,
nell’avanscoperta del tuo cuore
fatta nella tua matura giovinezza
Non sputare sulle erbe amare
raccogli le persone rare
lascia che altri si scannino per il litio,
vedrai polvere di terre chiare venire dalle stelle
e il presepe che non si potrà mai più saccheggiare.
Ravenna, 12-11-’23
Viene dall’alto la forza che danza
viene da fuori la voce che ritorna
ama la terra l’incerto legamento
splendi tu solo, risplendi su colei
che è cuore nel petto e coraggio
Quando sei nato, la melanconia
mi ha lentamente abbandonato
Cielo che vivi di contrasti antichi
e ti rifletti atlantico sopra il mare
Miracola ogni bimbo in pericolo
Ravenna 11-11-’23
Stenta
manca
strana
e poi contenta
L’anima
si svela
e prega
la mattina
Ravenna, 9-11-’23
E’ solo un amore umano
quello che ci diamo
Ma tra tutti
non riesco a capire Dio
cosa se ne faccia
Forse lo ripagano
quei poveri
che si squagliano
quando lui li abbraccia
Ravenna, 4-11-’23
Per te sì
ho percorso tutte le strade
temute e tremate
al gocciolare dei vetri
mentre ricoprivo
gli infissi acuminati
di alluminio
della casa di via Milano
a Bologna
Ora non sarebbe da dirsi
ma sarebbe da credersi
percorriamo quelle possibili
tra Ravenna Bologna e Milano
chissà poi –
sono quelle solite
le solite volte
le solite svolte
miracolose
Ravenna, 3-11-’23
Ho amato il tempo delle notti
lo spazio tra i sogni
l’immobilità del pendolo
e la furtività delle gatte
Ho ceduto al disordine
dei pensieri e delle cose
ai ricordi, al piacere
e alle preghiere
Ho chiesto compassione
e perdono – il breve tempo
di ricapitolare prima – prima delle ore
fatte per ricominciare
Ho considerato così un privilegio
questo favore delle tenebre,
non ho mai onorato tanto la circostanza –
lo spaziotempo tra le palpebre
Ravenna, 22-10-’23
Fuori della navicella
andavano a braccetto
la rabbia e l’adorazione
Si incamminarono a piedi
tra le mine
l’una tenace
l’altra perspicace
Parlavano tra loro
fitto fitto
perché da poco
si erano ritrovate
Si sarebbero servite
avrebbero studiato veloci
le movenze l’una dell’altra
e non sarebbero più state
in scacco…
Ma non avrebbero
mai più chiuso
in un giudizio lapidario
in un gioco sadico
il tramonto del mondo
senza aspettare l’alba
Ravenna, 12-10-’23
Ho solcato le mie stanze e poco più
Ma so qualcosa della vita
Del dolore che non mi hai tolto tu
E dell’amore di una bambina
Oggi sbucando dalla via mi sei apparsa
a Barbiano
sai dicono sia una farsa
il nostro affidamento così strano
Il popolo cristiano
e lo stesso Francesco
che andò dal sultano
tutto questo è ridicolo o pazzesco?
Noi siamo terra a terra
siamo scaraventati
dalla guerra
in ogni dove spaventati
Dicono che l’Occidente
non conti quasi più nulla
nel Medioriente
che fu anche la nostra culla
Pregheremo dalla Lourdes di Barbiano
perché è solo una statua
e quel che conta è che piano
salga dai cuori non una Fatwa
ma un’offerta semplice
dei gesti
e dei rapporti complice
lo spirito diffuso dai palinsesti
un movimento spirituale
incontenibile per noi
la miglior epoca occidentale
per voi
belligeranti quanto ancora violenti (?)
ebrei e palestinesi entrambe perdenti
senza un miracolo di Maria
della pace regina
Barbiano di Romagna, prima di andare dal fruttivendolo
Così finiscono le stagioni
con una condanna
A ritornare
senza speranza di cambiare
senza voglia di immaginare
Che possa dare Natale
una luce più estiva
di Ferragosto
In fondo gli uomini
conoscono due novità
la nascita e l’amore
E queste attraversano le stagioni
con una promessa
non di costellazioni
bensì di universi
Persi nel movimento eterno senza ritorni
Marina Romea, 13-09-’23
Disegna, settembre
un volo
a giorno
una costellazione
Che è canto
ed è miracolo
Il vigore
della brezza
– di mezzogiorno
Un altro mare
una nuova stagione
Forse per poco
non la vede,
se la contempla
Marina Romea, 11-09-’23
La mano sulla sabbia
e l’abbraccio della carne
toccano terra insieme
proprio nel loro essere
commozione
e in qualche modo perdizione
Marina Romea, 9-09-’23
Ascolto Poster
e non riesco
a scappare
Voglio soltanto
non perdere
nessuno sguardo
Che storia
e credevo di
essere emotivo
Andare lontano
è abbracciare adesso
tutti quelli (che)
Ravenna, 8-09-’23
Silenziare il possibile
per sentire l’indicibile,
smetterla con l’utile
e risentire la tua inutile
insostituibile vocina
Come ricordare una regina
rifare storia
la nostra – così particolare –
oltre la crosta
non commestibile,
il frutto mitile
preservato nel tempo spremuto
dall’impossibile,
che posso dire?
Marina Romea, agosto 2023
E’ il nostro cosmo mare
o è il tuo corpo sole
che ci ha fatto innamorare?
Marina Romea, estate 2023
Certe giornate dimostrano
che son le nuvole a far vedere
a dispetto delle delizie del sole
Sono miglia marine
che si misurano in battiti di ciglia
e capanni scuri non più rarefatti
Son cieli cupi
come quelle persone che sanno…
e forse per questo sanno aspettare
Marina Romea, 27-08-’23
Stamane appare la fine
che dicono vera
di tutto, cioè del niente.
Nel riflesso che non brilla,
ma straborda
nella lattigine del cielo
che inganna
e forse l’ha fatto
per tutta la stagione
Nell’afa si chiude ogni poro della pelle
Marina Romea, 21-08-‘23
Accade sempre d’estate, ad est
che si compiano gli anni
che se ne veda
la sete
e la fonte
la speranza a se stante
La trasfigurazione,
le abbronzature
sopra le scottature
Le visioni
carnali e celestiali
che paiono compiere
il quadro dell’esistenza
Ma non te lo puoi portar via.
Ha la cornice dell’orizzonte
e il vetro smeriglio
delle correnti marine
Marina Romea, agosto 2023
Naufragi ce ne sono stati
nella nostra giovane compagnia
anche per la mia
inesperienza di padre
Non credere quindi
alla scienza delle company
Sii leale piuttosto
al tempo e all’intelligenza
che si consumano
senza morire mai
Prendi il timone tu
ma sappi fermarti
sulla soglia
di ogni cosa
E chiedere lumi da dentro
come alle trasparenze
di un antico tempio sommerso
Marina Romea, 13-08-’23
C’è un’isola di luce al largo
spargi la vita attento
di lumini intermittenti
che portino a lei
Rischiara non solo il tuo cammino
di figlio
ma è il nome più chiaro
che si possa mettere – a una figlia
Sei tu piccola
che cerchi la casa del cuore?
La strada è tra mille conchiglie
di cui alcune fanno male
Non ti distrarre
mantieni il sorriso
il tuo bel viso
si orienta già nella calura
Ora voltati
quell’isola di luce al largo
è il tuo sguardo
al mondo che farete
Marina Romea, 11-08-’23
Fa’ in modo di non farti
dimenticare dalla vita
ma non tenerla stretta
come una sigaretta tra le dita
…
Sarà sempre lei a sedurti
…
Tu chiedile però
le briglie
del ritmo
di un sax
…
Che ti lascerà ballare libera
Marina Romea, 4-08-’23
Alleggerirci
delle fisse
le strane eclissi
Le presunte offese
della ragione
E non andare
più a puttane
per difenderci
Come se noi fossimo
tutto questo strame
Mandare un bacio
a coloro che a modo loro
per noi hanno rischiato
Di mostrarci ciò che non vedevamo
e aprirci gli occhi un poco di più ancora
Ravenna, 3-08-’23
E’ docile
e preciso
come un fucile
ormai l’amor mio
Umile
fammi
come Te fino al limite
che tutto rendi possibile
Ravenna, agosto 2023
Non avevi
non copiavi
scusami
la voce roca
Chiamavi
suadente
dai cieli
al telefono
ieri sera
in sogno:
‘Ho visto
che ti sei sciolto…’ Cosa?
E mi sembrasti una vittoria
sicuro di te, la favola mia…
Ravenna, 1° agosto 2023
E’ uno squilibrato amore del destino
che ricolma i rapporti
di una misura
di tenerezza
Senti il vento da dove arriva?
Ti indica soltanto una direzione
profumi d’oriente
e una nuova temperie
L’uomo sperimenta
L’uomo è il supremo giudice
di quella tenerezza
di quella temperie
Ma solo nella nuova terra
solo dopo essere stato strappato
solo al vaglio della linea dell’orizzonte
tra la terra che implora e il cielo che impone
Marina Romea, 31-07-’23
Si dice il mare
e si vedono le persone
si chiama Romagna
Il mare ci prova
nelle giornate di scirocco
a dire lo scopo infinito
di tutto questo brulichio
anche di quel barchino
che è il nostro cammino
tutto fisico
tra il conversare metafisico
e il cuore che abbraccia un mare di io
Marina Romea , 30-07-’23
Al tornare delle vite
in questo locale
in questo bar del tempo
dove ci confondiamo da sempre,
erano altre case
ma è la stessa
e ci chiamavamo (dalla tua infanzia)
amico (a dispetto di Crepet)
Ora viviamo liberi
tu la mia
e noi eternamente uni
laschi come una vela che va
Qui non si crepa più
di ruoli rigidi e solitudini
ci si ama soltanto
quanto
Scoppia l’amore
per il mondo,
le ferite mortali subite
e subito pronti alle risalite
Che saranno letali per il male
Ravenna, 29-07-’23
Ascolto
e non so
se per te che sei
più viva che mai
senza poterti abbracciare
per un solo attimo
si spezzi il cuore
o se si spezzi di più il pane
dell’amicizia
per gli incontri di tutti i giorni
Tremo con te eterna
mia piccola ispiratrice
di essermi condannato
da me stesso
alla tua intangibilità
Non sarò mai grato abbastanza al candore
che mi hai regalato
Ravenna, 28-07-’23
I tuoi capelli biondi
arcuavano
come sacro oro
il cielo
nei colori
del sole
I tuoi occhi verdi
insieme fieri
e profondi
vedevano
senza guardarlo
il mare sincero di oggi
Il tuo giorno di festa
risplendeva
in te
levigata e sensuale
ai suggerimenti
degli elementi
Marina Romea, 27-07-’23
Se vedessi con i miei occhi
distesa
la volta ancora accesa
su di me
compresa dall’orizzonte
non sapresti più dare
lo stesso valore allo spazio
Aperto d’ogni dove
amato a cielo aperto
scoperto
solo dove – l’onda rompe
Marina Romea, notte di Sant’Apollinare 2023
Scotta il metallo di questa bagnarola
sogni il destino di Balotelli
e hai ancora i coltelli
quelli del deserto
sotto i piedi
Gli occhi dell’aguzzino
la tua donna il tuo bambino
la Libia la fibbia
c’è posto piuttosto
per te in questo mondo?
Canto l’Italia che discute
ma dispiega la guardia costiera
getta una cima
ed un grido di aiuto
finalmente per te
Lampedusa
davvero non sei la più piccola
direbbe la Bibbia
tu sei la nuova Betlemme
dove rinasce a brandelli – l’umanità
Ravenna, luglio 2023
Hai l’iride negli occhi certe volte.
Renditi conto del perché
e di quanto tu sia bella
quelle volte
Io non so, di certo non so
quale sole
tra i rapporti talora aspri
ti si pari davanti
Ma soprattutto come in te possa restare
dominante il sole interiore
che seduce il cuore di chi ti vede
Ciò che vedo io con evidenza solare
è che questo luogo interiore, quello di ognuno
non è altro che il luogo creativo – di Dio assieme agli uomini
Ravenna, 9-07-‘23
Avevamo un appuntamento
forse
da molto o da poco, tempo…
Alcuni ho amato follemente
altri ho temuto
ma tutti
sono alle porte della vita
che non conosce il gioco
della selezione naturale
Ti aspetto amico,
amica giornata terrena
vivrò – contro i nuovi guru – nell’aspettativa
Ravenna, 8-07-’23
Furore
nel vedere
perdere ogni vicino
Allontanarsi
per fare non so quale gioco
Che da bambino
non ho potuto imparare
Perché ceffoni
a tradimento
ne ho presi poco o niente
Marina Romea, 3-07-’23
Le sere qui
Paiono riaffacciarsi
Quelle luci di sbieco
Che mi fecero – trattenere il fiato
E crescere – con il cuore sospeso
Ravenna, 2-07-’23
Fiore
che ho perso
nel tuo altrove
Con te cresce
lo stelo
Mistero
servo
per cui le dita
ho aperto
Come i petali
da non cogliere,
astanti
in allegro
cerchio
Marina Romea, giugno ’23
Certo Tu sei tutto
e tu sei tutto
ma nel brulicare
della spiaggia
e della passeggiata
non si disperde
l’essere uno (del cuore)
solo uno
nel sì ad ognuno
Marina Romea, giugno ’23
La plancia
di una lancia
pube amica
e lucente
ammainata
Al largo
ancorata
nel teso
promettere
da granelli
e gocce
Di portare
chissà dove
i pensieri
riordinati
…
Così quando
ti mostri
sul fianco
appari nuda
e trasparente
…
Lo scirocco
totale
e costante
rende veritiere
le promesse più strane
Marina Romea, 27-06-’23
Ho perso per te il senno
solo tra certi brevi declivi
di Gabicce e di Montepaolo. Vi sono
poi ritornato
per crederci di più
La Romagna
sa dare alle ginestre
al loro stringersi
verdi steli:
intrecciarsi
per esporsi
ai cieli blu
gialle
mediterranei
e amari
come le erbe intorno
nei giorni
di alluvione. Risorgerà
sulle frane
tra le disgrazie
la nostra età
Ravenna, 24-06-‘23
Oggi il mare è confuso
e ogni onda è un sopruso
dell’idea precedente
delle chiare
bianche
tante risposte
che il cervello inutilmente
si dà
Niente resisterà
alla serpentina universale
al rumore di fondo
che abbaglia e travolge
la volta celeste
e il nostro piccolo
eppur
predestinato mondo
Marina Romea, 24-06-‘23
E’ questa lontananza
senza speranza
è questo spacco
che si apre al sole
il pensiero acre
che non dà pace
e creando
ferisce tutto
Algoritmo guastafeste
della felicità
Marina Romea, 23-06-‘23
Cosa ahi sentito (?)
colpisci
allora cosa hai sentito (?)
colpisci dunque
anche noi siamo
arrivati fin qua
con imbarcazioni di fortuna
la strada
e quasi la maggiore età
Tu Frederick fendenti e fiotti
fino a morirne
(Ora un destino si fa breve
e due chissà, se lunghi abbastanza)
Tu colpisci
Colpisci dunque
sia per ira, sia per accidia
Ma poi perché?
Un vagabondo?
Dicono ‘clochard’
Aveva viaggiato tanto però
per venire a morire qui
Cosa vale tutta questa strada?
Cristo,
povero cristo
il tuo diploma
il tuo essere umile
e servizievole
Cosa è questa sorte
quella che finisce qui
(finiscilo!)
Che finisce oggi in questo modo
in questo mondo
così, come, quanto? Lo sai solo tu
Ti sei infine –
solamente,
infinitamente
– sentito
tradito
Ravenna, 21-06-’23
la canzone di quando (ho sofferto)
come altrove dice
ci vorrebbe un’àncora
Le sue grazie
non sono classiche
piuttosto straniano
e ritornano in sé
come le sue amicizie
Corrodono il livore
con l’amore
svaporato nel mattino
e restituito a pomeriggio
dalla lieve brezza del mare
che leviga
La pelle tua
amata piaggia
Marina Romea, 19-06-’23
La seduzione
ci portò in un luogo
che fu rivelazione
La recitazione
rispose a un mugugno
del loggione
La primattrice
di pianto in incanto
ci fece stranamente amici
Tutto il teatro
a distanza
si interrogò sul carnale e sullo spirituale
Fuori copione
il nostro mondo reale
scoprì nuove battaglie
Il sipario sulla scena
– dicono –
non calò mai…
Marina Romea, 17-06-’23
Ho visto una sponda bianca
come di un’imbarcazione
ed era soltanto un’onda
ormai a riva senza pietà
Senza albero né vele
o motore, così
si è aperta davanti a noi
quella stiva di umanità
Chissà che ne sarà?…
Egeo-Adriatico, 17-06-’23
E’ sempre lei
la stessa di sempre
Resa nuova
dagli incontri
Urla dentro
come un vulcano
Dalla sua bocca
estiva e fremente
Senza sosta
con ogni tempo
La vita
che chiameremo eterna
Ravenna, 8-06-’23
Vorremmo, vorremmo
aver studiato l’enciclopedia
come Fuschini
Non dover cavalcare
a vuoto i fogli
soffiati dal vento
delle parole
del Verbo
che noi chiamiamo mistero
Su cui è sospeso
ogni pensiero
e la sua ridicola formulazione
o perché presa alla lettera
o per la pretesa
di essere perfetta
Il pensiero vano
il pensiero vago
il pensiero umano
la parola frale
e sospesa come un caffé
Verrà un giorno sul Golfo
che tutti parleremo napoletano
Marina Romea, giugno 2023
Travolto dai rimandi di volti unici
che sento amici
mi attrae
l’amore universale
Maggio 2023
Come uno schianto
del tempo
tra l’asfalto
e le nostre amate terre
fu il cielo in persona
ad irrompere
e non la tua auto a sbandare
Forse,
come non mai dolce,
dentro il groviglio di lamiere
quel materno abbraccio
che tanto e tanto desti:
ti rapì
fu così
Quando l’eterno fiume della vita
vuol far conoscere
una nuova fertilità
può incredibilmente rompere gli argini
in collina, in campagna e in città
Avremo perso foto irripetibili
non amici unici, non noi stessi
Ravenna, 26-05-’23
Abbiamo un Dio che fa le cose
gli uomini
la natura
e poi le lascia andare
Continuando a crearle
istante per istante
non più a dirigerle
a suo piacimento
lasciandoci –
lasciandole
– libere
Viscere
eviscerate
strazio
e strappi
urlo sordo
e terribile
a chi può gridare Dio?
Con chi parlerà Dio
al bar dell’eterno?
Chi noi preghiamo (?)
quando lo preghiamo
per le nostre terre
e vallate
e cantine
e piccoli ricordi
Noi preghiamo la forza di pregare
Noi respiriamo la forza di respirare
Noi gridiamo la forza di gridare
contro l’urlo dissennato
del cielo diventato tropicale
chiediamo a Dio
semplicemente
solamente
un soffio
Ravenna, 16-05-’23
Scalda la mano
che scrive
all’ombra della mano
Scioglie il ghiaccio
nel bicchiere
e acqua tonica nel cuore
Qui lo sento lungo la schiena
lo immagino lontano
in giro per la Romagna
Posso solo fermare il tavolino
prima dicono
della burrasca
Si gode quel che può
astro più impotente
di noi
Una fetta di spiaggia
e il gusto dello spicchio
di limone
Che resiste,
resiste all’acqua
come vorrebbe fare il sole
Marina Romea, 15-05-’23
CONTROFFENSIVA
Coglioni quelli che non capiscono
che la mente ha bisogno di riposo
Di farsi piccola
di chiarire
di attingere
di ripartire
E credono di sfondare i muri
senza prima e ogni volta trovare
almeno in fondo al cuore
almeno nell’intimo
riparo
Nella bellezza e nella Bellezza
e comunque la si voglia scrivere
e chiunque essa sia
e dovunque ti parli
nella Capitale magari
E credono ancora
di prendere i ponti
prima del segnale
della cavalleria
E non capiscono mai
quando Dio e i santi
dicono di fermarsi
Volodymyr, che Roma ti accompagni
Ravenna, maggio 2023
Cosa si vede
adesso da qui (?)
se non l’escluso.
La finestra
e l’isolato
che non sono io.
Che è il presente
non il futuro
non il passato.
Così per esclusione
dobbiamo ammettere
che lo abbiamo trascurato.
Viziato o strapazzato
magari di noia
ma non vissuto.
Solo se Tu…Ne tieni le redini
a me si gonfiano di fiuto
le narici.
Le cicatrici che aprono
frasi tra sé e sé
ma guarda come, ma guarda un po’…
Ravenna, maggio 2023
L’attacco di un ‘comico’ francese che non sa guardarsi allo specchio (Séjourné capo del partito di Macron) e che fa seguito a quello del Ministro Darmanin, attacchi rivolti alla nostra Presidente del Consiglio, esprime la triste decadenza della politica francese. Comico anche il fatto che il partito si chiami Renaissance, cioè Rinascimento, il nostro movimento culturale cinquecentesco cui tutta l’Europa è debitrice. La Presidenza francese è in crisi di consenso nei confronti della destra e in crisi di consenso per i suoi provvedimenti: chi semina vento – cioè è incapace di una vera integrazione e di vere politiche sociali – raccoglie tempesta e, per esempio, si ritrova con un popolo che non sa rassegnarsi ad andare in pensione a 64 anni. Ebbene i leader di Governo francese non sanno rivolgersi alla loro controparte di destra senza coinvolgere e senza capirne le differenze con la Meloni. Parlano di politica disumana – politica italiana colta sicuramente impreparata dall’ondata di decine di migliaia di sbarchi – ma encomiabile per la capacità di salvare vite e portare a terra i migranti.
La parte seria è la pars costruens.
Quell’iniziale manifestazione di dialogo costruttivo tra Governo italiano e opposizioni avutasi ieri sulle riforme è il metodo per una cosa nuova in Europa.
Lo sfaldamento culturale, sociale e politico dell’Europa camuffato dal tutti assieme appassionatamente per l’Ucraina ha bisogno di un’esempio di costruzione politica capace di legittimazione dell’avversario e di dialogo.
Non so se il 2024 segnerà un’alleanza nuova a guida dell’Europa tipo popolari-conservatori. Probabilmente sarebbe meglio un modello Grosse Koalition (epoca Merkel). Ma non è possibile, né conviene.
C’è bisogno però che si ricominci da un punto di unità vera. Fatta anche di maggioranza e opposizione. Che però sulle questioni fondamentali, che riguardano le scelte di politica estera, strategica e di umanità (migranti) si ritrovino. Per questo occorre che se oltralpe lavano i panni di casa guardando quelli del vicino, quindi non li lavano, da noi si inizi a estendere il dialogo costruttivo sul piano politico ad altri campi oltre le riforme. Non è possibile che un Paese che ha accolto più di 30000 migranti da inizio 2023 non vada, su questo, unito in Europa. Dialogo politico e dialogo sociale.
Il Paese dei 1000 comuni con la sua storia, anche oggi, in un auspicabile nuovo Rinascimento non vorrà avere niente da insegnare, ma potrà essere d’esempio ad altri Paesi europei.
Ma, in cauda venenum, la partita forse si gioca anche in Africa, dove il costruendo piano Mattei per l’Africa, si muove su una sana china di interessi leciti e ideali generosi, mentre l’azione della Francia, prima e dopo la sciagurata guerra alla Libia ha mostrato anche alla Cina e alla Russia il volto peggiore dell’Europa, colonialista, cieco, avido. Perché mai? Giudicherà la storia. Ma almeno ora occorrerebbe tra le due protagoniste delle strategie europee per l’Africa una collaborazione, senza il solito vizio della sindrome della primogenitura.
Ravenna, 10-05-’23
Siamo qui e ora come la quercia
Siamo noi come le acque tiepide
ondivaghi come la nube
Scompariamo come le rondini
ci ritroviamo sotto i tetti
Senza clamore, al sole
come se tutto fosse, dentro
e prim’ancora tutto compreso
Come se fossimo già
nella dimensione che sempre
abbiamo creduto
Aquapartita, 6-05-’23
Era andata sempre in salita
quella vita
era stata sempre una conquista
niente regali
e pochi orpelli in vista
Anche in piano
era andata così veloce
da ritrovarsi con l’affanno
e adesso che poteva
tirare i remi in coperta
insaziabile bruciava
ogni giornata
la voglia di scoperta
Maledetto pungiglione
che ronza su un fiore benedetto
spina della rosa di maggio
che poi ti fa aspettare ottobre
Amore
se così posso dire
vita e amore
stesso pungiglione
stesso petalo
stesso miele
stesso fiore
Ciao cara
dico a te
lo sai
amore stupendo
e amore universale
Ravenna, 4-05-’23
Amare è una cosa libera tra quelle possibili
Ma il dolore
l’affetto
il trasporto
il farsi carico
forse che negano la libertà?
Bisogna attraversare tutte queste cose
per tornare a vivere liberi come aquiloni
Che si distaccano da terra
ma restano legati
a mani bambine
Accarezzando come cielo
le vere amicizie
Ravenna, 3-05-’23
Chiara prima che il salto conosce gli ostacoli
Chiara, lo dissero i cieli, mendicava di esserci
se ne parlerà… Non poteva che essere lei
Chiara cavalca il suo destriero, Mendicante
perché ha capito tutto dell’onda
che quando il destino va
bisogna assecondarla
come in quell’attimo prima del salto
che è un ripasso
e poi è uno slancio
sulla cresta
sopra l’asticella
concentrati sulle zampe di richiamo
come un kilt
sul prato inglese
al suono festoso delle cornamuse
E quando il cavallo rincula
non c’è solo da fargli sentire gli stivali,
da sussurrargli qualcosa
o da affidarsi allo stellone
c’è tutto questo
ma c’è molto di più
c’è l’arte
Chiara, normalmente non c’è corona
per i mendicanti
per quelli che saltano gli ostacoli
e ripiombano giù,
sui cavalli si scommette in altri sport
la tua è roba da De Coubertin
Ma chi impara a condurre il destino
nel saliscendi di questa gioventù
saprà avere mani virtù e conoscenza
per il domani
per la coscienza e per il mondo
Hai capelli da fata
ma al tavolo le carte
le hai scelte bene tu
Ravenna, 5-05-’23
Ci fu un momento in cui capì che bene bene
non sapeva fare niente,
bene che andasse sapeva riconoscere
le sirene
Avevano da bambini svariate volte ad agosto
attese quelle del treno in fondo a via Dorese
(c’erano le more lungo i binari)
Aveva atteso incredulo con l’aplomb paradossale
di chi è abituato ad essere fottuto
quelle dei vari 118
Ma una spensierata perdizione
sempre troppo abissale
per smettere con ragione di ricercare
gli aveva detto infine che se la conta a terra
non era arrivata fino a dieci
ci si poteva ancora rialzare
e lo avrebbe rifatto
finché il cubo di Rubik
non si fosse chiuso a lapide sul nome e sul battesimo
Possibile che fosse questo lo strano destino di Pedro Pedreiro
il figlio del geometra il palazzinaro ingenuo
il seguace di Trasumanar Organizzar ritornato alle lettere
per non far danno?
Ascoltare le sirene una vita e sviarsi,
quelle del treno
quelle del 118
quelle delle guerre non guerreggiate,
delle navi che entravano in porto
del turno di fabbrica a mezzogiorno alla Callegari
del fargli credere sorrisi di ragazze comprati anche se regalati
dell’abbrivio di un discorso che prometteva e infine toglieva
Ora però le sirene sapeva distinguerle molto bene
le une dalle altre
anche il rimescolare delle carte
Solo che ora non c’era più tempo per cimentarsi in alcunché
C’era solo l’inesorabile spazio vuoto dell’ignoto
e finalmente la resa stremata
cui non importava più niente dei bilanci della vita
ma che chiedeva alla notte
là dove c’era l’alluvione
affetto, amicizia e soccorso
‘Succurre cadenti’
implorare salvezza per le vie contorte della vita
ora dunque veniva
semplice
da dentro
Ravenna, 3-05-’23
Piove nel cuore
confonde per un momento
ma è il tempo
quello di questo buio esteriore
notturno
e quello del dolore
di sempre
dell’incompiuta di Schubert
di ciò che manca
alla passione
che la fa camminare
spedita, svogliata
tra le pozze
sotto gli ombrelli
Ravenna, 2-05-’23
Il mare a mezzogiorno
veste d’agosto
una giovane
timida
speranza
Estiva
festiva
fuori i gazebo
Trema l’aria
trepidi i piedi
affondano nella sabbia
Voci sicure
il tran tran delle comitive
ed il trambusto dei bambini
Solo occhi negli occhi
solo nel riflesso
e nel languore rapido
del sole asciugato
Si prega
e ci si lega
ineffabile catena
fino a sera
E non so se sia più
miracolo d’amore
questo
Stile balneare
anticipo di stagione
O quello che è consueto
solo per una svista abituale
Cioè il mare stesso
che proprio allo schiarirsi dell’alto
si tinge di tanto verde da eccedere il celestiale
Marina Romea, 30-04-’23
I fiumi d’Europa
saranno una fisarmonica
dal Volga al Tamigi.
I confini passeranno
dal Reno o dalla Marna?
Suoneremo antico e moderno
Saremo chi siamo stati:
il cielo d’estate a Stoccolma
i fuochi artificiali al Maradona
La storia dei frugali
e dei mediterranei
sarà una questione tra amici
Nuovi arrivi
faranno crescere la famiglia,
che si squadernerà
Le regole le identità
chiederanno lumi
all’amore, che scenderà dall’empireo
Può un europeo
del nostro secolo credere ancora
alla divinità di Gesù Cristo?
Ravenna, aprile 2023
Parte
se ne va dal porto
una ruggine
Il colpo d’ala
a chi si ama
farà bene
Ravenna, aprile 2023
anche se tu sei stata
la doppia mandata
del destino,
poi sei stata mia.
Coraggio
e storia nostri
sublime ancoraggio
che ancora attrae
pinne argentee di delfini
come colonie di bambini
Ravenna, aprile 2023
Quando nel tempo speso insieme
a poco a poco
mi son reso conto
che io per te avrei dato la vita
C’è stata un’epoca tra noi
e poi un effetto domino
Che per ora è a ogni crocicchio
di sguardi
senza diventare esplicito
E questa è la mia croce
Ravenna, aprile 2023
Noiose son le cose non nuove
ma non è quando piove
è un maledetto bisogno di prove
perché tu poi lo sai che esplode
dentro le solite cose.
L’amore.
Ravenna, aprile 2023
E mi ricordo di un bar
al mare
e di un campari
di una visita
di amici di Milano
che sapevano
delle strane volture
del mio tempo
e le avevano già abbracciate.
Oggi qui
sture e spurghi
di case al mare
rifugi
per tanti
in questo angolo di strada
tra una giocata
e un’innamorata
raccontata alla barista.
Un bar di paese
un’aria traspare
quale che fa la luce del faro
che non indica altro
che i posti e gli anni
spesi qui a cercarlo
tra occhiali a specchio
e code dell’occhio
date alle barche,
come ci fosse
un’ ultima improbabile cosa
da pensare di fare da sani.
Voltura
troppo strana
che noi liberi un bel giorno
ci sentissimo convinti –
sentissimo una convinzione
profonda e commossa
a tenere il rapporto – tra noi, tra tutti –
come un Amerigo Vespucci
che raccolga migranti
Guardare il porto
dentro gli occhi creoli e mondi
che fanno amare il mondo ed il viaggio – quali che essi siano…
Marina di Ravenna, 28-03-’23
Alle persone
assieme a cui
già grande
sono cresciuto
io timido
e loro solide
A tutte le altre (poche)
che sono sbocciate
a sorpresa,
come
la primavera
non fosse stata mai attesa
A quelli che compiono
gli anni d’estate
o il 2 giugno
A te bambina coraggio
nata nella festa di ferragosto
che poi hai preso a calci
il rimpianto e il rimorso
per cancellarli per sempre dal nostro viaggio
Ravenna, 25-03-’23
pescatore
di Mazara del Vallo
che salvi le vite
e peschi le plastiche
che a Ferragosto
porti il pesce più grosso
che le tonnare non si tingono di rosso,
ma la paga sì
da far schifo,
nostri statisti di confine
nemmeno davanti a Tunisi e agli scafisti
ai bimbi e ai vostri pasti frugali
loro – i Paesi frugali
si ricordano che il mare non si può arginare
e che la pesca è come una questua
che solo Dio può regolamentare
Mediterraneo, 23-03-’23
Vasco non è come Blanco.
Fa saltare in aria
ma non scassa il palco
E dire che alla sua furia
fanno gola quei
decibel di milioni
che lui stesso ha messo lì. Sarebbe
la migliore delle occasioni
che potrebbe infrangere,
la sua andatura sballata
il suo caracollare forse
o ballare Generale
Tu non sei né il principe
della canzone italiana
né lo sberleffo della trap
in questo palco agorà
sembri già stanco all’inizio
e vai avanti ore tre
sembri Benigni –
Sally Beatrice
la canzone la Commedia – o forse la Costituzione
Lo spartito delle assi del palco
ha sempre per te
un ottava fuori posto
E riesci a essere per questo tempo
che poi è un’epoca, lucida e livida,
cantautore astratto e concreto
tumefatto dalla vita, che una cosa sì la sfascia
è quella per cui i tuoi fan
hanno sfasciato tutto
Tu non vuoi una vita spericolata
perché annoiata
tu hai voglia di vivere
al massimo e scanzonata
che sappia forzare e irridere
i righi della noia
Ravenna, 19-03-’23
Il vento era diventato incerto
e per una volta
il volo
dei gabbiani
aveva preso
benché più alto
benché più lento
e ampio,
l’andamento
e la sicumera
di quello dei cormorani
La necessità
del loro
vorticoso
agitarsi in volo
Che ne era di quello libero
appeso ad un raggio di sole
nell’attesa di un sospiro di brezza?
Della ressa sui fari
delle ciurmaglie dei marinai
delle traiettorie delle ali
Non ricordo la stagione dell’aprirsi al sole
sugli scogli
dei balli goffi
sui banchi di scuola
Ci folgorarono
i giovani e le giovani
le salite
e le loro picchiate
Ma ormai. Il nostro tempo
indaffarato a vuoto
è sordo,
al vento delle folate che sole,
ci possono rialzare in volo
Il cormorano ignaro
non ci sta
ad aspettare il vento
Ha rinunciato da tempo
al suo riflesso
chiaro
Casalborsetti, 16-03-’23
Ci son pensieri di cielo
dal parabrezza
ma ci son pensieri
che ci fanno sentire di terra
così mentre guido
già oltre Bologna
dove tu non sei
per una volta arrivato
e il cobalto strano
dei notturni
s’è accartocciato
ti ha stretto prima di schiantarsi
ti ha soccorso
mentre di soprassalto
ti arrendevi
definitivamente
come, come (?)
l’avranno visto i tuoi occhi
il dolce, dolente mistero
nelle nenie
e la processione
dei bimbi nell’amore
venire a prenderti
su quel fumigante asfalto
da cui tu inane hai spiccato il grande salto
Bologna, 9-03-’23
Non c’è chi ne sa di più
non c’è chi sia dalla parte giusta
c’è la strada accidentata
e chissà cosa dietro l’angolo
ogni sera è un sipario
oltre la confusione
tra i problemi e le soluzioni
e niente tra le mani
anche i politici non sanno
ma vanno come a tentoni
e così l’anarchico
alla guida della locomotiva
è come il nostro fottuto superego
che non ricordi la forza vera
l’unico binario
che non va contro il muro
che si accorge di quello scambio
offerto dall’alto
Ravenna, 10-03-’23
Ho imparato da Enzo
le tecniche di guerra
quelle che canta Mr Rain
ho imparato da Enzo
la sopravvivenza
come stringere i denti
in faccia alla malora
aprire le braccia
solo all’amore
E guardare avanti
un centimetro alla volta
con il cuore a tutto campo
come nel football
risorgere collettivamente
o essere annientati individualmente
Dicono non sia più tempo per simili cose
s’è fatta liquida la società
Ma noi vedremo addensarsi l’umano
nelle parole che restano e che arrivano
Perché a un certo punto, in un modo o nell’altro
la storia si riprende il tempo
Alla mia domanda rispondesti –
ricordo bene lo sguardo di sguincio –
che la storia è storia di miracolo
Ravenna, 8-03-‘23
Qui davanti due finestre
e un oceano di cielo
si entra e si esce
come il pensiero
a cui tu sai fare bene
Sapere come se fosse per sempre
che se sono indifeso
posso ancora smettere
d’avere paura del peso
delle parole senza rete
E affidarmi
al sorriso
dei tanti
che mi vogliono vivo
con il cuore sperarci
Oltre i davanzali
solo col viso
guardare i passanti
e sentire il brulichio
di spalancati istanti
Ravenna, 7-03-’23
Non chiamerò più amore
l’artefatto del cuore
Ah l’usignolo
facile
che canta la primavera…
Non conosco
che l’incanto laborioso
del pettirosso nel bosco,
che mi parla muto
Le carinerie sincere
di ramoscelli che si spezzano per finta
e io che ci casco sempre…
Amo solo il tempo del tu
e quello affettuoso
di quelli che sai tu
A malapena sopporto
il mio controtempo
Figuriamoci quando provo io
a incominciare…
Poi accade
le nuvole addosso
io rosso di non so che
Per brevi tratti in volo
di albero in albero
fattorino divertito,
infreddolito…
Portare niente
con la punteggiatura di una corrispondenza
Ravenna, 28-02-’23
Ameremo un giorno
con ampiezza campale
Ma sarà solo un preparativo
perché il respiro
si fermerà sempre più spesso
al singhiozzare della storia
Che sia il nascere alla vita
o il fallire dei progetti
l’entrata
a gamba tesa
del destino – la contesa
e il futuro dei Paesi –
per cosa?
Odieremo e ameremo in modo reale
L’avremo fatto
e lo rifaremo
sapendo –
che l’unica chiamata
è il cambiamento
Come un singulto di guerra
mutato di segno
e il suo controcanto che ricrea
Ravenna, 24-02-’23
Ho pianto per la guerra
grandi e piccole
risse
vicine e lontane
Ma mi son steso a terra
in trincea
solo
per i figli e per le figlie
Ravenna, 22-02-’23
Le comete
ci hanno spesso
girato intorno
ci sono piovute vicino
così meccaniche
così belle e celesti
ronzano ora nuovamente
attorno alle nostre
più umane mete
così farraginose
così incerte
E vien da pensare
che sia tutto per noi
il vostro
scodinzolare
svolazzare
negli abiti delle feste
per noi che ci
abbiamo messo
50000 anni
ad inventare
un telescopio
mentre soffrivamo –
50000 anni di pene
di noi umani
Halley lo sai
cosa vuol dire (?)
è una vicenda
meno semplice
del tuo tornare
del tuo farti bella
E oggi
che forse
vi sapremo non solo
guardare
ma venirvi in groppa
con le nostre sonde
sapete, comete
noi, noi altri
di Neanderthal
non rinunciamo a sentirvi
nostre
create o evolute
comunque volute
almeno dal nostro
piccolo cuore
in fondo donate
al nostro sguardo
con cosmica rivelazione
e consolazione
E al grande cuore – se c’è –
sappiamo, sapremo dire insieme solo Grazie
Ravenna, 31-01-‘23
Aveva sentito parlare di un posto
e se ne ricordava ora
nel bosco
Non conosceva la strada
né se occorresse un giorno
o una settimana
Nel bosco da piccoli ridevano
da grandi godevano
delle risa delle ragazze
Scoscese sorprese radici
di cui cibarsi
e sbucciarsi le ginocchia
Una volta almeno tutti riversarono
il segreto delle lacrime
giù dal greto del torrentello
Che se ne fece bello
Ma ora loro, quelli della compagnia
erano grandi
non si poteva tornare a casa
Bisognava andare avanti
Raramente anche nei pianti
la stella li aveva abbandonati
ora c’era il bosco e l’oscurità
Si poteva solo ricordare
Non c’era sentiero
non c’era mappa
non c’era appuntamento
Nel bosco prendono forma i fantasmi
ma nel cuore prendono forma i desideri
che come una brezza già volavano
oltre le chiome sopra la piana
(che a volte è pace a perdita d’occhio)
Mormoravano che forse,
al termine del bosco,
sarebbero caduti in uno strapiombo
oppure no
Si sentivano nelle mani,
nelle grandi mani del cielo
che non vedevano
Sarebbe finita dunque?
Avrebbero trovato la fine?
In fondo non era quello che cercavano?
A un certo punto
ad impensate coordinate della foresta
un raggio di sole penetrò
E ci sorprese ci arrese
ci rivelò non la destinazione
ma la forza
Rinnovammo là per sempre tutti riuniti
da un’eco del passato
il patto degli umani
Che sanno di essere ognuno
a tu per tu con il destino
ma che conoscono il linguaggio della pietà
Così andammo avanti
lottando ancora con le sterpaglie
sempre alla cieca –
ma con più fiducia
Immaginando che la piana potesse assomigliare al cuore di Dio
Ravenna, 30-01-’23
E così ragazzo mio
vuoi smentire Churchill
non ci sono specchi
tra noi
tu sei un’altra cosa
infinito
Come quando riportavi
su la squadra
col pallone tra i piedi
lungo tutta la fascia
e la fascia sul braccio
che dopo la cavalcata
a saltar gambe
ti colavano
il fango ed il fiato
Ho sempre pensato
che avesse ragione
quel capo di Stato
che per noi italiani
fossero guerre
che fosse necessario
quel contrasto arrischiato
a farmi credere
sconclusionato – io –
che quello
fosse un po’ vincere la nostra guerra
Tanto poi
dal lunedì al venerdì
avrei perso tutte le altre.
Tu sapevi già che le guerre
non erano quelle
per questo sapevi
far spogliatoio
Oggi amico ti è rimasto
tutto di quella fascia
e forse in moto
tiri su anche qualche schizzo
di fango sul vestito blu
Voglio dire che tu
hai più senso del reale
E se andrai sulla luna
ci andrai per davvero
Stanne certo io ci sarò almeno in tribuna
Ravenna, 28-01-’23
A cosa si àncora
il mondo sulla superficie dell’abisso
che tra l’altro riaffiora?
Appunto, meglio non farlo
non faremo tre tende
nemmeno per la trasfigurazione
E allora a che sarà valso,
sarà stato un dolore vano
come una visione?
Tra la shoah ed il Tabor
si può solo navigare
saremo tutti insieme il cargo della stella polare
stella che avremo imparato
a riconoscere
nelle maglie custodite dei nostri cuori
…punto e croce…
…dolente e lucente…
non conosco dolore che non sia anche amore
Ravenna, 27-01-‘23
Scenderebbe la pioggia
se non fosse per il vento
e per i cieli immensi
anche così
rintanato al nubifragio
solo ascoltato
e temuto
Non mi sono mai sentito
al mio posto
come in questo abbraccio corrisposto
e non capisco
cosa possa dare io
talmente è vano
il pensier mio
Dimmi Dio
basterà dopo
quando mi sarò addormentato
dopo gli anni in cui ti maledissi
invocare che finalmente abbia
riconosciuto
di amarti, e magari
qualche volta rendermi conto
di stare trasparente
alla mercè
di quel bambino
che pregava
sul cuscino:
Te amo!
Crescere ha voluto dire
tradire
anche senza sbagliare,
affinare i sensi,
ardire
di guardarti al camino
dei giorni dispersi
Finché tu, indissolubile
amore
con cui condivido
Dio dentro il vicino –
parlare dei destini ogni mattino
della guerra lontano
che è ormai parte di noi
Visione dunque amorosa
amicizia di mondo
come una storia in erba…
Moltiplicarsi indiviso e in piccole parti
di affetto e di dialogo
che al cielo chiedono solo
una sempre nuova – strada davanti
Ravenna, 22-01-‘23
Non ci saranno i turchi
alle mura di Vienna
non dovremo parare i muri
catapultare le pietre
e colare olio bollente
La cristianità da tempo
non presenta questo tipo
di difficoltà
L’arte del cominciamento invero
sarà sempre la sua
Quella di accordare la redenzione
con la creazione
Saremo appesi
non al ponte levatoio
ma alla levatrice
di bimbi scivolatile
stranamente via
come non le era mai successo
Non era mai successo
alla levatrice
degli uomini delle donne
di far scappare qualcuno alle doglie
E così la madre essere gratificata
dalla sua nascita
dalla sua dipartita
come da quella di un eroe non violento
Ma si sa
chessenefa il mondo
di un amore non violento?
E invece no – questa volta –
stavolta no
co sto cristianesimo di mezzo
sarà tutta un’altra storia
Storia appunto che nasce e che rinasce
nei grandi e nei piccoli
che hanno cuore da reggere
il cambio di passo
dell’evoluzione,
dei salti qualitativi
delle prese di Dio
sul cuore dei pazzi
che poi saranno tutti
catechizzati
dai suoni
e dai suoi ultrasuoni
Utilizzerà
la coscienza dei semplici
di quelli
che avranno cercato
come complici
quelli e solo quelli
fottuti dentro –
dalle giustizie violente dei giusti
Ravenna, 22-01-‘23
a un certo punto poi
a un certo probabile punto
ma forse lo stiamo già facendo
cammineremo sulla corda
salteremo la corda
terremo un dietro l’altro la corda della fiducia
certo sarà un’escursione
fuori mano
e saremo incalzati dall’abisso
ma verrà dall’oltre un altro abisso
un’attrazione totale
che reale ci attaccherà alla sua parete di carezza
ci calerà né su né giù
solo avanti
oltre la ciclicità e le dannazioni della storia
Ravenna, 21-01-’23
Mentre tu sussurri
quella canzone
che tanto ho amato
mi ricordi i baci
Poi ti scaldi
e butti fuori la voce
di versi maturi di Battiato
Di fuori la pioggia
batte un ritmo regolare
sul selciato
Arriva dai vetri
l’alone lontano
dei cumuli di neve
al primo inverno
Ravenna, 20-01-’23
tu sai di terra e di mare
anche se il cielo con voi
ci ebbe a che fare
e fu cosmica unione
le tue acque sanno di terra
riviera e stilla
che tu sia gaudente
o partoriente
pupilla o ciglia
greto ridente
o silente segreto
Cuore e cosce
mistero tutto
…di donna
che nessuno conosce
Ravenna, 18-01-’23
I nostri pensieri
catturati al volo
se pensano bene
aiutano la vita
Come certe donne
delicate ed audaci
che sono sempre da scoprire
ed è grazia impossibile
Con la meraviglia
di un bambino
che le logiche spariglia
le avrai tue amiche
Conoscere così
colpiti da stupore:
l’unico candore è correre il rischio
di diventare grandi – restando buoni
Ravenna, 18-01-’23
Amore di cielo
che qui perde smalto
e risorge nei vostri occhi
La forza di tremare dentro
e tenervi le mani
non vi manca
Eccovi decisi ad
essere viandanti della vita
e abitanti di un altro mondo
Lasciateci messaggi ad ogni pietra miliare
Ravenna, 16-01-’23
Ho sempre chiesto di capire
quello che anche l’amore più grande
non poteva spiegarmi
ma mai ho potuto chiedere pietà
Sembrava inutile
forse dannoso
a quel tempo
finché l’amore ha gemmato – il tempo della pietà
Ravenna, 15-01-’23
Cosa conosce la notte
segreta nella stanza
come una lancia
se non il mare
e il litorale in lontananza?
Soltanto che si conficca
nell’attesa insonne
del cielo
di voi e del mondo
del bene e del domani
I pensieri del passato
non amareggiano più la bocca
assetata
mentre la mente dello scandalo
lavora come se fosse giorno
Pungente un pensiero incompiuto
sente
il brivido e la passione
del viaggio insieme
– e di viverlo – senza la paura di perdersi
Ravenna, 15-01-‘23
Nel buio fessurato dell’alba
la speranza del giorno prima –
il sorriso – del calare giovane
del sole
Risorge soffuso come un riso,
dal cappello di canapa
della lampada,
e di fuori inesorabile si fa nebbia
Sorda così latente a gennaio
la luce del mattino
come ogni inizio
confuso
Sconvolge i contorni,
confonde
i ritorni dei pensieri,
rovescia i troni dei programmi
Lascia soli
o soli in buona compagnia
mentre tenta, piano,
di detronizzare anche il sole
Ci induce
a disperare
di avanscoperte
e di pensieri arditi
Non opprime,
comprime l’animo,
che aspettava questo giorno
per dilatarsi, per dilaniarsi sorpreso
Negli squarci possibili e reali
di spazi
da pensare fertili
e da donarsi utili – finalmente
Ravenna, 15-01-‘23
Andare avanti…
più volte
a più svolte
sempre
è ora il mio mantra –
pensare non ripensare
Non sarebbe coscienza –
triste indecenza
dei sensi di colpa
al tribunale
da noi inventato –
e da Dio disertato…
Amante che non si stanca
cerca ti parla brama
ti incontra – tocca anche la mente
E poi si gioca tutto
nell’utilità del nostro mutamento
istantaneo o diuturno che sia così
Ravenna, 12-01-’23
Ridendo
alle spalle
delle nubi
e dei monti
il sole d’inverno
avvera
con la sua sorpresa
all’alba e alla sera
un mio sogno
che non gli confesso
che non gli rivelo
per non spaventarlo
per non mandarlo via
come ormai
ho fatto con tutti…
Che lui resti
mio unico calore
che lui accenda
mio unico ardore
che lui mi faccia compagnia
come il cuore amante
delle persone che per sempre ci sono
Forlì, 11-01-’23
Alle oasi dei tuoi occhi
arriverò
tra dune e canneti
Avrò vagato a lungo
sull’immortale uniforme ovale
del tuo volto levigato
Lieve tenerezza
come da impossibile brezza
del deserto
Al centro
delle gote di porcellana
un bacio mai dato
Che risveglierà
tra ciglia e labbra
canti di nomadi da te immortalati
Ravenna, 10-01-’23
Si distendono a momenti
anche sui verdi declivi
di un caldo gennaio
i torrenti
Pensieri di te
non ricordi ma accordi
del mondo
e del cielo profondo
Inverecondo coraggio
di cominciare anni nuovi,
come quando riprendemmo
le nostre esistenze, daccapo
Acquapartita, 7-01-’23
Come se il tempo si fosse fatto breve, il secolo che stiamo vivendo sarà il secolo caratterizzato dal fatto di osare, di chi osa.
Il rischio da Elon Musk a Volodymyr Zelens’kyj, dalle ragazze iraniane, attraverso i migranti a una giovane generazione italiana che muove i primi passi nella società tra bene e male, tra baby gang e storie di sacrificio e volontariato, molto oltre la narrazione sui bamboccioni o su un uso sbagliato del reddito di cittadinanza: la capacità di rischio definisce l’epoca.
Questa generazione non è – direbbe, credo, Pasolini – figlia di papà perché i papà hanno conosciuto la forza determinante e deprimente della crisi economica. Per questi giovani si sa che la vita ti può ridurre in qualsiasi momento ad uno stato di sopravvivenza. Lo sanno bene i giovani delle periferie ma lo sanno forse altrettanto bene, dietro camicia e pullover, i talenti rubati al sud da una Milano che dà loro un misero stipendio e se lo ringoia tra affitto e servizi.
No, stare al mondo non si fa sul divano. Mentalmente innanzitutto, intendo. Stare al mondo oggi inizia stando allerta.
Ma non è un’epoca da duri. L’immagine dei film anni ‘50/’60, all’americana, che in Italia furono quelli del miracolo economico. Il ‘duro’ normalmente fa affidamento sulle forze. Che sono le sue. Noi siamo in un’epoca di gente che si sente povera e debole. Però rischia. E in tal senso ha un potere. Che però non è nemmeno il potere di un supereroe. E’ il potere che può essere di un popolo. Quello di crederci. E’ l’epoca di chi rischia la sua piccola idea, la sua debole consapevolezza, i suoi teneri affetti, le sue storiche amicizie, i suoi soliti errori. Ma osa. E in tal senso sposa il futuro. Non il futuro del suo sogno, non il suo futuro. Certo indirizzandolo a quelli. Ma sposa e osa il futuro imprevedibile, il futuro diverso, il futuro che sarà realmente e dentro cui si giocherà come verifica l’ipotesi del sogno e dell’idea.
Osare è prima che un calcolo un sentimento. In tal senso ha ragione Oscar Farinetti a dire che il nostro mondo ha bisogno soprattutto dei nostri sentimenti. Intendendo per sentimento un atteggiamento nei confronti della vita. Di tutte le soft skills, di tutte le character skills la più importante – che però non si impara – ma si assume come un cibo rubato e consumato frugalmente in assenza di quello materno è la capacità di rischio.
Non bisogna schiacciare l’idea di rischio sulle imprese di natura economico imprenditoriale. Certo anche. Ma un prete che magari decide di andare a lavorare nelle carceri osa e molto, solo per fare un esempio.
Wystan Hugh Auden, poeta britannico, parlò del secondo dopoguerra come di una ‘età dell’ansia’. Si capisce bene dopo la tragica e sanguinosa dilacerazione che aveva subito l’Europa e non solo.
Oggi noi a causa della crisi economica, della pandemia, della nuova guerra nel cuore dell’Europa, attraversiamo una fase di grande incertezza. E ciò di cui sto parlando, identificando un’età di chi osa, sono proprio gli anticorpi che si sono creati a questa situazione.
Ma non si fraintenda. La peculiarità di quest’epoca non sta negli sconvolgimenti geopolitici, migratori, pandemici, economici. La peculiarità di quest’epoca rispetto al primo novecento (periodo di grandi migrazioni anche dall’Italia) rispetto al secondo dopoguerra, o età dell’ansia, rispetto al trentennio neoliberista del consumismo sfrenato che si conclude idealmente con la crisi economica del 2008, il proprium della nostra epoca sta in qualcosa di spirituale, in un atteggiamento spirituale, in cui semmai lo stratificarsi di tutti gli avvenimenti sociali summenzionati provoca la percezione emotiva che il tempo si sia fatto breve. E così la disponibilità più aperta a rischiare qualcosa se non tutto di sé.
Per rischiare prima del coraggio occorre un’intuizione.
L’intuizione non è una stravaganza della mente. Ma più o meno latamente consiste del significato profondissimo ed espresso in maniera insuperabile da Dante nel paradiso: “S’io mi intuassi come tu ti immii” (Cfr. Paradiso IX,81).
Ogni intuizione, come ogni conoscenza che determina l’idea per la quale si rischia non nasce da un iperuranio platonico. Molto spesso una sana induzione dalla pratica, dalla concretezza dell’esperienza può avvicinare attraverso l’elaborazione creativa all’identificazione dello scopo.
Ma l’esperienza ci dice che né induzione né deduzione sono sufficienti.
Occorre quella che Aristotele chiamava meraviglia perché l’uomo si inoltri nella conoscenza vera, in una nuova conoscenza, che possa trascinare con sé il sentimento e l’azione.
E’ la conoscenza amorosa o – utilizzando un sintagma più alla moda – è l’intelligenza emotiva.
All’origine c’è l’incontro tra il nostro protenderci in uno sforzo immaginativo (intuarsi) e l’attimo (attimo fuggente?) di una rivelazione che ha sempre i connotati di qualcosa di imprevisto e assolutamente non conosciuto.
Normalmente, anche se in una sorta di trasfigurazione che solo la passione dei nostri giovani imprenditori e in generale il genio del made in Italy conosce, questo incontro tra l’io che ricerca e il tu della realtà – vissuta come alterità che sorprende – rivela un aspetto nuovo del proprio lavoro, del proprio compito, della propria missione. In certo senso una dimensione nuova. Passi e metodi nuovi, che ridefiniscono la meta.
Osare non è un’azione solipsistica. Non è ‘Memento audere semper’.
In realtà non conosco esempio migliore della capacità di osare di chi ha ricostruito la civiltà nell’alto medioevo fondandola sulla regola ‘ora et labora’. ‘Era necessario che l’eroico diventasse normale, quotidiano, e che il normale, quotidiano diventasse eroico’ ebbe a dire parlando di San Benedetto papa Wojtyla.
In un certo senso l’intuizione ti attacca alla meta e ti ci attacca per tutta la vita. Il punto è che l’obiezione che non si fa alla meta non la si faccia poi alla strada nei momenti in cui diventa accidentata o perché dall’inizio ti pare troppo difficile.
Un altro poeta polacco, Cyprian Norwid scrisse ‘la bellezza è per entusiasmare al lavoro, il lavoro è per risorgere’.
Come è risorta sull’esempio di San Benedetto da Norcia l’Europa!
Che senso aveva fare un abbazia in mezzo alle paludi piene di animali feroci ed esposte alle razzie? Eppure attorno ad esse e ai primi monaci cominciarono a radunarsi persone e gruppi per poter essere protetti e lavorare.
Occorrono tre cose per osare:
– L’intuizione;
– i legami;
– l’offerta della propria vita proporzionata al raggiungimento della meta. Che spesso si prende più di quanto avessimo pianificato. Forse nel nuovo tempo, per osare, occorre proprio un’ultima disponibilità bambina (oserei dire) a questa ‘svista’ (Adrienne Von Speyr).
Ravenna, 2-01-’23
Osare non è un’azione solipsistica. Non è ‘Memento audere semper’.
In realtà non conosco esempio migliore della capacità di osare di chi ha ricostruito la civiltà nell’alto medioevo fondandola sulla regola ‘ora et labora’. ‘Era necessario che l’eroico diventasse normale, quotidiano, e che il normale, quotidiano diventasse eroico’ ebbe a dire parlando di San Benedetto papa Wojtyla.
In un certo senso l’intuizione ti attacca alla meta e ti ci attacca per tutta la vita. Il punto è che l’obiezione che non si fa alla meta non la si faccia poi alla strada nei momenti in cui diventa accidentata o perché dall’inizio ti pare troppo difficile.
Un altro poeta polacco, Cyprian Norwid scrisse ‘la bellezza è per entusiasmare al lavoro, il lavoro è per risorgere’.
Come è risorta sull’esempio di San Benedetto da Norcia l’Europa!
Che senso aveva fare un abbazia in mezzo alle paludi piene di animali feroci ed esposte alle razzie? Eppure attorno ad esse e ai primi monaci cominciarono a radunarsi persone e gruppi per poter essere protetti e lavorare.
Occorrono tre cose per osare:
– L’intuizione;
– i legami;
– l’offerta della propria vita proporzionata al raggiungimento della meta. Che spesso si prende più di quanto avessimo pianificato. Forse nel nuovo tempo per osare occorre proprio un’ultima disponibilità bambina (oserei dire) a questa ‘svista’ (Adrienne Von Speyr).
Ravenna, 2-01-’23
Così galleggiano
natanti nel porto
ed io tra la brezza nuova
e la stasi –
Non anima viva
intorno a noi
solo cormorani
e presagi –
Quelli si muovono
in stormo
ed io senza
un solo amico –
I miei scritti invece
sanno di quel pesce
lì sulla banchina
con la testa mozzata.
Marina di Ravenna, 29-12-’22
Ho impiegato la parola
l’ho piegata
ché mi dicesse l’indicibile
finché l’ho pregata
Ravenna, 29-12-’22
Per rischiare prima del coraggio occorre un’intuizione.
L’intuizione non è una stravaganza della mente. Ma più o meno latamente consiste del significato profondissimo ed espresso in maniera insuperabile da Dante nel paradiso: “S’io mi intuassi come tu ti immii” (Cfr Paradiso IX,81).
Ogni intuizione, come ogni conoscenza che determina l’idea per la quale si rischia non nasce da un iperuranio platonico. Molto spesso una sana induzione dalla pratica, dalla concretezza dell’esperienza può avvicinare attraverso l’elaborazione creativa all’identificazione dello scopo.
Ma l’esperienza ci dice che né induzione né deduzione sono sufficienti.
Occorre quella che Aristotele chiamava meraviglia perché l’uomo si inoltri nella conoscenza vera, in una nuova conoscenza, che possa trascinare con sé il sentimento e l’azione.
E’ la conoscenza amorosa o – utilizzando un sintagma più alla moda – è l’intelligenza emotiva.
All’origine c’è l’incontro tra il nostro protenderci in uno sforzo immaginativo (intuarsi) e l’attimo (attimo fuggente?) di una rivelazione che ha sempre i connotati di qualcosa di imprevisto e assolutamente non conosciuto.
Normalmente, anche se in una sorta di trasfigurazione che solo la passione dei nostri giovani imprenditori e in generale il genio del made in Italy conosce, questo incontro tra l’io che ricerca e il tu della realtà – vissuta come alterità che sorprende – rivela un aspetto nuovo del proprio lavoro, del proprio compito, della propria missione. In certo senso una dimensione nuova. Passi e metodi nuovi, che ridefiniscono la meta.
Segue…
Ravenna, 29-12-’22
Come se il tempo si fosse fatto breve, il secolo che stiamo vivendo sarà il secolo caratterizzato dal fatto di osare, di chi osa.
Il rischio da Elon Musk a Volodymyr Zelens’kyj, dalle ragazze iraniane, attraverso i migranti a una giovane generazione italiana che muove i primi passi nella società tra bene e male, tra baby gang e storie di sacrificio e volontariato, molto oltre la narrazione sui bamboccioni o su un uso sbagliato del reddito di cittadinanza: la capacità di rischio definisce l’epoca.
Questa generazione non è – direbbe, credo, Pasolini – figlia di papà perché i papà hanno conosciuto la forza determinante e deprimente della crisi economica. Per questi giovani si sa che la vita ti può ridurre in qualsiasi momento ad uno stato di sopravvivenza. Lo sanno bene i giovani delle periferie ma lo sanno forse altrettanto bene, dietro camicia e pullover, i talenti rubati al sud da una Milano che dà loro un misero stipendio e se lo ringoia tra affitto e servizi.
No, stare al mondo non si fa sul divano. Mentalmente innanzitutto, intendo. Stare al mondo oggi inizia stando allerta.
Ma non è un’epoca da duri. L’immagine dei film anni ‘50/’60, all’americana, che in Italia furono quelli del miracolo economico. Il ‘duro’ normalmente fa affidamento sulle forze. Che sono le sue. Noi siamo in un’epoca di gente che si sente povera e debole. Però rischia. E in tal senso ha un potere. Che però non è nemmeno il potere di un supereroe. E’ il potere che può essere di un popolo. Quello di crederci. E’ l’epoca di chi rischia la sua piccola idea, la sua debole consapevolezza, i suoi teneri affetti, le sue storiche amicizie, i suoi soliti errori. Ma osa. E in tal senso sposa il futuro. Non il futuro del suo sogno, non il suo futuro. Certo indirizzandolo a quelli. Ma sposa e osa il futuro imprevedibile, il futuro diverso, il futuro che sarà realmente e dentro cui si giocherà come verifica l’ipotesi del sogno e dell’idea.
Osare è prima che un calcolo un sentimento. In tal senso ha ragione Oscar Farinetti a dire che il nostro mondo ha bisogno soprattutto dei nostri sentimenti. Intendendo per sentimento un atteggiamento nei confronti della vita. Di tutte le soft skills, di tutte le character skills la più importante – che però non si impara – ma si assume come un cibo rubato e consumato frugalmente in assenza di quello materno è la capacità di rischio.
Non bisogna schiacciare l’idea di rischio sulle imprese di natura economico imprenditoriale. Certo anche. Ma un prete che magari decide di andare a lavorare nelle carceri osa e molto, solo per fare un esempio.
Wystan Hugh Auden, poeta britannico, parlò del secondo dopoguerra come di una ‘età dell’ansia’. Si capisce bene dopo la tragica e sanguinosa dilacerazione che aveva subito l’Europa e non solo.
Oggi noi a causa della crisi economica, della pandemia, della nuova guerra nel cuore dell’Europa, attraversiamo una fase di grande incertezza. E ciò di cui sto parlando, identificando un’età di chi osa, sono proprio gli anticorpi che si sono creati a questa situazione.
Ma non si fraintenda. La peculiarità di quest’epoca non sta negli sconvolgimenti geopolitici, migratori, pandemici, economici. La peculiarità di quest’epoca rispetto al primo novecento (periodo di grandi migrazioni anche dall’Italia) rispetto al secondo dopoguerra, o età dell’ansia, rispetto al trentennio neoliberista del consumismo sfrenato che si conclude idealmente con la crisi economica del 2008, il proprium della nostra epoca sta in qualcosa di spirituale, in un atteggiamento spirituale, in cui semmai lo stratificarsi di tutti gli avvenimenti sociali summenzionati provoca la percezione emotiva che il tempo si sia fatto breve. E così la disponibilità più aperta a rischiare qualcosa se non tutto di sé.
Segue…
Ravenna, 28-12-’22
L’avevi capito tu
che a un millimetro
di nevischio
si affidò
Dio
ed al sì di Giuseppe
Che bussava
a tutte le porte
Chi Egli fosse
sentivano
e non sapevano
Ma la musica sempre precede la storia
Ravenna, 22-12-’22
A volte
la nebbia sembra sincera
– ti trincera –
apparente tregua
poi si fa ora
da qua in alto
E te lo dicono i tetti che c’è il sole
Ravenna, 21-12-’22
E forse i bambini
si ritroveranno genitori
si volgeranno avanti
e li vedranno
non troveranno altro
che il benedetto fango
del quale sono impastati
i campi a perdifiato
e guarda come ti sei ridotto
Più che del Mar Nero
il notiziario dirà
del nostro solito umor nero
e nessuna risata
seppellirà niente
ma sorrideremo dell’apocalisse
perché i figli creeranno
figli sani
ed indenni
Come non sappiamo, ma un principe,
il principio di ciò che è buono
giusto e carnale si riavrà…
Beatrice non è altro che il nostro mondo.
Tanto gentile e tanto onesto
pare che tutti quanti ci scopriremo amici
Ravenna, 22-12-’22
Il nuovo stadio di Milano
si chiamerebbe voi.
Si apre ogni mattina
col vostro petto aperto
Sui tetti e sulle ali dei colombi
dalle finestre
che non vi vedo su ista,
ma ben sovrapposti su un sentimento diverso
Che ha sta gente
che combatte ogni giorno e rende conto
Per un piccolo perché
sapendo a chi
E ha sentimenti e monumenti
carezze per i poveri
Crede nella provvidenza
mentre lavora a testa bassa
Ora si chiede perché
solo la Madunina veda le periferie
Il milanese sa cosa cova
– nei giorni umidi e freddi – il tepore della nebbia
Stupore per i laghi e per i monti
perciò sa essere sopra
e sopra con l’animo guarda.
Alta morale che neanche tangentopoli…
Piuttosto Milano ha risorse
che non custodisce
che usa
ma non investe
I ragazzini possono perdersi
nelle gang e non ritrovarsi negli oratori.
Milano… Non sei più cattolica
attrai giovani talenti
e gli fai far la fame
Pretendi autonomia
sarcastico parossismo
di una storia secolare di isolamento
Romagna, 20-12-’22
Consolati anima mia
…
In ogni mattinata fredda
e la nebbia
come un mare in burrasca
fa la schiuma
dopo l’onda
si ridisegna
Soltanto di noi
si è occupato il migliore
degli artisti di strada,
del nostro destino
ha affrescato il selciato
e capito il cammino
L’unico Dio bambino
è qui con noi
un cuore che pulsa,
dentro l’espandersi
apparentemente lento
del tempo e dello spazio
Ritornerà profondo
come i ritorni dello sguardo
sulla volta stellare del cielo,
ne saremo attorniati e pervasi,
ci porteremo ancora addosso
le amate essenze lignee di lei
Crollerà la necessità indotta
di prevalere per esistere
e vivere sarà chissà come –
comunque libero –
la poesia cederà le ultime regole
oppure non so
…
Il suo velo si strapperà e il vero rivelerà
Ravenna, 19-12-‘22
Finalmente sei a bordo
e rappresenti il mondo
che un capitano bambino
e marinai grandi
in una pubblicità rovesciata
amano
Abbiamo attraversato consapevolezze
come carezze e dipendenze
in questa estate di scoperte
accolti disinvolti
in fondo impauriti
come potevamo credere alla meta?
Ci ha liberato
il nuovo Innominato
in un mondo ormai rovesciato.
C’è un focolare dove sempre ritrovarsi
cammineremo senza tende
in questo lungo inverno
Ameremo il cammino
come solo le donne
sanno amare i particolari
e gli uomini i camini – fochisti
meno arrabbiati del solito,
visi asciugati dalla fuliggine
Dove allora? Non l’avevo capito mica
che l’essere in viaggio così
ritrovare a sera la luce del mattino amica
come se si trattasse di riorganizzare il mondo
con i soliti disegni dei bambini fosse –
l’unico gioco che Dio prenderà sul serio
Ravenna, 18-12-‘22
E così ho amato
questo venire al dunque
La resistenza dell’inverno
i cachi e le melagrane
Ho necessariamente accettato
questa morte lenta
Le seduzioni della natura
non mai credendole
Che chicchi vermigli lucenti
e polpe arancio dissetanti
Amore di ciò che è dolce
e del frapposto velo
Sapendo che assaporarli
non è che una questione terribile
di controluce
Non bestemmiando condanna
perché ci ritroveremo
spanna a spanna
Nello sguardo
preso
e subito perso
Delle persone nella nebbia
di ciò che non inganna più
Ravenna, 16-12-’22
Lillà date – agli ayatollah
Mai i vostri capelli
di raso e sasso
Siate da svegli
il sogno che ritorna
l’altrove ancora
del mahatma e di mandela
Ravenna, 14-12-’22
E rasentare
e risentire oltre
il molo
E rivedere a
visibilità netta
Le draghe, le anatre
sul canale
le giornate –
di mare invernale
come se fosse estate
Che qui dice sempre di sì
al chiedere
perché. Niente si chiude
tutto si apre
in un vorticoso e improvviso rigirarsi
del viso
contro la brezza da Est
Carghi
e navi pilota, tra il
faro
e il pensiero di casa
vengono accolti
con un buon pescaggio
e ripartono sollevati
A Marina
sul facile Adriatico
non c’è cercar la direzione
già note sono le mappe
ma da darsi appuntamento
tra il largo cielo
e il profondo mare
quando e dove – loro vorranno
Baretto, 12-12-’22
E allora?
all’inizio di ogni azione
il motivo traballa
come se si dovesse andare
al bandiera gialla
Con la testa rivolta a tempi
seducenti
si va per strade
normali e amate
le tue carte, amanti e persone
E non si butta mai via
il bambino con l’acqua di placenta
che poi sporca non è
Questo, senza questo seducente
muoversi tra il colore e la tavolozza
quale scoperta, quale scoperta
ci saremmo giocati
pensa (?)
Ognuno ne ha più di una
che lo sorprenderà per tutta la vita
E sentire irremidiabilmente più amata
la vita usuale
e quella che ancora deve essere,
il tempo le passioni
e questo cielo grigio
Tutto ciò amico mio ha un nome
che io – lo ammetto – ho conosciuto giusto giusto
per dare storia al mio tempo. E’ il rischio.
Rischiamo insieme sul seme adatto,
che tirerà giù la pioggia e piantagioni sconfinate
Ravenna, 10-12-’22
I marinai avevano una donna
in ogni porto
Era un’epoca romantica
di viaggi
addii e ritorni
Sfruttando tutto ciò i mercanti
facevano affari
finché prevalsero i guerrafondai
E’ così che i poeti hanno dovuto scrivere
un’altra storia
Avere il grano da portare è diventato il sogno
E poi raggiungere il porto
come la ricerca
di utopia
Così loro, i marinai hanno ancora cercato
la vampa del faro e urlato: Terra!
Guardato ancora i cieli
e infine studiato daccapo – quella stella sola là
Ravenna, 9-12-‘22
Kiev sarà (?)
nella notte
delle vie
viste dai fari – delle auto
come quando
dentro ci si vive
…
E le campagne
poche cantine cerulee
del mosto solo
l’odore ai muri
meglio delle trincee
…
Sarà
ventre materno
di un popolo?
E un giorno
campo aperto –
di pacificazione
tra molti?
Ravenna, novembre ’22
Certe vicende
condivise in modo quasi tangibile
inevitabili hanno un termine
Ma non ci sentiamo in realtà
(lo spirito è realtà)
allontanati
Non siamo senza
quel nostro noi
che è di tutti
Verrà meno la consuetudine
ma non l’amicizia
comunque spirituale
Che è di voler bene
sempre
carica
E alfine si assicura
con fiducia
al cuore
delle vicende di ciascuno
– più di quanto non fosse all’inizio –
alla gente, ad una sorta di canzone popolare
Ravenna, 9-12-’22
Io mi inchino al dogma di Maria nata priva di peccato. Francamente però la cosa in questi termini da educanda non mi appassiona, mi appassiona di lei – potrei dire tante cose – l’essere intermediaria per l’uomo con Gesù, per come sa dirgli le cose. Fu così a Cana, alle nozze, quando gli chiese il miracolo, è così per ognuno di noi quando – e non è una questione di modi – siamo così arrabbiati che non sappiamo da che parte cominciare. Siamo annebbiati e Maria ci aiuta, perché lei lo ha accompagnato senza macchia e senza paura. L’essere senza macchia di Maria è una fonte eterna di positività, che non dimentica mai, anche nella situazione più ottenebrata, la possibilità della gioia. MARIA E’ IMMACOLATA PERCHE’ FEDELE AL DESTINO UMANO ALLA GIOIA.
Le roccaforti
resisteranno
al nemico
che si sarà annidato dentro
Estate 2022
Su un sasso
avrà il sorriso
di un gatto addormentato
il mio viso
Anche quando
sparirà il sole
avrà la meglio
di ogni brusco risveglio
Saprà cullare i gorghi
gli odori del fiume
e vedere volare via
aironi verso il caldo
Ravenna, 4-12-’22
Sono i miei eroi
magari Angelo e Romano
che liberarono subito in me
un grido – amicizia
inconsapevole Amicizia
eccome vibrare l’uno per l’altro
Così andarono le cose:
mi invitò Donatella nell’intervallo
in quarta ginnasio
prese la parola Angelo
eravamo un’ottantina
che ci facevo lì (?)
a fare l’alternativa
il più bravo della classe
Mi prese in controtempo
come tutti i colpi che vanno a segno
che eravamo lì
non per uno studio nuovo
(e chi se ne sarebbe fregato)
ma per una vita nuova
Allora sì
parlare di America latina
Giovanna cantò Que linda es Cuba
Giampaolo, l’amico venuto da Cesena –
sembrava lontano Cesena –
la sua relazione
su sviluppo e sottosviluppo
Un insegnante sulla sessantina
come tutti noi
in un afflato inaspettato
si presentò dicendo mi chiamo Pierina
ma se mi chiamate Professoressa
va bene lo stesso
Irreversibile amicizia
che poi avrei scoperto inesauribile
Assemblea poetica
in una spoglia aula del liceo classico
Dante Alighieri (non ridere Sommo poeta)
di Ravenna
Dove io ritornato oltre la sessantina
e svezzato al mondo
non ho pensieri
né cuore (non so quanto puro)
che non desideri amicizia
Se questa notte
di petto
ma non di getto
tutte le forze
dell’animo nostro
e della natura
si riunissero
in una poesia sola
inno di un’isola
in abbandono
E se i migratori almeno
rimanessero sulla nostra frana
il tuo volo passerebbe
nuovamente dai nostri sguardi?
Quando darai
alle fiamme la giustizia?
Dolce
fiato
sospiro creatore
dell’universo
Il nostro cuore è insensibile
ti misconosciamo
tra le angustie del mondo
ci sembra impossibile combattere
e difenderti
dolcezza d’amore
crepuscolare e stellare
alba e madre
noi eroi bambini
irreversibile turgore che desti i natali al mondo
Ravenna, 29-11-’22
Casamicciola non sei la più piccola
La tua caduta
Cerca del Natale la prossima venuta
Ma s’impone
Alle mani del cuore
Alle mani della mente
Che scavano
Aldilà di chi non vanga
Di chi mesta e rivanga
La ricerca di possibilità nuove
Per la nostra terra che duole
Dal monte – al mare
Ravenna, 27-11-’22
Sbranarsi la testa
e la speranza nel buio
dove si arriva sul punto di crederla triste
Come se fosse
la solita fine
di un nodo gordiano
E invece uscire
nel lieve sgomitolarsi
del crine materno
Aiutato e consapevole
ad andare più aperto
tra le speranze – fragili del mondo
Ravenna, 28-11-’22
Ho impiegato il tempo
da impiegato
a cercare di renderlo utile
E nei corridoi
si diceva che era futile
ogni cosa che mi fosse affidata
Così tanto per impiegarlo
per piegarla
la mia testa al capo
Non ho mai trovato
il bandolo della matassa
e l’unica cosa che salvo
Sono l’amore
la casa
il pane per cui l’ho fatto
E mi dico
e mi dico
dovevo – prima o poi dirlo
Ravenna, 28-11-’22
Domenica si festeggia Cristo re: un breve commento ascoltando la Messa dell’incoronazione composta da Mozart. In realtà il titolo – secondo tradizione – è dovuto al fatto che questa Messa sarebbe stata composta ed eseguita per la commemorazione dell’incoronazione dell’immagine sacra di Maria conservata nel santuario di Maria Plain a Bergheim (Austria) nei pressi di Salisburgo.
Ma dal momento che mi soffermo sull’Agnus dei mi è venuto spontaneo riferirla anche alla regalità di Cristo.
Di solito il re è chi premia e castiga. Il re che i cristiani festeggiano ancora 2000 anni dopo è un re che salva. L’ho accusato in modo evocativo e plastico guardando e ascoltando questa Messa. Nella versione diretta dal maestro Herbert von Karajan, all’Agnus Dei c’è la voce inizialmente solista della soprano Kathleen Battle, in cui io avverto una fascinosa e misteriosa nota che emerge cristallina dalla notte buia di ogni tempo. A un certo punto si aggiungono il tenore, la contralto, il basso. E così quella voce si differenzia e si arricchisce, inizia a moltiplicarsi, insieme. La cosa sconvolgente in quest’opera è che l’Agnus dei si chiude con una corale trionfale, impossibile senza la preesistente coscienza del male, senza l’assurdo, cioè la negazione del fratello.
E così alla musica riesce il miracolo di Cristo re. L’uomo canta, anzi esulta insieme, in coro. Il coro finale nel cantare a Cristo porta in trionfo l’uomo, l’umanità ferita e salvata dall’obbedienza dell’agnello. Senza questo trionfo il sacrificio di Cristo sarebbe stato vano. Per questo non ci si salva in solitaria. Cristo non è – lo sapevamo – venuto a salvare i sani. Certo è venuto a perdonare i peccatori. Ma non perché se ne andassero semplicemente con la coscienza a posto. Cristo – obbedendo al Padre – non si è giocato tutto per delle anime da sacrestia. Ma per un’umanità, tu, io, lei, lui, riconquistate dall’ottenebramento alla gioia. Alla chiarezza di un canto. Cristo perdona l’inimicizia e libera l’amicizia. Il suo esprimersi, che sia il canto o il lavoro, attraverso la fatica umana e la riconciliazione, porta all’esultanza che fu di Maria. La misericordia non è solo togliere i peccati, ma etimologicamente: dare un cuore ai miseri. Non diciamo che sia impossibile. Pensiamo alle nostre vite e alle vicende del mondo come ad un cammino. Al cammino di uomini e popoli destinati a conoscere la gioia e la pace.
Ravenna, 18-11-’22
Loro sono vita
meglio
delle ali del cielo
Nude spalline
che riscaldano
di più
E dire che il sole
asciuga le vele
ed i gabbiani
Ma è su quelle giovani
baciate
che rifà estate
Marina di Ravenna, 7-11-’22
Il miracolo sai non lo conosco
io sempre lo scopro
melagrana in grama stagione
O forse filagrana
vagamente discinta
del discorso
Come un’amica
strana e distinta
da quel giorno – preciso – d’agosto
Ravenna, 27-10-’22
Ottobrata
ma i cieli
sono già vuoti
Dopo i migratori
anche il sole
se ne andrà
Ravenna, 24-10-’22
E così riconosciuto il mistero del male
terribile e trasversale come un uragano
sottile e letale come un sottomarino
Il mondo non più si dividerà
come mai del resto è stato
in buoni e cattivi
Ma tra chi griderà
e tra chi urlerà
tra il grido e l’urlo
Perché il primo sarà rivolto-
e forse ascoltato –
il secondo sarà vago e dissolto
Ma ci sarà un urlo
benché non rivolto
ma disperso agli altri uomini
Che sarà un avvertimento
trapelato a forza come nella tela di Munch
che griderà ai propri simili
Oltre il limite non del morire
ma dell’odiare
ci sarà – non solo alle spalle: il niente
Sarà uno strano grido
flebile e forte
che non saprà dove prendere respiro
Non dalla gola strozzata
non dal petto intimidito
non dal ventre fiaccato
Ma da una strana zona del cuore
da un tarlo della mente
che non conosceranno filo spinato
Ravenna, 5-10-’22
Tra la grata della libertà
e il virgulto della gratitudine
il tempo si fa spazio
Ravenna, 21-08-’22
Sono lampi
sono stati lampi
ora che cede
l’estate stanca
al temporale
Ne sento ancora
scavi
gli occhi di fede,
di sale
e di lucore
Marina Romea, 18-08-’22
Tu credi fermamente
certamente
che io non ti abbia avuta
se non in seno
ma mai in braccio
Lasciati credere, ti prego
che non sia così…
Ti ho sostenuta
ogni volta
che il mortale veleno
L’anima te la voleva volare via.
E in quei momenti l’ho presa io
sono riuscita ad essere
fiero abbraccio
della tua irriducibile verità
Ero dietro di te
ci sono sempre stata
quando la tua anima cercava riparo
e te l’ho ridata dilatata alla vita.
Come nel giorno mistero del nostro parto
Ravenna, 29-07-’22
Che festeggiano (?)
si direbbe allegre
se fossero umane
lo capiscono
solo loro stesse
le gabbianelle
che sorvolano
basse
e precise
il limitare
il crepitare
delle bianche
ali di schiuma
sulle rive
Sembrano
entusiaste
prese
più dai destrieri
bianchi
in infinite
file
che non dalle
piccole prede
rimaste
travolte
che le avrebbe
raccolte
anche un bambino
Non di appetiti
ma di candidi
vestiti
si empie oggi
il copione del mare
alcuni fogli
bianchi
ancora da scrivere.
Ora che credo di aver finito
una grande
vela bianca
laggiù
solca l’orizzonte
e riapre lo sguardo
Marina Romea, 17-07-’22
Si spazia
la spiaggia
si crea come un’area
di rispetto
chi al cospetto del sole
chi al cospetto del mare
Amare qui è naturale
solare
si scrive una nuova storia
dei sessi
meglio il sapore verginale
che il sudore degli amplessi
Come se il sole cadesse giù
non solo ad adorare il mare
ma a rendere adorabile
lo spazio estasiato della spiaggia
– in ogni presenza – in ogni corpo
in ogni faccia, di questo social dai mille likes
Marina Romea, 16-07-’22
Andirivieni come le notti in ardore
s’impone vasto un ritmo esteriore
Tempi e suoni di natura
soffia il mare sulla calura
Adorare quanto uno sguardo dura
si sottrae. Battito libero di commozione
Marina Romea, 16-07-’22
Ho amato questo cielo
quasi senza mai vederlo,
senza il coraggio di guardarlo
nella sua incombenza
proteggere il mondo dalla morte,
promettere sin da ora
che gli innamorati non si arrenderanno
Marina Romea, 14-07-‘22
Canta e danza
– voluttuosamente –
come si fa solamente,
devotamente
per il niente
o per il tutto
Marina Romea, 8-07-’22
Oriente
trasuda
la tua pelle
bruna
Le onde
echeggiano
voci
di madre
Bronzi
lavorati
e bagnati
al sole
Uno smeraldo
brillava
che mi pareva grande
ed importante sulla tua mano
Non finirà
tanto facilmente
questo canto
e quell’incanto
Marina Romea, 8-07-’22
S’alterna
lo sfondo del presente
a fondi sfaccettati di ricordi
e li bevo tutti
in questo orizzonte
concavo di cielo
Marina Romea, 5-07-’22
Come un cielo
come una corolla
che il sole bagna
di trasparenze dorate
di giornate donate
che non sanno chiedere
ma ricevono gratis
Con un’insistenza
che si ripete
ad ogni alba
con la magnificenza
che solo l’amore gratuito
e costruito insieme
conosce
Ravenna, 4-07-’22
Non so darmi un tempo
anche se vorrei sempre
ringraziarti subito
all’infinito
per il dono della tua vita
Mentre accade
e non ci sono.
Quando ti incontro
e non so dire
che sono commosso
Si chiude la gola
si ferma il cuore
arretra la parola
e vorrei dire
che è importante per il mondo
Forse sai
dovrei imparare
a dirti più spesso
semplicemente
che sono contento
Una breve poesia
che non va via
il soffio
d’estate
del vento
Pianoro, 3-07-’22
Quando raccoglieranno il grano
sulle stoppie sarà stupore
accanto alla terra bruna
e al loro contrasto
L’una sembrerà percorsa
da un vento leggero
l’altra ancora fumante
come non d’aratro
Entrambe ferite
tremeranno di calore
lungo la piana
fino alle colline
Stradelli, 27-06-’22
Innamorarsi
come il primo giorno
risposarsi
grazie al disegno
che fa ora la gente del primo tratto
di una matita che non nascose la fatica
e mi catturò
Poi il mare si sa
muove le acque
mentre ti dà
frutti infiniti
che solcano i flutti
e presto si fan maturi
il tempo che tu li curi
Quando con la prima calma si placa
e la bonaccia dice chissà
da riva al largo ormai è chiaro
il mistero che siamo insieme
noi e la gente semplicemente
un poco ma davvero
figli amici – amanti del mare universo
Modena, 27-06-’22
Guarda il catamarano:
lo dici forse ora
perché lo diceva lui allora?
E io vedo che è l’ideale
quel vento teso e costante
senza folate
Quante stagioni sono andate
a ogni estate
tra vele sventate e pericoli
Scruteremo così
anche il nuovo tempo
– che si dilaterà
Marina Romea, 25-06-’22
Aspetti
qualcuno
di un corpo e un’anima
gli occhi
e il cuore
Nel primo
semplice sguardo
di ogni giorno
dal sole sorto
aspettavamo per nascere
il sì dell’altro
Ravenna, 25-06-’22
Quando gli astri ci iniziarono
rileggemmo
i nostri romanzi
Poi scrivemmo
il nostro cielo
sulla terra della fortuna
Ora per tutta la terra
e in questo tempo
chiederemo la luna
Giugno 2022
La cattedrale degli gnomi
sta tra il cipresso
e gli altri
normale
alla strada principale
tra l’erba persa
ma non arsa
senza via d’accesso
che non si ricorda
l’ultimo ingresso
Tu sei la speranza
degli uomini
senza via
in periferia
a Coccolia
Tu saresti la Chiesa
e noi uomini gnomi
la nutriremmo
a povere semine
e mietiture del cielo
Non è così. Talvolta però
quando la campagna
fa estate
e la fa reale sulla pelle
di chi passa,
gli alti cipressi
che la contornano
stormiscono in cima
intonando per il mondo
un inno a cappella,
che sa di campane e di brezza
Romagna, solstizio d’estate 2022
E sulla soglia di tutte le incertezze
non ho chiarezze
non ho le forze
Allora dove sono
le certezze
allora dov’è finito il sogno (?)
Addirittura del concerto
aperto
nel mondo deserto
Se non so vivere questo momento
se non so vivere la distinzione
e il necessario tradimento della fusione
Come potrò partecipare
a cambiare la storia piccola e grande
di un’epoca nuova?
Ravenna, 20-06-’22
Solo qui
a questa altezza di spiaggia
si fanno vedere in Romagna
angoli di mare provenzali
e specchi d’acqua rari
Aspettarvi mentre scrivo
è come attendere
non già il ripetersi
ma l’eterno compimento
di qualcosa
Che di getto è
riflesso sui vostri visi
dal sole di mezzogiorno
il piacere mediterraneo
del rispetto di tutto
Marina Romea, 18-06-’22
Ritornare
amando
ogni riviera
di costa
e di schiuma
sovrapposta
Andare
al capanno
sulla scogliera
che si sposta
apparentemente sfuma
e ogni passo affonda
Passare
dal ponte
sul fiume Lamone
che porta
piccola carnale aorta
esangui acque
Arrivare
a colpo d’occhio
in ogni ora e stagione
all’immenso orizzonte
di cielo e di mare
che sorprende anche la foce
Marina Romea, 18-06-’22
Perdere il pensiero
scordare i tempi
e i modi
è un disegno
sulla sabbia
è un cielo
da cui regolarmente
si sposta e cambia
quella nube
è un discorso scritto
e dimenticato a casa
è il riaffacciarsi
di una speranza
ignota
è un amico
poi un altro
ognuno nei suoi pensieri
ognuno con i suoi tempi
ognuno con i suoi modi
è una stagione in cui i cuori
vanno oltre gli occhi
e si ritrovano…
Nel bianco rapito sorriso
nel bianco frugato seno
di una ragazza
che firma con sicurtà
in un istante
il quadro mosso della celestialità
Marina Romea, 17-06-’22
Quasi nello stesso momento
una svolta
un cormorano
un tormento
Che vola
dalla valle
a perdita d’occhio
chiusa
e cheta
E s’apre
al mare
furibondo
dello stesso colore
ma sconvolto
dalle urla
Il cavaliere bianco
e il destriero pezzato
vanno a fine corsa
stamane dicono
qui non scherzassero affatto
Marina Romea, 14-06-’22
Mattinale riflesso dinnanzi
Mare che dice luci
come tremanti parole
vere e strane
Seduce per sempre
la tua esistenza
quasi non si potesse
far altro
che guardare avanti
Marina Romea, 12-06-’22
Ricomincerei
sai
con i giochi e con i tuffi
se tu fossi come lui
di nuovo piccino
Non smetteremo
sai
di giocare insieme
con la grande speranza
piccina
Marina Romea, 11-06-’22
L’umanità
quella precisa
fatta di mondi e di epoche
Dopo i fuggevoli riverberi
Si frange
senza sole
a riva
E non ne ricorda
il riflesso
Marina Romea, 11-06-’22
Nuvole
rubano
lo sguardo
e te lo ridanno
L’amore
è salvo
sulla terra
a cumuli
Ravegnana, 9-06-’22
Da qui ferisce
nel mezzo
un raggio un volo
Lo sconfinato cielo
Ravenna, 9-06-’22
Ti riserva
Marina Romea
dopo il mare preghiera
la vela ferma la sera
la valle
fiammante
che appare
pedecollinare
e io non so che dire
se non sorpreso finire
le ore divine
e a casa ogni tetto benedire
Marina Romea – Ravenna, 8/06/’22
I ragazzi irregolari
ormai
meno rari
si sentono casuali
ma anche normali
e non hanno quasi
da dirsi strani
…
a modo loro sono soldati
Sono precari
lavori saltuari
nuovi scenari
temerari
non gregari
non paralisi
incerto domani
…
a modo loro sono soldati
Ravenna, giugno 2022
Oggi la valle
da cui la cappa
non si svelle
non sembra
uno di quei dì
dipinti
nella pittura
ma un’inquadratura
della fotografia
Di quelle
dai colori distinti
dal resto del vero
E anche il rosa
dei fenicotteri
volato qui per caso
da mondi esotici
ormai
ne fa parte
Marina Romea, 3-06-’22
Non abbiamo più una sola città
Non abbiamo più una sola famiglia
Oramai anche noi
Ti seguiamo col pensiero e col calore
in questa nostra seconda e unica
gioventù
Sulle dune e nei bagnasciuga
dove la sabbia è pia
e la calura s’innalza a giugno
Mese giorno e ora
il nostro orologio si è fermato lì
proprio quando prese a battere il cuore
Ci ha lasciato sulla riva l’emozione
poi è ripreso insieme il cammino
ardito e preciso
Chiede così la tua fiorita
umanità
come un’imbarcazione solida
non di farti da pilota
ma di incrociarti qualche volta
sulla riva della gioia
Bologna, 2 giugno 2022
Io guardavo a occhi spalancati Jolie
il gatto che, predatore da divano un po’ così
fissava Ada che leggeva proprio lì,
con i riflessi negli occhi, il suo libro thriller,
quello di chi, come noi tre, sta sempre sul chi vive
Ravenna, 1° giugno ’22
Sei passata anche oggi
come una principessa
madonna povertà
‘nbuondì signora
qui tra i vicoli,
delle grandi città
Maleodoranti
sotto i foyer
e i riflettori
della bella gente
Nonostante la beneficienza
nonostante i posti nel loggione
quando mai (?)
la ricchezza potrà condividersi
veramente
Ravenna, maggio ’22
Non sei prevista
stasera
intrusa
eppure sei
la mia difesa
dall’annullamento
poesia
Dà costrutto
allora alla vita
e suona l’arpa
melodiosa
avvicina
la voce liuto
al mio cuore duro
Ravenna, maggio ’22
Vorrei dondolando
Vorrei a tuo comando
Piccina sull’altalena
E una nenia
Al cigolare del pesco
Che nonno Francesco
Mentre ti spingeva
Mentre il riso e il pianto tratteneva
Ti avesse visto con questo tuo splendore
baciato d’amore
Che ora luccica
Argenteo spicca
Lui che già sapeva che non un’ eterna bambina…
Tu saresti stata una bambina eterna
Dovadola, da sempre e per sempre.
che sfuma agli occhi
e si ribellano alla sua bellezza
Certo nuovi rapporti
libero da scadenze
vero godere e mutare
dei giorni e delle stagioni
Ecco appunto il signore
è sempre lui che passa
a riscuotere i giorni
ed è il nemico di molti
Da giovani si diceva
agli ignari che fosse amico.
Oh tempo signore
dei nostri momenti
Perfino i nostri pensieri
che a volte si credono
assoluti s’inchinano
infine alla tua variabile
Forse è bello che niente
ci sia di statico e che tutto
muti, potrebbe anche
migliorare…Per poi finire
Tempo che dai senso
e che poni termine
alla vita: io ti vomito
io non ti credo
Io non spero
io non ti aspetterò
io darò la vita diuturna
per il suo senso
Ravenna, 27-05-’22
Ritrovami dalle rive
dai ricordi se vuoi
dal rinverdire tra noi
di vicine acque marine
Non ci saranno giorni
più belli di quelle mattine
in cui vedremo scintille
nel mare riflesso a bagliori
Sapranno di eterno
ma non saranno gli ultimi
Marina Romea, 21-05-’22
Il gatto
quando ti sta
addosso
disteso
con quella zampa
che penzola
dalle tue ginocchia
vuole stare
in una pace
che noi non conosciamo
e che non è solo animale
abbandonarsi e lasciarsi andare
Così non tollera
una carezza
quel cazzo di carezza
che turba
il suo distacco
che in fondo è perversa
meglio trattenerla
dopodiché solleva
il musino
stupito
ti guarda
e si rimette giù
E mentre lei continua a dormire
io mi stupisco
che ci siamo
capiti
così
Ravenna, 8-05-’22
Ormai m’ha preso
dove ero
non so
forse alla coop
un agognato amore
di qualcosa
che testardo accade
ai bordi del cuore
al capezzale delle persone
dentro la strage
Ravenna, 29-04-‘22
che c’è vociare
coriandoli per le stanze
che filtrano le case
e vibrante di grazia
alla prima ventata
Vi sono – qua e là per le perdute
vicine
campagne
Campi – già assolati e vedute
non pare seminati
ai primi soli (e nuovi)
Che aspettano…
Vi sono – qua e là per le perdute
spiagge
e rocce del porto
Ormai – robusti gabbiani
che volano oltre
prima dei piccoli loro
Alla terra novella
a cercare tra mille
la propria zolla
Con la sapienza delle anguille –
Spande
sale di mare
l’ala audace quando si posano
E anche la terra è madre a loro –
Come Romagna sa
che le sere d’estate
saranno – le loro terre
Pasqua 2022
Tu aria
Tiepida
Di primavera
Osservatore inavveduto
Ora ti vede
Colui che scrive
E io forte Camelia
Senza di lei
Nulla potrei
Farmi giocondo
Fiore
Gioioso di colore
India morosa
Dell’aere amato
Nel cuor di lei
Senza mi sfiorirei
E invece
ne son la gloria
Come vertigine
Del vento
Che diventa pace
Ravenna, 9-04-’22
E così
oltre l’incostanza
dubbiosa
della speranza
C’è il legame certo
della carità fraterna
sicura come la carena
di un peschereccio
Che arriva
nel mare fuori del porto
a volte arrancando
a volte spavaldo.
Ora che è partenza
tra i riflessi del faro amore
anche l’amaro dei pescatori
non dubiterà
Della barca
dell’equipaggio
sicuro – il viaggio soave
perché leale
Come le luci di riva
aspettate
e riavvistate al ritorno…
Per ripartire poi
Ravenna, 7-04-’22
Ah beffardo sole
allora non sorgi
sui buoni e sui tetti
mentre la nebbia
che meglio
custodisce gli uomini
dentro
li fa leggere
nei tempi stretti
e vedere
che tutti siamo
un po’ buoni
e abbandonati
di perdono
desiderosi
Ravenna, 1/04/’22
Stringe la finestra il cielo
stamane stinge
e non convince…
Il suo azzurro raso
dove subisce ogni contagio
soltanto in alto
e nel profondo
di questa scena
– opaca
– traluce
Ravenna, 24-03-’22
se ne fa scappare
i colori nel ventre
sempre battaglieri
Chi non sta mai fermo
all’interno
Chi per capire
chi per amare attraverso
prende spesso il vento
di bolina
quando poi non sibila più e la vela sventa
si perde
come se l’avesse fatta grossa
come fosse
un castigo del cielo
e viene su qualcosa che spaura il cuore
Occorre allora un sentire paterno
la tua voce baritonale
con cui stasera mi parlavi d’altro
scommetto sul tavolo
un buon fermo soave
del tuo Friuli
che raffredda il freddo del bicchiere
e scalda le mucose
così che noi povera voce
ritroviamo il coraggio – di chiedere
Ravenna, 21-02-’22
Svenni da piccolo per un prelievo
da allora so
che non devo guardare,
ma, ma affidare
la vraie charité ouvre les bras et ferme les yeux
ardita citazione di un cartiglio
che regalai a mia madre…
Nei prelievi del sangue lo capisco
percepisco
la vena ben presa
e un bic insensibile
sensibilissima tu
professionale
raccontarti stranezze
per non guardare
attimi brevi
come se fosse importante
le somiglianze
tra l’accettatore
e Paul McCartney
Non sono matto
amico
è l’altra dimensione
quella dei sospiri
l’aldilà che comincia
del mondo il destino
per gli uomini che si affidano
per quelli
che a loro si aggrappano
in un cammino che è
affettuosità sociale
Ravenna, novembre 2021
Sento crepitare il mare
come se la duna
fosse un alare
La rifrazione
volteggiare nelle ali –
ondeggiare nelle creste
Come faville
che sole – e risacca
bianca – rendono vermiglie
Da un unico manto
avvolte celeste
all’orizzonte dove si fonde
Ravenna, 16-02-’22
Ogni volta –
accompagnar trasumanar
la vita nuova
Da quando scrissi
del mio sogno – d’amore normale
tra la gente
Ora che l’organizzazione non ha spente
– le emozioni e le ragioni –
il tempo crepiterà
Ravenna, 8-02-’22
A questo punto di frammentazione intrapartitica, chi, più di Mario Draghi se eletto (con uno scatto di unità e determinazione) alla Presidenza della Repubblica, può dare qualche chance di tenuta della legislatura fino a scadenza naturale?
Il sostituto alla Presidenza del Consiglio lo nominerà lui e i partiti di tempo per mettersi d’accordo sui Ministeri ne hanno avuto…
Sarebbe il migliore investimento nel breve per il Paese e, in chiave internazionale per i prossimi sette anni…
Ravenna, 28-01-’22
Ma su quale base di ragionevolezza l’Ucraina dovrebbe entrare nella Nato?
Si è dissolta l’intuizione unificante di Pratica di Mare e non certo solo per responsabilità della Russia.
Così la Russia da alleato è diventato nemico. Le società dei Paesi di confine tipo l’Ucraina sono gravemente divise e almeno questo dovrebbe far capire che non si può annettere militarmente questo Paese, col rischio di scatenare una guerra. Senza contare che l’Europa, priva di forza militare di difesa comune, e prona nella Nato ai voleri dell’America, sta subendo da queste “esercitazioni militari” un danno economico colossale a causa dell’aumento esponenziale del costo dell’approvvigionamento di gas.
Ravenna, 21-01-’22
Quando dirigevo il Consorzio interuniversitario di sette Università “Nova Universitas” cercammo una frase icastica che potesse significarne lo spirito.
Fu Davide Rondoni a suggerirmi la frase di Publio Terenzio Afro: “Homo sum, humani nihil a me alienum puto” (da uomo non posso considerare estraneo a me niente di ciò che è umano). E in effetti ci occupammo di promuovere attività interdisciplinari di alta formazione che attraversarono interessi diversi. La stessa Ministra dell’Università, Maria Stella Gelmini scrisse che era un contributo innovativo e di qualità all’università italiana.
Lo strumento giuridico del Consorzio fece il suo tempo, ma quella frase, quell’idea, che già prima conoscevo, ma che nel corso di quel lavoro fu verificata, continuò a baluginare nella mia mente come pulviscolo in un occhio che non riesci a toglierti.
E’ una suggestione che chiede quell’allargamento della ragione di cui parlò Benedetto XVI. E di qui si capisce che la Chiesa è Magistra vitae.
Questa suggestione ha guidato il mio lavoro di ricerca e scrittura poetiche e non solo.
E’ stata anche un orientamento morale e spirituale.
Perché per dirla in termini laici, l’umanità si capisce da quanto non ha paura di confrontarsi con tutto,
niente di ciò che è umano mi è estraneo, vuol dire non un’idea di uomo, ma l’uomo concreto non mi è estraneo, con tutte le sue devianze e contraddizioni, imperfezioni.
Forme d’arte che non consideravo, le prese di posizione che non si capiscono, l’affetto per gli animali di cui avevo paura, la tenerezza verso persone di altre tendenze sessuali, il riconoscimento che i migranti vanno innanzitutto accolti, mettermi in discussione di fronte a persone che consideravo antipatiche. Sono uomo, niente di ciò che è umano reputo estraneo. Fobie, antipatie vengono corrette e anche superate dal lavoro del giudizio e dell’affetto, l’altro non mi è estraneo, siamo creature, ci apparteniamo.
Accettare questa sfida può mettere in ginocchio, il premio però non è solo una ragione che si allarga, ma anche un cuore che si spalanca. Il peccato, anche in senso laico, è il limite posto a questo spalancamento, ed è inevitabile: quel che conta è la semplicità di riconoscerlo.
Il tempo farà il resto.
Ravenna, 8/01/’22
Dicevamo ieri che se è auspicabile che a Mario Draghi si aprano le porte del Quirinale, più incerto si presenti il quadro politico, quindi la formazione di un eventuale nuovo Governo e il comporsi delle aggregazioni politiche.
L’Italia, lo dimostra l’attuale esperienza di Governo ha bisogno di una politica di centro, ha bisogno che si riformi una classe dirigente, ha bisogno che si prenda atto del fatto che ormai non esiste più un ceto medio. Ha bisogno che si ricostruisca un equilibrio sociale e quindi politico su basi nuove.
L’esperienza di Governo condotta da Mario Draghi ha rappresentato finora il tentativo, per una società frammentata (anche dai precedenti due Governi), e tenendo conto di una politica che, nel migliore dei casi, sa solo cosa non vuole essere, di imboccare una direzione per il bene del Paese.
Ci si sta riuscendo? Difficile a dirsi. Sicuramente i dati della campagna vaccinale, le premesse del Pnrr, i dati della ripresa economica sono indicatori che incoraggiano.
Ora si svolta. L’eredità politica di questo Governo non potrà essere solo – augurandomelo – Draghi al Quirinale. Noi abbiamo un quadro politico dove conservatorismo e riformismo attraversano i due schieramenti oggi esistenti in modo trasversale. Senza avere però una visione di società. L’emergenza fin qui ha dettato l’agenda.
Ma poi occorrerà guardare oltre. Forse di questo abbiamo paura. Occorrerà tenere la bussola della dignità della persona e il metodo del realismo, che compendia conservatorismo e riformismo. Il vuoto psicosociale, che la pandemia lascerà, costringerà a dire chi siamo e cosa vogliamo per noi, per i nostri figli, per il nostro Paese. Andranno messe in campo l’umanità e le visioni di uomo. Non si potranno più subire i ricatti degli schemi politici, le gabbie degli schieramenti. Se a Giorgetti piace più la Carfagna che la Meloni può darsi che sia un’affinità tra Nord produttivo, Sud che vuole uscire dall’assistenzialismo e centro politico che abbia un senso. Se Franceschini lavora bene con i Governatori leghisti come con i Sindaci del PD, questo cosa c’entra con gli ostracismi che ci si lancia da opposte sponde in altre sedi? Oppure le anime belle del Governo Draghi hanno intenzione di cancellare tutto e tornare ostaggio di un bipolarismo becero, che nei vent’anni della seconda repubblica ha prodotto meno risultati, al netto di quanto si è distrutto, di quanti ne abbia prodotti il Governo Draghi in uno?
“Che io possa avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare, che io possa avere la pazienza di accettare le cose che non posso cambiare, che io possa avere soprattutto l’intelligenza di saperle distinguere.” (T. Moro)
Ravenna, 7-01-’21
Il Decreto del Consiglio dei Ministri di ieri, sollecitato dall’esplodere della variante Omicron, giunto in un iniziale momento di logoramento della coesione dell’esecutivo a causa delle imminenti elezioni del Capo dello Stato e presumibilmente non lontane quelle politiche, segna paradossalmente un nuovo punto a favore dell’opera di coesione politica e sociale (in tempi impossibili) da parte di politici che non hanno fatto prevalere l’interesse di parte e del Presidente del Consiglio che ha mostrato sul campo e non curriculum alla mano il suo non comune valore.
Mi permetto tre note da non sempre provveduto osservatore.
1) L’Italia manda un messaggio all’Europa: “il rischio ragionato”, l’argine vaccinale al virus per permettere di riaprire e ricostruire, è l’unica via possibile come lo fu “whatever it takes” per la politica economica nel 2012.
Certo, forse si poteva osare di più e prima.
Ma non dimentichiamo che la coalizione di Governo è improvvisata.
C’è un messaggio sottotraccia: solo la coesione sociale, solo “l’amicizia civile” – amo dire io, permette di affrontare le nuove sfide. Delle quali non saremo mai all’altezza. Però l’amicizia civile, madre Europa, è il metodo per affrontare il tema del nucleare o dei migranti. L’amicizia civile riconosce il desiderio umano come legge, perciò come ha fatto in modo esemplare Draghi non bypassa le istanze particolari, le ascolta, ne cerca radici, offre punti di fuga e sintesi.
2) Mario Draghi è la bandiera di tutto ciò e gli va offerta la postazione istituzionale più congeniale per continuare con efficacia e risonanza mondiale a svolgere quella che, per come l’ha impersonata, sembra essere per lui (e per noi) una missione oltre che un servizio.
3) Non è dato capire invece quanto il quadro politico abbia avuto il tempo di metabolizzare finora l’esperienza di Governo, riorientando in senso meno radicale e sovranista le politiche dei due principali poli. Ma un anno in più, per di più di clima elettorale, probabilmente non cambierebbe molto.
Ravenna, 6-01-’22
Francesco, nel discorso pronunciato al primo Angelus dell’anno, ha detto che occorre accogliere Gesù nelle nostre “stalle interiori”, quei meandri del nostro cuore che noi riterremmo troppo oscuri, inospitali e inabitabili.
Sono rimasto colpito da questa che trovo una felicissima e finissima espressione di quella che spesso è la nostra condizione.
Eppure il nostro cuore è desiderio, de-sidera, attratto dalle stelle.
Le nostre stalle interiori, come nella notte di Betlemme, in tutte le notti insonni, o nelle giornate indaffarate, de-siderano.
Ma soltanto quel giorno in cui la sorpresa di colui che scende dalle stelle, la sorpresa che ha preso dimora, che abita il nostro cuore proprio attraverso l’impronta unica e comune ad ogni uomo del desiderio, soltanto quel giorno il dolore, l’amore, il cuore si ricompongono.
Una trafittura passa dal nostro cuore, come in un’invocazione potente e unisce il cielo e la terra, la profondità della terra, accade allora un cambiamento di corpo e mente, una rinascita, che primariamente si esprime attraverso la voce, che può essere anche logos interiore, “povera voce”, che è povera, ma canta, che non può morire, che grida, che non ha più un perché, ma – appunto – canta con un perché.
Una stalla, la nostra interiorità, che sarebbe desolata se, pur desiderandolo, rifiutasse di essere abitata – da sempre – dalle stelle.
Ravenna, 4-12-’21
Se ne va il 2021 offrendo al nuovo anno il ricordo commosso di Don Luigi Negri, scomparso ieri da uomo vero, lo sguardo fiso e chiaro alla meta come lanterna.
E quante volte ci ha ricordato che la lanterna va posta sopra il moggio!
Un uomo che ha conosciuto, come se fossero stati un’unica cosa, il combattimento interiore e quello esteriore, risultando non sempre facile a se stesso e agli altri, ma sempre testimone e costruttore.
Nel suo ultimo video parla, egli stesso dice in modo nuovo, di una dimensione del tempo e della conoscenza piena di senso e incipiente di eternità, “il tempo passa, perché passi il tempo”, nell’attesa del ritorno di Cristo.
E’ in questa prospettiva che si spiega ultimamente il suo invito a “vivere lietamente le iniziative di Dio nella nostra vita”.
Ancora una volta vibrante consegna interiore e passione per il mondo si ritrovano intrecciate e pacificate.
Portovenere, 1°-01-’22
Che ha la bellezza di così eterno e momentaneo
che se ne va col sole e il cielo rimane appeso
i paesi erti sul versante opposto della terrazza
e gli rimane addosso una luce impossibile?
La rada ampia
le barche alla fonda
al centro il torrione
persa la sera
nel golfo dei poeti
inizia l’ora
Che trascorre senza voce la notte di Portovenere
Portovenere, 30-04-’19
Perché il Natale pur così miracoloso come avvenimento lo sentiamo anche necessario, come un sospirone dato tirandosi su dopo un lungo anno in apnea?
Dal momento che la vita nasce come miracolo, può procedere solo per miracoli.
Il miracolo del primo pianto, del primo respiro, delle prime sillabe, dei primi passi, del primo…del primo…del Natale che ad ogni età è sempre il primo della vita…
La vita è un continuo eterno miracoloso cominciare.
La natura irriducibile del cristianesimo rende per grazia vivibile anche il dolore.
Ravenna, 22-12-’21
Radunare corali
rinnovare spartiti persi
nell’epoca dei legami artificiali
sarà come perdersi
sarà come farsi dilaniare
dai latrati dei cani
azzannati dalla morte dentro
prima che dal suo pulviscolare
come nera neve
Crederemo che non
ne sia valsa la pena
e forse pregare
con un sibilo
per respirare irrimediabile
l’alito di vita
della tua bocca
e non per cantare
perché non si può cantare che insieme
Quando allora (?)
non lo deciderà
il padrone del mondo
ma ci arriverà incontro
al dolce guaire di husky dagli occhi blu
quando il sibilo dei morenti
avrà resistito
alle più lusinghiere scommesse
delle sere segrete di nuovi Don Rodrigo
Anch’essi dai loro schermi
assisteranno al riunirsi
strano ed inermi
di direttori e soprano
forte l’entrata in scena dei bassi
all’attacco divino
del primo violino
che sarà il pianto eterno di gioia
di un neonato
Ravenna, 18-12-’21
Un vecchio leader democristiano, Pierluigi Castagnetti, che i media ritengono molto vicino al presidente Mattarella, nei giorni scorsi – considerando la tensione fra Usa e Russia – ha scritto un tweet alquanto saggio:
“Non scherzare col fuoco. Va bene la reazione USA alla minaccia russa di invadere l’Ucraina con 175000 uomini. Va bene la vicinanza UE all’Ucraina. Ma che facciamo per evitare che? Forse è ora di dire che la pretesa russa che l’Ucraina non entri nella Nato ha qualche senso”.
Parole di realismo andreottiano. Infatti l’ingresso dell’Ucraina nella Nato – peraltro in violazione degli impegni presi con Mosca dai presidenti americani – non è solo una questione diplomatica fra Usa e Russia, ma è un rischio colossale per tutti noi: potrebbe essere la scintilla che rischia di trascinarci in un conflitto, prima economico, con disastrose sanzioni e grossi problemi per le forniture di gas, ma forse poi anche militare.
Una vera guerra mondiale? Il motivo per cui, dal 1945 in poi, le grandi potenze hanno sempre scartato l’opzione nucleare – preferendo restare nell’equilibrio del terrore – risiede nel fatto che nessuno avrebbe potuto vincere quella guerra, essendo certo che – mentre colpiva per primo – avrebbe sicuramente subìto un’eguale risposta.
Invece, nel caso in cui l’Ucraina – storicamente parte della Russia – entrasse nella Nato (dispiegando al confine russo missili capaci di colpire Mosca), quell’equilibrio di colpo verrebbe meno. Di fatto la Russia si troverebbe minacciata e disarmata. Uno squilibrio pericolosissimoper il mondo.
Purtroppo l’Occidente continua da anni a sbagliare tutto. Due anniversari, che ricorrono in questi giorni, ci fanno capire i suoi errori: un trentennale e un ventennale.
Trent’anni fa, nel dicembre 1991, l’Urss fu dichiarata morta e la bandiera rossa veniva ammainata dal Cremlino. Venti anni fa, l’11 dicembre 2001, la Cina comunista fu ammessa, senza condizioni, nell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) per diventare “la fabbrica del mondo”, con effetti colossali sulla vita di tutti noi.
Così l’Occidente ha vinto pacificamente la guerra fredda contro il comunismo sovietico, ma, poiché ha voluto stravincere, ha trasformato quella vittoria in una sconfitta storica, resuscitando un comunismo peggiore (e vincente), quello cinese. Operazione le cui conseguenze stiamo pagando già ora, ma il conto, salatissimo, arriverà nel futuro. E potrebbe essere tragico.
L’Occidente infatti favorì lo spappolamento non solo dell’ex Patto di Varsavia, ma anche della Russia storica, pagato da quei popoli, negli anni Novanta, con grandi sofferenze.
Invece di aiutare la costruzione in Russia di una democrazia rispettosa della loro cultura nazionale e della loro storia, si cercò l’annientamento di quel Paese.
Invece di una nuova Yalta o un nuovo Congresso di Vienna, i presidenti americani “fecero tutto il contrario” ha scritto Giulio Sapelli “nella follia del sogno unipolarista”. Quello cioè che decretava “la fine della storia” e il definitivo trionfo americano sul mondo.
L’Occidente poi non comprese l’opportunità che si presentò, nel 2000, con l’arrivo al potere di Vladimir Putin, il quale stabilizzò un paese alla deriva, ridandogli dignità e ordine.
Certo, con delle criticità, ma cercando rapporti di amicizia con l’Europa e gli Stati Uniti, al punto che – come ha rivelato George Robertson, segretario generale dell’Alleanza atlantica dal 1999 al 2003 – Putin, appena arrivato al Cremlino, espresse addirittura il desiderio di far entrare la Russia stessa nell’Alleanza atlantica. Questo avrebbe significato la fine della contrapposizione Est-Ovest e un’era di pace e di democrazia.
Fu un presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, a intuire l’eccezionale occasione storica quando organizzò, nel maggio 2002, l’incontro di Pratica di Mare in cui fu firmato un documento di collaborazione fra Nato e Russia, dai due presidenti George W. Bush e Vladimir Putin, per “costruire insieme una pace duratura e inclusiva nell’area euro-atlantica in base ai principi di democrazia, sicurezza cooperativa e all’asserto che la sicurezza di tutta la comunità euro-atlantica sia indivisibile”.
Ma l’establishment americano cambiò avviso e ritenne che era meglio non permettere alla nuova Russia di rialzarsi.
E’ l’establishment che, nel frattempo, aveva puntato sulla Cina, facendone “la fabbrica del mondo” a discapito dei lavoratori e del ceto medio occidentali, impoveriti dalla deindustrializzazione, a scapito della nostra manifattura e dell’ambiente, ma in favore di una finanziarizzazione dell’economia che avrebbe arricchito le élite e avrebbe portato alla crisi del 2008, pagata dagli Stati e dai popoli.
Così la Cina è diventata in due decenni il gigante economico che oggi contende il primato mondiale agli Stati Uniti e – come sistema totalitario imperiale – rappresenta una vera minaccia planetaria.
L’Occidente non ha neppure compreso che continuare ad isolare e umiliare la Russia, allargando la Nato ai paesi dell’ex Patto di Varsavia (cosa che la Nato si era impegnata a non fare), significava costringere la Russia ad allearsi proprio con la Cina. E qui c’entra la gestione della crisi Ucraina soprattutto da parte della leadership Dem a Washington.
Lucio Caracciolo, analista geopolitico e fondatore di “Limes”, ha scritto sulla “Stampa” nei giorni scorsi: “Nel 2014 gli Stati Uniti spinsero la Russia nelle braccia della Cina appoggiando il rovesciamento del regime ucraino, considerato marionetta del Cremlino, e stroncando la mediazione franco-tedesca. In questo modo riuscirono a costruire un’improbabile, ma effettiva coppia sino-russa, a tutto vantaggio della Cina. Mettere insieme il Numero Due e il Numero Tre non è esattamente il compito del Numero Uno. Eppure è accaduto e resta un fatto. Ma non occorre leggere Clausewitz per stabilire che rafforzare il proprio avversario principale (Pechino) offrendogli le notevoli risorse militari, energetiche e tecnologiche dell’avversario secondario (Mosca) non è mossa da manuale”.
Adesso “qualcuno a Washington comincia a chiedersi se aver strappato Kiev a Mosca, con ciò regalando Mosca a Pechino, sia stato un affare”.
La presidenza Biden potrebbe decidere un ripensamento strategico, anche perché Putin non è affatto felice di un’alleanza stretta con la Cina. Lui sa bene, e ripete, che la Russia è parte della storia europea e proprio l’Unione Europea potrebbe favorire un cambio di strategia americana.
Come pure la Chiesa che – sulla base dell’insegnamento di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI – sa bene che l’est europeo è l’altro polmone cristiano dell’Europa.
Anche la disponibilità recentemente manifestata dal papa ad andare a Mosca per incontrare il patriarca Kirill potrebbe essere un concreto aiuto alla pace in Europa e nel mondo. È il momento di costruire ponti.
(‘E così sia’ n.d.r. Ravenna 18-12-’21)
Nella notte dei tempi Dio creò l’uomo. Dio aveva già, azzarda l’iconografia medievale (Chartres), il volto di Cristo. L’uomo fin dall’inizio era pensato in funzione della redenzione di Cristo, dell’uomo nuovo. Non è il peccato originale (felix culpa per Agostino) che motiva l’intervento di Dio nella storia. Dio non ripara una colpa. Non si mette una toppa in un vestito vecchio, o vino nuovo in otri vecchi. Dio manda il figlio perché l’astinenza è durata troppo. L’astinenza dalla familiarità. La famiglia di Dio, la trinità, fin dall’inizio plasma l’uomo ad immagine del figlio unigenito. Tutta la storia è la storia di questo grande amore. Che nel Natale di Betlemme si compie. E’ l’amicizia di Dio con l’uomo (‘non più servi, vi ho chiamato amici’). La compagnia dei cristiani vive solo di questa eredità e del compito di indicare che essa è destino per ogni uomo. Per questo noi sappiamo quando vediamo il telegiornale che c’è un movimento di superficie orchestrato dai potenti e che c’è un invisibile movimento di profondità che è il sale che si scioglie, che è il lievito che si impasta. E’ il Regno di Dio, che viene incontro alla fiumana umana attraverso i nostri gesti più semplici, coraggiosi e gentili (Carofiglio), offerti inconsapevolmente sull’altare di un bancone da bar ringraziando per un cappuccino. Sale, lievito, le grandi metafore evangeliche del Regno. Ma ce n’è un’altra. Quella della lanterna. La lanterna non è fatta per stare sotto il moggio, ma sopra il moggio. Cosa è questa lanterna? Cosa non é? Non è una verità usata come clava, non è una verità senza misericordia, non è una verità affermata senza che essa rappresenti prima di tutto un giudizio su colui che la afferma. La scienza dice che pochi micromillesimali di tempo dopo il big bang l’universo aveva la grandezza di un melone. E la ricerca tenterà ora di fermare le immagini prima.
Allora scienza e amore si incontreranno! La lanterna non è, nella metafora, qualcosa fuori di noi. Ma è qualcosa che è dentro di noi come l’universo nel grembo di Dio. La lanterna è il desiderio messo come stigmate (se non accettato e riconosciuto dissangua) nel cuore di OGNI uomo. Ed è grande, in finito, creativo. Che la lanterna vada messa sopra il moggio vuol dire che il desiderio umano, di bellezza, verità, giustizia, è insopprimibile e deve combattere e orientare dal profondo la superficie della storia. Ecco la lanterna del profondo va portata in superficie. Perché il profondo è buono. Perché Gesù ha già vinto l’epica battaglia degli abissi, perché già nella creazione l’universo usciva dal grembo di Dio e noi venivamo plasmati dalle mani di Cristo.
La semplicità di cuore consente di portare il desiderio profondo alla luce della giornata terrena. Il desiderio di ogni uomo contiene tutti gli elementi della sua vocazione nel mondo (Recalcati). Dalla semplicità, libera nasce la creatività di ogni giorno, del politico come della casalinga (Giussani). Anche il limite e il peccato – l’uomo semplice lo sa – sono permessi per farci ricordare ‘anche nella distrazione di ogni giorno che tutto viene da Lui’; ‘attraverso il peccato che è l’infermità più amara, più mordace, più avvilente, l’uomo trova se stesso, la verità di se stesso: l’essere creatura, figlio di Dio, fatto da Dio, istante per istante il polpastrello delle sue mani modula la nostra cera, così molle, così sottile, che dal nulla nasce e al nulla ritornerebbe. Perciò neanche l’obiezione che la menzogna pone davanti ai nostri occhi, neanche questa obiezione valga a fermarvi. La vostra convivenza, che proprio nella fatica trova la sua prova – la sua prova, il gusto di diventare vostra, la vostra unità. Il gusto della collaborazione.’ (Giussani, omelia ad un matrimonio).
Ravenna, 16-12-’21
So forse so
dolce forte
quanto è stronza
sta sensazione
che si diradi la foresta
di alberi distanti
era un gioco era giocoforza
correre dall’uno all’altro
a nascondersi bambini
ora non più
ci si nasconde,
dietro gli alberi occhi
che se ne stanno ben lontani
a guardare te
non sapere dove e come ‘volare’
Non però l’apertura alare dei rapaci…
ma fiammate di frasi
cammini interiori
cuori come camini
sarai tu per il mondo
un alare che custodisce le braci
Ravenna, 14-12-’21
Si cercano da sempre
l’amore e la scienza
ma da allora
non più senza
barlume di un focolare
Ravenna, 7-12-’21
“Guarda che bella giornata!” Alle sette di questo già freddo inverno mi dice dalla finestra lo sguardo di colei, che sempre rende più chiaro il mio pensiero. Anche quello sorto confuso poco fa davanti alla tele.
La critica del papa alla Ue per il tentativo di oscurare, in nome di uno sbagliato concetto di inclusione, il Natale. L’intervista all’Arcivescovo di Milano per Sant’Ambrogio, una città che ha ripreso a correre con
istinto vitale, ma anche con la frenesia di chi non sa se su una strada o verso un abisso.
E allora mi rendo conto che nasce a Natale questo fiore del cielo, eredità e destino, presenza entrata nella storia allora e presenza che fa nascere l’ora, che non è dunque un avvenimento del passato, ma proprio una finestra che sorprende il presente e dà una prospettiva sul futuro.
Che dona agli uomini e alle donne di oggi la possibilità di rinascere e di orientarsi ad un vero progresso, collaborando realmente tra loro.
Che può fare della caduca vita un inarrestabile cammino.
Ravenna, 7-12-’21
Questo cielo terribile
in cui lo sguardo sperduto
non si è
insolitamente perso
è il più amabile
e libero
Che io abbia mai conosciuto
Ravenna, 3-12-’21
COMUNICATO STAMPA
Lo spettacolo poetico-musicale, in programma venerdì 10 dicembre alle 20.45, si svolgerà a favore delle popolazioni di Haiti, provate dal terremoto del 14 agosto.
La ventiduesima edizione di “Jubilate Deo. Il Mistero del Natale. Parole e note per la pace”, manifestazione culturale di beneficenza promossa da associazione culturale Ettore Masoni Aps di Russi e Amici della Capit Aps Ravenna, in collaborazione con l’assessorato alla Cultura di Russi, La Bcc ravennate forlivese e imolese e Ferruzzi Franco asrl, è in programma venerdì 10 dicembre 2021 (ore 20.45) alla sala “Pier Francesco Ravaglia” del Centro Culturale Polivalente (via Cavour, 21), nel rispetto della normativa anti-Covid vigente. L’iniziativa si svolgerà a favore del progetto “Haiti. Il coraggio di un nuovo inizio” (Tende di Natale Avsi 2021-2022: “Lo sviluppo sei tu. Il tempo del coraggio”), per contribuire al sostegno delle famiglie colpite e alla ricostruzione dei villaggi e delle strutture educative distrutte del terribile terremoto che il 14 agosto scorso ha provocato nell’isola caraibica oltre 2.500 vittime e più di 12.000 feriti.
“Jubilate Deo” propone l’esecuzione di canti e brani musicali della tradizione natalizia italiana ed europea, da parte del coro “San Pier Damiani” dell’associazione musicale “Antonio Contarini” di Russi, diretto da Daniela Peroni, e la lettura di poesie di Maria Giovanna De Pasquale, Pietro Lorenzetti e Elio Pezzi.
Con Enzo sulla mongolfiera
E da qui e da qui, qui non arrivano gli ordini
e da qui e da qui infiniti mondi
una certezza, un maestro, un amico
di vita
era così,
ora l’hai data via
e da lì, e da lì, se ne vedon delle belle
mi inginocchio col cuore
guarda noi figli
e i nostri figli.
Bologna, 3-02-’14
Santa Caterina Valfurva
Mi portasti, amico, in disparte
e dicesti quelle parole alle stelle,
come un notturno di montagna,
come un tragico segreto.
Non ne ricordo se non l’accento
ed il senso, profondo,
di strappare
il mio destino al destino.
Ho vissuto giornate senza luce,
temendo che questa fame mi avrebbe fatto a morsi,
finito in poche ore,
prima del tramonto.
Quante altre volte ho preso a morsi la sorte,
recondita la notte,
per conoscere un nome, il suo,
per avere un nome, il mio.
Quando ti ho riconosciuta,
ho capito cosa avessi strappato al destino:
il primo passo, il suo,
nella nostra storia d’amore.
Bologna, 16-04-’15
Testimone di matrimonio
Un’icona viva
il tuo bel volto grave
con la barba rame
quasi cristica
a margine
degli inginocchiatoi
e di noi
sopraffatti
Tu testimone in piedi
del nostro prometterci unità e storia
Tu sentinella in piedi
non di un’idea
ma di una possibilità…
Interessante – come amavi dire tu –
e c’era lì a benedirla l’omelia profezia…
Eppure dagli elementi dati
(abituato per mestiere a considerarli tutti)
improbabile in sé
Ma tu sicuro ed accorato
ci desti poi
un bigliettino per il viaggio –
la nostra compagnia
è la certezza di speranza
per la nuova storia
che oggi cominciate…
San Lazzaro, 29-05-’21
E’ un incarnato
dissi
di che rosa vestisse
il fiore
di quelle petalose
discinte
come in piscina
nel largo vaso.
Adesso
me ne sono appoggiata
una sul petto
per annusarne umido
il profumo,
uso animale
La rosa non deflorata
appariva
lasciva e spirituale
una risorgiva e la sua frescura
una rinascita abissale di certi cuori
una fioritura recisa per non mai sfiorire più
Ravenna, 27-11-’21
https://www.rivistaclandestino.com/nella-terra-dellapparente-niente-pietro-lorenzetti-bonomo/
Il diario spoglio di Pietro Lorenzetti
È difficile commentare la notizia sconvolgente di un bambino siriano di neanche due anni morto al confine tra Polonia e Bielorussia. È stato raccolto ieri dai volontari di una Ong che hanno ritrovato il piccolo, ormai senza vita, insieme ai suoi genitori, entrambi feriti, che cercavano riparo dal freddo sotto un cumulo di foglie, nella foresta a ridosso del confine con la Polonia. È probabilmente la tredicesima vittima fra i migranti di questi giorni vergognosi e terribili per tutti gli europei. La tragedia fa riflettere di come sia possibile, ancora oggi, cancellare l’umanità dei nostri simili. Alla ricerca di una possibile speranza, mi è tornato alla mente il finale del capitolo “I fatti dell’estate” del libro di Primo Levi Se questo è un uomo, il diario della sua prigionia ad Auschwitz. In esso Levi racconta uno dei motivi della sua sopravvivenza: l’incontro e l’amicizia con un altro uomo, che si chiamava Lorenzo.
«La storia della mia relazione con Lorenzo», scrive Levi, «è insieme lunga e breve, piana ed enigmatica; essa è una storia di un tempo e di una condizione ormai cancellati da ogni realtà presente, e perciò non credo che potrà essere compresa altrimenti di come si comprendono oggi i fatti della leggenda e della storia più remota. In termini concreti, essa si riduce a poca cosa: un operaio civile italiano mi portò un pezzo di pane e gli avanzi del suo rancio ogni giorno per sei mesi; mi donò una sua maglia piena di toppe; scrisse per me in Italia una cartolina, e mi fece avere la risposta. Per tutto questo, non chiese né accettò alcun compenso, perché era buono e semplice, e non pensava che si dovesse fare il bene per un compenso. (…) Io credo che proprio a Lorenzo debbo di essere vivo oggi; e non tanto per il suo aiuto materiale, quanto per avermi costantemente rammentato, con la sua presenza, col suo modo così piano e facile di essere buono, che ancora esisteva un mondo giusto al di fuori del nostro, qualcosa e qualcuno di ancora puro e intero, di non corrotto e non selvaggio, estraneo all’odio e alla paura; qualcosa di assai mal definibile, una remota possibilità di bene, per cui tuttavia metteva conto di conservarsi. I personaggi di queste pagine non sono uomini. La loro umanità è sepolta, o essi stessi l’hanno sepolta, sotto l’offesa subita o inflitta altrui. (…) Ma Lorenzo era un uomo; la sua umanità era pura e incontaminata, egli era al di fuori di questo mondo di negazione. Grazie a Lorenzo mi è accaduto di non dimenticare di essere io stesso un uomo».
Ottant’anni dopo Auschwitz nella Polonia di oggi si torna ad un “mondo di negazione” dell’umanità. Anche i migranti siriani, iracheni, afghani che affollano i boschi a ridosso del filo spinato europeo non sono uomini. Né per il governo e la polizia polacchi, né per il dittatore Lukashenko che li usa come strumento di ricatto. E tuttavia, anche là ci sono dei Lorenzo. Degli uomini che coltivano una “remota possibilità di bene” nell’inferno dell’egoismo e della morte. Uomini che fanno del bene, volontari che rischiano di essere colpiti perché per i loro Stati, Polonia e Bielorussia, commettono “reati” aiutando i migranti. Le Ong polacche accendono “lanterne verdi” la sera per attirare i migranti e offrire loro un aiuto. Sono le luci della speranza per i profughi nella notte più buia dell’Europa. Una speranza che è anche la nostra. Accendiamo la nostra lanterna verde sui social, con gli hashtag #greenlight e #lanterneverdi e taggando su Twitter @luigidimaio @Palazzo_ Chigi @EUCouncil @EU_Commission. (19/11/’21)
dicevo di non cercare l’amore
e tu mi hai raggirato,
l’uomo a volte non sa
cosa chiedere al destino
sta solo cercando sé
…
quando ho riconosciuto Dio
riflesso nelle tue pupille,
ferragosto di bambina e di donna,
era già troppo tardi per scappare
e sudando ho corso verso di noi
…
così vorrei correre verso di te, amico
Luogo e data: sempre e ovunque vera.
Putin dice che l’Europa sta usando la crisi umanitaria contro Minsk. Come a dire, guardate che è un flusso normale, vogliono andare in Germania, il problema è la Polonia che ha messo il filo spinato.
Ha torto? Certamente la Bielorussia ci ha messo del suo. Ma del vero c’è, quella è una rotta che è sempre stata praticata dai migranti.
La Merkel che non può accettare, dopo averne viste di ogni, questa situazione (ieri un bambino è morto di freddo e sono più di una decina i morti complessivi) nel cuore dell’Europa prova a trattare con Minsk per un certo numero di rimpatri e corridoi umanitari verso la Germania. Ragionevole.
Alzata di scudi da Bruxelles e Varsavia (i polacchi che fino a ieri hanno messo in discussione l’autorità normativa della UE): non si tratta con Minsk.
E’ ora di dire che essere europei è una dimensione dello spirito prima che un confine (tra l’altro nemmeno suggellato da storia e cultura, ma dall’adesione a trattati, tirati puntualmente a proprio piacimento).
Per esempio fa parte di questo spirito, almeno dal 1989, non erigere muri e fili spinati.
Il bimbo morto di freddo, le persone ridotte in porcilaie tra due schiere di camionette delle rispettive polizie, sono la povera umile e forte voce della speranza di ognuno di noi che “non può morire, non può finire, la nostra voce che la vita chiede all’amor, non è povera voce, la nostra voce canta con un perché”.
Ravenna, 19-11-’21
C’erano i villaggi e c’erano le fortezze.
C’erano le paludi e c’erano i conventi.
C’erano le prime città e c’erano le cattedrali.
Erano braccia forti, tant’è che molte di esse ci sono ancora.
E’ stato detto con poesia ineguagliabile che lo slancio di quelle arcate, l’eco di quei canti oggi può rivivere solo nella nostra compagnia di uomini che sanno di avere un destino comune.
Ma come si fa ad affidare il nostro destino ad un’amicizia? Le cattedrali erano solide, visibili, vi ci si trovava riparo.
Perché solo delle persone, né dei muri, né dei tweet possono soccorrere, magari con coperte termiche e tende e generi di prima necessità i migranti siriani, afghani, yemeniti spediti come carne da macello al confine bielorusso- polacco dove l’Europa sta morendo. Per fare un caso concreto.
Le Ong, ma anche i gruppi di famiglie improvvisati, che stanno prestando questo soccorso, mentre prendono, come fanno le mani dei nostri pescatori con quelle dei fuggitivi dalla Libia, le mani dei profughi al confine polacco tra le loro, trasmettono accoglienza, tenerezza, speranza, ma trasmettono una realtà spirituale che è anche una virtù cristiana: la fortezza. L’amicizia civile contagia da persona a persona, di mano in mano, fortezza. Un poco scende negli animi.
L’ex rettore dell’Università di Monaco e fondatore dell’Università di Eichstatt, il professore Nikolaus Lobkowicz, ha scritto che incontrando Comunione e Liberazione ha scoperto l’amicizia come “virtù”. Bene questa virtù primariamente ha il connotato della fortezza, cioè presuppone idealmente due soggetti autonomi e responsabili che entrano in relazione. C’è una sproporzione fattuale tra il soccoritore della Ong e il profugo, ma è la mano stessa che soccorre a dare, proprio perché solleva e sostiene, fortezza.
Questa amicizia che segue il cuore di ognuno e di chi più testimonia il perseguimento del bene, è oggi di fronte a sfide e cambiamenti epocali. Essa è l’unica vera fortezza dove trovare riparo e imparare a essere forti nella responsabilità.
Ravenna, 18-11-’21
Mi ricordo sere d’estate,
l’amore dei bagliori ultimi,
sulle montagne gli amici
e scendere per mano
Poi siamo diventati destini senza,
lentamente ci siamo allontanati,
amare e andare
è impossibile agli adulti
Contare gli anni e ricordare i morti,
solo i figli hanno avvenire,
facciamo pure come gli stregoni,
ma il sole non è dei buoni
Ora i cuori non fanno più scorribande,
lentamente ci siamo allontanati
ognuno è diventato grande
ed è rimasto indietro
Bologna, 12-10-’18
Il filosofo Massimo Cacciari – che gode della mia irrilevante stima – si batte contro il green pass.
Sostiene che in Europa dove vi è il massimo di contagi (è l’epicentro dell’epidemia n.d.r.) si è fatto il maggior numero di vaccini. Ergo bisogna interrogarsi sull’utilità dei vaccini (finora cosa hanno fatto gli scienziati? n.d.r.). Il Prof. (facendo un torto alla sua onestà intellettuale n.d.r.) non spende una parola sul fatto che il vaccino riduce di circa 8 volte l’ospedalizzazione dei contagiati.
Non è piuttosto vero il fatto che chi non si vaccina contagiandosi e finendo dritto in ospedale compromette di fatto il funzionamento del sistema sanitario per quel che riguarda terapie relative ad altre patologie? Per non dire dei risvolti sul sistema produttivo ed economico.
Cacciari onestamente e acutamente, direi candidamente, dichiara il punto: il rapporto Stato cittadino che toccherebbe l’acme di un processo lesivo della dignità della persona. Dice Cacciari: si sta arrivando a una centralizzazione di tutto , di ogni decisione, non c’è più alcun pensiero critico. E la vèrve del Filosofo coglie un problema vero, ma decontestualizzato, quasi con tempi sbagliati, lui anche fine politico.
Non è forse la globalizzazione che per certe problematiche impone decisioni centralizzate?
Da un certo punto di vista anzi mancano luoghi in grado di prendere tali decisioni con la necessaria autorevolezza.
Queste emergenze segnalano che ognuno ha la responsabilità della salvezza (anche terrena) dell’altro, cioè in un certo senso si può dire che ci si salva collettivamente… mentre allo stesso tempo pochi possono compromettere l’esistenza di tutti.
Ravenna, 18-11-’21
C’è un’emergenza vitale.
Prima della solidarietà, prima della fraternità, prima della generatività.
Che sono quanto mai necessarie alle nostre società di oggi.
E’ la condizione perché tutto questo possa esistere.
E’ un uomo, ‘Ciò che occorre è un uomo’, direbbe il poeta Carlo Betocchi.
Ciò che occorre sei tu, non so quanti, tutti sono fatti per essere questo uomo e questa donna.
Questi uomini e queste donne che sanno dare, su spalle sufficientemente larghe, fiducia.
Fiducia ai malati, fiducia ai giovani, fiducia in ogni ambiente in cui si può decidere se guardarsi in cagnesco oppure con un arabesco sul viso.
Chi sono costoro? Degli imbonitori, dei venditori di illusioni?
Questa è la domanda cruciale, fiducia…sì poi tanto…al massimo ognuno per la sua strada…
Beh intanto c’è la testimonianza dei tanti corpi intermedi caritativi, assistenziali e culturali che, mentre si parla solo di no-vax contrapposti alle principali Istituzioni – e al massimo di sindacati – continuano a costruire il tessuto sociale persona per persona in modo silenzioso e commovente.
Tornando alla domanda, costoro sono uomini e donne semplicemente: per meno di uno sguardo fiducioso sul futuro che sappia farsi carico anche di chi è sopraffatto dalle circostanze e dalle difficoltà, che sappia farsi carico di chi è più giovane, non c’è umanità, non c’è umano.
Certo deve essere una fiducia che responsabilizza, che apre alla realtà, ai suoi inviti e alle sue condizioni.
La capacità di fiducia nasce dalla scoperta e dall’evidenza di non essere soli.
Fiducia in latino significa corda. Fides: era la corda del liuto che doveva essere ben tesa perché potesse suonare. La fiducia è una corda ben tesa tra uomo e uomo. Qui tutto si tiene col tema delle comunità, a condizione che non siano intese in modo statico, perché si può far comunità mentre si è in fila alle poste. Non sono le comunità in senso canonico.
Corda, cordata, ognuno trasmette all’altro fiducia e chi fa più fatica si assicura a chi è più sicuro.
O ritroviamo la dimensione di questa impresa eroica perché quotidiana e quotidiana perché eroica (Giovanni Paolo II) o sarà sempre più difficile conservare tutte le dimensioni dell’umano di fronte alle sfide che il XXI secolo ci sta riservando.
Sempre il destino dona la fedeltà di qualche persona che a ciascuno (anche al più ottenebrato, ma leale) potrà far riscoprire fiducia. Nel proprio cuore innanzitutto.
Ravenna, 15-10-’21
Comprendere
nelle sere
le anime
e le contingenze
Per tenere
e stringere
ancora un po’ dentro di sé
le eterne risonanze
delle giornate
rese
al cielo come ginestre
Date dal creatore diuturne
ed offerte
dalla terra al vento
che accarezza e passa
come noi oggi
in città con il giallo
Amare e fare
disorientando il pensiero
tra i prati e le rupi
dei rapporti
Seguire canti interiori
ricordati a stento
riemersi memori
ma portati fuori
tutto il santo giorno
Infine
sentire
rincasare i cuori
Ravenna, 29-10-’21
‘Ce lo chiede l’Europa.’
Questa volta di indicargli la strada.
I 40.000 – almeno – contagiati inglesi. I 1000 – e più – morti in Russia. Che Europa sono.
Forse questa finanziaria scontenterà molti, forse segnerà il limite del premierato di Mario Draghi.
Ma si faccia prima una cosa i cui effetti risolutivi – di tutela della salute e di rilancio economico – almeno con ampia approssimazione diversamente non si otterranno: si determini per legge l’obbligo vaccinale.
Quando nella santa ridda delle differenze di opinione si insinua una minoranza che rischia di compromettere l’umile dignitosa obbedienza dei più, quando una minoranza, le cui idee sono intellettualmente ammissibili, ma scientificamente, clinicamente e statisticamente si pongono contro l’evidenza, allora occorre che la politica (potendo in base alla Costituzione) imponga per legge ciò che un’idea individualistica di libertà non vuole. Con il convincimento si è fatto il possibile. L’individualismo (quando invece ci si salva tutti assieme) e la negazione dell’evidenza (che è invece faro della vita personale e sociale) sono la vera malattia che il destino, attraverso questo virus, vuole snidare.
Come l’emergenza climatica, più dell’emergenza climatica, chiama le persone e i popoli ad una capacità immediata di collaborazione.
Ravenna, 27-10-’21
Annebbiato dal pianto più che dalla nebbia
come negli anni a Milano
ti vedo alto e ti parlo piano
Come quella volta a far progetti tanto per fare
sapendo che quel che conta
è il nostro essere vitale
Il nostro essere mortale…
Sai amico stamane ti ho cercato lassù
ma ti ho visto solo nelle mie mani bagnate
E quella volta, eravamo giovani
tu cantavi e suonavi la canzone del sole
come se un’équipe fosse una spiaggia,
nell’altra sala io ero malinconia
Poi nel tempo abbiamo gettato radici a croci
e fiorito nel cielo fronde gioiose
Ecco cosa sei ora
ecco cosa eri già allora
per le corde del mio cuore
nelle corde della tua chitarra
Il viso destino di gioia senza più malinconia
Il viso destino per tanti eternamente giovane
Ravenna, 23-10-’21
Il Premier Draghi ieri in Parlamento, a proposito della presa di posizione della Polonia che rivendica la primazia della legislazione nazionale su quella europea, quindi una Comunità europea limitata a difesa comune e tutele economiche, ha detto che non si può stare in Europa solo per bisogno, ma vi si sta per realismo e idealismo.
Non è un dibattito ozioso, anzi è utile che non vi sia un pensiero unico.
Ma cosa c’entra la visione di Draghi con il fare quotidiano di ciascuno di noi?
E’ solo la voce delle élite e delle banche?
Libero, chi lo crede, ovviamente di pensarlo.
Io credo che Draghi da uomo che ha vissuto con attenzione le crisi dal 2008 in poi, che tra le mille frequentazioni ha conservato anzi affinato una solida lettura cristiana del reale, ci stia dicendo con realismo appunto, che non ci si salva da soli dalle crisi contemporanee, che solo la collaborazione è un metodo adeguato alle sfide che abbiamo davanti.
Noi non siamo fatti per vivere di emergenze, siamo fatti per camminare e non si cammina passo dopo passo tra i ciottoli della storia senza una meta grande (idealismo: ideali che si sottopongono alla verifica della realtà).
Soprattutto si cammina insieme. Famiglie e comunità.
Le famiglie e le comunità nascono e si alimentano di realismo e idealismo.
In questo sta la corrispondenza tra il realismo e l’idealismo che talvolta illuminano la politica e quelli che animano e sostengono la vita quotidiana.
Ravenna, 21-10-’21
‘IL REGALO PIU’ GRANDE’
In una società liquida ci vuole qualcosa di indissolubile.
Solo da lì si può ricominciare.
Dove Cristo ha fatto il primo miracolo, a un matrimonio, quel vino buono in dialetto milanese che Dario Fo cantava mirabilmente nel suo ‘Mistero buffo’.
Il dono di quel vino stava a significare per tutti gli amori del mondo che una volta che non ne avessero avuto più, sarebbe arrivato quello più buono. ‘Il regalo più grande’ che il cristianesimo ha fatto all’umanità, anche a chi non ce la fa, anche a chi ha altre tendenze è l’indissolubilità del matrimonio cristiano.
Era costume, fu spesso anche ipocrisia. Sarebbe ipocrisia, tanto è negato il desiderio di fondersi se non in alcuni momenti, che non sempre si può dire tutto, sarebbe ipocrisia nella sua pretesa di eternità, sarebbe ipocrisia l’eternità del legame che il cuore dell’uomo desidera, se non ci fosse la consapevolezza del divino nel rapporto.
Ho sempre detto che per quanto avessi avuto dal primo momento la consapevolezza che il rapporto con mia moglie fosse l’avventura col nostro-mio destino, mai le avrei detto ‘ti amo perché c’è Cristo’ (il rischio di ridurre l’altro a pretesto, illudendosi che la vita cristiana possa tenere in piedi una vita di coppia che non si voglia affrontare).
Ma il punto è un altro. Non è la famiglia tribù come qualcuno ha detto, che appunto aggira il problema, e tantomeno la famiglia borghese causa di tante nevrosi.
Il punto è se sia possibile una famiglia destino, dove marito e moglie – prima che padre e madre – inizino un cammino, presentito e avvertito come possibilità dall’inizio, di redenzione del loro passato, di amore nel presente e di apertura al futuro. La famiglia destino non finisce mai di lottare, con dentro la promessa di significato e di eternità del proprio legame. Il cielo che tocca la terra all’orizzonte è là dove i corruttibili legami umani si fanno eterni.
Gesù conosceva bene questo tipo di rapporto tra l’uomo e la donna, il sonno travagliato di Giuseppe e il travaglio di Maria e sapeva che se l’Onnipotente aveva affidato la storia della salvezza a questa storia tanto umana, avrebbe continuato a farlo.
Molti nuovi diritti vengono rivendicati. Bene. Non c’è nessun modello da difendere. Con tutti varrà la legge della fraternità e dell’amicizia sociale, come richiama papa Francesco.
Un’amicizia che abbraccia tutto e tutti e che diventa responsabilità civile.
Essa però non ce la fa senza l’intervento di Dio che avviene nel legame basico e primario, come per Adamo ed Eva. Uomini e donne uniti dal sacro, per sempre, che scommessa, che bellezza all’orizzonte, dove cielo e terra si toccano!
Così avranno più forza anche quei tanti che stanno insieme una vita, per i figli, per il loro avvenire, per una certa forma di solidarietà. Per un senso di responsabilità verso il destino e la società che in qualche modo fa parte del rapporto.
Ravenna, 18-10-’21
‘…ricordo ora
come allora, i suoi occhi verdi, come questo mare a 10
centimetri dal muso. Stupiti, vivi, coraggiosi, senza paura
alcuna, dolci, aperti, dolci e ancora dolci, di salsedine e di
pioggia, di lacrima ridente e commossa, sì praticamente
commossa come davanti a un evento da seguire, da
capire, da accompagnare. L’infinito che cercavo mi
guardava in un uomo e non aveva paura, i suoi due occhi
incuriositi come una plaga accarezzata da increspature di
vento leggero…’ (Da ‘LE DUE FOTO Racconti autobiografici estivi’ 2014 –
in pietrolorenzetti.com)
Ravenna, 15-10-’21
Qui passa la scena che normalmente
non si guarda o non si mostra per niente
che le nuvole ti sfiorano di lato
e il cielo si disegna come l’essere
tremendo da una tenda di montagna
E quando non urla,
col suo solo passare
lo si sente raccontare,
di altri luoghi
di altri occhi
Ravenna, 13-10-’21
Le cose antiche
e le basiliche…
I baci dalle mansarde
sognando la pace
alle coccarde,
ma quando?
Sapere amaro
che la guerra è dentro
in ogni tempo
Così fuggire o ritornare
per le strade
dove campeggia il pino – di mare
almeno quanto la sagoma
inconfondibile – di San Vitale
Vedi conosco il luogo
– come se fosse il mondo –
del ritorno
solo, giovane, soldato,
che hai combattuto –
non ti so dire il giorno
Ravenna, 3-10-’21
Un giorno solo chiedo
di cura delle lettere
preso come sono
da tante cose
E poi mi dico in fondo
di curare come una terapia
tra tutto questo dire e fare
l’essere tra l’altra gente
Ravenna, 30-09-’21
In una società liquida ci vuole qualcosa di indissolubile.
Solo da lì si può ricominciare.
Dove Cristo ha fatto il primo miracolo, a un matrimonio, quel vino buono in dialetto milanese che Dario Fo cantava mirabilmente nel suo ‘Mistero buffo’.
Il dono di quel vino stava a significare per tutti gli amori del mondo che una volta che non ne avessero avuto più, sarebbe arrivato quello più buono. ‘Il regalo più grande’ che il cristianesimo ha fatto all’umanità, anche a chi non ce la fa, anche a chi ha altre tendenze è l’indissolubilità del matrimonio cristiano.
Era costume, fu spesso anche ipocrisia. Sarebbe ipocrisia, tanto è negato il desiderio di fondersi se non in alcuni momenti, che non sempre si può dire tutto, sarebbe ipocrisia nella sua pretesa di eternità, sarebbe ipocrisia l’eternità del legame che il cuore dell’uomo desidera, se non ci fosse la consapevolezza del divino nel rapporto.
Ho sempre detto che per quanto avessi avuto dal primo momento la consapevolezza che il rapporto con mia moglie fosse l’avventura col nostro-mio destino, mai le avrei detto ‘ti amo perché c’è Cristo’ (il rischio di ridurre l’altro a pretesto, illudendosi che la vita cristiana possa tenere in piedi una vita di coppia che non si voglia affrontare).
Ma il punto è un altro. Non è la famiglia tribù come qualcuno ha detto, che appunto aggira il problema, e tantomeno la famiglia borghese causa di tante nevrosi.
Il punto è se sia possibile una famiglia destino, dove marito e moglie – prima che padre e madre – inizino un cammino, presentito e avvertito come possibilità dall’inizio, di redenzione del loro passato, di amore nel presente e di apertura al futuro. La famiglia destino non finisce mai di lottare, con dentro la promessa di significato e di eternità del proprio legame. Il cielo che tocca la terra all’orizzonte è là dove i corruttibili legami umani si fanno eterni.
Gesù conosceva bene questo tipo di rapporto tra l’uomo e la donna, il sonno travagliato di Giuseppe e il travaglio di Maria e sapeva che se l’Onnipotente aveva affidato la storia della salvezza a questa storia tanto umana, avrebbe continuato a farlo.
Molti nuovi diritti vengono rivendicati. Bene. Non c’è nessun modello da difendere. Con tutti varrà la legge della fraternità e dell’amicizia sociale, come richiama papa Francesco.
Un’amicizia che abbraccia tutto e tutti e che diventa responsabilità civile.
Essa però non ce la fa senza l’intervento di Dio che avviene nel legame basico e primario, come per Adamo ed Eva. Uomini e donne uniti dal sacro, per sempre, che scommessa, che bellezza all’orizzonte, dove cielo e terra si toccano!
Così avranno più forza anche quei tanti che stanno insieme una vita, per i figli, per il loro avvenire, per una certa forma di solidarietà. Per un senso di responsabilità verso il destino e la società che in qualche modo fa parte del rapporto.
Marina Romea 9-09-’21
La situazione tragica ed esplosiva dell’Afghanistan, che non si risolverà con le vendette sanguinarie (come se la storia non l’avesse insegnato…), impone da un punto di vista politico un sussulto (se non ora quando?) all’Europa che se ne sta facendo carico grazie alla sempre più stupefacente leadership di Mario Draghi, alle prese con l’organizzazione di un difficilissimo G20 straordinario.
Certamente la responsabilità storica rinnovata dell’Europa è quanto mai all’ordine del giorno, una responsabilità che superi e non abbia complessi nei confronti di come ha interpretato in passato questa leadership del mondo occidentale (e non solo) l’America.
Ora tocca all’Europa, una dall’Atlantico agli Urali, come scriveva San Giovanni Paolo II (proprio lui che della deriva sovietica della terra di Russia aveva sofferto per il suo Paese, la Polonia, tutto il peso – fino alla liberazione).
Occorre che l’Europa da un lato surclassi culturalmente e politicamente la china del liberalismo americano che non sa interpretare la politica estera se non come politica di potenza e la politica interna non rimuovendo il macigno di enormi diseguaglianze (sistema sanitario) che rendono non credibile la sua difesa dei diritti dell’uomo per il mondo. Dall’altro lato che cerchi di rendere più fluido il rapporto tra le società, soprattutto a Est dove le ferite dell’epoca del blocco sovietico hanno creato contrapposizioni viscerali tra molti Paesi e la Russia.
Già la Russia. Come ha intuito al volo il nostro Premier non se ne potrà più fare a meno.
Hanno fatto più male all’Europa le ideologie delle guerre, anche se le due cose ovviamente sono collegate. Ora il governo autocratico di Vladimir Putin sembra mal conciliarsi, anche alla luce delle accuse di influenze indebite e fraudolente su competizioni elettorali americane ed europee, con i sistemi democratici della parte occidentale dell’Europa.
Ma bisogna provarci. Inutile citare le epoche in cui gli intellettuali e gli artisti per esempio francesi erano di casa a Mosca e a San Pietroburgo. Era l’Europa.
Francis Fukuyama si sbagliava, all’indomani della caduta del muro di Berlino, col suo “Fine della storia”.
Non ci son solo gli Americani, non c’è solo il capitalismo, non era il trionfo del liberalismo.
Aldilà della crisi afghana, ci sono miliardi di persone nel mondo, sotto la soglia della povertà, quattro miliardi non hanno avuto la prima dose di vaccino anti-covid19.
Ma su una cosa aveva ragione Fukuyama, anche se forse non intendeva dire proprio quello, lo scriveva millenni fa l’Ecclesiaste “nulla di nuovo sotto il sole”, senza l’intervento del divino nella storia l’uomo ripete sé stesso, le sue meschinità, i suoi errori.
«Ma sembra che qualcosa sia accaduto che non è mai accaduto prima:
sebbene non si sappia quando, o perché, o come, o dove.
Gli uomini hanno abbandonato Dio non per altri dei, dicono, ma per nessun dio; e questo
non era mai accaduto prima.
Che gli uomini negassero gli dei e adorassero gli dei, professando innanzitutto la Ragione
E poi il Denaro, il Potere, e ciò che chiamano Vita, o Razza, o Dialettica.
La Chiesa ripudiata, la torre abbattuta, le campane capovolte, cosa possiamo fare
Se non restare con le mani vuote e le palme aperte rivolte verso l’alto
In un’età che avanza all’indietro, progressivamente?” T. S. Eliot, Cori della Rocca.
Certamente sarà fondamentale che l’Europa ritrovi unità, iniziativa e leadership, facendo leva sulla propria ineguagliabile storia e cultura; ma la rinascita o sarà spirituale o non sarà.
In tal senso ciò che sta accadendo è una sfida storica impellente di carattere ecumenico alle chiese protestanti, ortodosse e cattolica perché rendano più spedito il cammino verso una piena unità tra loro.
Da ciò – credo – dipenda, più che da ogni altra cosa, in questo momento, il futuro di noi uomini del XXI secolo.
E’ da farisei scaricare a parole e nei fatti sulla politica le responsabilità della costruzione dell’unità e non far nulla o lavorare sotto contro l’unità.
San Lazzaro, 28-08-’21
Domenica 29 agosto 2021 nel corso della Santa Messa delle 10,30 nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Ravenna verranno ricordati i compianti Adriano Lorenzetti e Graziella Fabbri nel 65° anniversario del loro matrimonio.
Sotto un mio ricordo di 9 anni fa nella stessa circostanza:
Anniversario di nozze
So solo che dialogare con lei aveva per te il sapore dell’aria.
Dovresti prestarmi tu le parole babbo
per dire la compagnia di anni e anni
che io ho conosciuto solo da figlio
e gli anni e gli anni della tua solitudine.
Mi basta la tua persona eretta
la speranza che sopravanza lo sconforto
e quella forza sconosciuta che aspetta
come una conoscenza nuova
il sussurrìo sempre più chiaro di lei…
Bologna 29-08-2012
Ada è una vittoria
sulla crudeltà e l’avarizia
di cui a volte è capace il destino
…
A Montepaolo d’estate
su dirupi nascosti alla strada
le ginestre si prendono l’amicizia del cielo
…
Dovadola, 15-08-’21
Non devo
perdere la vena
delle strette al cuore
che mi procurano
le bellezze di donna
Pulsa quasi costante
il sangue va alla testa
che fa da betabloccante
E nel suo fluire andante
finalmente vivibile
questo sentire
ricevuto e liberato
si fa dono
Marina Romea, 11-08-’21
Il tempo di prendere un respiro grazie ai vaccini, il tempo di un’armonia breve nella politica del Paese più litigioso del mondo, che richiama l’attenzione su questa ritrovata unità anche grazie alle vittorie sportive. E un controtempo devastante di alluvioni e roghi, i Paesi senza vaccini martoriati dalla pandemia, la follia del fondamentalismo e il suo ritorno in Paesi come l’Afghanistan, dopo 20 anni di guerra ancor più folle e un ritiro drammatico.
C’è del metodo e anche della reiterazione in questa follia.
Al confronto gli spiragli di ricostruzione che dicevo sono estemporanei.
Certamente occorrerà che il metodo dell’unità diventi sistematico, pur preservando le differenze, anzi arricchendosene.
Ma occorre sorprendere il getto per proteggerlo.
La questione è vitale per la sua rilevanza personale e sociale.
Qual è infatti la caratteristica del getto?
Rompere il guscio del seme restando attaccato, portando dentro la sua sostanza.
E’ la persona che vive le relazioni in modo costruttivo, quindi necessariamente autonomo.
E’ la persona che coltiva in modo originale e adulto il patrimonio genetico della propria tradizione e del proprio essere figlio.
Essere figli è l’esperienza che più ci segna e ci forma, nella famiglia, nelle relazioni amorose ed amicali (sì perché anche in esse c’è la dimensione dell’essere figli).
Occorre coraggio perché questa esperienza che inizialmente e normalmente si dà sottilmente anche come dipendenza psicologica, diventi libera e consapevole.
Il getto rompe la membrana di questa placenta, tutto ciò che in quel guscio è dinamica automatica viene messo in discussione ed è il momento più delicato, che lo sviluppo salva solo andando avanti, dando una corteccia al getto.
Negli esseri umani ovviamente c’è un salto qualitativo che rende la metafora avvincente.
L’io non è solo materia biologica, ma anche coscienza.
E’ la coscienza che rappresenta il luogo del rapporto del soggetto con un patrimonio non più solo ereditario, ma vivente.
E’ il vivente, la coscienza è il luogo del rapporto creaturale e creativo con ciò che vive e che dà senso.
E’ questo che l’uomo adulto non è più disposto a barattare con nulla.
E’ c’è al mondo chi ne muore martire.
Così la persona esprime la sua natura, unica ed irripetibile, tentando di dar continuamente forma alle relazioni umane in modo che il mondo sia il più vivibile possibile.
San Lazzaro, 12-08-’21
Il cielo fu un ritocco
si ispirò ai campi come a Beatrice
E fece fascine di nubi
lievi
come veli
Come se il crescere
il marcire e il rifiorire
ne fosse l’unica legge creatrice
Marina Romea, 7-08-’21
E’ ora
che non c’è gente
è ora
che i pensieri scollinano
è ora
che la calura s’incontra
con la sceneggiatura del pomeriggio
è ora
che lo sguardo va più lontano
Marina Romea, 7-08-’21
Toccheranno il fondo
le anime
le croci
Ma quel giorno
di scirocco
doppieranno
la boa del dolore
Miracolo del vento
e silenzio dello stupore
Marina Romea, 7-08-’21
E’ difficile dire quando
si inizi a capire la vita,
di certo non grazie agli studi
Forse col tempo, anzi di certo
si impara a stare al mondo
ma credo – e questo non si impara
si arraffa –
come un bambino
quel sentimento positivo
che tiene tutto
il momento che finisce dappertutto
ma va in cielo
Marina Romea, 7-08-’21
Primo mare
che fu
primo amore
con i fratelli
con i cugini
e la caciara
fino a che la mamma
dava il segnale
con il telo da mare
e si tornava su
sempre un po’ più tardi
stancamente
Com’era com’era
la fine di ogni allegrezza
malinconica nella giovinezza
come già si doveva sudare
quella domenica pomeriggio
per non affogare nella tristezza
Marina Romea, 6-08-’21
Amica di sempre
mattina
nel silenzio e nella penombra
vedo
mentre a fatica prego
la scultura
che mi fu regalata
come non sapendo
non sapendo
La titolarono ‘Folata’,
eh già noi genitori
ci auguriamo sempre
che passi in fretta
E invece i figli devono conoscere.
Fu uragano, tempesta nucleare:
solo nel rifugio la vita crebbe –
povero alveare –
miele e sale per nutrimento.
Passarono decenni
alla faccia della folata
e degli inganni
Ora in lande desolate dai cuori
fiori sul rifugio
piccoli petali periscopio
quasi ogm
provano il terreno dove attecchire
San Lazzaro, 1°-08-’21
L’Elba giorni fa era stranamente fresca
non si gustava appieno la Fetovaia
Arriva però sul punto dell’ansia
quella balorda di questo tempo
una call che potrebbe può aprire
una tesi un lavoro una porta
Se la vita si decide nella sofferenza
l’avrai gustato oggi alla Biodola
dopo giorni di lavoro in vacanza
che la sorte si svela e certo si svelerà
in momenti di luce trasparenti
San Lazzaro, 31-07-’21
Infinito mare
infinito sognare
che esisti veramente
tu sei
che mi fai amare
e mi fai sognare
Eppoi ritorni
come un volo
come una vela
a vibrare sbuffi di luce
sui bambini
sui loro tuffi
Proprio lì
a poco tempo
a tanto vento
dalla riva
la libertà dei desidèri
toglie l’àncora
Marina Romea, 21-07-’21
Mi dico che proprio
il farsi imprimere
dalle emozioni sia
da rifuggere
E poi vedo
mentre non batto ciglio
alla tua inquietante bellezza
e pronto tiro avanti
che in realtà è solo da proteggere
E’ una ferita da amare
credere e sapere
senza dissanguare
Monterenzio, 12-07-’21
Come lumini
in un pellegrinaggio notturno
che la preghiera
illumini
ti conducono
dall’ombrellone
alle vele
alle piattaforme
alle navi fumanti
ed entranti
come poppanti
tra le braccia del porto
Sono i riflessi
così tanto amati
dagli uomini che sanno
di essere solo
specchi
quelli delle mattine
di questa riviera
del colore del latte
che però luccicano
Come gli occhi delle giovani madri
che dimenticati i rimpianti
amano i pianti
di chi hanno davanti
…
E questi riflessi per loro si faranno diamanti
Marina Romea, giugno ’21
Come i tuoi bei coralli
e i capelli argentei
le onde recano a riva
i riflessi metalli
E’ scoperta di fine giugno
in cui ognuno
non fa che aspettare
un’estate per futuro
Marina Romea, Giugno ’21
La prendo con un ricordo personale. Augusto Del Noce, il più grande filosofo politico del ‘900, in un pour parler a fine anni ’80 a proposito della decisione su una manifestazione di un Movimento, da farsi o meno, diceva: “un Movimento per sua natura deve mostrare di essere socialmente forte”.
Le scelte del PC cinese in questi ultimi anni (con la leadership XI) hanno da un lato potenziato al massimo il capitalismo cinese anche nella sua capacità interna di garantire il pane a tutta la popolazione, ma lo hanno anche posto in una posizione di sostanziale scontro di potenza con altre superpotenze. Molti Paesi, perfino la Germania dipendono quasi totalmente dalle importazioni dalla Cina (proprio da zone dove i diritti umani sono conculcati, senza che venga data alla comunità internazionale alcuna possibilità di verificare in loco) in settori strategici dell’economia green (pannelli solari).
Salvo un miracolo questa politica di potenza della PRC si cristallizzerà. L’appello del G7 al ruolo delle Democrazie rischierà a sua volta di trasformarsi (come è stato sotto le precedenti presidenze americane) in una sorta di verità agitata come ascia. Pochi (Fondazione per la Sussidiarietà per es.) hanno avviato un dibattito culturale significativo sul tema della democrazia (che titola: “L’amica fragile”).
Io credo ci sia un primo problema per gli uomini e per il pianeta che riguarda la sopravvivenza, ma mi vien da dire che anche in Cina il capitalismo ha potuto dove non ha potuto un comunismo centenario. Restano ciononostante, in Oriente come in Occidente, esasperate diseguaglianze.
‘Non di solo pane vive l’uomo’. Sulla sopravvivenza, sull’eguaglianza, sulla speranza viene il confronto di metodo tra la politica di potenza e l’amica fragile. La nostra cultura è debitrice di un evento in cui un uomo è andato in croce perché ad ognuno fosse data la possibilità di un cammino e di una verifica nella libertà. Le persone possono stare insieme a lungo soltanto o nella libera adesione (popolo) o nella prevaricazione sistematica.
Ciò che viene da Oriente non provoca l’Occidente a una tonnara, ma a una pesca miracolosa.
San Lazzaro, 2-07-’21
“L’America è tornata e le democrazie sono unite per affrontare le sfide del futuro”: Joe Biden, nel suo primo discorso da Presidente in Europa.
Suona diverso dall’esportare la democrazia e anche dall’America first.
Implica che nella vita delle nostre democrazie ci sia ancora un potenziale che potrà rendere ragione di sé appunto di fronte alle sfide del futuro. Tutte. Tante.
C’è un tasso di consapevolezza storica superiore all’”esportare la democrazia” (non tutte le società sono pronte e non è detto lo saranno).
C’è un tasso di responsabilità storica superiore all’”America first” (per esempio Biden ha anche annunciato che si ridarà fiato agli accordi commerciali transatlantici).
Biden si fa forte, mentre impegna 500.000 mln di dosi per i Paesi poveri, della risposta dei Paesi occidentali alla pandemia e in effetti nessuno può negare trasparenza nel dichiarare i dati rispetto ad altre potenze mondiali, messa a punto di vaccini efficaci in tempi record, campagna vaccinale efficiente.
Ciò con tutte le convulsioni decisionali e di opinione tipiche dei sistemi democratici (alla vigilia del G7 in Cornovaglia, Biden sul punto della sospensione dei brevetti sembra essere frenato dalla Germania nonostante che il Parlamento europeo abbia votato in direzione opposta).
Ma hai ragione Joe, c’è del buono in queste democrazie.
San Lazzaro, 10-06-’21
Sono le 2
sotto l’ombrellone
trema da stamane
lo scirocco
ora è teso
olio
in rilievo
Il mare
si rifrange
e s’infrange
– laccato di ondine –
che provano a separare
lo smeraldo dal turchese
(gioie d’amante)
E così
vero
reclami
al vento…
Di capovolgerti al tuo cielo
Marina Romea, 28-06-’21
Non ci sono ragioni
quando passano
come le rondini
le stagioni
E tu non sai nemmeno
se ci sarà un ritorno
ma godi giovane vecchio
il sole alto ed il cobalto
Stando con te
eterna bambina madre…
Noi siamo mare
nel ribaltamento del pomeriggio
Sappiamo diventar grandi
e dar la vita ai figli
ma impariamo anche ad essere piccoli
nel diventar vecchi
Marina Romea, 28-06-’21
Sono petti girasole
che guardano il cielo
ma non il mare
a fare delle spiagge
campagne
dai pozzi avvelenati
eppure quando tu passi
così carnale sulla riva
alzo il tettuccio del lettino
e vedo meglio te e dietro te
il colore profondo
di un pozzo di stupore
Marina Romea, 27-06-’21
Cuore
delle spiagge
che si riconosce nello stare vicini
come creati
per uno stato verginale
Tu che passi accanto
sei pienamente consapevole
del tuo ascendente
e di giorno non lo somministri
come in una balera
Questo caldo galera
lo esalta
e tutto abbevera
di te lo sguardo
finché il vento
al caldo
fa il solito sgarbo
e del giorno chiede conto
come se fosse l’unico della vita
fratelli come siamo di sudore
di odore e di colore
Abbacinato scempio
quasi che il tempo conosciuto
ci avesse lasciato
per un giorno eterno
nel deserto…
Ci incamminiamo così verso il tardo cielo
Marina Romea, 19-06-’21
Cade a riva il sole
piega i capelli come non so
Tuffi
di bimbi
come in un cinema muto
all’aperto
(sull’infanzia esaudita)
Il giorno di giugno
è un lungo sogno che si fa storia
nel conversare dei grandi
Marina Romea, 18-06-’21
Narciso non è libero dalla maschera di se stesso e finisce nel suo stagno.
Narciso non conosce il riso e il pianto dei volti dei marinai.
E neanche l’aria verace del mare che libera i sensi e le menti.
San Lazzaro, 15-06-’21
La luce bianca
che apre le chiome
dalla strada
d’estate rimane come fissa
in quelle sul tavolo
Piccoli fiori ormai secchi
steli sottilissimi e verdi
senz’acqua immersi
in una larga trasparenza
di vetri
Bianchi
vivaci
come freschi
miracolati e fitti in armonia
qua e là un lato imbiancato
Come non dire (?)
amato e alimentato
solo dalla luce
solo a questa ora
quando benedice
E dice al mondo
e dice a ognuno che passa
qui sotto l’angolo
tu sei amato
tu hai un destino d’amore
Ecco è già spenta
s’è persa
in un solo passante
ma non si perde il giorno
quando si vive il suo nascere
San Lazzaro, 15-06-’21
Canta il cielo oggi
la felicità del giorno
instaura la giovane calura
un’ormai matura estate
Il fiume
arrivato in mare aperto
lo guardi dal molo deserto
– nessuno credi capisca –
Ma capirai
che una barca ci vuole
– non solo al viaggio –
ma anche al cuore
Marina Romea, 2 giugno 2021
Un’icona viva
il tuo bel volto grave
con la barba rame
quasi cristica
a margine
degli inginocchiatoi
e di noi
sopraffatti
Tu testimone in piedi
del nostro prometterci unità e storia
Tu sentinella in piedi
non di un’idea
ma di una possibilità…
Interessante – come amavi dire tu –
e c’era lì a benedirla l’omelia profezia…
Eppure dagli elementi dati
(abituato per mestiere a considerarli tutti)
improbabile in sé
Ma tu sicuro ed accorato
ci desti poi
un bigliettino per il viaggio –
la nostra compagnia
è la certezza di speranza
per la nuova storia
che oggi cominciate…
San Lazzaro, 29-05-’21
Non ha lo scopo di ghermire
bensì di aprire
a te e a tutti
prospettive
Questo affetto gentile
che ci scambiamo
evadendo piccoli incombenti
nelle carrozzerie e nelle farmacie
Non sa altro che della folgore
del bene che prescinde
che mi raccoglie da terra
e che sorride
La nuova terra è la cipria della pietà
Tu – per esempio – sconosciuta
ma immortale infermiera
facendomi il prelievo del sangue
La chiamasti con uno strano nome
che non posso non ricordare
come una grazia che forse
sarà affettuosità sociale …
San Lazzaro, 26-05-’21
La nostra, cara Ada, non è solo una storia d’amore
E’ come un film
che non sarebbe molto senza contesto
Non si sa ancora se protagonista
de I Promessi Sposi siano Renzo e Lucia
o il Seicento o la Provvidenza
Io odio l’amore come pretesto
Anzi ho sempre cercato
di distinguere
…
fino a scoprire
la capacità della carne di redimere
Bruciammo le tappe senza spiegazioni
e capii che eri un’avventuriera come me
Ci ho sempre creduto
anche quando hai cominciato
ad addormentare il gioco…
Ma ora…
Fuoco, fuochino –
anche per un solo amico –
il nostro cammino
si apre sincero
al suo vasto destino
San Lazzaro, 11-05-’21
I regali di maggio
quando il cielo
di quell’altro cielo
dà un assaggio
Hanno occhi di madreperla
come i gatti
Che ci si specchiano
mentre tu ci giochi
facendomi uno dei tuoi regali
di questi anni di convivenza
San Lazzaro, 9-05-’21
Io amo le tue creme per le mani
la carta su cui scrivono le mie
Infatti è rugosa e ogni tua cosa
personale ha il potere del sale
quello quasi
di salvare la carne
quello quasi
di abitare la compiutezza del tempo
Vedi che la brucio la parola sulla carta
che è la mia carne, che è il mio tempo
Ma le mie narici logore
fin dal momento della nostra passione
conoscono il tuo odore
arrivato finalmente lì
come una benedizione
che non passa più…
San Lazzaro, 8-05-’21
Ho colto una rosa immaginaria
al traverso di questa luce di maggio
E’ ancora l’alba
tra la terra e il mare
Non va, ritorna
chi ha levato l’àncora
Son le più belle
quelle
che vengono su tra l’argilla e la sabbia
Sanno di madre e di padre
e di collaborazione…
Sì,
povera parola
che elemosina l’altro
come se
non fossero possibili obiettivi comuni
E si impara alla scuola delle famiglie
Costituzione
della nazione
Collaborazione rosa di maggio
che sai di cuore e di coraggio
di un’anima nascosta che ci fa fratelli
fortunatamente non solo di fardelli
Collaborazione, mi disse un vecchio,
è parola che vola
quasi sempre insignificantemente
sulle nostre labbra
invece è l’unica che ha senso
…
ed io pinocchio, lentamente,
dal falegname e dalla fata,
ripresi vita
San Lazzaro, 2-05-’21
Cos’ha questo giorno (?)
che di tutti gli altri
te ne stai meno tranquilla
Una forte aperta pace
inquieta sale
da dentro le anime
E son tutte belle (!)
le lavandaie di allora sul fiume
ancora limpido
Volti cambiati e il sentiero
che sotto l’albero
di radici è confuso
Figli affibbiati al fiume degli eventi
e come vada
vada
Ritornano. Stranamente assennati
dal tempo e dal candore
il fuoco ha provato il cuore
Basta meno di poco
alle anime belle
per riconoscersi
Forse è proprio questo sentimento
redento di vita – dalla stessa –
a farci ritrovare
Dove l’acqua del fiume è l’unica nel ricordo
e te ancora specchia,
la fierezza, mansueta, di un manto nuovo…
Dovadola, Pasqua 2021
Complessa è la vita
che ti perdi
spesso
Un tempo
la credevi semplice
eppure solitario,
davanti al mare,
i pensieri non tornavano mai
L’imprevedibile
è insensibile…
ti disarciona
un cavalluccio marino
Sono stato così
come e con un bambino
per la mano
davanti al mare
Le sue domande
la sua legge
Il caldo piccolo sudato del suo palmo
il volo più bello
la vela più bella
un catamarano gagliardo
e l’immensa distesa…
Che lasciava il cuore inquieto
finalmente alla mercé
di una buona compagnia
San Lazzaro, 31-03-’21
La conoscenza amorosa
è una giornata aperta insieme
come se fosse la finestra
Accorgersi non di quella
ma della luce
che da ogni pensiero truce
libera e
da ogni nube
nel sentiero di scoperta del mattino
Cose da fare e nel mentre una canzone
dopo colazione lieve momento
grave di senso
Che fa innamorare della relazione
con chi c’è lì
e di ogni cosa che comporti
il cammino nella bellezza
Non c’è gioia della storia
nei passi inconsapevoli degli automi
Cambiare punto di osservazione
avere sentimento del mondo
dà al battito del minuto-secondo
un impercettibile suono di ciglia
San Lazzaro, 23-03-’21
Mi venne in mente sulle strisce
quella lettura del Miguel Manara
il suo passato truce e l’abate
che gli disse queste cose non sono
‘queste cose non sono mai esistite’
Al passo successivo una Mercedes
si fermò come se fosse stata
una donna di Manara
Di riflesso
mandai allo sconosciuto un cenno
ed un sorriso dietro la mascherina
che ne rimasi sorpreso
io stesso
Mi lasciò passare
in pace
come se fosse stato l’abate,
oltre il ricordo triste
del passato
San Lazzaro, 18-03-’21
Le mie vite
frantumate
muoiono
nei sensi di colpa
e nel rancore
Custodite
nel cuorenotte che ricorda,
unitamente
dolorosamente
gioiosamente…
Tutto è apertamente verità
Non scartare
il segreto della pace
Poi con l’alba
la storia sorge –
guarda
si ricompone
San Lazzaro, 12-03-’21
La vita batterà un colpo
e sarà per sempre
E non sarà a morte
S’affaccerà:
ma basterà
un attimo
Aspetterai molto forse…
Smetterai di crederci
non di sperarla
Come sognare tu
l’orizzonte veliero
di una conchiglia prigioniero
Poi dalla chiesina prossima al mare
distesa di campane
e dalla riva levarsi di gabbiani
mani esultare di bambine
La primavera sospesa
non sarà quella di sempre, l’attenderemo
serenamente, laboriosamente, nuovamente
San Lazzaro, 2-3-’21
Quando si risponde ‘certo!’ lo si fa sovrappensiero, che sia di persona o al telefono. Le persone sono abituate a porsi domande e a darsi risposte, gli uni gli altri. Quando mi sento dire ‘certo’, io mi sento rassicurato, tranquillizzato, ‘certo’ è una carezza, sarà che mia moglie lo dice spesso. Perché i nostri quesiti, le nostre attese spesso sono in qualche dose ansiose.
Noi possiamo sapere la risposta, ma non sapere/non credere il suo realizzarsi. E’ qui che interviene il ‘certo’, colui o colei che ti fa certo, che mette in campo la propria faccia, la propria persona, che mette in gioco la forza della relazione, della fiducia (in latino corda): da quel momento non sono più solo parole, ‘certo’ non è più solo una parola, ma una forza veicolata, assicurata e resa credibile dalla relazione, come qualcosa che posso vivere autonomamente.
Si può vivere tutto questo nel contesto più incerto che abbiamo conosciuto da decenni, la pandemia che rende tutto variabile, instabile e impossibile ai progetti?
San Lazzaro, 24-02-’21
A volte si trovano ricordi
in un cassetto dimenticato
cui anche il destino si dimenticò
di dare un futuro
Lui ne mugugna ancora sincero
il pensiero
lei volò in cielo –
ma intanto in terra…
Un canto di nozze
si riprendeva il tempo nel ritornello
del nome – volto lucente – di loro figlia
Lo stesso breve di sua mamma
da portare lungo il mondo
come una storia di gioia
Dovadola, 14-02-’21
Ho visto avverarsi un sogno
in quello stesso battito d’ala
che attraversa profondo
l’anima
di noi italiani
…
E vola per il mondo
per fama o per fame
sempre porta
sempre riporta
come il mare
un messaggio
…
Che la storia siamo noi
anche quando è grama
anche chi non ci crede
la gloria non è alla fine
ma è la speranza –
che non cede
San Lazzaro, 13-02-’21
A meno che tu
non mi venga a cercare, stamane
accanto al cuscino…
M’accascio bambino la sera,
le guance
sotto il piumino
Così ogni mattino ritorno di là
le stanze
dove andavo piccino curioso
E anche ora pesante
esitante
vado curioso e piccino di là
Ammetto che tu
mi sei venuto a cercare
in tutte le case, in tutte le strade
Nel mondo a cui ora il mio cuore si apre
San Lazzaro, 15-01-’21
E poi ti trovi che non ami se non
l’Italia ed i suoi figli.
Tu che sei senza madre
ti è rimasta questa ladra qua
sotto il temporale.
Dalle cosce in su
con le galosce tirate giù
è sempre tutto per amore
di un suo guaglione
di un suo campione
magari lo chiamano
criminale.
E non sanno che vuol dire
essere madre, madri coraggio
e così amare
i nostri ragazzi
nel Paese che è
dei Grandi ma anche dei vigliacchi.
San Lazzaro, 27-12-’20
La speranza ti invita
come uno sguardo
piantato dentro il tuo
Sa di futuro
al tavolo del primo incontro
mentre lei ti fissa
In storie avvincenti di amicizia
hai conosciuto già del destino
lo stesso azzardo
E tu?
Transfert iniziale e totale…
Mascheri ridicolo il tuo nulla
Sai che una storia
sarà possibile – sarà sorpresa –
non sapresti mai – dire come
San Lazzaro, 24-12-’20
1984-1985 preparavo la tesi sulle encicliche di Giovanni Paolo II, per una loro analisi storico linguistica, dovevo dividere radice e desinenza in tutte le parole dei tre testi fino ad allora promulgati (in latino). Poi avrei dovuto calcolare le occorrenze dei diversi lemmi e infine scrivere la parte teorica. Avevo un computer (di allora) prestatomi da FF -che ringrazio ancora- proprietario della casetta alla periferia di Modena dove lavoravo e c’era come distrazione solo un vecchio giradischi e un solo disco in vinile con ‘Dio è morto’. L’ascoltavo mille volte tutti i giorni girando da solo per la cucina, poi andavo a sedermi e continuavo a dividere tipo homin-is homin-i homin-em e sentivo nella testa e nel cuore quel che scriveva GPII e sentivo nella pelle e nello stomaco quel che cantava Guccini.
San Lazzaro, novembre ’20
Per vedere bisogna guardare,
meglio un’immagine
che immaginare. Stasera…
Il pensiero a dirotto sotto le coperte
per sudare tutto il vetriolo del
dolore
Sete di essere e sentire a una a una le pulsioni
di relazioni di fare di compiacere e infine di sesso.
Inconsistenza…
Tiene caldo la coperta ma si libera lo sguardo
all’abatjour –
anche prima, senza crederti, ti sapevo lì…
Mi guardavi dolce giovane volto (di mosaico ravennate)
buono come il nonno
che girava voce della sua bontà
Stare alla luce del tuo sembiante
momenti di eternità
di quando ero bambino
Non c’è altro da fare
stasera
come questo essere in pace
San Lazzaro, 5-12-’20
(Davanti a una fattura dell’acqua
e a un elenco delle cose da fare)
per la prima volta nella mia vita
ho sentito il tempo fluire e vivere
Perché c’eri tu alla finestra…
Io trattenevo il mio dire per non sopraffare
il pensiero
che sorgeva scorreva s’incagliava
e andava a tempo della Moldava
Risentire di partecipare
all’epopea mattinale
Perché c’eri tu a guardare fuori della finestra…
Ed eravamo noi senza dire niente
a mani aperte –
aprire le finestre –
viene dentro domenica
poche macchine
sopra il bagnato
senza passi
Storia ormai consapevole,
foglie pungenti
come persone che sanno
non malevole –
di un sempreverde
tempo
con cui crescere insieme
San Lazzaro di Savena, 29-11-’20
Non cosa è
non da dove viene
ma che nome ha
voglio dare del tu
a questa dolente
inestinguibile sete
Bologna, 21-10-’20
Ma che ne sanno i maschi delle generazioni
dello sbattersi
dalla nascita alla morte?
E ogni volta volere andare oltre il ponte
proprio io dirti per certo
che l’attraverserai
e ci sarà ancora non forse
un campo più aperto
Ma poi sentire
proprio da te, forte,
fortezza (ora lo vedo eccome a ritroso)
che anche la fede a questo punto sa dire
solo “speriamo”
Allora mi volto indietro
questa volta a te
argine donato alla disperazione
Nella mente non ti posso e non ti voglio
più leggere –
per meglio ascoltare –
e vedo crescere in te la febbre
di mettere a terra
la potenza della tua giovinezza
Così ringrazio
per quella strana
commozione
dono scoperta dono
della figliolanza!
Che si perpetua
senza esperire l’altrui sentire
ma potendo dire
insieme e ciascuno
un sì virile
Bologna, 16-10-’20
Ha vinto il sì. Onore a chi ha vinto, ma si sappia che ha vinto per inerzia.
Un’inerzia derivante dall’oggettiva inadeguatezza dell’attuale compagine parlamentare, dalle indicazioni univoche dei capipartito, dalla banalizzazione anticasta del quesito referendario, dai sondaggi impietosi.
Niente di nuovo sotto il sole.
Non è certo un matrimonio quello tra popolo e 5S, non è certo un matrimonio l’alleanza di governo che dovrebbe garantire le prossime riforme.
Ciò che il popolo sposa è l’efficacia di una certa azione di governo sia quella centrale durante il lockdown sia quella dei suoi governatori regionali.
Questa seconda è forse l’indicazione più interessante: la gente non vuole meno politica, ma più politica fatta da gente che sia sentita vicino alle persone e ai territori.
Il popolo pur non chiamato a votare per il parlamento, continua a decretare un sostanziale equilibrio nella politica italiana, come si vede dal dato regionale.
L’affluenza significativa, l’ordine con cui si sono svolte le operazioni di voto (in paesi europei vicini non è così scontato, ma nemmeno va rivendicato come fosse una vittoria del ministero dell’interno più che della gente), la sensazione netta di un voto che ha espresso ancora una volta il buon senso delle persone, benché condizionato ancora da anni di demagogia e populismo.
Tutto ciò lascia ancora sperare. Grandi sfide attendono la politica, e le riforme istituzionali non sono tra le prime. Ci sono i fondi europei, ci sono da rilanciare le imprese, gli investimenti, il lavoro, insomma: ricostruire.
Non bisogna perciò partire dal tetto, come acutamente ha osservato don Ciotti, ma dalle fondamenta e dall’educazione del gusto e dell’armonia della costruzione.
L’amicizia civile, come meta e cammino verso una nuova società, è una prospettiva adeguata e attuale, erede della nostra storia millenaria di speranza indomita nel futuro, che può innescare il processo di un nuovo comunitarismo rispettoso delle differenze, che contrasti la vita liquida.
Non si tratta di fondare alcunché ma di tenersi presente, persone e gruppi, da appartenenze diverse, come si è fatto tra i sostenitori del no, che, a prescindere dalla pochezza del quesito referendario, hanno sentito che si andava a toccare un valore e un luogo importante della democrazia e si sono mobilitati trasversalmente.
Tutto questo continui oltre la sconfitta. La nostalgia del mare ci suggerirà come costruire la nave.
Pietro Lorenzetti
San Lazzaro di Savena, 21-09-‘20
Trepida
tutto ciò che c’è d’intorno,
piccoli pesci inconsapevoli nell’onda
bimbi spensierati sulla schiuma
le mie incerte aspettative –
e la paura di Ninive
Intanto facciamo tesoro
dell’azzurro cielo
in questo sipario dell’estate –
del suo partecipare agli uomini
forza vitale
e il grande disegno della natura
Quando poi tetra, la nube, tornerà
la memoria si staglierà lontana
richiamo a una festa ancora possibile
Complici e solleciti sguardi di amici
attraverseranno scaltri
il nuovo tempo
Casalborsetti, 12-09-’20
L’atteggiamento che caratterizza l’uomo che ha una fede è attendere, nell’accezione transitiva di aspettare e in quella intransitiva di dedicarsi a…
Bologna, 11-09-’20
11 settembre. Pochi ne parlano. Quel giorno del 2001 ha segnato la fine della spensieratezza della Civiltà occidentale. Come se la consapevolezza di un vecchio avesse preso possesso della mente di un figlio eternamente Peter Pan. Così ora, nel susseguirsi impietoso degli eventi, conosciamo ‘Il tempo sospeso’, per dirla col regista Gianfranco Rosi, un’incertezza come sentimento del vivere, che i popoli del medioriente (per esempio) già conoscevano. Dentro la lotta di ogni giorno non ci resta che alimentarci del sapore dell’attesa. Che non è sospesa, ma è operosa, perché per religione e cultura sappiamo che c’è futuro.
Bologna, 11-09-’20
Le belle ragazze sono festa
non sono solo croce
e non sono solo testa
Quando hanno lo sguardo diritto
e il corpo fiorito
fiero –
quando hanno – anche allegro il pensiero
Ché la vita
non è da sfogliare tra le dita
le ama e basta
E questo
proprio noi
che ce ne andiamo via
col prezioso tempo
sappiamo di loro…
Del brillio d’oro
delle stagioni
Cervia, 5-09-’20
Come Piazza Grande
come il Golfo di Surriento
è questo lento ancheggiare
sulla bassa marea
vasta la riva
– di Settembre
Ed un omino piccolo così…
Cervia, 5-09-’20
E’ lo spazio è il tempo che si dilatano
non è un groviglio di mano, di amico
lo è forse del mio veloce sentire
E’ solo Settembre è solo Cervia
e c’è tanta gente perché c’è bel tempo
Cervia, 5-09-’20
che nel suo sibilare contro la duna
In questa grotta
di pini spezzati
Punto di vista
agrodolce
(al solo pensiero della tua presenza)
Da cui coperto
osservo
L’aperto fiume
Finché non si fa sera
il gabbiano come vela
vola traverso
Poi andrà a riposare
nella calda terra
delle campagne
Qualcosa – l’acqua vibra
nel tardo morire del giorno di sole
come un’impressione di Monet
…
E’ pace
Agosto 2020
Ricordano certe persone che la vita è dolente
anche sotto questo sole cocente
lo ricordano come se anche il più in forze
dovesse ricordarsene
Ci sono per esempio gli anziani che al mare
con gli occhi sembrano dire ‘arrivo’
e intanto arrancano
doloroso miracolo della vita in forse
Come se fosse il fondale
contraltare di questo cielo terso
ed è una segreta apnea della mente
dalla quale – dal niente –
si fugge con un sospiro
Agosto 2020
Sciogliermi nell’abbraccio delle tue acque di madre
è stata la mia infanzia
Quando ho capito che sarei cresciuto
da solo
tra aride solitudini
Ho cercato un volto
camminando nella speranza per esclusione
E ora sono dolci i colli
sulla via Emilia
come il tempo dell’attesa e del maturare
La Cicogna, 18-08-’20
Hai gli occhi perla delle donne che ragionano
e si innamorano di un istante e di un tu …
Nel tuo essere bambina
biancheggiano colori
di regali attesi
da una vita …
Muto e coriaceo il cuore sospeso
Ferragosto 2020
Là in fondo
come lo è la sera
è il mare
dall’orizzonte chiaro
Cervia, 7-08-’20
Da riva non si fa a tempo
a salire con lo sguardo
su un’onda
per fare surf col pensiero
che questa ti ribalta
perché un’altra procede
Così la vita è un incedere
continuo delle cose
e delle persone
che a volte ti ribaltano –
altre ti fanno compagnia
Ma tutte le onde
che segui con lo sguardo
risplendono
e si distinguono
per la luce del sole
E anche se è più facile
guardare le onde –
ciò che rimane –
è la luce solare
con ogni suo riflesso
Cervia, 6-08-’20
Sorge tardi
si fa largo
e poi soccombe
Mentre il mare
tra le onde
ha teso tutta notte
Spire di vento
indossate al buio
e non più smesse
Fino ad ora
fino a che
tornano a lucere
Colori abbaglianti
macchie al largo
di calore e riva
Ora soltanto
scompare la notte
nel ventre dell’onda
Frastuona fino al bar
sopra il reggae
di Bob Marley
Pochi avventori
lo accompagnano
col rumore delle tazzine
In una scena amena
normale
di settembre
Cervia, 5-08-’20
Camminavate più avanti di qualche metro
ed eravate così uni d’affetto, al cospetto
della gente che passava a fianco,
quasi individualmente
Così complici da sentirmi fuori perfino io,
finché ho carpito, in questo vostro essere
liberamente unito, un sentire ardito
tale da riunire tutto l’amore d’intorno
Finché ho capito di aver riscoperto in voi
il cercare e l’amare
il non finire mai
come una messa a fuoco indovinata
all’improvviso e per caso
Strano legame madre figlio
che non scompare sotto le nubi
a nessuna età
e sta
come azzurra vastità
sopra la terra dei rapporti umani
Eternamente romperà le acque della luce
Cervia, 3-08-’20
Da che mondo è mondo sulla spiaggia
i genitori costruiscono castelli di sabbia
Inconsapevolmente parlano ai propri figli
di un mondo che non c’è
Non c’è mai stato
non ci sarà mai
Eppure ogni figlio è stato principe
nei castelli e nei racconti che per loro erano veri
Qui il tempo è imprevedibile
la montagna si congiunge al mare
e i mondi paralleli si toccano
Senti il temporale. L’eco del mare
ora urla e porta via castelli e racconti
Ma c’è qualcosa dei sogni di quella riva
che forse è possibile avverare
tra le generazioni che sono cresciute insieme
Gabicce Mare, 24-07-’20
Non si stanca di ripetere il mare
nelle giornate calde
o nella baia invernale
dove la luna si cala
Ai cuori stretti sul molo
e a quello solitario del pescatore
che la vita è soffio e riflesso
istante perso di mistero
Così i padri
non si stancano di ripetere
ai figli
ma anche a voce bassa
l’offerta
dei momenti poveri
a un destino
che sia clemente
Sentire delle profondità
è reale (?)
questo spettacolo di mare
che è vastità
e io la vista
non riesco a spalancare
Le onde raccolgono giovani luci
in processione
Si scioglie verso riva il sacro gioviale corteo
Ottusità ancora
il cielo sembra uno schermo
a misura della terra
che il mare tambura
con potenza infinita
Non ho raccolto tutto il verde
là oltre le onde
e poi ho perfino creduto che fosse un giorno
come ogni altro
nonostante la sua eccezionalità
Ma la preghiera arriva
in quel cambio d’aria e d’arte meridiano
che prelude al pomeriggio. Contemplare
finalmente le nuove cose
la dolce potenza stabile del tutto
e l’imponenza intensa del colore
Mi resta in dono
sull’animo
una sfumatura leggera
di un verde più vero
Marina Romea, 6-06-’20
Sorride (non ride)
l’onda luminescente
nelle bianche ore
del pomeriggio
di una sordida apparente
cattiveria
Mezzogiorno morde l’uomo
ma c’è un cuore che gli dice
guarda che giorno
esplode
insieme col cuore
d’azzurro
incandescente cielo
E in questo stupore
si rimane
come una settimana
non feriale
abbeverati alla grandezza
Marina Romea, 2-06-’20
Lo sai che solo a te nel cosmo
avrei affidato il mio amore bambino?
Eternamente infante
e afasico in me
ma loquace nel tuo intelligente silenzio
magica combinazione
innaturale misura colma
noi due ostaggi
con la sindrome di Stoccolma
Lo sai che non poteva essere
tra noi normale
saremmo stati ridicoli
come due eroi senza super poteri
voglio solo dire che nel mondo
non insieme
saremmo state due anime perse
Così segretamente ci siamo scervellati
nelle rime più audaci baci
non rendendoci conto
che sono le più antiche amiche
del vero amore
della passione le spine anime
Ma la mente e la parola
non afferrano il segreto
c’è bisogno di affidare
a un giorno qualunque
l’amore e ai suoi ritorni
per vedere in lontananza
Tra noi lontani
vita normale
tra noi e il mare…
nostro karma ripetuto tuffo di Dio in noi
San Lazzaro, 27-05-’20
Se caschi giù dai tuoi trent’anni –
dai è solo salsedine negli occhi
se ti guardi indietro resta
del tuo bel corpo la solitudine
E guardare una coppia giovane
con un sentimento confuso
forse lei s’è solo
scoperta un po’ di più
Squadri poi i nostri affiatati
e consueti gesti
forse si vede che sappiamo solo
stare insieme –
da una vita –
quasi cerchi riparo
in questa casuale
vicinanza di lettino
Rivendica al destino
cara,
il diritto di essere insieme,
i doni più grandi d’amore
esso riserva
a chi li chiede inerme
Marina Romea, 23-05-’20
Quando la tempesta
ci avrà sbattuto fuori del porto
la speranza prenderà folate
e ondate a denti stretti
Poi sarà bonaccia e anche stenti
la speranza continuerà
ad annusare il tempo
ma batterà ritmi sempre più lenti
Tornerà come un sibilo prima
poi rinforzerà e si farà forte
noi allora saremo pronti
all’unisono tesi come vele
Occorrerà che l’amore del popolo
possa mordere
il pane
e obiettivi concreti come un piano
Occorrerà che l’onore degli interessi leciti
si desti e si mescoli
all’ideale
praticabile di programmi e sintesi
Occorreranno governanti
del bene di tutti amanti
che si facciano strumenti
per orientarsi tra i venti
Non ci sarà più materia senza spirito
non ci sarà più respiro
ma sospiro
non ci sarà più porto senza mare
San Lazzaro, 6-05-’20
Era necessario vedere la pagina bianca,
Simone,
come me ora
Era necessario in quella corsia di ginecologia
con quei tuoi occhi grandi da cesareo
Subito tua madre riprese a parlarti
come ad un grande
Era necessario nella scuola dell’infanzia
dove dicevano che tu fossi intimista
e non capivano che stavi solo a guardare
Nei pomeriggi,
nell’attesa delle convocazioni,
nello stress da test
e ora nelle lezioni on line…
E’ necessario…
Nei campi da calcio
tu disegnavi il cielo
e ora che ti manca lo spogliatoio
disegni amicizie a modo di ognuno
a modo tuo, non come me,
magari col gruppo di economia
E scrivi report con dati e parole
dove c’è dentro passione, poesia,
disegni la pagina bianca
con un sogno di giovinezza
che ormai spazia reale nel mondo
San Lazzaro, 3-05-’20
Quanto tempo perso…
Mi è mancato il coraggio per tirar fuori
ciò che pensassi
così ho lavorato nella confusione…
Ma di che mi lamento (?)
non ho dato le carte in questa partita
– si chiama vita –
quanta fatica
per accettarla
senza dimostrazione
Finché ho sentito una canzone
una vocazione
che sapeva di casa e di mondo
che sapeva di altro
e ho trovato per anni il semplice coraggio
di stare
E ora credo nel tempo
mi siedo tra amici
al tavolo verde col mistero
e non temo
San Lazzaro, 28-04-’20
Le contese del cielo
e il verde ormai vero
amano il bianco delle nuvole
che passano sulla strada
e intanto stanno
sul sole
a riflettere
ed aspettare
Le ferite lenire
della mente
è più facile
nel sentire
della primavera,
che non conosce misura
– le cura –
mentre la luce del dubbio
rende sensibile
– ed umile
il cuore
che rassicura
la strada
San Lazzaro, 25-04-’20
Ci son le campanelle viola
e la madonnina di terracotta
ci son le campanelle di breve vita
e di grande gioia,
la madonnina che ha meditato a lungo
Vola attorno a loro
per tutto il terrazzo,
incontrastata,
una farfalla bianca
di breve vita
e grande allegrezza
Sorge l’ulivo mediterraneo
antico e nuovo
dietro il tuo cappello provenzale
e ci sembra di essere al mare,
facciamo un tuffo
in mezzo alla strada
che a tratti parla
di quando riprenderà a fare
da irregolare ciò che è normale
Solo il sole nella sua incoscienza
il suo giro lo sa da sempre
San Lazzaro, 24-04-’20
Se tutto il nostro momentaneo
esistere a pezzetti
sentisse ogni mattino
il calore della luce
del giorno nuovo
conoscerebbe fisicamente
il segreto della sua eternità
con un balbettio la riconoscerebbe
mentre trascorrono le ore
in un cinguettio
San Lazzaro, 22-04-’20
In questo collettivo amore virtuale
c’è bisogno di amore verginale
amicale, corporale
C’è qualcosa che non si razionalizza
…un po’ come quel che ci si dice
col fruttivendolo pachistano
E’ il corpo dei fratelli
coi loro fardelli –
belli, ognuno col suo essere sé
ognuno col suo essere di più
e per me tanti tu
Vigneti, campi di grano
nessuno lo dice, ma
manca l’acqua piovana
e noi chiediamo di mangiare
almeno un pezzo di pane
Perché sappiamo ormai
che non ci sazierà
solo il nostro fare
Rinnoveranno il mondo luoghi come fuochi
San Lazzaro, 18-04-’20
Stamane aggirandomi per casa
ho guardato la tua camera
con occhi di curiosità:
le molte povere cose
di un’elegante precarietà
quasi messe là
un foulard
una folata di vento
E mi son chiesto
in cosa rispecchiasse
il tuo carattere
ben piantato per terra
solido
che ci si trova riparo
Allora ho rivissuto per un istante
scene insieme
l’amore passionale
il sì totale
il crescere nostro figlio e il tuo adorare
Ti ho seguita nelle amicizie,
nei libri,
nei malati
Gli anni che ormai
vengono al contrario
come una brezza
non te la raggrinzano la pelle
e ci portano lontano
Ecco non smetti di parlare
del nostro mare
come se fosse…
la parte dicibile
di qualcosa che custodisci nel segreto
Ho allora tirato la tenda –
e mi ha sorpreso
come tanti anni fa
una carezza di cielo
San Lazzaro, 15-04-’20
Per i campi con voi
cari compagni miei
per i campi con te
unico grande mio figlio
per i campi con te
unico grande mio amore
Immaginando una figlia
di nome speranza
una festa gli amici
i prati fioriti
selvatici e gialli
di margherite già bianchi
da sfogliare chiedendosi
come in queste mattine…
Sarà un mondo peggiore
sarà un mondo migliore?
San Lazzaro, 13-04-’20
ormai tacitato
ed erbe amare
che sarebbe dovuto succedere
La luce che non passa dalle serrande
ma dai vetri sì
gliele disegna sopra
Alba nuova
di certezza inarrestabile
oltre le tante grate della vita
da cui rimane segnata
Sono ferite che la rinforzano
come le cuciture delle vele
che una fresca brezza
quasi controvento tende
In queste estasi mattutine
io che temo le ombre
rinasco
San Lazzaro, 5-04-’20
L’istante rubato dal cielo ridammi
l’istante di te e di me
il fiore e il momento dopo
al caldo del terrazzo di primavera
Ridammi il cuore di quando giovane
cercavo le ragioni di oggi
ridammi l’amore…
O forse a questo riguardo…
è tutto qui
è tutto ora
E’ tutto in te l’amore delle donne
che ho avuto
sono tutti nella passione di oggi
gli ideali per cui ho lottato
L’amore è indivisibile
e se lo curi cresce nel tempo
a dispetto
delle fratture e delle solitudini
L’amore è il nostro nome
dato dal cielo
che si fa storia –
e non si perde per strada
Non c’è niente che debba essere restituito
San Lazzaro, 4-04-’20
Quando il pensiero finisce
e si esaurisce nelle sue stesse secche
Come quando si pensa di conoscere
già tutto di una storia d’amore
E’ allora che
dopo un attimo di stasi
si aprono gli occhi
Si rilassa il respiro e si guarda…
si osservano anche i minimi particolari
L’anthurium macchia rossa
nello studio e tu
che scopri un chiodo nella parete
mi chiedi di alzare un quadro
così che si alzi lo sguardo
E’ il tempo del corona
ringraziamo che il cuore
sia sempre in movimento
E amiamo l’istante povero in sé
ma ricco di senso
San Lazzaro, 2-04-’20
E’ proprio vero che il destino
chiede in rapporto
a quanto ognuno possa dare
forse di più
come a te che sembravi solo molto figo
una ragazza in ogni porto
e dalla fascia sempre pronto a segnare
Poi come tanti un calcio
alla spensieratezza
la stessa passione
nei problemi nuovi
e in quelli conosciuti
capiti e amati
da uomo responsabile
una parola per tutti
il cervello sempre lucido
e un cuore grande così
Allora la sorte ha permesso
che capitasse proprio a te
la prova più grande
più di quella terribile
di questi tempi difficili
Con forza e coraggio ne parli
e si vedono la tua fibra
e il tuo forte viso d’uomo reagire
Certamente la sorte dei cieli
ti sarà amica e
sconfiggerai il male
La notte sarà breve
presto il giorno verrà
…il lavoro e il mondo ti convocheranno
San Lazzaro, 30-03-’20
Spalanca il mio spirito
intensa terapia
di materialità
quando esso fugge
dal suo rifugio
di vetrate
posto al crocevia delle vallate
dominate dall’altissimo
lento
volare
delle aquile
San Lazzaro, 27-03-’20
E’ scesa neve dal cielo
sopra il lavoro e la morte
l’uomo non sa come
si possa avverare la sorte
di essere signore
della terra e del tempo
talmente gliene sfugge il senso
e forse non sa
che non è un calcolo o un pensiero
intanto che pensa
scende la neve dal cielo…
San Lazzaro, 26-03-’20
Tra le dune di carne
ha riposato spesso il mio cuore
quando le aride arsure
delle nostre solitudini
senza toccarsi si sono comprese
e prese sul serio
Si sono rifugiate per infinite volte
nell’immortalità delle persone
La violenza della guerra
con grazia
è stata messa al muro
dentro di noi
fino a farle sputare
la verità
San Lazzaro, 24-03-’20
Crinale dei cuori
spartiacque degli occhi
l’ombra tua lunga
anticipa le nostre vite
e le maledice
dalla nascita
come se nascessimo
untori di morte
gli uni degli altri
E tu presago
nefasto
sul bel Golfo del Tigullio
crinale dei cuori
spartiacque degli occhi
Non è tardi
per ereditare la speranza
degli avi
rimboccarsi le maniche
tergere ad ogni ora il sudore
stringere i giunti
al passaggio
di legami di perdono
Crinale dei cuori
spartiacque degli occhi
senza aggettivi
per questo tempo
di strana sfida ai lavativi
adulti forzati nelle proprie case
come bimbi sui banchi delle elementari
a imparare la civiltà minimale
Per un domani ricostruirla
con le proprie mani ormai grandi
e immaginare da infanti
con travi portanti
il nuovo mondo
come il ponte Morandi
e magari da qui
in un’estate incipiente
riprendere il mare
Crinale dei cuori
spartiacque degli occhi
che avremo imparato a tenere
all’altezza del compito
nostro di uomini
San Lazzaro, 22-03-’20
E’ iniziata consapevole
questa giornata trepidante
Che le primavere
ritornino
e anche avanzino
con ritmo andante
Ma vibra dentro il sospiro
un’emozione triste
che non ci sarà niente
di nuovo sotto il sole
Se non lo sarà il colore
proprio di quella gemma
schiacciata
e rimasta indietro
Spalàncati…Spalàncati…Spalàncati
San Lazzaro, 21-03-’20
Tu fulgida intelligenza
che mi scrivesti
sai
da tempo io non ho più speranza
Mi chiedevi sottotraccia
– almeno io così l’avvertii –
un dono di cuore e anche di grazia
umile e certo
Si parlava di amicizia civile
e non feci altro –
che mandarti la foto degli angeli del fango
di Genova
Poi ti ho visto solo in tele
dire parole e cose chiare
sempre
Ora – la retorica non piace a nessuno –
sta storia dei balconi
è roboante quanto ridicola, se i giornalisti
la spacciano per la soluzione
(hai dunque ragione tu
a prendere la crisi per quello che è)
Ma se questi gesti
se questi canti
come flebili e fugaci lumini
di bellezza nel buio
fossero l’inizio di una nuova sintonia?
Azioni che significhino
‘io sono insieme con te’
e si facessero progetto…
A te che dici giustamente
‘niente dovrà più essere come prima’
non paiono un po’ strani questi condomini?
Accompagnare la loro emozione
non è questione di disincanti
ma di avere per amica la speranza.
San Lazzaro, 17-03-’20
Fiori gialli di primavera
dolce sceneggiatura
alla maniera del mediterraneo
caldo del sole sulla faccia
che sognare fa
C’è chi per dono (perdono)
conosce il fiore giallo della storia
segno gratuito di vittoria
passato per la morte
C’è chi per amore solidale
additò con poesia immortale
la tenace ginestra
all’umanità ferita ma non finita
Ed è in questo soccorso vicendevole
che per ognuno
trae radici dove può
– la nostra grandezza
San Lazzaro, 16-03-’20
Ormai è giorno
e si chiede l’uomo
dell’alta Bergamo
se sia giusto
un altro giorno
Anch’io sono tentato
guardando fuori dal terrazzo
di chiedere ragione
al sole sorgente
e potrei morire di questi sguardi indegni
che porto
alla sua alba
Resta
l’icona ferma
e nitida
del progressivo rischiarare
il cielo degli occhi
che non hanno tregua
mentre sale nel cuore
una pace
paradossale
La convinzione
che abbia un senso sempre nuovo
(diversamente non sarebbe senso)
quest’eterno lottare
che non sia il finire
– di giorno in giorno
che non sia solamente
un secolare morire
Che abbia ragione
dietro la tenda
l’icona
di quest’alba
che risorge
San Lazzaro, 15-03-’20
Non ti vedo
ma ti appartengo
tempo nuovo
Sento il cinguettio
degli alberi
e richiami di amici veri
Risuonare il sole
sulle facciate
certame del mondo
Dalla lunga luce di gennaio
a marzo
quest’umanità stanca e indifesa
E’ tutta nel singhiozzo di un merlo
custode della corte
che s’ode rivolto al cielo.
Promessa non vera?
Come se fosse una
primavera immaginaria
Non è che parvenza di morte
non è sommersa la nuova stagione
da un’effimera impressione
Impressi ricordi
sensi ed istanti vivi
nei secondi della commozione
La giornata ormai è andata
la primavera
è anche un’infermiera
E ora so
ringraziare il cielo
che è caldo nel suo abbraccio.
San Lazzaro, 11-03-’20
C’è una bottiglia di falanghina
vicino alla bibbia di gerusalemme
non è un altare è solo una libreria
Stamattina quasi per scherzare
per il timbro serio e pieno di mistero
della voce calda di un amico
mi son detto che c’è un momento
del tempo da ascoltare e guardare sempre
Amare il cuore del frammento
il suo essere nella ferma sacramento
Speranza che va ansimante per mano
che nelle valli aldilà del valico
tornerà a correre e a strattonare
– a sconfinare
San Lazzaro, 10-03-’20
Quando solcherai
della soglia il traguardo
ricorda la tua ultima
prima fioritura
E la casa là sulla strada
di campagna vera
soleggiata la piana
a primavera
Non avrai perso nulla
dopo quella curva
che si lascia
alle spalle un’epoca
Poca strada ancora
poi un’ubriacatura
… una malattia di città
e di loro il rigetto
Ozzano dell’Emilia, 7-03-’20
Tutti avvertiamo una contraddizione.
Tra la necessità di evitare il contagio e un risorgente desiderio di socialità e il necessario urgere delle attività economiche, che implicherebbe contatto tra le persone.
Un desiderio e un limite.
Molti hanno già intuito e stanno praticando per tentativi la via d’uscita, almeno per l’urgenza, per esempio le università con l’e-learning. Ma che dire di quella riaffiorante (sì come una risorgiva del nord) gentilezza evocata oggi dal poeta Rondoni che colora i rapporti di questi giorni proprio nell’impossibilità di darsi la mano. Non c’è bisogno di scomodare Freud per dire che il limite nelle relazioni da sempre provoca e tende a far riemergere l’eros.
Ciò di cui la società ha bisogno è questo eros, la riscoperta perdurante della necessità della relazione. Ciò di cui l’economia ha bisogno è UNA NUOVA STAGIONE DI CREATIVITA’ in cui noi italiani siamo maestri. Certo, con gli aiuti governativi ed europei che sono necessari, ma che cadrebbero nel nulla senza passione e creatività rinnovate.
Il desiderio quando incontra un limite, come un torrente, diventa passione e creatività. Aggira il sasso e corre più forte. I tempi non sempre sono nelle nostre mani.
Bologna, 3-03-’20
Ho avuto piacere
di rivedere persone amiche
ieri sera e ripetere
consuetudini antiche
Rinnovare la memoria
in tempi di covid 19
di una storia
che pur ci rende persone nuove
In cammino
tra le difficoltà
verso il destino
Che s’affretta
che s’appresta
nel compito che a ognuno spetta
San Lazzaro, 1-03-’20
Felicità mostrarti la via del mio maestro
che sulla porta di casa
elegante al solito
mi disse la battuta finale
cioè di battersi
Si confondono i ricordi di 15 anni fa
tra Sant’Eustorgio e Sant’Ambrogio
e la sua casa in via De Amicis
maestro di garbo alla Statale
ed in Rai –
Come quando, dopo aver ascoltato, mi disse
fermandomi con la mano
questo…è un libro –
poi quando di suo pugno scrisse
sintesi e poesia
l’ultimo rigo del volume
Felicità sei tu che dei tuoi studi
non solo capisci la meta
ma inizi ad amare (e a seguire) il percorso
Così Rumi caro prof. proprio ora
che chiudono i muri dell’università
capisco che è ora di ‘battersi’
per i giovani
Ché s’aprano a conoscenza amorosa
più forte di un contagio virale
Milano, 22-02-’20
del sole sulla meridiana delle ore
Sarà questo inverno dicono in piazza
Eppure l’umore fa incetta di primule
nel tragitto che parte da casa
Splendore
non è solo il sole
è ascolto, parole
amore
e questa canzone
Accompagnarti al lavoro
Poi saluti giovani di vita
accompagnano la musica
Nel cuore di queste mattine ciò che è morte non è
Bologna, 21-02-’20
C’è un cuore di pizzo lì sulla stoffa
c’è un cuore di pizzo
che qualcuno t’ha messo
c’è un cuore di pizzo
nel tuo essere bambola
Sei donna e si vede
ma non per davvero
sei ancora nel cuore di pizzo
di un angelo madre
Non è che tu sia ancora bambina
è solo che sei –
la gioia di vivere
Dimenticare le chiavi di casa
ed il male del mondo
ed il male che fa
farsi da sé
diventar grandi
fingendosi grandi
Ed ora il destino
tu ragazza
continua a sfidarlo a ping pong
vedrai che la vita
non è affare da grandi
E’ una grinta bambina che la butta di là
San Lazzaro, 02-02-2020
Le serrande e la tenda lasciano intendere
un cielo conteso che non avevo mai visto
sarà lo stato febbrile o dei tuoi libri le pile
qui nella tua camera a darmi pensiero…
La mente va ad un passato ormai lontano
quando mi ammalavo spesso
gracile petto
e la mamma tornava dalla spesa
con un etto di prosciutto
perché io non mangiavo la carne
e la cura a base di spremute
quanta sostanza in quell’amore…
Così ora
immerso nella tua imbottita
ragazzo uomo
di cui conosco la storia ma non l’avvenire
risento in te
io padre
il calore dell’essere figli
Poi riguardo il cielo
che rimanda dentro luce e certezza
Il calore dell’amore non verrà mai meno
San Lazzaro, 29-01-’20
Non so più perderti
per un solo attimo
per un solo respiro
e intanto tu cammini le tue strade
Ma non dimentichi il nostro stare
sempre più spirituale
intellettuale
mentale
e così carnale
Eppure anch’io devo riprendere il cammino
per le contrade
Così ti sento vicino
nel destino nuovo di questa generazione
per cui ci batteremo
Saremo insieme ai bastioni di città diverse
attraverserai lustri che io non avrò visto
e forse io non ci sarò più
Si salverà dal tempo il nostro legame
San Lazzaro, 19-01-’20
Quest’energia che tende e che tiene insieme
insondabilmente
quelli che lavorano anche lontani tra loro
tu al bar e io qui in portineria
Con quelli che studiano e danno esami
andati bene, andati male
È una specie di inconscio collettivo
è il profumo di una donna che passa
sono litanie angeliche
Sarebbe un silenzioso raduno di Harley Davidson
Bologna, 14-01-’20
Non riesco a pensare al giorno se non come preghiera
se non come una prospettiva nuova
se non come questa afasia stupita
Quando stamane dal ponte san Donato
il sole appena spuntato
dava il suo saluto
Ho sempre pensato che si sorgesse
per delle buone ragioni
sempre le stesse
Invece scopro in ultimo che si vive a giornata
che solo il sole ha una parabola
già disegnata.
Amici liberi di vivere a giornata
nemici tra i potenti nemici al biliardo
e qualche miliardo a vivere a cottimo
Sotto lo schiaffo solare polare di gennaio
gli uomini schiavi
piegati dalla inimicizia e dalla fame
Guardano in alto e chiedono almeno
una mattina liberata
o forse un paio, per non esagerare…
Bologna, 10-01-’20
Ho già voglia di rivederti
dopo questa notte
ho avuto paura sai
che non tornavi
Son qui coi miei ricordi
dell’altro anno
e domande aperte sul duemilaventi
Penso ai suoi occhi verdi
di ragazza
abbastanza trasparenti
per rappresentare
il manifesto dei figli
e anche dell’età che avanza
Io vado per mano
a te
amore mio
io ho bisogno di te
amico mio
La guerra è il nostro futuro?
Io spero in un Dio
che ha avuto
‘bisogno degli uomini’.
Bologna, 5-01-’20
C’è un’anima silenziosa
nell’ombra
nella casa
che sposta i soprammobili
per dire qualcosa
alla gloria del nostro stare insieme
Non c’è che questa segreta
paradossale scoperta
di ciò che ci viene donato
a consolarci
a ridarci
l’aldilà delle cose
Come acqua di rada
tra il faro, la luna e la stella polare
cambia ma non scompare
il riflesso
tienimi per mano, esita la penna
…la luce non verrà mai meno
Bologna, 31-12-’19
Non ci perderemo di vista
non lasceremo la presa
E questo sarà il perdono
che vien da dentro
La pace che toglierà
per sempre
il risentimento
Che si estenderà
diffondendosi
Con il suono
della campana delle feste
Irriverente
della quiete –
della gente
Bologna, 2-12-’19
Ritorna
ritorna sui miei passi
e nei miei occhi
redimi via il fango
ridona sorrisi
spensierati
ridacci
poveracci
un giorno solo di sole
e noi, tra i denti dell’inverno,
splendore
ti ringrazieremo
Bologna, 22-11-’19
Sentire gli altri
allontanarsi
e ritrovarsi estraneo
Il velo
contemporaneo
cadere
dal loro cielo
e questo sentimento
non voler perdere
Come se fosse un neo
che prima si vuol togliere
finché una lo bacia
Odo il movimento serale
dei passanti
Sotto la luce verticale
del lampione
non ne odio i passi
Bologna, 12/11/’19
Quando guarderai il cielo una mattina
quello vero di Milano
rimani ti prego
E’ così grande da far paura
mentre piove la nebbia
rimani
nel lavoro duro
lo studio che ancora non è paga
Sul tram 4 da viale Zara
alla Statale
leggevo Fëdor Dostoevskij
senza sapere del destino
del nostro romanzo
trovato per caso poi
in quel mercatino
Perciò ora ti prego
ama e leviga
ciò che è grande dentro di te
più del miracolo di questa città
Bologna, 18-10-’19
Il pino tra il grigio cielo
come a dicembre chino
non dice più le pinete di mare
Ma chiede a noi
come se fosse per sempre
di riporre qui
questo velo
tolto dal cuore
e avvolto sulle campagne
Colunga, 8-09-’19
Tornare a fondersi nell’azzurro serale
Il mare e il cielo uniti
dai grigi uniformi colori del mattino
Attraversano questa linea di separazione
che li distingue di qua e di là dall’orizzonte
al meridiano sole
Marina Romea, 31-08-’19
E’ umile la terra
senza lignaggio
Fradicio
al proprio posto il verminaio
Un fiore
s’asciuga
lentamente al sole
che riflette
l’anomalia celeste
(del grande spirito
che conobbe gli umori
della terra)
Io
ormai nulla
La giusta dimensione
nella mia opinione
e nell’opinione di me
Che siano quelle vere
delle sere
votate al tutto
oneste
che sia
realtà agreste
A fiori
di molti colori
Bologna, 29-08-’19
Dio era nella brezza
indietro negli anni
quando eravamo gli amici di un tavolo
solo, mentre dal parco fuori entrava
e noi si diceva una preghiera
Ora guardo il telegiornale
e prendo l’aria sulle gambe
Ma quale intreccio misterioso
c’è tra le cose ed il tempo
che avviene il momento
e un alito di vento
già lo accarezza via
Che ci lascia senza fiato
e lo riporta in alto?
Bologna, 16-08-’19
Come sono immobili i giorni
che attendono partenze
E tu che ora parli con tua madre
so dove andrai…
ma non chi sarai
Non è progettare il futuro
rimanendo gli stessi
Come sono immobili i giorni
quando si sente
che questa volta il tempo ti avrà
Ti tirerà fuori da te
e tu ti sorprenderai
A noi d’altra parte è ben chiaro
che a questo punto
sia necessario…
Bologna, 16-08-’19
Azzurro che il sole fissa
al momento
ma sembra eterno
anche quando trema
come appare lontano
il mattino
Una vela di bolina
irride gli scogli
e i loro bacini chiusi
Se ne va
a vedere
altre cale
attorno
al monte
San Bartolo
Gabicce, 10-08-’19
Pomeriggio d’estate
giorni che non si parte
la noia che ti stanca
e il pensiero che sul divano arranca
Tra la vita conosciuta e il coraggio
che ci vuole nel prossimo passaggio
ti addormenti come un attimo di gioia
da gustare nelle braccia della noia
Il mio morire dentro che hai trasformato
in entusiasmo ritrovato
una sorta di resa al senso
e un amore immenso
Forte più di ogni sorte –
è questo rapporto con te
che ora andrà per il mondo perdutamente
come una vittoria sul niente
Bologna, 8-08-’19
Ho bisbigliato un mattino
al cuscino
di una giornata come tante
che sarebbe stata senza volare
una giornata chiusa sul nascere
come, come…come?
E tra mille risentimenti
e senza pentimenti
ho detto, levatomi al tuo cospetto
essere umile, essere umile, umile
Piegare il lenzuolo
ed il collo
amare il cuore delle persone
e concedersi una mezza pensione
Accetto quel che c’è scritto nel destino
e ogni mattino
consumare una penna
per scrivere di getto
con te, con chi, la poesia
di una giornata che il cuore respiri anche d’agosto
Marina Romea, 5-08-’19
Faccia immortale alla bellezza bisognerebbe stare
come essa ci avesse definitivamente preso
e invece il viso non si può estasiare
oltre un più o meno breve tempo di luce
Lo sguardo, anche se fuggitivo, sa stare ad aspettare l’alba,
ma dimmi, mentre ti formi, cosa hai da aggiungere,
cosa c’è di più totale di questa dolce baia del mattino
cos’altro sotto un sole che irrompe all’improvviso?
Eppure noi siamo quelli che aspettano…
Portovenere, 1°-08-’19
Solleva un po’ di cenere
dalle palpebre
Portovenere
e regala la bellezza
di volti
Bellezza da portarsi via, ora,
in cui si specchia
quella della mia storia,
dei miei affetti,
delle nostre anime, cara,
bellezza…
Tu amore mi suggerisci che è data
dalla grandezza del mondo
dove ognuno può essere se stesso
E questa terramare
si fa ospitale
ad ogni umanità,
così com’è,
irregolare
Portovenere, 31-07-’19
Che ha la bellezza di così eterno e momentaneo
che se ne va col sole e il cielo rimane appeso
i paesi erti sul versante opposto della terrazza
e gli rimane addosso una luce impossibile?
La rada ampia
le barche alla fonda
al centro il torrione
persa la sera
nel golfo dei poeti
inizia l’ora
Che trascorre senza voce la notte di Portovenere
Portovenere, 30-04-’19
I tuoi capelli
portano qui
un sole
che splende
luce
d’altrove
– forse del nord –
ma io immagino
morbidi covoni
delle nostre terre
falciati di fresco
e ghirlande
che la natura
abbia messo
sulle tue spalle
I colori della mietitura
hai portato
qui al mare
– io credo giovane amica –
per gridare
alle acque
la fine della melanconia
delle campagne
Marina Romea, 6-05-’19
Dice una voce gentile
che sia qui
l’osteria del tempo
che non torna più –
l’osteria del tempo andato
da una vita,
smarrito come un bambino
che non sa ancora
la strada da prendere
e non ricorda quella percorsa,
semplicemente perso:
così in questa sosta
si può oziare,
forse tergiversando
verrà un’idea,
qualcosa da inventare
per fare meglio,
per arrivare a sera.
Ravenna, 5-07-’19
Affetto umano
passa come te che dici ciao
in queste estati sudate?
Oppure è sovrumano
come la luce dei tuoi occhi neri
nel buio delle giornate?
Non so rispondere,
so solo chiedere,
vecchio portiere.
Bologna, 5-07-’19
Quella notte lo sai
ho cambiato un’unica carta
e ho fatto colore di cuori –
Non ce la farai allora
a togliermi l’amore
nel disperato tentativo
di rendermi più forte –
Proprio tu
che non mi hai preso per matto
e mi hai dato lo scacco
di farti mia compagna –
Comprendendo gli approcci maldestri
dai quali in passato
mi ero sempre ritirato
mortificato –
Tu sei venuta a vedere
il mio bluff
e nonostante le nostre paure
hai detto sì, io ti sto vicina!
Quella notte lo sai
ho cambiato un’unica carta
e ho fatto colore di cuori,
lalala, lalala
lalala, lalala
… …
Bologna, 1°-07-’19
Ampia veduta del mare
che respira –
il canto del cielo
e della terra si sposano
Mentre le rime
riposano
dal dovere dire alcunché
alla bellezza
Eppure la pace interiore
non è quiete, c’è l’onda (!)
pensiero a chiazze che si accavalla,
si riforma
Risacca
sale da dentro
dietro di essa
tutta l’ansia in schiuma
che si ritira –
Cadono da cavallo le acque laddove
le vince infine il sole
si compongono in macchie nuove
e fanno da specchio
a un pomeriggio di universo
Marina Romea, 29-06-’19
Ora che ti vedo
che ti guardo realmente
dopo tanto tempo
tanto amare
e tanto lottare
al limitare dello scoppiare dentro
Ritrovo le scoperte sul mio viso
di quando ero bambino
presenze che credevo perfette
innocenza che avevo perso
nel tempo della stagione buia
dentro cui tu mi hai offerto una mano
Fino a questo buono
consapevole e adulto
rischiararsi del giudizio
mio in me
aggraziato dal silenzio
acquaforte della tua bocca ben disegnata
Che non ha mai smesso di parlarmi
ogni giornata arrancata con forza
col vigore di rialzarmi
grazie al coraggio fermo
di guardare avanti
di quei certi tuoi – begli occhi neri
Bologna, per 29-06-’19
La tua non voluta scollatura
il tuo vestito elegante
sono solo una mancata sfumatura
del mio pensiero
sulla tua persona
Sul tuo fiero presentarti
discreta, limpida e determinata
come a un colloquio di selezione
come a un amico che torna
come ad un vecchio che trema
Per dire – generazione immeritata –
che avrai cura di te e del mondo
che avrai nel cuore
l’invocazione di tutto
Bologna, 21-06-’19
Come un pensiero vago
per una mancata àncora
al dogma
E’ caos…
E’ questo cielo
carico
Non si fissa il vento
non si nasconde
il sole
Che – come sui cattivi
risplende il suo riflesso
in ogni dove
Così le sue stesse creature
inconsapevoli creano
– arte profana –
Una storia di provvidenza
Marina Romea, 15-06-’19
La tenda si disegna dei capelli del pino
sembra così vicino
da sentirlo parlare
da poterlo baciare
e fiorire – su questa tela di Penelope – il destino
Stasera gli sposi diranno sì davanti al mare
nella calma della sera
ma io non so se si possa placare
il cuore di chi desidera,
senza la tensione – azzardo passione – della vela
Non c’è sguardo che innamori i pensieri
senza la distanza
– ambrata organza –
senza questo gioco a nascondino
del tuo volto, sulle volute del tempo e dello spazio
Marina Romea, 8-06-’19
Ho dedicato rime
a donne conosciute sulle prime
agli amori di una vita
con il garbo di disegni a matita
Ma qui solo, come tanti mattini
vestito di pigiama e calzini
Qui mi domando, ma a te?
E appare tremendamente vuota
la casa, se non per le gatte
e i rumori di fondo, tra cui
gli umori dentro –
nulla universale
che neanche l’autostrada
in lontananza, oggi
accompagnerà al mare
Eppure uno strano ticchettio…
Quasi tormento
fa compagnia all’animo
il mistero non assale
il desiderio grande non scompare
attesa sospesa
Sento fuori… pare il vento
Distende il ventre
la ripresa del respiro
il m-io tu dire
sono presenza di me
sono presenza di te
Bologna, 4-05-’19
Nel silenzio della notte penso alla prossima mossa
tutto parla nella casa di azzardi
di consumati giri di sguardi
e di una vecchia promessa
Ogni vita ha la sua partita
e io ne ho giocate tante
solo per restare in gioco
solo per stare al gioco
Ora punto la posta scritta dentro di me
non da me
solo per me
Desiderare il tempo e lo spazio dentro cui siamo
con la stessa forza di mio padre
con l’entusiasmo libero di mio figlio
Bologna, 10-03-’19
Ho vagato senza volto
per le strade della gente
Come non attendessi
niente – anche poco fa
Con un io bambino
per la mano – lui lo sa
Dove andare
Poi un vociare dal portone
Ma se non attendessi ora
la prossima voce
la prossima persona
non ci sarebbe incontro
Tutto sta
attendere
ad un compito
Bologna, 6-03-’19
Quando la vita manca
non c’è poesia
quando la voce va via
non c’è canto al vento
o forse sì
o forse sia
così
Risorgere a singhiozzi
in una mattina qui
un po’ fredda
un po’ penetrata
nell’aria di sole
un sì di petto
detto ai nostri giorni
Non ci ricordiamo più
che la vita
sarebbe miracolosa
sarebbe graziosa
sarebbe un sì di cuore
detto da una madre
al limitare del morire
Ora che la vita non è più solo desiderio
la morte si camuffa
dietro gli spigoli
della stanza
amorevolmente preparata
che abbia un nome la morte (?)
che voglia essere temuta
Al punto da essere chiamata
per nome
come se fosse di casa
uno che c’è
presente
allora la poesia fragile impotente
che farà?
Smusserà gli spigoli (?)
come quando mettevo
agli angoli degli stipiti di alluminio
delle finestre
il velcro da non far stridere le sedie
bambino mio
ora lo vediamo
Siamo grandi e la poesia
non la vogliamo morire negli spigoli
lotteremo e guarderemo in alto
ma lotteremo per richiederlo ogni secondo
il miracolo
della vita
e dell’armonia
Colunga, 24-02-’19
Cosa resterà di un tratto di penna triste
resterà forse la piena di un matto
Cosa resterà di questa canzone aliena
resterà solo il nome di chi me la insegna
La vita è davvero il folle spazio della relazione
Bologna, 22-02-’19
Fa ridere
dire
a noi stessi
impotenti
che in questo momento
sei solo
davanti ad un test…
Al confronto
di quanta solitudine
ci voglia – segreto di famiglia
che ormai ben conosci –
per diventare un uomo
un dono
un mondo
Colunga, 14-02-’19
Eppure eccedi la mia poesia anche ora
che dici che giochi per ridere
per far passare un anno
sia per ricordare sia per dimenticare
Eppure quando rientri dagli spogliatoi
e tu, voi, vi schierate
e il tuo petto si fa aperto
come uno stadio
Il cielo di quando salti
più in alto di quelli più alti
e poi l’inverno nel fango che sai
– come una grande amicizia –
Essere segreto
delle miniere e delle famiglie
toccato da Dio
in una lotta impari
su questi campi
proprio ora
Bologna, 3-02-’19
E’ un viaggio che mille volte
come questa notte
ho compiuto in sogno
col vago terrore che fosse una cosa da nulla
quella fantasia
che era la mia vita
ad ogni incredulo
e sospirato risveglio
Questa notte
nel mio letto
sotto il mio tetto
mi ha soccorso sorridente il drago bianco
e mi ha portato nel presente
di una storia infinita
e io, Pietro,
ho pronunciato, mamma, il tuo nome
Colunga, 19-01-’19
Non bastava che ciò in cui sperare
avesse un volto
e nemmeno l’adrenalina
Occorreva che ciò per cui cominciare
fosse familiare
l’infinito piccolo di una mattina
Per dire sì al nostro cielo
riconoscere chi non è di casa
e cominciare a lottare
Bologna, 17-01-’19
D’inverno si fa in tempo
a cogliere dal basso verso l’alto
finché il davanzale
consente il sacrilegio
un raggio di sole
scendere puntualmente
prima sui tuoi capelli
e poi sulla tua pelle
Questa stanza s’è aperta a giorno tutt’intorno
e mi ha consolato
con un amore nuovo per il mondo
ho sfogliato così come pagine di cielo
un florilegio
di domeniche
Colunga, 13-01-’19
Le proiezioni demografiche danno centinaia di milioni di africani che esonderanno entro pochi decenni dal loro continente verso l’Europa. A molti perciò la strategia di Salvini e con lui dell’internazionale sovranista di superare Dublino 3 semplicemente chiudendo ermeticamente (0 ingressi salvo i corridoi umanitari) i confini esterni di tutta l’Unione europea, pare non realistica, se non nel brevissimo periodo, almeno nel medio. Certo sarà difficile resistere, tanto più con un’opinione pubblica europea divisa e col richiamo all’accoglienza della Chiesa. Sarà difficile perché questa strategia è miope almeno quanto autolesionista è quella dell’accoglienza indiscriminata da subito.
L’Unione non è in difetto soltanto sull’applicazione di quanto stabilito sulle quote di migranti da accogliere in ogni Stato, ma è in difetto di un progetto fatto di tempi, priorità e modalità di integrazione di fronte a quella che sarà un’emergenza epocale.
Hanno ragione coloro che dicono che sarà a rischio l’identità dell’Europa, ma hanno ragione anche coloro che dicono che cittadini si diventa e un’immigrato può in tal senso essere migliore di un nativo. La confusione non nasce qui, la confusione nasce prima, nella condivisione di ciò che la storia e la cultura dicono della vocazione dell’Europa per il mondo. E non è che ci sia confusione per il fatto che proprio l’Europa è la patria del massimo di pluralismo di visioni del mondo. C’è confusione perché manca l’identificazione di quelle cose che uniscono i popoli europei, le loro storie, le loro culture aldilà delle differenze. Come si fa allora a fare un progetto che non sia reattivo (tutti a casa) o passivo (accogliamoli tutti: centinaia di milioni?) se non si sa che cosa l’Europa è e vorrà essere?
I più illuminati dicono aiutiamoli a casa loro, esistono esperienze bellissime in Africa di condivisione e intrapresa.
Ma anche su questo l’Europa manca di chiarezza e forza, mentre la Cina (con una cultura più volta allo sfruttamento) è da anni ben presente nell’Africa, nostro continente fratello.
Bologna, 9-01-’19
Ha cambiato idea la notte
che prima mi ha svegliato nel suo cuore
e poi non sembra voglia sorgere il giorno
Alzato da letto come da scosse
di un terremoto reiterato di dolore
non sembra si muova foglia d’intorno
Leggo in silenzio le ultime della rai
Oggi però faremo ritorno alle Valli
come quando il fisico sano
gioiva e tremava solo per voi
Colunga, 5-01-’19
Spesso il buio della notte
dalla finestra
Spesso succede che chiarisca il pensiero
Rimane mistero dove finisca
la stradina dopo la prima curva
Ma è sempre più convinto là fuori
il cinguettare del pettirosso al giorno
Colunga, 30-12-’18
Strame di fango non fa schifo
sotto la neve
quando arriva il Natale
Ventate poi –
caramelle buone alla bocca
come baci di una saliva divina
Delle mie scarpe fangoneve
le stringhe
con forza e garbo nuovamente
sento tra profumi di cuoio
e capelli di donna
riannodare
Bologna, 20-12-’18
L’armadio ha l’anta scardinata
come noi che non siamo più soli
Passa il documentario
sui popoli del Myanmar
La mia mente prima di juve inter
è in te che non arrivi
Musica del silenzio delle campagne
che percorri…
Finestre attraversate di crepuscolo,
luminose di buio
E di tutta l’altra gente
che attende
– l’aurora
stamane
ha scardinato le credenze dei secoli
Colunga, 8-12-’18
Una volta, non ricordo in quale circostanza, regalai a mia madre un quadretto semplice, un cartiglio di metallo appoggiato su una base di legno che deve essere ancora conservato nella casa di famiglia. Sulla piccola “pergamena” era scritta una frase di san Vincenzo de Paoli: “La vraie charité ouvre les bras et ferme les yeux”. Fui sicuramente convinto a regalargliela dal fatto che fosse in francese, lingua che mia madre insegnava a scuola, ma credo che in qualche modo la frase con una sorta di effetto tipico del “sublime” mi abbia attratto (anche se segretamente terrorizzato). Di sicuro, anni dopo, guardando mia madre a distanza, a molta distanza, nei lunghi due anni che la condussero alla morte, intuii che neanche in quei momenti quella frase era adatta: mia madre guardava in faccia il venir meno della sua capacità di parola, guardava in faccia mio padre ogni qualvolta la tirava su di peso dal letto e si incazzava pure –lei- (sant’uomo lui), guardava in faccia il Mistero che si faceva vicino ogni giorno di più; ha guardato in faccia mia moglie il giorno dopo il nostro matrimonio a meno di un mese dalla propria morte consegnandole la cura di me con un breve passaggio di mani e di sguardi (!) che ho colto tutto nella sua rapidità e vigore.
Non mi interessa sottilizzare. Ho in mente anch’io certi abbracci dove stringi forte e chiudi gli occhi e ti senti scaldare il sangue come fosse un Mistero del rosario.
Ma ho utilizzato questa storia e questa immagine per dire che se la carità è affermare l’altro per quello che è e perché c’è, ciò non può prescindere da una corrispondenza. Non si tratta di equivalenza di ciò che si offre, ma che vi sia comunque un’offerta da entrambe le parti (non importa come, non importa quanto, importa che vi sia e quindi che sia percepita una movenza dell’essere, si trattasse anche di una semplice domanda). Sto parlando di un’armonia in cui la volontà e il riverbero della relazione non sono unilaterali.
Per questo credo che nella carità non vi sia una regola: il movimento può essere di sguardi (e rappresentare tutta la bellezza e il limite propri e dell’altro), di parole, di braccia. Come in una relazione amorosa.
Bologna, 6-12-’18
Ci ricovereremo nelle chiese
dai malanni del cuore
una cosa fugace
così di passaggio
una preghiera svelta
tra le campate solenni
e gli abbracci secolari
del clero sincero
che ci parlerà della luce
del rosone absidale
e ci lascerà tornare
oltre il rosone frontale
rifatti liberi
di moltiplicare il desiderio profondo nel mondo
per aver sentito
le parole ultime
sussurrate all’orecchio
tra i muri spessi
dette senza campo
così che di tanto in tanto
dovremo tornare
in ginocchio
a questo deposito
– di verità
Bologna, 4-12-’18
Amore contraddittorio
urlare poi piangere
come se fosse sadomaso
e non stare tranquilli
nelle proprie torri d’avorio
Amore totale
nei mille modi dell’anima
una completa devozione
segreta
con la faccia normale
Amore sincero
che non conosci il percorso
ma hai coraggio per due
per tutti e due
nell’imboccare il sentiero
Bologna, 2-12-’18
C’è un tono che convince a calmarsi
a calmarsi dentro
anche se non si era agitati fuori
c’è un tono che vorresti risentire
nel suo primo attacco disarmato
e nel suo avanzare piano, profondo
è un parlare che sa di terra e di alberi secolari
che viene sicuro dai continenti
che abbraccia il mondo e quello che credi il tuo
c’è un tono che è famiglia, ma non è ruoli
è lo stesso degli psichiatri, ma alla fine non li paghi
c’è una cadenza che fa cedere le armi
e un’intenzione che si percepisce d’amore
non può non essere reale
c’è un uomo buono
e tanti lorsignori,
c’è un uomo buono e tutti attori
uno sincero e non mi par vero,
c’è una preghiera, caro amico, che diremo insieme
Quando? Dove?
Lontani nel mondo
la sera a modo nostro vicini
e allora ci sveglieremo nei primi mattini,
dovunque saremo,
a fare scherzi di carnevale,
a togliere le maschere truci
agli uomini buoni
Bologna, novembre ’18
Una sfumatura
di luna
all’imbrunire
va a finire sulla tenda
quasi a lasciarvi
un’essenza di arancio
Colunga, novembre ’18
Sorprese
mi prese
sorrise
mi disse
che nessuna emozione
dolore
avrebbe più potuto
così ferirmi
io, che non seppi mai
se provocato
o improvvido,
avevo violato
ciò che è sacro
Colunga, novembre ’18
La foglia secca
dal ramo ha preso il volo
sopra il rivolo
verso la diga naturale
fatta di sassi e di legname
La foglia morta
ha trovato la via
lungo il torrente
dopo aver girato a lungo
nello stagno
E ora si lascia andare
verso il mare
per sentirsi viva
per la sua morte dentro
per avere un senso
Ci saranno tappe
nei cespugli
sporgenti dagli argini del fiume
ma non ci sarà compimento
nella loro linfa vitale
Sarà l’acqua che scorre
la sua vita e il suo affidamento
di foglia persa
il suo grembo movimento
Apparterrà
solamente
al mare
Gli apparteneva da sempre
e la cullerà
Colunga, 25-11-’18
Lo spread ci dicono non è un problema astrattamente finanziario, ma incide pesantemente sull’economia reale. È vero. Ed è anche vero che queste dinamiche siano ampiamente influenzate dalla politica. Proviamo ad immaginare come sarebbero andate le cose se gli attori di questa crisi europea, invece che mettere all’indice l’Italia prima di vedere gli effetti della manovra finanziaria, avessero mostrato rispetto per ciò che era logica conseguenza, in un Paese sovrano, del voto del 4 marzo. Non è astratta di per sé la politica, non lo è l’economia, non lo è nemmeno la finanza. Esse sono variabili dipendenti delle relazioni concrete tra persone, gruppi, territori, capi politici, capi di stato. La minacciata procedura di infrazione all’Italia, Paese fondatore dell’Europa, too big to fail, sembra anticipare il declino dell’Europa dell’astrazione, tutta regoline e regolette, salvo infrangerle per i protetti, interessi segreti e non detti, ideologie gloriose e atti spregiudicati, a condizionare i mercati, pur di affamare chi dissenta, chi tenti strade nuove.
Ciò a cui si attacca pervicacemente il 60% degli italiani sembra ai commentatori qualcosa di inspiegabile.
È il reddito di cittadinanza, sono le pensioni, è la sicurezza? Io credo nessuna di queste cose presa singolarmente, è probabilmente un istinto di sopravvivenza, perché la società dell’astrazione ha fatto crescere a dismisura le diseguaglianze e l’impoverimento, nonché la violenza e il degrado delle nostre periferie. E che dire della disoccupazione? Che dire dell’emigrazione intellettuale al Sud? L’astrazione dal sapore neopagano che ha dominato l’Europa del trentennio liberista – infatti – non ha più saputo guardare alla vita concreta delle persone e all’umanità delle loro relazioni. Politicamente, nel segno del socialismo e del popolarismo (che –ndr – avrebbe dovuto avere una visione cristiana, mentre i suoi esponenti sono stati per decenni i paladini dello status quo) la Commissione europea ha sbandierato la parola solidarietà strumentandola in modo discutibile (vedi Ong che operano nel Mediterraneo) senza favorire lo sviluppo di un comunitarismo civile tendente realmente al bene comune. Ciò che ogni uomo crede come ideale di vita diventa sacro quando egli lo mette in gioco nella relazione con gli altri. Ma chi, a Bruxelles, ha voglia di mettersi veramente in gioco, invece di avvalorare le proprie stantie idee economiche con l’ostracismo di ogni novità, con la minaccia e, di fatto, l’uso cinico dei mercati? Diversamente sarà game over sulla discussione, ma anche sull’Europa.
Pietro Lorenzetti, Bologna, 24-11-‘18
La Commissione europea ha bocciato la manovra finanziaria italiana e presentato uno studio sull’evoluzione del debito pubblico dell’Italia che di fatto apre, dopo la consultazione degli Stati, alla procedura di infrazione.
Ciò sempre che sia vero che l’Italia sia davvero così isolata. La verità è che se il debito pubblico non è l’esito di questa finanziaria, ma della decennale storia dell’Italia nel dopoguerra, esso è semplicemente preso a pretesto per una bocciatura dal sapore politico. Probabilmente, almeno finora, non è stato fatto abbastanza per evitarla da parte degli esponenti del Governo italiano, anzi la politica del “tanto peggio, tanto meglio” sembrerebbe giovare agli oltranzisti del “prima gli italiani”. Ma la conferenza stampa dei commissari UE a mercati aperti e con la motivazione di un incremento del debito e di un’assenza di politiche di crescita non fa che gettare benzina sul fuoco.
Io credo che l’Italia non si possa salvare senza Europa (non con questa Commissione intendo però) e che l’Europa non possa fare a meno dell’Italia. Bene fa Salvini a non volere accettare più un’Europa in cui l’Italia subisca solamente le decisioni altrui. Anche la Germania e la Francia stanno attraversando una crisi profonda. Ciò che attraversa quelle Nazioni e quei popoli non è più rappresentato dalla classe dirigente e dalle sovrastrutture politiche di Bruxelles.
Moscovici e Dombrovskis hanno detto che la procedura di infrazione avverrà a seguito di una consultazione degli Stati membri. Ha scritto Sapelli che la Germania ci stupirà.
E’ certo che l’Italia ora non può più fare a meno, anche in un’ottica sovranista, di allearsi con qualcuno. Non basta fare affidamento sull’appoggio di Trump e di Putin, che probabilmente vogliono usare l’Italia come grimaldello per far saltare l’Unione europea. Salti pure questa Unione, ma non con tutti i filistei. Occorre iniziare a preparare, da questa circostanza del tentativo di comminare all’Italia una procedura di infrazione, nuovi termini di un’alleanza tra i popoli che hanno fondato l’Unione. I Capi di Stato di Germania e possibilmente Francia devono capire che anche nei loro Paesi c’è un’onda sovranista che intende bilanciare anni e decenni di esproprio dell’autodeterminazione dei popoli da parte di Istituzioni che non sono espressione del voto popolare e di politiche lontane dal bisogno di sicurezza e di identità. Ma Salvini rifletta sul fatto che nessuno si può permettere anni di sovranismo disgregatore e di arroccamento all’interno dei singoli Stati in barba a qualsivoglia esigenza/istanza di collaborazione (a diverse velocità naturalmente) tra i Paesi dell’Unione. La storia è lì a ricordarci ciò che hanno rappresentato i popoli europei all’origine stessa della fondazione/civilizzazione della Russia e dell’America. A differenza che in passato un ruolo peculiare i popoli europei non potranno più svolgerlo senza preservare forme di collaborazione politica tra loro, che rappresentino – non da ultimo – una garanzia di pace.
Pietro Lorenzetti, Bologna, 21-11’18
Fa chiarezza
questo blu veneto di vento
sfogliando terra, cielo
e coscienza
Poi sarà
ovunque sarà,
più futuro
che ricordo
Monselice, 17-11-’18
(Io so bene quando il mio fiume
ha rotto gli argini)
E questa piena che non dà tregua
ha già dentro
un lento ritorno di mare
Bologna, 10-11-’18
Un cuore desto cerca l’aurora
all’ora solare
fa luce presto
nel nostro giardino
E’ il mio, è il mio, è il mio
dichiara l’amore su ogni gradino,
uno più sconnesso dell’altro
Dà accesso a sperare le nuove giornate
Solerte nel farmi strada
fino all’alloro,
al di là delle staccionate,
in piedi
dormono fieri e assorti i cavalli
Tutto il cielo avvolge
la povera terra,
entrambi chiedono al cuore
di trasformare
l’incanto
in estasi
Colunga, 9-11-’18
Il nome proprio per esteso in fondo alla mail
Benedetta, Paola o Francesca,
quasi una scusa
per non scrivere cordiali saluti –
Tremanti,
l’umanità tra mani,
lievemente nodose,
che te le immagini –
Ti ricordi
dolci visi di donne lombarde,
amabili guerriere,
sarebbe sicura la casa comune
in loro mani
Bologna, 8-11-’18
Stanchi gli occhi del mattino nebbioso
lo affollano
Mai stanchi di vetri opachi
gli occhi dei matti
E anche i gatti, che vorrebbero capire,
lavatisi i musini che non sanno ridere,
ti fissano con gli occhi dubbiosi…
Io alla finestra – alito e scrivo
un po’ gatto
un po’ matto
un po’ stanco
Colunga, 3-11-’18
Tutti sembrano già in campagna elettorale per le europee. Eppure nessuno, al di là di coloro che intendono riproporre uno status quo insostenibile, dice che Europa voglia in prospettiva. Quella che conosciamo ha garantito per decenni la pace perché ha comunque rappresentato uno spazio di dialogo e incontro. Ora pare che viga un altro principio, se vuoi la pace mostra i muscoli, alza la voce, metti in chiaro i tuoi interessi che vengono prima di quelli degli altri. Non è un caso: l’attuale costruzione europea, incapace di gestire la globalizzazione, i flussi migratori, la biodiversità economica e sociale ha portato a un impoverimento culturale, sociale ed economico. Un uomo si riconosce in una comunità quando avverte un’identità tra il sentimento dell’io e quello del noi, entrambi scoperti come dono di una storia e di un destino comuni (per chi crede, di una trascendenza). Ora è interessante notare come l’Europa mentre (obtorto collo?) rappresenti tutt’oggi una tutela del nostro patrimonio economico (il 66% degli italiani non vorrebbe uscire dall’euro), essa sia una comunità nella quale la maggior parte delle persone non si riconoscono (almeno dal punto di vista politico). Prima gli italiani. “Si vis pacem para bellum”. Questa posizione rappresenta una tentazione sottile ma pericolosa. Essa riproduce l’errore che vorrebbe curare. Anche qui infatti non si capisce che l’identità non è qualcosa dato aprioristicamente, ma qualcosa che si costruisce nella relazione con gli altri. In tal senso io e noi, italiani ed europei, siamo espressione di un’identità che si scopre come dono cammin facendo. E’ evidente che, se in questo cammino il sentimento che domina la relazione con gli altri è quello di ostilità, di prevaricazione, ciò può illudere di tutelare maggiormente i propri interessi, ma dimentica che il modo migliore di promuoverli è stabilire invece un’interessenza con i propri interlocutori, per cui occorrono capacità di dialogo, pazienza e tempi adeguati.
Se i sovranisti non hanno intenzione di uscire dall’euro (la qual cosa sarebbe lo sfascio) dicano che Europa politica vogliono e si candidino a guidarla con un programma chiaro e realistico di priorità, alleanze ed equilibri.
A chi dice prima gli italiani, prima gli ungheresi o magari prima i catalani chiediamo, incalzandoli, come pensate di ristrutturare l’Europa, sulla base di egoismi nazionali, o c’è dell’altro? Come garantirete una ri-costruzione pacifica?
Pietro Lorenzetti, Bologna, 31-10-’18
…e sarà come lasciarsi andare
spinto in area dal tuo rivale,
prendere deciso in mano quel pallone
e quelle segrete indecisioni
che solo i difensori conoscono
…battere il rigore
dalla parte opposta del portiere,
col sangue freddo e raffinato
che solo gli attaccanti hanno,
non ricordo se quel giorno a Prunaro
eri raffreddato, come accadeva non di rado…
Oggi e domani hai esami,
importanti…
e vai malato, ma ti distingui
da lontano, dietro la rete,
mentre prendi la rincorsa…
Bologna, 29-10-’18
Lasciamo passare il tempo
la prima sera di ora solare,
qui nella campagna
davanti il cielo verticale,
plumbeo schermo
oltre le colline
Scorrono titoli di coda,
se eravamo noi gli attori,
forse, abbiamo desolato
la platea…ci diciamo stretti stretti…
Colunga, 28-10-’18
C’è un rintocco interiore
quasi
come quello
di una chioccia campana…
Che mi fa scrutare ogni ramo, nido,
fino alla chioma
rovesciata a specchio,
dell’albicocco
Erba rugiada, le impronte,
la mattina presto
cerco –
un luogo aperto,
una preghiera grido,
scommessa sottomessa,
agli affetti, impronte realtà
Le foglie rame
gli occhi commossi,
nascosti allo strame
dei cavalli ghiacciato
La terra irradia
a tutto il giardino bagnato,
stagno riflesso,
i colori
di un presagio di sole
Colunga, 22-10-’18
Infanzie e lunghe semine
passate veloci come un viaggio
poi compagni ostaggio
senza inizio e senza fine,
inutile chiedersi quando
forse alla luce nascente di un mattino
del destino cercatori
del nostro cammino nuovo
attraverso inutili viaggi,
durante i quali ho imparato
a rispettare le pause
nei discorsi, o a calpestarle
pur di non sfiorire il presente
delle parole importanti
e il domani
delle margherite di campo
– ad ottobre.
Bologna, 15-10-’18
Mi ricordo sere d’estate,
l’amore dei bagliori ultimi,
sulle montagne gli amici
e scendere per mano
Poi siamo diventati destini senza,
lentamente ci siamo allontanati,
amare e andare
è impossibile agli adulti
Contare gli anni e ricordare i morti,
solo i figli hanno avvenire,
facciamo pure come gli stregoni,
ma il sole non è dei buoni
Ora i cuori non fanno più scorribande,
lentamente ci siamo allontanati
ognuno è diventato grande
ed è rimasto indietro
Bologna, 12-10-’18
Gli ultimi acini dorati
sono sfuggiti alle mani,
al primo raccolto, sarà tempo,
oh sì verrà il tempo…
Sarà quando il tuo fratello di graspo,
già colto, ti chiederà di ricordargli
il bagliore di quando non era mosto,
il turgore di te che non sei morto…
Di te che lascerai la vite
naturalmente, come per marcire,
come fece agli inizi il seme
nell’utero della terra…
Saremo comunque vino
nonostante le tue giravolte nel tino –
fammi vedere ancora un attimo
un flash di sole e uva bianca…
Bologna, 10-10-’18
Veniva la sera
e mi domandavo il perché
fosse grama
Di sorrisi
e di soddisfazioni
e anche di pensieri
positivi,
come chicchi, come uva
strappati dal graspo –
e l’umore instabile
che hanno oggi i ragazzi nei talent
Non sapevo fare domande
e non sapevo rispondere
ad alcuno,
c’erano soltanto amici o nemici:
io, apparentemente colpevole
e poco ragionevole
verso un mondo chiuso e perfetto
Ora, qui, fumano la terra e i camini:
che sia il virgulto
o l’uva matura,
la vita da adulto
scandisce la pace del prendersi cura,
dell’uno
e dell’altra,
in un mondo a stagioni variabili
Colunga, 7-11-’18
Con un salto di passione cobalto
il cielo ti strappa
sospiri d’amore
Sapessi come è riposante
saperti di lui
comune amante
Marina Romea, 9-09-’18
Tace il largo mare
che solca il cormorano
– alto il gabbiano ardito –
Mareggiate veementi e seducenti
spiagge abbandonate
Ora non sarà più lo stesso
ritornare qui
A vedere morire la stagione
a godere quel che ne rimane
a sentire parlare di altri mari
Marina Romea, 18-08-’18
Si son rifrante
le onde di sole levante
dalle isole
al largo
nitide allo sguardo
Stanotte
il mare ha pianto
il suo sgomento,
ma ora tortura il giorno
come il lamento delle tortore
Giornata
tersa
di una speranza mai persa
la salsedine addosso
più maschia dell’acredine
Marina Romea, 16-08-’18
Sia le crisi, in senso personale e sociale, sia il mettersi in viaggio, come esperienza esistenziale o caratterizzante una certa temperie storica, presentano rischi e opportunità. Ciò è risaputo.
Si fa però fatica a intravvedere quali siano le opportunità offerte dalla crisi epocale iniziata nel 2008 e in Europa più acutamente nel 2011, che oggi, aldilà dei timidi segnali di ripresa basati su indicatori economici parziali, lascia una serie di problemi strutturali sul tappeto a cominciare dalla disoccupazione e dalle prospettive per i giovani.
Nonostante le iniezioni di denaro della Bce, i soldi per affrontare questa congiuntura, l’Italia non li ha a causa del debito pubblico iperbolico accumulato in decenni di politica clientelare e irresponsabile.
Quando non si intravvedono le opportunità nuove che una crisi apre è fatica identificare delle vie d’uscita, un percorso possibile. Si rimane come paralizzati, si discute, si dibatte e ci si dibatte senza costrutto, come spesso in questo periodo avviene sui social o nei talk show televisivi. E’ difficile dunque riprendere il cammino, mettersi in viaggio.
Invece di urlare, bisogna fare un po’ come gli indiani, cogliere i segnali deboli, sapere ascoltare.
Un primo segnale, che è debole in quanto difficile da cogliere sotto la caciara dei suoi stessi vessilliferi, sta nella pars costruens, positiva, dell’ondata di sovranismo imperante. Da un lato si tratta di bilanciare un’ideologia e una pratica buonista della globalizzazione che ha prodotto disastri, anche in questo caso perché non se ne seppe vedere il valore che avrebbe avuto se colta come opportunità.
Dall’altro lato, la sovranità trattiene quegli elementi di sicurezza e di identità che consentono di avere scambi commerciali, nonché collaborazioni culturali e politiche, nell’ottica di un mondo inevitabilmente globalizzato, in modo equilibrato.
Un secondo segnale debole è dato dalla generazione dei più o meno ventenni di oggi (e ovviamente anche dei più giovani): essi si sono formati nel periodo delle scuole elementari e medie respirando a scuola e in famiglia il sentimento della crisi, l’incertezza su cose che prima venivano date per scontate: ciò li ha resi più maturi e forti dei giovani di qualche anno prima (tagliando con l’accetta).
Un terzo segnale debole è offerto dalle molte forme di economia di condivisione che vedono protagonisti giovani e meno giovani, laureati e non, come nel caso delle svariate piccole e medie imprese destinate al fallimento e invece rilevate dai dipendenti a rischio di licenziamento e da questi poi gestite in forma cooperativa. Senso della sicurezza e dell’identità dei popoli e delle nazioni, insostituibile funzione degli Stati per il bene comune, rinnovate e nuove collaborazioni geopolitiche, valorizzazione del senso di responsabilità e nuove visioni di cui i millennials sono portatori, economia di condivisione non come mantra ideologico, ma come immissione nel sistema capitalistico di germi di novità radicale. Sono solo alcuni dei segnali deboli positivi sotto gli occhi di tutti. Tanti altri se ne possono trovare scrutando la terra e il cielo dell’esperienza, per esempio nella sfida posta dalle nuove tecnologie e dalla robotica.
Ciò che accomuna questi squarci di realtà è l’aver dovuto fare violentemente i conti con l’esperienza del limite, praticamente sbatterci contro. Forse il segreto che possiamo ascoltare nelle nostre notti insonni sta proprio nell’accettare il limite come amico del desiderio. Perchè può rilanciarlo, può riformularlo, renderlo nuovamente creativo, a condizione che non si sia soli.
E’ una necessità per ciascuno, per vedere dove andare e rimettersi in viaggio.
Pietro Lorenzetti
Bologna, 11-08-’18
In un momento
in un punto
di tutta la spiaggia
il sole si è fatto
improvvisamente
riflesso –
quando hai sciolto
dietro il lettino
i tuoi capelli
così poco inglesi
castani, sempre
più chiari e mossi
vicino alle punte
Li hai lasciati liberi,
li hai accarezzati ridendo
con il tuo compagno
senza sapere
di risplendere –
senza sapere
che da lontano
eri capitata qui
per questo preciso
motivo
Li tormentavi
li grattavi
forse perché
non ti raccapezzavi
negli itinerari
del Conero –
il sole intanto
non si raccapezzava più
nei tuoi capelli
Numana, 9-08-’18
Acciottolati
una mattina
a Numana
sulla riva
‘siamo stati’
A scegliere
i più levigati
di quella forma
e innamorati
a splendere
A cercare sassolini
nella confusione
tra gocce d’acqua
e gocce di sudore
all’Amore più vicini
Numana, 9-08-’18
Rifrange la risacca
e si spacca
sulla ghiaia tonda
la leviga. Come mani
sulle tue spalle, date al Conero
Calura
senz’ombra
neanche sotto le due sorelle
Un ragazzo contornato da belle ragazze
seni splendidi
Un antico senile senso di inanità
che apre al pensiero dell’infinito
In un attimo tu che mi schizzi. Presente.
Rovente. Occorre vivo come il fuoco,
quasi fisico il sentimento di appartenersi tutti
Ciò che scioglie la stagione timida è qualcosa come l’estate
Numana, 8-08-’18
Direbbe che nulla basta
all’animo umano –
dal colle di Recanati
rimane una mancanza soffusa
E il Dolore –
a volte crudele e preciso
rimane tutta la giornata
anche nella canea di Numana
Ma il ricordo delle verdi
sfumature piene di mare
ringiallirà controluce i girasoli bruciati
La collina stasera non dimentica niente
la mancanza e il dolore
la pienezza e il nitore
Recanati, 7-08-’18
Con le tue mani forti e già segnate
hai sollevato proprio stamattina
il tombino del degrassatore,
ma come ‘prova d’infanzia’,
ho trovato tra le mie cose
il calco della tua mano bambino,
che mi regalasti per la festa del papà
Segno d’appartenenza alla strada
lungo la quale saremmo
poi andati per mano
Segno – così aperta – d’accoglienza,
come per darla fiduciosi
Segno di personalità
Segno di impegno,
che fosse sul diritto commerciale
o a raccogliere patate
Segno di un’impronta tutta tua,
quasi impronte digitali,
che poi e poi e poi
lascerai
sulla strada e negli altri
Devo dirti una cosa:
poche volte mi hai abbracciato,
è così – si sa – tra uomini,
ma la tua stretta è
come un riparo in un granaio
durante un pellegrinaggio:
non si dimentica
Colunga, 4-08-’18
Cosa siamo nel Corso
tra uno sguardo e l’altro
se non la casa in fondo,
cosa siamo nel corso
della nostra vita d’affetti
se non i nostri condivisi progetti?
Portovenere, 2-08-’18
Di te ho visto
solo gli abiti
succinti,
estivi:
forse il più importante
un cappello
sui capelli
ribelli
(e lunghi)
di paglia
che al sole
delle isole
avrebbero forse preso fuoco
Tu, come una strega
col tuo infantile
abitino
rosso pastello
a pois
bianchi
e le adidas
quelle bianche
Ti sei fatta un selfie
e solo
allora
ho notato
che eri da sola
coi tuoi capelli rossi
al sole, al vento che portavano via
la gonna
il cappello,
l’anima
Baia di Portovenere, 2-08-’18
Le bocche
Oltre cui s’increspa
il mare fuori rada
Socchiuse sere taciturne qui,
all’estremo
Segreti dei poeti
nasconde
per poco
ancora il Golfo
Turisti distratti poi attratti
dal segreto di Dio
che si spalanca oltre le rocce
ammicca imponente e
rassicura sorridente
Portovenere, 2-08-’18
Lugure, profondo blu
compagno di un anno
che non inaridisce ma inghiotte
oggi è un ritorno da te
Poi Tinetto rinverdito chiaro
riflesso di mare
che mi fa il pieno d’affetto
nel cuore svuotato
Il Golfo prende il sole da Est
e il mare da Nord,
c’è un lieve maestrale stamane,
ma trionfa antica di luce –
Portovenere
Isole Palmaria, 2-08-’18
Oltre il Passo
è un largo andare
di montagne
paesi lasciati
e ritrovati
più per l’eternità
che per il presente
Oltre lo stridore
sull’asfalto
– cielo di cobalto –
i cartelli di lamiera
stridono gli occhi a ricordare
bambini senza età
nella stagione delle castagne
La vita è un passo dietro l’altro
come la Futa
oltre lo spiazzo di centauri
della Raticosa
Bologna, 29-07-’18
Te stesa
Tu attesa
Logora
Sfolgora la pelle
E non dice
Né maledice
Accetta
Ama, le spetta
Come a ogni dea
Una gloria d’orchidea
Se fiore maturo
Non viva più duraturo
Marina Romea, 28-07-’18
Pollicino nella fiaba
ritrova la strada
Dispersione di meraviglie
nel fondo trasparente
La proporzione di conchiglie
come una donna che esce dal niente
Di sassolino in sassolino ritrovare
il senso che appartiene al mare
Dove sale il sole e stare solamente
in superficie –
assaporare la fiera vittoria
della luce del mattino
Marina Romea, 28-07-’18
Luna sul mare
sarà,
per una notte
o per sempre,
in questo lembo
di niente
Tacere finalmente
di cicale
sceneggiatura
un nudo integrale
di pineta
Marina Romea, 22-07-’18
Il cielo domina il mare,
ribolle chiacchiere
incomprensibile la riva
– tranquilla
come risorgiva
di verdi risaie
Un gabbiano confonde le ali
nelle nubi bianche,
domina il pensiero
impresso di lui
un desiderio
inappagabile di cielo
Ma piomba a picco
nel chiacchiericcio
smette di volare
in cambio del mare
un’altitudine infinita
in cambio della vita
Marina Romea, 21-07-’18
Si dice che la cifra della politica e dei governi populisti sia la forza.
Non solo nel senso di un atteggiamento ‘muscolare’ nell’affrontare i problemi, ma in quello più nobile di trasmettere fortezza, che è una virtù cristiana, e protezione al popolo. L’origine di questo carisma politico consisterebbe nella mancanza di paura del nemico, di paura del contesto incerto, del futuro e del limite.
Non voglio attribuire un’attitudine e una cultura da superuomini, sia che si tratti di pretesa superiorità morale o di spirito patriottico, a tali leader, ma indubbiamente la stessa definizione che qualcuno ha coniato di cattivismo la dice lunga sulla loro assenza di scrupoli e sulla loro bassa soglia di senso del limite.
E’ stato osservato da Mauro Magatti che il ripristino di un legame tra la politica e l’evidenza di una tutela della sicurezza del popolo è qualcosa di cui tener conto e da cui non si potrà tornare indietro. Lo stesso sociologo ha altrove notato che però una siffatta politica è solo apparentemente rassicurante in quanto essa trasmette bene le sue intenzioni, ma non può allo stesso modo controllare il corso degli eventi che contribuisce a innescare.
Ora è chiaro che una buona dose di politica ‘movimentosta’ per dirla con Davide Rondoni servisse: troppa incertezza, troppa insicurezza, troppo buonismo, troppe sottovalutazioni quando non svendite degli interessi del nostro popolo, troppe speculazioni su di esso, troppo potere delle tecnocrazie europee e italiane.
Arriviamo non primi a questa stagione, ma vi arriviamo mettendo al governo i paladini di un populismo che nelle nazioni dell’Europa occidentale non aveva ancora sfondato.
Ciò significa che gli italiani siano più propensi a sostenere ‘l’uomo forte’? Ha scritto Antonio Polito dalle colonne del Corriere della Sera che negli italiani vi è in realtà un profondo spirito democratico che ama decidere i suoi governanti nelle urne, ma il giorno dopo è pronto a riprendere la discussione con netto spirito critico sulle decisioni adottate dalla maggioranza politica, che di buon grado vede sottoposta ai bilanciamenti posti dalle altre Istituzioni di garanzia previste dalla Costituzione.
Vien da domandarsi se persone come Matteo Salvini, cui i sondaggi attribuiscono un crescente consenso, sapranno, non solo ora, ma in presenza di un’eventuale maggioranza pressoché assoluta al loro partito, rispettare ancora le citate prerogative costituzionali.
Io non penso che si possa contribuire a risolvere positivamente tale preoccupazione pretendendo, da lui e da altri leader spericolati, una maggior dose di quel senso del limite che nel loro stesso disegno in questo momento devono, e devono saper dimostrare, di superare e talvolta infrangere.
Ciò che si può pretendere è piuttosto una prospettiva strategica: che si dica chiaramente dove si vuol portare l’Italia e, per quel che dipende da essi, l’Europa, oltre questa contingente fase necessariamente difensiva e di tutela in senso sovranista.
La realtà si occuperà di dare lezioni di realismo, ma oltre il realismo occorrono gli ideali, occorre dire l’ideale di Paese e di collaborazione tra Paesi che si persegue, che è l’altro ingrediente della politica, come il lievito per il pane. L’ideale di convivenza politica a cui si vuole portare l’Italia va dichiarato subito e condiviso con il popolo. Popolo che non è giusto trattare da isterico tifoso di questo o quel provvedimento propagandistico, ma va reso protagonista di un grande afflato di ricostruzione. A meno che non si dica che l’ideale è salvare il salvabile, soprattutto la propria irresistibile ascesa politica.
Marina Romea, 14-07-’18
Quando del grano rimane
più niente da mietere
c’è un’estensione dello spazio
le colline, le nuvole bianche, a salve…
E mentre chi ara
benedice il cielo e santifica la terra
sudando,
perché amare non è roba da gatti
Una lunga storia riparte
alle otto e mezza
per arrivare
nel bel mezzo del luccichio del mare
Brilla ancora e ancora di quasi luglio
diverso poi al girare del vento
il pomeriggio scirocco –
ed è già ritorno –
I randagi in amore le
nuvole rosastre le
brune colline
hanno vegliato gratis
l’universo
strano
dell’aureola –
dei pini marittimi
Colunga, 30-06-’18
Addosso onde di brezza
sopra questa duna breve,
baldacchino
del mio corpo non più giovane
Rinfresca e vola lo sguardo
gabbiano lontano
dalla duna, il dardo
la contemplazione
Tremi una canzone
di quando le spiagge
erano tuo figlio e i tuoi muscoli
Dolore nel frattempo,
amore azzurrità
tuo figlio e una poesia
Marina Romea, 30-06-’18
Non so cantare
cari orchestrali
e sapete anche
che il ritmo
non è il mio
Con fragore
il torrente
di montagna
ruzzola via
man mano
i ciotoli
sul greto
li ricompone
pian piano
più a valle
Dove un bambino
stupefatto
dalla lascivia
del sasso
conterà le battute
sul flusso eterno
delle acque
Bologna, 26-06-’18
Racconta il vento della valle dell’Idice
di un tempo lontano che si sente vicino,
al contadino che lo vede mulinare nell’aia
e al cavallo che imbizzarrisce nella rada,
sa di mare e di vele ancorate che sventano,
strano antefatto collinare che già
alligna ulivi vicino alle viti,
aspetta, indugia, corteggia
i pioppi spettinati
– speranzose tortore che si librano e stanno –
poi vanno a prendere, a nutrire, a proteggere
i piccoli nelle fronde fitte,
le attorcigliano in nidi sicuri,
mentre sussurra
il fiume, la valle, il vento
– sale di tono la sua epopea:
quando rinforza urla
e allora anche i bimbi
si rifugiano,
in angoli nascosti dalla paura,
che sia sicura la tempesta
parabola forte del tempo –
il vento non si stanca di raccontare questa fiaba
che aspetta un finale,
per ricordare
alla piana
che c’è la collina,
che c’è il mare
e dopo una giornata intera,
ogni sera
proprio a queste coordinate si sposano,
così da abbracciare
il mondo
per poi ricominciare
Colunga, 24-06-’18
Dall’inferriata
da cui si vede il pioppo
come una claustrale
di là dalla grata
fa’ che non venda la mia anima
Coltiverò così
il giardino dei conventi
Vita, che dà di scoprire
le stanze obbligate
divenire nel tempo le più libere
Colunga, 23-06-’18
La chioma della pioppa centenaria
in primavera potata,
all’imbrunire attirava
la mezza luna lucente
nel suo cono d’ombra
e una piccola stella, forse la prima.
Dovevamo tuttavia convenire
che gli astri giocano
con le piante e con le vite potate
a loro piacimento –
come la brezza di una tarda sera estiva
che le faceva sussurrare.
Bologna, 22-06-’18
Questa poesia è stata
prima amata o creata?
Lo so che su Dio,
a far come gli antichi,
si sbaglia, ma deve essere stata
una cosa simile a questo mare.
E se son vere le teorie,
addirittura lo ha visto dopo,
lo sta vedendo adesso.
Anche io, che il mare lo guardo,
sono creato adesso.
Mi crea imperfetto,
primordiale,
ma con la libertà di dire no,
così ci creò, così ci volle, folle:
amore.
Che per Te, dai primordi al mare
era tutto prevedibile,
ma la nostra, la mia storia
di uomo no:
chi sei tu (?) che scuoti le onde,
e insieme col sole,
sul bagnasciuga ridondano,
che ami da sempre
il mio essere creaturale,
senza sapere niente
in anticipo
del bene e del male
che avremo scelto
e del finale…
Della mia poesia che ride
come righe di mare
su fogli bianchi di risacca.
Marina Romea, 16-06-’18
D’accordo non ti basteranno
e saranno solo un punto di vista
soltanto poveri gesti
parole tremanti
lo so non ti basteranno
per trovare la rotta
mi basterà che ti abbiano insegnato
un poco ad ascoltare i venti, il mare
e il sibilo dei suggerimenti
di chicchessia
chissà dove sarai
quando ricorderai
parole e gesti miei
sappi che allora
e solo allora
saranno miei
saranno tuoi,
saranno.
Bologna, 14-06-’18
Il caso della nave Aquarius con il suo carico di migranti, aldilà degli aspetti di natura procedurale in esso implicati, che in questa sede non si vuole, né si può prendere in esame, ha fatto esplodere la contraddizione esistente tra un certo modo di intendere l’interesse nazionale e le esigenze di una solidarietà verso i migranti che da anni sconta molti limiti.
E’ evidente che tra “prima gli italiani” e “accogliamoli tutti” è impossibile una sintesi. La contraddizione si fa agghiacciante alla luce di una sorta di “dottrina Trump” in salsa salviniana dell'”alzare la voce fa bene”, che nel caso del Presidente americano ha voluto dire in neanche due anni rischiare la guerra nucleare con la Corea del Nord, aprire una guerra commerciale con la Cina e l’Europa, scatenare la guerriglia nei territori di Gaza a seguito dello spostamento dell’ambasciata a Gerusalemme, tirarsi fuori dall’accordo sul nucleare iraniano, bombardare la Siria, ecc…
Sembra che la dottrina Trump (l’originale; di quella di Salvini non è dato ancora sapere) in parte funzioni.
In effetti dal 1989 vi è stato un periodo di globalizzazione “buonista” (ricordiamo il “Fine della storia” di Francis Fukuyama) che non teneva conto con realismo della natura umana nella sua infingardaggine sempre riaffiorante e soprattutto del fatto che l’unità tra gli uomini va costruita nella concretezza della vita, sulla terra della solidità. L’amicizia tra le persone è un’aspirazione originaria, che però si realizza solo con un riconoscimento e superamento del limite, della contraddizione, del sentimento di ostilità.
Detto ciò, se la speranza non era la globalizzazione “buonista”, essa non può essere incarnata nemmeno dai vari sovranismi.
Se infatti i sovranisti, con la loro dose di populismo, hanno il pregio di evocare il popolo e talora di dargli voce, noi sappiamo anche che essi, oltre a interpretarne semplicisticamente le istanze, inducono il popolo stesso in una sorta di dipendenza paralizzante, nel senso che tendono a ridurre i termini dell’azione degli individui e dei gruppi alla reattività e alla delega della responsabilità al capo politico.
Poi c’è il tema dell’impatto educativo di tali decisioni e anche del loro contraltare.
Un ragazzino delle elementari o delle medie cosa potrà credere, credere e sapere, vedendo che il nostro Paese chiude i porti a una nave con 629 persone bisognose di soccorso e magari sentendosi bombardato da una propaganda ideologica di segno opposto camuffata da insegnamento?
E chi ricorderà a questi ragazzi che molte delle azioni di accoglienza e integrazione più concrete e qualitativamente efficaci le svolgono organizzazioni cattoliche?
Così, tanto per vedere la concretezza e dargli un nome. Insieme con altri nomi e volti naturalmente.
Poi c’è il cosiddetto “mondo di mezzo” che ha fatto i soldi sui migranti.
A tutto ciò non c’è una risposta. Siamo in viaggio.
Aquarius siamo noi, tra le promesse mancate della globalizzazione e i sovranismi che chiudono i porti. Li chiudono a chi ancora crede nella terra promessa dell’Occidente, mentre ad aspettarli c’è solo la terra di mezzo. Nel caso di Aquarius il mare di mezzo. Tra Italia, Malta e Spagna, Aquarius cerca un approdo.
Anche la nostra Civiltà cerca una terra di approdo nuova per sé e per altri popoli.
Bologna, 12-06-’18
La rifrazione del sole
che punteggia il mare
è un’esplosione
di confetti a un matrimonio.
Eppure al largo si stagliano figure
mai tanto precise a quest’ora,
la speranza è un giorno visibile
già oltre i riflessi del primo mattino.
Marina Romea, 10-06-’18
Questa vitalità ammazzata
di noia
ricorda
che non ci sarà causa diuturna,
che potrà saziare la sete infusa
di cose e di persone.
Sarà un lancinante continuo strappo dalla sete
di narciso,
un sereno, sicuro sentire,
assetato, inesausto amore.
L’afa stasera attende, esausta,
il perdono di un temporale.
Bologna, 7-06-’18
Davide va.
Davide è forte.
Gli dico, come fosse una scoperta,
che la vita è ruvida e impassa il desiderio,
gli dico che quando stride come bottiglie di vetro
rotte per scherzo dal destino,
io non ce la faccio, non scrivo più,
che non mi è ancora nata una creatura dal desiderio negato
(… è stato tanto desiderato e subito amato!).
Strane parole via cavo:
“se dici non mi è ancora successo, allora succederà
che il desiderio negato partorirà”
(desiderio-limite-creatività,
scrissi io stesso).
Quasi fosse una consolazione
Lui mi parla di impossibilità del desiderio
da cui nasce la poesia.
D’accordo carissimo Davide purché siano poesie di visi ridenti
e non di soli versi.
Daremo tutto il cuore.
E non basterà.
Diresti Tu.
Bologna, 7-06-’18
Andare lontano
sulla terra,
per mare,
per il nulla,
perso.
Io non voglio andare
in Tunisia
o a svernare
alle Canarie.
Il mio viaggio
è qui ed ora,
domani è adesso,
lontano è nei tuoi occhi,
nel moltiplicarsi
di questi sguardi
di mondo,
innamorati
come ad ogni nuovo porto.
E’ il mare
increspato
dalle ciglia
che scuotono come palma,
sulla riviera
delle attese
e dei ritorni.
Io non sogno
di morire
lontano.
Io sogno
di andarci
poi.
Bologna, 5-06-’18
Mi domando se tutto ciò che ho implicitamente e incoerentemente tentato di vivere fin da giovane a riguardo dell’affezione in tutte le sue declinazioni, dai rapporti amorosi a quelli amicali, all’amicizia civile non sia ultimamente illusione. Certo le differenze. Certo la fragilità della nostra natura umana. Certo i tornaconti.
Ma io vivevo con un sogno, probabilmente quello di uno stato fusionale, eredità del rapporto materno.
Ora è chiaro, era un sogno conservatore, era un sogno disincarnato.
Ma si può andare avanti vedendo tutte le differenze, le fragilità, i tornaconti e incarnare l’ideale di una collaborazione matura?
Io in questo frangente riesco a trovare speranza, come diceva Mons. Giussani, solo in “persone o momenti di persone”.
Questo tiene in vita. Sono piccoli miracoli quotidiani.
L’attenzione al miracolo è ciò che rende umano il vivere, che rende armonioso l’essere amati e l’amare.
Colunga, 4-06-’18
Le cortecce degli alberi sfumava ieri la calma serale.
E la calma mattina lima stamane il parlare di un padre
e di un figlio già grande.
La calma, come la brezza,
è una buona consigliera:
non so se sia frutto di meditazioni orientali
o se sia un dono di dio alle fatiche dei mortali.
Oggi pomeriggio rinasco in una culla di mare.
Marina di Ravenna, 2-06-’18
C’è un popolo che si è diviso,
che ha inveito nei bar e sui social,
contro,
sempre contro, che la sa lunga,
che il capo gliela farà vedere lui, sperem,
e intanto che lavorava
sputava,
lei dietro il camion fumava
che qui l’è dura
e bisogna pur sopravvivere.
C’è un popolo, identico, anzi lo stesso,
che sapeva che non era facile
e che non si scherza con il fuoco,
c’è un popolo che andava a lavorare
in ginocchio,
che non fosse vano questo lavorare
a giornata
e le pizze recapitate dai figli,
e lei con la cipria in un appartamento,
che bisogna pur sopravvivere.
Ma che non diventasse un peccato collettivo,
che non ci andasse tutto il Paese a puttane…
Le agenzie battono la notizia, c’è l’accordo,
come un’intonatura, come un la,
come un improvviso collettivo orecchio assoluto,
razza di puttanieri in quale notte stonata
avete imparato questa ultima umiltà
femminea e virile,
terrena e celeste?
Giurate, su questo popolo giurate.
Bologna, 1°-06-’18
La crisi di sistema e lo scontro istituzionale di questi giorni e di queste ore vedono scalpitare un protagonista sulla scena pubblica, che dalla crisi del 2008 è più povero e sente calpestata quella che avverte come unica possibilità di espressione di una volontà di riscatto, il ricorso alle urne: questo protagonista è il popolo, a volte si parla di popoli, il popolo della rete, il popolo dei territori, il popolo del sud senza lavoro e prospettive, il popolo delle piccole e medie imprese del nord saccheggiate dal fisco e penalizzate dalle normative europee. Il popolo che sta tentando un’integrazione con i migranti che arrivano da oltre sponda e si sente trattato a sussidi.
E’ il popolo, realtà per sua natura creativa e plurale. Realtà impossibile a definirsi, ma che non si può immaginare se non fatta di legami, di famiglie, se non aperta, se non salda, se non in cammino. Le istituzioni tenderanno a scomporsi, a ricomporsi, a irrigidirsi, ad essere rovesciate. E’ comunque difficile prevederne il futuro. Ciò ci impone una responsabilità maggiore verso la nostra storia e verso il nostro futuro in quanto popolo, in quanto popoli nei quali, prima che nelle istituzioni statuali o sovra statuali, si gioca il bene delle persone. L’esperienza dei movimenti popolari dell’America latina, che può essere un’esperienza riproducibile non negli stessi termini in Occidente, è però un punto di riferimento. Quando Francesco dice pan, trabajo y techo, dice qualcosa di molto preciso che interroga il livello di benessere cui siamo abituati, ma soprattutto le modalità per garantire una dignità del vivere. Sempre meno lo Stato potrà garantire sicurezza e tutele. Nemmeno in antistoriche roccaforti chiuse.
Il cosiddetto populismo pare cogliere almeno in superficie tutto ciò e politicamente esprime anche rappresentanti e posizioni dotati di efficacia, ma ancora una volta corre il rischio di appaltare le proprie istanze alla politica, in un novello rapporto plebe-tribuno, che svilisce i tentativi, presenti anche in questi mondi, di vivere ed esemplificare rapporti di comunità. Nella vulgata populista il popolo diventa una caricatura di se stesso, si inveisce nei bar o sui social, ma cosa fare lo si aspetta dall’alto.
Ciò che assicurerà la persona come la corda di una scalata in montagna, sarà la fiducia che nella fedeltà di certi legami sarà custodita. E questa fiducia, questi legami, sempre aperti all’altro, rappresenteranno il punto continuamente generativo di popolo. Da questo rinascimento spirituale, ricomincerà creativamente, già sta ricominciando – si pensi alla sharing economy, all’housing sociale, alle tante forme di economia di comunione – una nuova capacità concreta di solidarietà, una capacità autonoma e una responsabilità condivisa e ordinata di risposta ai bisogni concreti della vita personale e associata.
E’ in queste forme di unità, di comunità, è in questo prendersi cura gli uni degli altri, che vengono coltivati ed espressi, come nei primi ospedali medievali, il riconoscimento della dignità sacra e inviolabile della persona e la consapevolezza di un destino comune e buono che non chiedono altro se non una vita appassionata e costruttiva, in qualunque condizione ci si trovi.
Bologna, 28-05-’18
Arrivati qui si svolta verso casa,
non c’è afa
di questa stagione, c’è amore alla sera
e ce ne sarà in quantità al risveglio.
Questa vita al tramonto riserva,
non direi il meglio,
ma il senso sapido e bello
del suo sorgere innocente,
spensierato,
del suo soffrire acuto e pubblico.
Un segreto per me ho tenuto
in ogni cominciare
e in ogni finire,
da svelare come un singhiozzo
di gioia trattenuta
e aperta al cielo…
Una teoria di amori e di amici,
il vero senso,
quell’odore,
quel sapore…
Sotto un cielo che abbraccia
la campagna e la città,
i monti e il mare,
amare
…
di un umano voler bene.
Bologna, 25-05-’18
Ci si ritrova in un momento più vecchi
riconoscendo ciò che indica il segno
ai nostri occhi stanchi di mattini ‘falsi’,
la speranza che ha un nome e non altri,
così io son fatto della lana
marrone scura che ho ai polsi,
un po’ come vestivano negli anni poveri i nostri vecchi
Bologna, 15-05-’18
Ciò che resta del cristianesimo è la Grazia. Un giovane perché dovrebbe crederlo? Per avere vita anche dopo la morte a condizione di comportarsi bene in vita? In realtà donarci l’eternità è cosa di Dio. Perché credendolo si vive meglio? Non è la prima mossa del cristianesimo che chiede di credere un fatto…E crederlo non è cosa che viene da noi. Appunto, il cuore dalle ferite allargate, lo sguardo dalle sfumature moltiplicate e finalmente la ragione che non giura ma dice sì è vero: tutto ciò è Grazia, è ciò che rende alla realtà che ci è dato di vivere la grazia dolce e struggente di una ballerina.
Bologna, 10-05-’18
Nasce come un ritrovo in pizzeria
finisce come un incontro sulla via
a crocchi e capannelli
questa serata che non conosce cosa
riserverà il domani,
e ci si àncora ai figli,
si parla di loro per non parlar di noi,
ma lo sai che hai il colore dell’oro:
mento a mento il parlare
ripara una tentazione di disfacimento
e tu lo sai che hai l’argento:
ti ho di fianco, non ti vedo, ti so tranne quando…
Rita ha letto un libro
di adesso, una storia moderna
che parla di un ritorno,
sembra la speranza confusa,
trepidante, intrepida dei primi cristiani,
noi siamo quelli che aspettiamo
tra le incertezze della vita
e la pizza ben lievitata di stasera
una ‘chimera’, una nuova cometa
il filo che non si distrugge della seta delle donne…
Tu ridi e mi chiedi di ripetere,
sorridi, sorridi…
io non so cosa veramente tu creda di questa storia
io non so cosa veramente io creda di questa storia.
Questa sera però è così.
Per te, per lei,
per noi che ci muoviamo solo per la bellezza,
lo sguardo non sarà stato innamorato invano
e non sarà più mezzano, ma deciso e dolce,
si arrenderà alla sua profonda nostalgia,
che dice di guardare dentro
quel filo che c’è nella seta delle cose tutte,
è lo sguardo umano,
che a sessant’anni ama il futuro
come l’inestricabile dono
di dare vita,
di dare la vita
e di ancora ridonarla.
Bologna, 6-05-’18
Vorrei dondolando
Vorrei a tuo comando
Piccina sull’altalena,
E una cantilena
Cigolava il pesco,
Che nonno Francesco
Mentre ti spingeva,
Mentre il riso e il pianto tratteneva,
Ti avesse visto con questo tuo splendore
d’amore
Che ora luccica
E spicca nell’argento dei capelli.
Bologna, 3-05-’18
Certe volte è arida
come la matematica e i suoi dati
che non puoi manipolare,
certe volte è ruvida
come una storia che finisce
che non puoi riscrivere.
Eppure una rotta nel mare
del reale
è il nostro destino
(e ci si può fare incatenare
per non cedere
al canto delle sirene).
Bologna, 30-04-’18
Quanto lacera… andare ed amare ad un tempo.
Lo disse la madre al padre, lascerà (…) lascerà andare
sciolti i sentimenti, lo disse il vecchio
al giovane,
– cuore è sentimento e ragione…
andare ad un luogo infinito,
strappi ed abbracci
nella piazza del tempo risanato.
Pazzia?
Bologna, 30-04-’18
Casa luce,
fuori
d’amore,
trattori
arare,
latrare
un dolore,
chiamare
per nome,
tra la finestra
e i campi,
l’autostrada
che va al mare,
battono forte
i cuori,
come una povera voce.
Colunga, 27-04-’18
proprio quando crederò
di sapere dove andare,
vagherò così,
come un mistero
nelle mani
di Dio
Bologna, 24-04-’18
Non è certezza che vorrei dirti
Ma pazienza
Non è la sicurezza dei mondi
Ma neanche quella interiore
È un sospiro profondo –
Dato insieme sulla porta dell’ascensore
Mentre tu vai su
E io scendo le scale…
Lo so che ciò che manca
È ciò che più vale
L’abbraccio che ti avrei voluto dare.
Ma sappiamo anche
Che la vita canta
Nei sospiri profondi
E negli abbracci mancati e presi
La certezza tenace di chi non vuole
…
Finire nel niente,
Il suo eterno cominciare
Bologna, 4-04-’18
Neve di vento
padre del tempo,
darai una direzione
o solo mulini a vento
a questa storia?
E’ fin troppo facile maledirti
nei giorni polari,
ma le ricorderemo
le parole dette sull’uscio ghiacciato
di padre in figlio?
Ci divertiremo ancora
grandi e bambini,
quando anche i giorni saranno vento di neve,
cercando insieme l’impronta
di un piede più grande?
Bologna, 25-02-’18
Quando scenderai le scale
saranno bianche come le volevi tu,
quando aprirai la porta
il quadro appeso contro la tua volontà…
ti ricorderà
quello che avrai scoperto nel corso del tempo,
che il bianco non è il colore del niente,
che l’amore unisce, sulla parete del futuro,
rischio e certezza.
Bologna, 25-02-’18
Elisa e le
tue risa
lungo via San Felice,
come la vostra vita futura,
esile figura –
di madre
e di figlia.
Bologna, 15-02-’18
Ombre nere
come ricordi s’affastellano
di pini all’alba
nella bruma,
il resto è grigio merletto di mura
disegnato dalle punte
di una ballerina triste
senza la fantasia della musica,
sullo spartito della cima
di una chioma antica
creduta sempreverde
solo per fede.
Basterà attendere un poco
– l’apparenza ha i minuti contati –
e il cielo si schiarirà,
gli aghi di pino
si distingueranno nelle cime
e la sagoma scura
rivelerà il verde albero
– eterno movimento –
che già si protendeva
dalla terra.
Colunga, 28-01-’18
Tiro giù le coperte
una mano sopra gli occhi
guardo l’ora
in direzione della finestra
desidero Dio
e il caffellatte.
Mi alzo,
la vita è andare avanti,
l’ho imparato quando coprivo gli occhi,
con la mano,
per non vedere
niente,
l’intimo corrompersi –
che poi è un eterno –
movimento del tutto.
Bevo il caffellatte,
latte freddo
sopra il caffè caldo,
ritrovo le forze,
la vita è andare avanti,
tra il niente e il tutto,
la poesia del cuore
non è quella
composta ieri,
ma è ancora nella penna
e l’aspetto.
Bologna, 27-01-’18
Daniela è viva
Tra qualche tempo sarà
Nuovamente là
A lavorare l’unica religione che conosce,
La figlia le dice
Mamma non è poi così vero
Che è tutta sfortuna la vita
E le accarezza i capelli bianchi
Come avranno fatto i bresciani,
I muratori che l’han tirata fuori
Dalle ferraglie del treno
E posta là sulla banchina,
Quelli delle 5 e 32
Che la vita l’è dura
E tiri avanti per starle dietro:
Che ti strattona come questo treno
Impazzito
E finisce male, che fa male
Due vertebre
La vita è pazza e fa male
Come si fa a non maledire
Che vadano tutti alla malora.
Tu che hai avuto il coraggio
Di incolpare la vita
E non chicchessia
Ora che gli altri son morti e tu,
I bresciani e tua figlia
Siete al mondo,
Vi rimarrà una domanda,
Ci rimarrà, Daniela, una domanda,
Da dare una risposta segreta
Come un seme di cui a primavera si veda il fiore,
Un fiore di amore e di lavoro come te:
Ma tu pensi davvero di essere al mondo
Per un giorno sfiorire
Ingoiata resa, sfortunata,
Per tua stessa ammissione,
Maledizione?
Bologna, 26-01-’18
Quando scompariranno le rondini,
lucciole bianche all’imbrunire
– e non per tornare nei propri nidi
sarà sì verso altri lidi,
ma per noi suonerà garrulo
come un addio.
E non ci consoleranno
i racconti sui ritorni,
non aspetteremo più
né lucciole, né rondini,
scambieremo per miti
i loro sporadici avvistamenti.
Quando scompariranno le rondini
non aspetteremo più le stagioni,
comparirà l’uomo senza attesa
e diremo anche –
che prima di questi avvenimenti
avevamo una qualche fede.
Bologna, 20-01-’18
…pagina bianca
piena di mille tradite aspettative
ma dietro me, calmo a comporre
volute di pensieri e visioni,
rivedo un attimo fa
anni e anni, tanti,
una finestra opaca,
una pagina bianca
senza confine all’orizzonte.
E come allora alla finestra,
in braccio a mia madre,
guardavo campi innevati,
ora io esisto
nello sguardo che valuta
queste sfumature invernali,
torno seduto
e le confondo.
Bologna, 20-01-’18
Rotta azzardata per una promessa di amicizia
l’onda solca… Raffiche e relitti,
ma non l’emozione
che ti entra dentro
Grandi vele spiegate come progetti,
il vento di notte
– incerto –
sventare le fa
Al risveglio brucia narici
la salsedine – uomini – amare erbe
rivedono là, sotto gli aghi di pino,
rami di timo e di rosmarino
portati con sé per addolcire il viaggio
Al profumo del baccalà
sottocoperta
che amare li fa
la barca, la rotta, il mare
Bologna, 19-01-’18
E nessuno è risolto
E sono io un’infinita tensione
Eppure tu mi stai vicino
E ti chiedi quale sia il mio segreto
Non vedi che anche tu sei mistero
Mistero inesauribile per me
E in questo sta il nostro segreto,
Ora lo stiamo imparando
di tutti gli incontri – persone –
Noi neofiti del mondo
Non c’è riposo per noi,
Senza paragone è il mondo
Alle nostre forze, siamo
Sempre bambini, sì amo
Il nostro destino incompiuto
Nella solitudine, ora mai
Siamo in gioco, resteremo
In questa inquietudine,
Attraversata dal ripetersi
Degli incontri d’amore e d’amicizia,
Che ci danno ogni giorno la gioia
Che ci danno ogni giorno la forza
Bologna, 10-01-’18
Alberi potati a gennaio,
tolti gli addobbi dai rami,
tendono le rimanenti mani nella nebbia
e, senza nidi, cinguettano
sottili e fermi –
l’assenza delle foglie dorate
e la presenza delle prime gemme.
Qui nella valle tutti dicono
non ricordiamo
un inverno cosi pietoso a natale –
e quando non è tepore e sole
la nebbia ovatta e copre
le fresche bagnate speranze,
di polistirolo e latta,
serra sigillata
che trattiene a terra tutti gli umori.
Noi umore cosciente della terra
desiderio del verde
– quest’anno,
quasi genitori della natura
sorprenderemo ogni precoce crescere
di gemme e di arbusti.
Colunga, 7-01-’18
La nebbia che vela il mare
non dice quale stagione sia.
Là – sotto – lo si sente arrivare
e andare, difficile e naturale
sciabordare, incalcolabile dirupo
una vela che prende il largo
tra le onde e un sibilo di suono,
sembra dirtelo ma non è vero.
Fiorenzuola di Focara, 5-01-’18
Sole in poppa sullo specchietto.
“Guarda la luce nuova di gennaio
trasparenze assolute e sottili
sciolte dal tempo!”
Poi attraversano i prati
– e noi
mentre scendiamo le strade
come fossero i tuoi seni
lungo la valle
silente
neanche le gomme veloci –
rompono il silenzio.
Monterenzio – Colunga, 4-01-’18
Fin qui
Il cielo
E’ stato conteso
Dal grigio steso
– A olio
E dal pastello
Chiarorosa
Ancora oro.
Poi
Sono stati tinti
da lacrime riflesse
– I visi –
Non se ne andranno più.
Ora
Sarà sempre acquerello
(scherzi nel cielo)
Sarà solo sera,
Saremo abbracciati,
A questo tramonto
Senza età.
Colunga, 3-01-’18
Abat-jour del cielo laggiù
fora il grigio
e infuocare mi fa,
bordi e promesse
– del fascio di luce calda –
tenui pennella
Colunga, 28-12-’17
Ridimi –
non ridarmi indietro
il mio sussiego
… Sul serio
ridimi addosso
la tua ironia,
fammi felice
a suon di risate
Bologna, 26-12-’17
Proprio la valle che risale
trasalgo –
e nel punto esatto
del distributore,
dietro cui ci sorprese
…la polizia,
penso che per una volta
nelle nostre vite,
il Dover essere
non ci portò via
il futuro.
Cusercoli, 25-12-’17
Si assapora una gioia totale
una pace universale pervade
a natale rimane, di tutto quanto,
ciò che è buono. E vorrei sempre mattine
in cui scoprire felice
che il caffè è già acceso
come fosse il presepe a natale.
Da bambino imparavo
a non essere taccagno
come intendeva la mamma;
ho conosciuto paternità magnanime
che mi hanno sempre detto alla fine
tocca ai bambini di allora
perdonare ora.
Bologna, 25-12-’17
Sarà come un natale senza le convulsioni del centro
Sarà tra i cavalli mentre scende il buio della vigilia
Si sente già l’odore del pesce e l’amore di un figlio
Si sente dalla cucina vicina e da un racconto lontano
Il crepitio del pesce miracolosamente pescato
– – Soffritto intanto
L’intesa degli odori dei cibi e delle persone
La musica che non copre le voci collaborare
“Io metto il brandy adesso”, “hai visto la triglia sfilettata?”
E questa mia mania da handy di scrivere solo poesie
Oggi il cielo ha atteso il Natale con un tempo pasquale
Bologna, 24-12-’17
Figlio mio, come adoro parlare con te
di cose inutili,
del calcio e ancora più futili,
son quelle più vicine,
le più bambine,
le più facili,
le più simili,
ai regali del cielo,
che era così felice
di stare con noi,
da nascere in una mangiatoia.
Bologna, 19-12-’17
Ama mentre scrivi,
come nei temi (e ai tempi) di prima media
e non pensare alle rime,
non le hai cercate allora…
Adora quel che c’è:
era un pallido sole di ottobre
e non pensavi alle strofe,
scrivevi di getto,
ricorda mentre componi,
anche se non sei più innocente,
un bimbo che correva.
Non chiederti ora, andando al bar,
chi tu sia diventato adesso,
ama nella fretta
adora nella calma,
ricorda il tutto
il niente lo scorderà la mente…
Non chiederti se ce la farai,
tu portavi nel cuore la mamma,
scrivi dunque…Come ce la farai:
sarà più semplice che allora,
tutto sarà deciso nella calma che adora.
Bologna, 11-12-’17
Da dietro un vetro di cucina,
la poesia fumante dei ciclamini,
canta le sfumature dell’essere insieme:
e sarà come coltivare un campo,
e sarà come modulare un canto,
e sarà come abbassare le armi,
e sarà come stringersi le mani…
In un’amicizia precaria passeremo il natale,
qualcuno ci farà attraversare l’inverno,
gli anni caro Gianni, ci sorprenderanno bambini.
Bologna, 10-12-’17
Dai vetri appannati dell’auto alla rotonda,
l’improvviso chiarore di un tramontare
che sa di giorno nuovo,
ricorda giugno con il rosso variare delle amarene,
scoperte tra il fogliame fitto del maraschino
e la confusione del pregare il cielo vespertino,
poi del lavorare con quello mattutino
e viceversa,
nell’avvicendarsi dei giorni in giorni nuovi.
In un mondo senza Dio
non sarà finita qui,
rinasceranno i fiori
e i tuoi capelli biondi,
sarà lo sbaglio più divertente
della storia dei viventi,
ti avranno straniato
ti avranno negato, obbligato,
ma tu sarai sempre vivo imprevedibile
negli spazi di ogni cortile,
accudito da uomini liberi
stranamente fratelli,
sorpresi…
Nella terra dell’apparente niente,
dove ancora germoglierai, amore totale e ardente.
Bologna, 6-12-’17
Rivedo per un momento i tuoi capelli neri
Ha ripreso a salire
lungo la schiena
il dorso e le colline
come un brivido dal fondo buio
la luce calda della terra invernale
Finalmente s’avventura in cielo
e apre le nuvole
come pietre sul cuore
rotolate via,
e non c’è alternativa
a questo contrasto animale di sentimenti forti
Non si impara a pregare
soli, nel buio della stanza
nell’assenza di speranza,
ma insieme negli spazi aperti,
oltre il dolore pungente
delle lunghe attese
Luce che tradisce i giorni
e appaga le ore,
infinite
Bologna, 3-12-’17
Forse perché la val di Zena è sempre uguale,
se non fosse per le strane anse del torrentello,
a me pare che si sovrappongano i ricordi
ai reali colori autunnali di quest’ora.
Reclamo il presente e uso il tergicristalli
per non fuggire col pensiero all’immagine viva,
ma quando, salendo, si svalica verso Pianoro
alla luce serale le nuvole si fan violacee.
Ti sollevano il mento, ti fiaccano di meraviglia,
mentre l’enfasi del presente si fa imponente,
dominante e incontrastata dentro di me
e dentro di te che fotografi appassionata…
Il tempo che ci sfida, tra l’oblio e la vita,
nello stupore per il cielo che scende in terra.
Pianoro, 26-11-’17
Ti terrà un po’ di caldo il tucano?
Fino a quando ho creduto che tu fossi io,
piccolo mio?
Ora anche io consueto e solerte mi destreggio
tra le auto.
Alla stessa ora la Musa si dirige al lavoro,
tutti dentro la città.
Questo vivere necessariamente separati parte del tempo
sarà una perdita o un guadagno?
Ora che tutti si è andati via di casa
chi saremo ciascuno di noi nel mondo,
a chi daremo quell’abbraccio profondo
che ci ha fatto nascere insieme
visceralmente e spiritualmente?
Chissà se talvolta, alla radio, la stessa frequenza
ci farà compagnia?
Colunga-Bologna, 22-11-’17
Solo dal cavalcavia,
salito su dalla campagna,
l’ho visto in fondo alla via Emilia,
come un pettirosso,
il sole rosso
civettare dal suolo.
E mi sono detto
non posso perderti oggi,
per un solo istante,
come una luce tenue
sul taccuino,
come un bacio divino.
Mi son detto che bisogna conservarla dentro
questa fiera luce invernale,
tra tutti i tristi trucchi del disincanto
e i freddi fulmini di maltempo,
che vorrebbero stringere
il fiato del pettirosso al canto.
E ancora lo ricordo dolce
là,
stamattina dal cavalcavia,
ora che già sarà,
di un’altra dolcezza ancora vivo
dall’altra parte della via Emilia.
Bologna, 20-11-’17
Le margherite si sono piegate
sotto la neve,
o forse è stato un gatto
che ne ha approfittato,
come un bambino del cuscino,
ma non si sono spezzate,
come una donna che conosce l’amore
a differenza del suo uomo rimasto bambino.
Tutta la speranza di una lunga estate di vita
conoscerà poi il miracolo dei fiori e delle donne,
sarà potata,
portata,
dalle dolci dita di Dio
a rinascere,
esplosiva, primaverile, vita
di una margherita.
Bologna, 17-11-’17
“…Fragile che potevo ucciderti stringendoti un po'”,
l’ho detto Lorenzo senza che fossi come te
a tutti quelli che ho pensato di potere accostare,
negli stessi anni che ho passato con loro due
a cui non ho mai mentito…
Dire a tutti la fede che il domani
non fa più paura, senza esserne davvero sicuro
a causa di questa forza che presume del pensiero
più che della pazienza di fare tutto il sentiero…
E sentire che tu, proprio tu sei più grande di me
vivendo così il mio sogno di unità bambina,
un girotondo di amicizia, via la sporcizia del prevalere,
l’unico sogno possibile agli uomini, il più semplice,
una forma banale collaborare,
fidando nell’altro e nel domani,
perché si può stare sulla terra
bandendo la violenza dei piani criminali.
Bologna, 16-11-’17
Non è maledetta
l’attesa di tutto
che ci portiamo dentro
mentre ordiniamo un caffè al bar
e non ci sei tu.
Rifletto la sua battuta di prima
– lei giovane e carina –
e che una volta mi aspettavo
tutto da ogni cosa
facendo confusione…
E non ci sei tu.
Un ordine naturale quasi
sereno, dopo il travaglio la gioia,
sapere che a certe domande,
ogni cosa,
ogni persona – e non ci sei tu –
risponde a suo modo.
In certa parte,
occupando
un certo posto,
nel cuore del mondo,
su cui è stata crocifissa
la pretesa.
E non ci sei Tu,
di cui mi hanno parlato,
non Ti conosco,
se non perché
questa attesa infinita,
inizio a sentirla
più amica.
E ora posso chiamare le cose
con il loro nome.
Bologna, 14-11-’17
Il sole ha ferito il cielo
che non si è più ripreso
finché la notte oscura
ne ha immortalato la paura
e io che mi alzo di schianto
vado al lavoro
con gli occhi velati di pianto
non mi basta più l’oro
dei tuoi capelli al vento
piango sulla città perduta
che da adulto
non ho mai saputo abitare.
Colunga- Bologna, 9-11-’17
La piana ai piedi della collina
non aspetta più
l’ultimo dei primi mattini,
come se fosse un amore impossibile.
E invece gode, non meritato,
di questo sole sornione,
imprevisto dal nero fondo,
tra nebbie e zolfi giallastri.
E’ la stella d’autunno che
ha occhi di gatto,
una speranza intera
da quasi morirne.
Che questa stagione vive,
inconsapevole e possibile,
nello sfinimento del tempo,
ad ogni levar del giorno.
Colunga, 5-11-’17
Solo le donne san prendersi cura,
è come un’arte antica,
un ricordo interessato e fortunato.
Guardai colpito senza capire
mia madre cosciente e terminale,
privata del linguaggio delle parole -appunto-
stringere i polsi di mia moglie
e scuoterli con vigore, all’altezza degli occhi,
come un incestuoso patto di sangue…
Correva l’anno 1996.
Ma gli uomini sanno scommettere,
questa almeno era la loro arte,
di scommettere un’intera vita
e di farsi sfiancare da tutto
per un figlio.
Sai Simone, proprio il fatto che ci sei,
è il segno di una scommessa amorosa e benedetta,
sulla scelta più imprevedibile e avventurosa che io abbia mai fatto.
Per sempre.
Bologna, 4-11-’17
L’essere e i ricordi del giorno prima
rintoccano sul bronzo della campana della mattina,
in cui cauto mi nascondo al mondo…
Vorrei sollevarla e viverla al futuro,
come un’anima bambina,
sparsa nella campagna dell’Idice.
Come un frutto maturo che si offre volentieri
ai contadini e alla loro saggezza,
perché ti raccontino dove va il mondo
e farsi levare dagli occhi,
con le loro mani rugose,
la paura del vento.
Colunga, 27-10-’17
Mi son subito perso
in quest’alba scarlatta
di una gota sola del cielo.
Colunga, 26-10-’17
Rende la nebbia una densa luce d’altrove.
Che c’è là dietro,
il dolore e Milano,
oppure l’infanzia ed il cortile?
Forse un qualche domani…
I primi rintocchi delle campane
dicono è ora,
intanto che sorgono le luci delle campagne
e dicono è qui,
ma danno a vedere a malapena
un po’ di raso dei campi fino al muro bianco,
tra l’alto cielo
e la nebbia mezzadra.
Colunga, 22-10-’17
Bacia (!) l’alba che attendevi qui,
stanotte,
tra un biscotto del lidl
e le fusa delle gatte,
bacia le sue labbra
socchiuse nella nebbia
e il sorriso di tutti i sorrisi.
Aprono anime a giorno
e la mia alla speranza
di avere un cuore per puramente amare
e dare al mondo il mio saper far niente,
la mia tremante, letterale attesa
di ogni alba chiara,
che non sia amara, non avara
di splendore e di dolore,
te… fiore!
Che mi sorriderai come se l’avessi sempre fatto,
rassicurarmi sul mio conto,
sì, davvero!
Le albe di campagna,
di questa stagione della vita,
sono come l’espressione
quasi risolta,
sul viso di una figlia grande che ti guarda,
dolce, serena e risoluta.
Colunga, 14-10-‘17
I cieli di Bologna sono torri
proiettate in alto
e aerei sulla città
sono giardini e tetti mattone
riflessi su questo azzurro
ottobre che è ancora settembre,
c’è del nuovo per le strade di ciotoli,
ci sono occhi azzurri e marroni
e quegli strani stivali slacciati come sempre,
ci son libri fotocopiati
e biblioteche sudate
abitate da pensieri e sorrisi,
c’è qualcosa, Bologna,
più dei tuoi 365 cieli
e delle tue 3 T…
C’è una giornata andata via
e mai più ripresa
che pesa sulla coscienza,
ci son giornate passate
e mai più riprese
e 1000 sorprese
sui volti dei ragazzi
di Bologna, e come li chiamano
fuorisede, sorprese e momenti mai più dimenticati.
Sono loro gli occhi blu che portano un nome
e tu cielo cobalto di settembre non ce l’hai,
le loro speranze conoscono l’orgoglio,
son loro le pupille grigioverdi che portano un nome
e tu cielo grigio di ottobre non ce l’hai,
questa nuova età conosce anch’essa la tenacia.
E ci darà la forza di riprendere.
Bologna, 10-10-’17
Lasciare gli ormeggi come quando si era giovani,
lasciare che la speranza spinga i nostri anni vecchi,
lasciare infrangere ad ogni onda gli schemi di prima;
lasciare per mare
amore sudato e gratuito:
lasciare, partire, andare…
capire che è sempre stato così
e che ora non c’è ritorno.
Colunga, 4-10-’17
Nelle prime rugiade,
nella rosa che curo con poca arte
e con molta parte,
o forse in quel campo,
è stata l’ultima volta che ho visto un fiore.
Per queste giornate di un’onestà agreste,
il tuo improvviso sbocciare giovane,
il mio impossibile sorriso complice,
in un moto dell’animo non voluto
rivelano alcunché.
Ed è stata l’ultima volta che ho visto un fiore.
In un pensiero serio, in un problema posto
solo perché un amico lo ha condiviso,
è tutto improvvisamente capovolto,
la luce sarà tra poco,
dietro questo vetro tetro
da cui ha preso a far rugiada la mattina
e non sarà l’ultima volta che vedrò un fiore.
Quando a Marina, passata stanca
la mattina,
la fortuna gira il vento a scirocco,
le ombre diventano
bambole vive coi capelli bruni,
riflessi biondi
e ondine laccate.
E’ allora che la vista controvento
si fa impietosa,
un pareo sotto i piedi
e il rigore della bolina
da un comodo lettino,
a soppesare la perfezione dei corpi,
a perder tempo,
perché passa l’età breve, come i giorni
di una farfalla che va a morire sulla duna.
Ma mentre il vento rinforza
ritorna in mente
la bellezza di abbracci maturi
e il loro mulinare
frescura calda sulla pelle,
e quante volte bambini ritornavamo indietro
a chiedere l’aggiunta del cioccolato fuso sul gelato.
E’ dentro, scritta come il seme
di un fiore che a primavera rinasce,
è certa,
come il giorno che rinasce,
è mia, come l’amore che sfascia il tempo impietoso,
la bellezza in ciò che vedo.
Marina Romea, 30-07-’17
Si disseta il tempo
e bagna i cumuli
residui di rabbia,
tra l’acre sapore che si spande
ci sentiamo vivi.
Colunga, 11-07-’17
Un bar da camionisti.
Un tantino son lì per la barista.
Lei lo sa e lascia fare
anzi ci fa, ma lo si sa
che è solo un gioco
e oggi sul poco seno
perfetto, col resto del corpo,
porta scritto
“ma anche no”,
così è più chiaro
che qui si scambia poco,
una brioche per un saluto alla malizia,
che non è poco la mattina presto
andando al lavoro;
e intanto nei tuoi occhi,
a veder lei che fa l’infermiera e lo si vede,
scorre la stessa dignità fiera
che dice “anche no”,
con quell’aria da cambusiera
che fa voglia di venire in questo bar.
Così quel vizio di provare se è mattina
non ce lo toglieremo mai,
anche se è no,
perché ora è più chiaro
che basta quel poco
al giorno che viene.
Bologna, 30-06-’17
C’è un cielo di viaggio questa mattina
come di un padre e di un figlio,
c’è un cielo matto come le valigie
che ho fatto e disfatto con te,
sa di settembre con le nubi a migrar
sa di autogrill e di auto veloci.
Ma batte la strada anche in città
gli sguardi sorpresi da un cielo di maggio,
dopo un estate precoce così tutti sospesi
così tutti un po’ matti son neanche le sette,
così tutti reali per mete distratte alla mente
sapute d’istinto e tirate fuori per l’occasione.
Colunga-Bologna, 29-06-’17
Quale equazione del cielo ti ha dato al mondo…
quale emozione della terra ti ha fatto fiorire…
quale giovane canzone ti ha accompagnato…
per fottertene di tutto questo equilibrio,
degli astri e della sintesi clorofilliana,
che secondo il mio timore egoista di padre
avrebbero dovuto governare anche il tuo sbocciare.
Lasciami perdere, sii libero,
ama,
abbi amici,
desidera, ricorda i limiti,
progetta, la tua vita sarà una poesia più bella della mia.
Bologna, 26-06-’17
Forse bisognerebbe spostarsi più spesso
come per inseguire l’ombra
o il sole dopo la pioggia.
Questione di prospettive:
uscire dagli angoli delle situazioni anguste,
dalle occasioni mancate,
dagli spazi ristretti.
Basta fuggire da un ristorante che fa schifo
con la scusa del maltempo,
bastano i colori dei fiori dopo l’acquazzone,
basta innaffiarsi per prendere il sole che è tornato.
Basta poco,
di cosa non so.
Colunga, 25-06-’17
Ti ho vista alta
in fondo a via Marzabotto,
io a dorso di mulo,
come ci si può sentire nel traffico
alle cinque di pomeriggio
di una calda estate a bologna,
e tu eri sul colle,
ma in fondo al viale alberato,
senza portici,
come un improvviso apparire
di donna.
Bologna, 19-06-’17
Ho accarezzato l’alba
e la tua spalla
ho chiesto solo di sfiorare
l’aria, tra me e il cielo
tra me e noi,
tra me e il pensiero appena,
e quasi sentire,
andare a capo
senza perdere musica,
andare a letto
senza delusione:
qualcuno mi ha detto poi
la vita non è canzone,
non annegano nel suono le parole
le gioie, le sfighe
in un campo di grano -che ne sai-
come fossero spighe:
è arte povera la vita
è poesia,
è arte forte,
in questo mondo stupefatto di spazio
la poesia che sente
senza perdersi a sentire,
che pensa senza che il suo pensiero
sia raziocinio:
ho chiesto tutto
e ho avuto il nitore
di albe e tramonti
carminio,
ed ho amato serenamente e fermamente,
tra qualche conato di dolore antico,
una passione
di nespole mature,
poi a seguire il pensiero lucido,
amore nuovo
e asprigno, frutti vergini del maraschino:
in questo tempo naturale e andante
sento finalmente
il mio polso regolare e calmo,
e so che il sentimento
non è né condanna né trappola
e non ha età,
che il sentire e il pensiero
sono l’acqua e la terra,
il torrente e il sentiero,
verso l’Eden di noi peccatori.
Colunga, 11-06′-17
Svegliarsi curiosi
e scoprire che il cielo
è rimasto nero,
chissà perché;
aspettare l’alba
al caldo di una coperta
e sentirsi senza,
chissà perché;
guardare di sbieco
i primi bagliori
che sanno di giorno aperto,
chissà perché;
sfidare l’anima arida e l’alba inesorabile a dire sì
e dire no, non ci crederò
oggi non morirò,
so io perché.
Ma è il giorno che sale,
è la gatta che salta,
a lentamente condannare il cuore…
a quale vita chissà,
a quale giorno chissà,
a quale amore chissà,
a tutto sicuro,
perché sei più forte di me…
profondità del cielo ampio
dalle grandi braccia
su questa terra di rugiada di maggio.
Colunga, 11-05-’17
Clamore del cielo solo di luce,
senza colore,
è assetata la terra bagnata
di un riflesso,
è il rimpianto di un mattino di maggio
senza pianto delle contadine,
una pozza in cui contrasterà
l’azzurro speranza,
tra una nuvola e l’altra,
passeggere,
leggere
e guardando il cielo sarà più facile chiedere.
Colunga, 7-05-’17
Con la penna non riuscirò mai a catturare
l’emozione del cielo
che ci sveglia,
ma stamane
ho visto
l’alba di un sabato eterno.
Come lepri tra i fossi
son scappati
nei minuti che passano
il carminio viola e l’arancio
e poi il sole, forse
negli occhi ho catturato
l’emozione del cuore.
Ma col mio magro bottino
son sempre qui a chiedermi ancora
dove scappino,
come lepri tra i fossi,
le emozioni.
Colunga, 6-05-’17
Non mi resta che scrivere
mentre sale lo sguardo al salice,
una qualsiasi altra sciocchezza
che rappresenti come nuovo anche per me
quel che ho di dentro,
sarà il prossimo istante
non è poi così distante il verde salice al cielo.
Colunga, 29-04-’17
Quanto volerei come le frecce tricolori
Del pettirosso sugli alberi di casa mia
Che ghiotte osservano le gatte
In questo sereno venticinque aprile,
Che si arrende ad un amore che arcano non è
Ed una volta svolto nel pensiero chiede solo
La prossima volta un mento più umile
Un cuore più caldo un semplice sì,
Il cinguettìo appassionato e sincero
Del pensiero e dell’amore, e il coraggio
Non ce lo daremo da noi.
Ci sarà quanto basta.
Colunga, 25-04-’17
M’hai dato un diamante
La vita
Ha tanti lati
Ed io sono spesso stato
Latitante
Più che altro
Nei dissennamenti giovanili
E nel tiratardi degli anta
Mi sono dimenticato
No quello mai
M’è piuttosto
Scappato di mano
Non ho sostenuto lo sguardo
Di quegli occhi azzurri
Temevo, mi sembravano duri
Eppure, sfaccettati
Diversamente ogni volta,
Diamante
Di amante in amante
Una luce, una lotta
Mi ha condotto
All’unica sposa
Per sempre.
Ed ho iniziato
Tra nuove distanze a riavvicinarmi
Combattere da soldato
La mia guerra
Ama quegli occhi neri e quelli blu
Mi ha detto il cuore
Nel legame diamante
Le mille facce
Nel cuore saldo
Di una domenica passata in pace
Sapere perdere la guerra
E vincere la pace
Il diamante, il mio, sul cuore
Il mio futuro
Amare,
andare per mano in controluce
Moltiplicare
la nostra voce.
Colunga, 25-04-’17
In un piccolo angolo di tempo
da questo policlinico
io levo un sorriso di attesa,
la luce che entra dalla finestra
in questo ambiente triste
non cancella dolori e fatiche,
ma basta a farmi certo
che ora siamo più forti
e ogni giorno ha un domani,
che la speranza è sempre più chiara
già sulle pareti
di questo lungo corridoio.
Modena, 24-04-’17
Dire tu
Ad un amore accoccolato al mare
Come fa Claudio,
E’ la stessa cosa,
E’ la stessa Persona,
E’ il pescatore,
E’ tutto in tutti.
Inerpicare i gelsomini
Accoccolato nel cortile di campagna
Come fa Claudio,
E’ la stessa cosa,
E’ la stessa Persona,
E’ il giardiniere,
E’ tutto in tutti.
E se il mare,
E se la campagna,
Andranno in amore
Con il loro creatore,
Potrà esserci amicizia
Anche tra gli uomini.
Colunga, 23-04-’17
Voglio dire il tuo nome una volta tanto
madre del destino,
quando ti ho guardata per la prima volta dentro il seno,
quando ti ho guardata in faccia
e ho perso la testa,
tutte le volte che ti ho cercata in una donna
per poi scoprire che ognuna,
anche lei, proprio lei, rimaneva mistero.
Allora se non ti avrò ti griderò,
sussurrerò alle narici di ogni uomo il tuo balsamo di speranza,
come il vicks che una madre premurosa
cospargeva sul mio petto bronchitico.
E se il petto è la sede del coraggio
io ora a Te chiedo quel dolce massaggio.
Bologna, 20-04-’17
Ho bruciato tutto in pochi istanti
e non ho più niente da dire
di cui già non conosca risposta.
Forse una cosa mi resta
che non abbia ancora risposta
la speranza di tutto da portare insieme.
Colunga, 19-04-’17
E c’è il cielo oltre la finestra
e barcollano i pensieri nostri,
ma l’infinito non è il niente
anche se pensare è come annaspare.
È negare che sia tutto lì, ogni volta
che si è raggiunto un po’ di blu,
nel vetro appannato
da non chiudere gli occhi,
aprirli al cielo come a un gesto di benedizione.
Colunga, 18-04-’17
Sara dimmi che sarà
Dimmi tu papà
Che ne sarà
Di questo blu
Degli occhi dei bambini
Del medio mare
E della cattedrale
Dove andrà come padre
Il nostro papa,
Se quella pasqua
Ci sarà, perché questa
Che è poi la stessa
Coi suoi venerdì più o meno santi
È già costata troppo,
Ma non ci ha tolto
Quello che abbiamo di più caro,
Il Tuo sguardo
Raro,
Mai del tutto amaro,
Neanche appeso lassù.
E hai preso con Te
Tutti i bambini del mondo
Perché i vivi conoscano il blues
E i morti siano i primi risorti.
Bologna, 11-04-’17
Arriva da lontano, arriva il ricordo e quella vibrazione autentica
della tua voce e di un calice di vino, che si confonde bianco alle pareti,
arriva ora quel pallore di vita vissuta, la tua e la mia…una domanda
e il sapore della compagnia, con i tanti che sono presenti adesso come allora.
Gioia e dolori sulla tovaglietta e la cesta di vimini del pane, mentre rimane
alle pareti della bocca, e dello stomaco alto, il sapore del vino
con domande da bambino, chi siamo – cosa facciamo, come per giocare,
io rimango senza fiato come sempre a queste domande.
Il tuo parlare si fa chiaro, duro e chiaro, della durezza e della chiarezza
di un buon soave, anche se tu sei emiliano, buona terra la tua,
infatti parliamo anche di Enzo e della fede e del mistero
che non si può misurare e sempre meno con l’andare del tempo:
vincerà il mistero, alle sue condizioni ovviamente, ci sbaraglierà fino all’ultimo respiro,
ma durerà soave ed eccezionale, per sempre, come in questo ritrovo da bar.
Bologna, 6-04-’17
Quanto amore arde
dietro il livido il viso
Come goccia cade
Dal tuo sorriso
Che si apre ormai consapevolmente,
A tempo con la vita
In spazi infiniti.
E tu, anche se non sei come lei
E tu, anche se non sei come lui
In cui si rincorrono ricordi infantili,
Mi fai compagnia
Ora che questi silenzi del destino,
Senza luce,
Suonano una musica da compagnia.
Ed io senza voce
Grido
Al destino
Che ho smesso di chiedere la trama di tutto il cammino,
Ma solo il senso e la pace
Necessari a questo istante:
Tu ci sei.
Bologna, 24-03-’17
Nell’anima del giorno,
mentre sei con la tua lei,
figlio dell’amore
da cui sempre si impara a soffrire,
penso alla tenerezza, occhi negli occhi,
con quel cinno che da due mattine
mi attraversa sulle strisce indeciso,
neanche dieci anni e un po’ claudicante.
La stessa tenerezza che ebbi per primo per te,
aitante negli occhi di tutti i claudicanti,
che ora hai capito a che prezzo
capita che si cada di sella.
Bologna, 23-03-’17
M’hai amato sempre, lo sai, stanne certa,
come quel sorriso sereno che hai,
come quella risata aperta talvolta
e che ora rendo a un giovane
che mi ha fregato,
a una giovane donna
non più di te,
che sai ancora lasciarti andare
nonostante i mie puntini sulle i.
Capelli argento
lievemente ribelli a un antico patimento,
tra le mie dita il tuo mento
ora che il meglio di noi due,
lo sai, deve ancora venire
come un futuro che trascina
e un presente
che si arrende
a una speranza inerme.
Bologna, 7-03-’17
E’ scesa la calma serale
nel guardare le stelle.
Desiderare il domani,
senza perdere la vista
e il pensiero tra le mani,
immersi nei giorni del fare.
La notte e il domani indulgono
anche alla forza del petto,
vigoroso soffio trattenuto
di coraggio, che fronteggia
le ostili forze del buio.
E m’invade fioca, una forte luce.
Colunga, 6-03-’17
E’ tramontato il sole stamattina
a Ovest contro la chiesa,
fragile pettirosso di eternità
su questa strada dissestata
breve di Colunga,
scherzi celesti da martedì grasso,
progetti semiseri, schemi in frantumi,
a tirarsi i coriandoli con il destino
che colora l’attesa.
Colunga, 28-02-’17
Il Paris ha vinto quattro a zero
Ma io non ero lì
Con te a vedere
Su premium
Mi ha tirato via la stanchezza
E stamane leggo che ti sarai divertito
Mentre tu dormi e io vado via
Come un letto rifatto
Con la voglia di un gatto
Caro tu
Figlio benedetto
Che mi hai dato la forza.
Lo sai che esiste davvero
Quel cielo benedetto delle sette
E ce ne andremo fieri
– Lo sto chiedendo a me –
Della nostra unità
Anche quando le forze non ci saranno
Anche quando la morte crudele
Per un momento ci separerà?
Buongiorno figlio mio…
Bologna, 15-02-’17
E quando rivedo i prati là dopo la chiesa
oltre la curva,
lungo la strada
che porta a casa,
guardo dal finestrino
gli eroi di tante cavalcate
e penso al provvisorio e all’eterno
a ciò che ho sofferto e a ciò che ho goduto,
ma – si sa – non so far di conto;
questo sterrato mi ha portato qua
e mi riporterà ogni giorno al mondo,
fino a ciò che sarà.
Bologna, 10-02-’17
E’ morta in me la vita tutte le volte che
ho creduto che tu fossi assente, che in fondo
mi dileggiassi, come in un giorno oscuro
il più buio nel fondo del tempo
del mio tempo e poi
tutte le volte che si è sbranata l’amicizia,
senza la forza di battermi uno ad uno,
senza che si sgranassero melagrane di sorrisi.
Dio com’è pesante il sembiante del nemico che
è in me come morte lurida,
putrida oscenità dell’amor proprio.
E come è leggero l’amore al vero,
ora quel cielo anche un po’ mio,
che batte il tempo del tu e non
annega nel controtempo dell’io.
Bologna, 2-02-’17
Di fronte alla globalizzazione e alla società liquida la sovranità è un’esigenza comprensibile e umana. Ma può innescare anche pericoli apparentemente contrari e forse peggiori, se non collocata nella giusta prospettiva. In entrambe i modelli infatti c’è chi gioca a risiko (finanziario o geopolitico) e chi fa carne da macello. L’antidoto alla società liquida è l’amicizia civile, cioè vivere la famiglia, il lavoro, la società come un dono di cui aver cura, da far fruttare e da mettere in comune. Proprio mentre dico “mie” di queste cose dico “io” di me umanamente. In tal senso ogni uomo è sovrano. Ma la possibilità che queste cose durino dipende dal non essere soli (perché la proprietà può diventare fonte di egoismo, oppure semplicemente può venir meno, come per i terremotati). Non essere soli vuol dire avere accanto degli amici che abbiano la stessa passione e la stessa tenerezza per il tuo destino che ha avuto per te tua madre. Perché civile? Perché ciò ha un risvolto pubblico, cioè ha a che fare con la forma che si dà, attraverso tutti gli impegni, di qualsiasi rilevanza, alla civiltà.
Pietro Lorenzetti: UN’AMICIZIA CIVILE la meta e i passi di una nuova società, Raffaelli 2014. Massimo Cacciari (filosofo): “un testo pieno di intelligente speranza”. Stefano Zamagni (economista): “un saggio denso e intrigante”. Augusto Barbera (giurista): “sono pagine assai interessanti e scritte in modo chiaro ed elegante. L’amicizia civile impostata come antidoto al familismo amorale e al nichilismo imperante”. Massimo Borghesi (filosofo): “un tema molto attuale che si incontra con le tematiche del comunitarismo americano. La matrice aristotelica del tema dell'”amicizia civile” è evidente. Una risposta alla “società liquida”. Mauro Magatti (sociologo) – dalla sua introduzione al volume: “ciò di cui tratta il libro -l’amicizia civile- costituisce in realtà un tema centrale. Per qualsiasi democrazia avanzata. Ma, in special modo, per la realtà italiana. Non c’è infatti alcun avvenire per chi non è capace di riconoscere un bene comune. Né tanto meno per chi non sa coltivare l’amicizia con e tra i propri cittadini”. Lorenzo Ornaghi (politologo): “riflessioni che, capitolo dopo capitolo, esplicitano ciò che il bel titolo del libro subito preannuncia. Davvero si intuisce con immediatezza come queste riflessioni nascano e siano sostenute per intero dall’esperienza di vita e dal senso religioso”.
Ho cosparso di sale i cubetti di porfido
tra la notte, la siepe e una porta
lasciata socchiusa, ti ho vicina,
ha ghiacciato questa notte
profonda, ma solo sull’erba
di fresca semina, ti ho vicina.
La cima ha innalzato la stella mattutina
e il grido del gallo allerta i gatti,
si affollano i visi a giorno, è quasi ora.
Colunga, 17-01-’17
Se ne va dissennando le ali
se ne va assaporando le ore
se ne va su aspri colori
se ne va dissestando la terra,
questo volo folle di gabbiano
e con lui la nostra estate.
Marina Romea, 28-08-’16
Il mare che giorni fa tuonava forte
sotto il cielo stranito d’agosto,
ora riposa festivo
sopra un letto disfatto di sole.
Marina Romea, 14-08-’16
Caro cardo salutis. La carne è il cardine della salvezza. La carne di Gesù. La carne di Cristo. La carne dei santi. La carne dei martiri. La carne degli operatori di pace. La carne degli uomini di buona volontà. La carne degli uomini e delle donne che si amano nella fatica di ogni giorno. Può darsi che la religione non c’entri con l’omicidio di padre Jacques. Che il movente di questa guerra sia tutto politico ed economico. E’ molto probabile. Ma poiché la politica e il denaro fanno parte della carne, e poiché il cristianesimo è incarnazione prima che religione, Padre Jacques è morto per tutto questo. Per ricondurre (e lo ha fatto in un istante che sta a noi rendere storia) a un significato tutto questo: in quell’istante non ha dato la vita per il Dio della religione, ma per il Dio a cui nulla di ciò che è umano è estraneo. Il resto è diplomazia.
Bologna, 28-07-’16
L’affinità aiuta a vivere la differenza, la differenza purifica l’affinità.
Il nemico più grande di queste dinamiche umane è l’ideologia. L’amico, il realismo.
Bologna, 26-07-’16
Non c’è parola più ironica della poesia
perché essa conosce per provata esperienza
l’impossibilità di dire,
come una piccola bambina muta,
non tutto,
ma anche solo in parte il mistero.
Esso è più reale
in un lampo di nulla squarciato di tutto
e afferrato per un attimo
in un pensiero quasi totale.
Anse calme,
plaghe leggere
è saggio dunque, affidare al fiume
la bambina.
Maarina Romea, 17-07-’16
Han preso il mare per le braccia
dietro le tende
ed è stato un lungo groviglio
d’amore dato
al bacio languido
di un sole filtrato.
…
Il mare, dopo l’amplesso,
concesse al suo sublime destino
una lacrima d’acqua dolce, di gioia.
…
Egli, infatti, non se ne era mai andato dal mondo
e lo aveva sempre aspettato lì.
Marina Romea, 17-07-’16
Nel tardo pomeriggio l’esuberanza delle giovani
fa sbottonare la realtà e rivela non so che cosa,
l’ìncavo emaciato e pronunciato ospita l’allegria
degli occhi ed è un contrasto che fa innamorare.
Stamane però il cielo è una mammella lattiginosa
che ricorda amori infantili morbosi ed esclusivi,
la brezza che esaltava la pelle giovane dei pomi iersera
ritarda, il sole non dà tregua alla rena.
Così lascia gli innamorati liberi di dimenticare
e di amare la bonaccia con vigorose remate.
Marina Romea, 10-07-’16
AGLI EUROPEI L’ITALIA HA VINTO
Se vincere non è primeggiare, ma dare il massimo, migliorarsi, superarsi.
L’Italia ha vinto.
Bologna, 3-07-’16
Sgomitola questo cuore
che a pugni chiusi si difende
dal miracolo della vita (!)
Bologna, 30-06-’16
APPUNTI
Princìpi di Civiltà:
a) la dignità sacra e inviolabile di ogni persona umana, dell’uomo e della donna, nella certezza di un destino comune e buono, secondo l’aspirazione della natura umana, i momenti più alti della riflessione filosofica dell’uomo sulla propria esperienza e l’insegnamento della rivelazione ebraico cristiana;
b) la libertà di coscienza e il senso religioso di ogni uomo, riconoscendo quali fondamenti di civiltà e di democrazia lo spirito ecumenico e la dualità tra autorità civile e autorità religiosa;
c) una cultura dell’amicizia e della non violenza come richiamo alla natura essenzialmente relazionale dell’uomo e alla sua vocazione all’unità;
d) una concezione della cultura non relativistica, da intendersi perciò come ricerca della verità;
e) la ricerca di forme sempre più compiute di giustizia sociale e di bene comune intesi non come utopia futura, ma come esperienza di solidarietà possibile;
f) una concezione laica della politica, al servizio cioè non di chi detiene più potere, ma della vita, della speranza e della creatività sociale del popolo, nelle sue espressioni più autentiche anche se deboli o appena insorgenti;
g) la tutela e la promozione del capitale umano, sociale e civile delle persone e delle comunità, fattori di responsabilità sociale e di cittadinanza attiva;
h) la tutela della vita in ogni suo momento ed aspetto;
i) la solidarietà tra generazioni;
l) il sostegno della famiglia fondata sul matrimonio tra l’uomo e la donna e la promozione di una reale libertà di scelta della scuola e del progetto educativo per i propri figli;
m) il rispetto e la tutela in ambito civile dei diritti e dei doveri di solidarietà vicendevole all’interno di forme diverse di convivenza;
n) la tutela di un autentico pluralismo di espressioni culturali e ideali;
o) il rispetto dell’autorità e della legge come fattore di sicurezza, crescita della convivenza civile e integrazione, nonché come aiuto alla persona nel perseguimento del suo bene e bene di tutti;
p) l’investimento in capitale umano, come elemento fondante lo sviluppo economico, culturale e sociale dei popoli;
q) una cultura del lavoro e della vita come compito, fattore fondamentale ed inalienabile della realizzazione dell’uomo e della sua dignità e argine alle posizioni di rendita di tutti i tipi;
r) una cultura dell’impresa e dell’iniziativa operativa, radicata nella vita delle famiglie e delle comunità, per dar vita a un’autentica economia civile e della condivisione, che abbia come fine non il profitto ma lo sviluppo;
s) la sburocratizzazione degli Stati;
t) l’innovazione sociale, con particolare riferimento al welfare, che resti universalistico, ma al contempo responsabilizzante e sia riformato sulla base del principio di sussidiarietà;
u) la solidarietà tra i popoli.
C’è chi dice che tu non ci fossi mai entrata nella UE. Un piede dentro, uno fuori. Ora te ne esci con tutti e due, armi e bagagli. Tornano lontane le bianche scogliere della Cornovaglia e serpeggia non detto l’appellativo di perfida Albione. Inaffidabile, sempre pro domo tua. Può darsi che per il mondo globalizzato sia un bene, magari rispolvererai qualche altra alleanza. Sarai una scheggia impazzita o ti ricorderai il segreto della tua storia? Non fuori dall’Europa, ma l’altra Europa, il suo alter ego, la sua coscienza critica. Dalla battaglia di Trafalgar contro l’impero napoleonico, alla resistenza sotto i bombardamenti della Luftwaffe di Hitler. Un baluardo di libertà. Troppe caricature di uomini si aggirano per l’Europa di oggi. Senza bisogno di mani nelle uniformi, baffetti inquietanti e proclami da Piazza Venezia. Non c’è ostentazione di volontà di potenza. Ma tanta astrazione. Questo, il tuo popolo ha visto nell’Europa di oggi. E ha preferito cercare la propria strada. Teneteci informati.
I VOSTRI AMICI EUROPEI
Bologna, 24-06-’16
Mentre mi chiedo che traccia tu abbia scelto
su quale tema tu stia faticando
se ti aiuti la logica o la fantasia
mi chiedo anche quale traccia di vita tu abbia scoperto
su quale percorso tu stia ansimando
se ti aiuti la sicurezza o il coraggio
e ricordo quando piccino riposavi bocconi sul mio petto
che si sentivano i cuori
e una nenia d’amore sussurravo a stento
“c’è una lunga, lunga traccia finché ogni sogno si avveri”.
Bologna, 22-06-’16
Ha preso il vento a forzare la vita,
che non vuol dire ciò che riserva.
Bisognerebbe correre più forte del vento,
a perdifiato e salsedine,
i cuori senza allori
i pensieri senza redine
e la speranza colore di un aquilone,
non tolto, ma travolto ogni timore.
Marina Romea, 18-06-’16
Questa guerra che la nostra epopea europea
ha conosciuto solo dalle note di generale,
dai soldati tornati che hanno ricostruito,
mentre di la’ della manica si cantava imagine,
ci sta facendo a pezzi, ci tramortisce di dolore sordo,
colpisce a pezzi,
ammazza a brandelli di la’ dal mare e dall’oceano…
In quale abisso ci daremo, fratelli, appuntamento?
Bologna, 13-06-’16
… Così la vita, tra solitudine ed inutilità,
gode di improvvisi e rapidi orgasmi dell’essere,
si accende, ma non impara la lezione.
Automotivazione è il mantra,
ma la vita è viziata, come un primo amore,
viziato di miracoli e mistero.
Bologna, 11-06-’16
Così andrai in campo
aperto
e troverai chi è più furbo di te.
Dovrai
fare tuoi
gli amorosi promemoria.
Il cuore dovrà
respirare verità
tra molti successi e le cadute,
poca paura e molto coraggio.
Ti darà forza
la tua fede,
ti darà luce
la tua mente:
lasciala sorgente, lasciala andare torrente
e poi fiume, ti prego, fino al mare.
Bologna, 31-05-’16
Ho preso i colpi
Ho perso poi
E adesso arranco
Come un fesso
Ferito dalla vita
Ad ogni curva
Che mi fa sbandare,
andare oltre l’ironia,
mia e altrui.
E intanto ride il mondo
Di una risata fessa
Mentre ride il cielo
Dei tuoi occhi
Di misericordia
Ad ogni appuntamento
Con la nostra terra.
Bologna, 24-05-’16
Vissi di ciò che mi deste e succhiai
vissi di ciò che vi diedi quei sempreverdi ai ghiacciai,
ma non basta a questa età;
e come un liquore cordiale
si vuol risentire nel calore animale
la sicurezza che non cede, dei rapporti
e degli abbracci forti.
Bologna, 22-04-’16
Di questo strano insorgere di giorno
restano solo un trionfo di luce
e le strade appena bagnate.
Bologna, 19-04-’16
Sola con una figlia
ti sorregge a stento una gamba
sorridi e scherzi stanca di anni
e stanca degli scherzi del destino,
ma la gente, tutta la gente del popolo qua attorno
fa come noi
alle sei della mattina
viene a cercare il caffè della signora,
perché tra i denti che mancano
tu hai parole da vera signora.
Bologna, 15-04-’16
Un ciclista va, in un pieno di coscienza della realtà,
che svolazza una foglia. Pasqua t’invade e si prende il tempo.
Guidi tu, ed io di sottecchi ti guardo le mani curate.
Poi il viso ed è festa. Dammi cuore tu che ti prendi cura di me.
Bologna, 28-03-’16
Uomo dei dolori
e delle gioie inaudite,
dei profondi chiodi
e dei profondi sguardi,
che ci hai chiamato amici,
donaci l’esperienza
oltre i dolori e i nostri chiodi, piccoli
e grandi come una strage,
la vera promessa
d’amore vero,
oltre i pensieri
e le difese,
che tu ci sei venuto incontro.
Ridendo crescerai
sotto un cielo di marzo
come grano che non ingiallisce
Bologna, 22-03-’16
E’ così passata come un sospiro
questa giornata attesa con trepidazione,
la scommessa di qualcosa di scontato
che le primavere ritornano e anche avanzano,
ma vibra dentro il cuore come un’emozione
che non ci sia niente di conosciuto,
sorrisi ninnoli sconosciuti del mio cuore
che sarà a sé stesso una scoperta nuova,
come il colore di quella gemma del parco,
spalàncati,spalàncati, spalàncati, spalàncati.
Bologna, 21-03-’16
Quelli che vengono a tifare a Roma per la loro squadra e orinano a turno su una mendicante. Quelli che ne costringono un’altra a fare le flessioni per poi darle una banconota non prima di averla data alle fiamme, deridendo la donna che cerca di raccoglierla.
Questi mendicanti sono dei giganti a confronto non solo di questi vermi, loro aguzzini, ma anche di quei nani del consiglio europeo che hanno partorito l’accordicchio sulla Turchia.
Bologna, 18-03-’16
Ci son fiori di stagione che ti regalano un sorriso,
ci son fiori fioriti sempre che sono un sorriso dentro.
Bologna, 18-03-’16
Quegli occhi, come le ore passate
d’estate,
blu e profondi,
prima e dopo il tramonto:
le stagioni, gli sguardi che all’improvviso
sono solo per te
gioia,
anzi scappano e poi ritornano,
giocano e ora finalmente sai a cosa,
tutte e due scalze sulla sabbia,
a benedire i piccoli passi
di lei che già corre.
Appena mi sono arrischiato a vivere,
oltre le remore, oltre gli schemi,
è comparso un albore, un paesaggio,
un antico presagio, divertito come un puzzle.
Come il nitore di un cielo fiammingo
è una speranza luminosa e precisa.
Non so però cosa voglia dire:
so che il mio cuore come pellicola
ne è rimasto indelebilmente impresso.
Bologna, 13-03-’16
Abbraccio il mondo e te che canti sotto la doccia
abbraccio il tempo di questo sabato di marzo
e non so se ce la faccio, sento che non si trattiene
tutto il primo polline e l’emozione e l’affezione
sconfinata, perché il cielo non è un movimento
del dare, né del ricevere, nè tanto meno del ripensare.
E’ solo quando tu ti rivolgi imprevista o tu amico imprevisto,
che rivivo l’esperienza vera dell’essere voluto e nato.
Bologna, 12-03-’16
Il clericalismo è una condanna innanzitutto per i preti, anche per quelli che non sempre lo hanno favorito. E’ infatti una dipendenza malata dei laici da logiche che riguardano la chiesa, ma ancor di più da preoccupazioni temporali della chiesa. Il punto è che in una logica di testimonianza, se la chiesa è un corpo essa non può agire tramite i laici nel rappresentare le sue istanze. Non può se non altro dopo le acquisizioni conciliari sulle responsabilità dei laici nel mondo, ben tradotte anche nel magistero di taluni movimenti ecclesiali come personalizzazione della fede. La sfida è che la fraternità rinasca autonomamente, in termini sociali, come frutto di fedi mature, libere e aperte a persone di diverse estrazioni culturali e religiose.
Bologna, 11-03-’16
E così mi vien da pensare, a questa strana ora,
al nostro strano universo, quasi lasciato lì
o forse un lascito di battiti del cuore:
amori, passioni, ritorni e mondi abbandonati dagli eroi.
Poi mi vien da pensare ad eroi che mi son stati
semplicemente compagni, così come voi,
amori sopra ogni altro, e allora si illumina la volta
e questa volta il battito del cielo è una canzone di strada.
Bologna, 11-03-’16
Il cuore di una donna che batte e sospira,
sta solo ricordando qualcosa che sarà.
Certamente sarà.
Ti ho scritto ad ogni chiamata,
destino,
ti ho scritto e ho scritto di me,
fino a sentirmi vuoto il cuore ogni volta di più.
Ora chiedo di sentire, fino al vuoto del cuore,
il vivere pieno
di un’intensità,
che lo scrivere non dà.
Ti sei ritratto dal mio e nostro abbraccio
con pochi passi all’indietro, ti sei messo nell’angolo
e, lontano da lei, mi hai svelato in una frase
che la tua felicità è vedere la felicità degli altri.
Ho riflettuto a lungo su questo scambio e mi è parso
della natura delle persone. Ché alcune hanno il destino di conservare
per noi, un malloppo di felicità, così che il tempo non lo cancelli
e ne perda il balsamo e il ricordo.
Anche lei ora lo sa, da madre e io, da padre.
Grazie grande amico don Giuss.
Pisa, 22-02-’16
Ora vedo solo le lattine di birra
vuote
sui tetti dell’ospedale.
Un controluce di nubi fitte
come un cambiamento definitivo
del colore, proprio là,
sulle montagne dei pisani.
Non mette angoscia questo
quadro di arte contemporanea,
fatto di oggetti spogli e cieli plumbei
e poi non amo le speranze cupe.
C’è qualcosa che brilla nei cuori che sperano,
c’è un amore disposto a tutto
per l’amore dolce,
portato da chi si ama.
Pisa, 18-02-’16
Quando ti ho vista lontana
nei nostri giovani anni,
quando mi hai abbracciato
nei nostri cuori per sempre,
ogni giorno poi rivederti più bella
in ogni donna,
senza il sapore dell’inganno
tu che mi hai dato la vita
e prima ancora la meta
dei miei passi stanchi,
quando il cielo esulterà
dei nostri e tuoi sorrisi bianchi.
Bologna, 9-02-’16
Ti scrivo nella rete,
ti scrivo sull’aria piovosa,
ti chiedo nel cuore spento,
chiedo a te,
io che non fido più di me stesso
figuriamoci gli altri:
capisco il tempo dell’attesa
e del giudizio che sa,
che ritornerà
il sole a far stupire
di persone e di riflessi,
gli occhi nostri.
Bologna, 2-02-’16
Cordigliera, collana,
corona, cuore e coraggio di mamme
che si abbracciano
e ci proteggono,
che continuano
a dare la vita,
come hanno sempre fatto
e continueranno
a fare nella loro eternità…
Bologna, 22-01-’16
Sei tu
che cambi discorso
che poi torni ad ascoltare
i casini
il dolore
e quell’Altro che ricompare,
sei tu ferma sponda
che l’acqua graffia
del mio fiume irrequieto
dolce sponda
che l’acqua calma
ti accarezza
mai abbastanza.
Bologna, 21-01-’16
Per il mondo si sbranano le carni i cani
e in quell’angolo di cuore che è il mio.
Nei sorrisi divini e furbi degli anziani
ho visto una portaerei di fiori
e petti al vento gelido e sordo.
Ora so che la pace non teme la lotta,
ma solamente di stare senza amore.
S. Alberto, 17-01-’16
Ognuno di noi nasce partecipando di una vita, di un flusso che lo precede e dentro cui cresce fino ad acquisire autonomia e capacità di creare a propria volta relazioni stabili e feconde.
L’immagine di questi giorni del piccolo jihadista di due anni armato e (teneramente) minaccioso ci dice subito che questa introduzione alla vita, nel mondo di oggi, può essere contro natura.
Ora però, normalmente, la tradizione veicola valori che vogliono portare a un’interrogazione positiva del destino e delle vicende umane. Non violenta dunque, ma aperta. In ogni caso questo cammino è fortemente condizionato da un senso di paura e inanità che deriva, in tempi di globalizzazione, da una “radiazione cosmica di fondo” che si è fatta minacciosa, un po’ come i colpi del destino magistralmente musicati da Ludwig van Beethoven. O non ci si pensa o il destino è una minaccia.
Nel rapporto che l’uomo, partendo dalla tradizione e dagli affetti in cui cresce, stabilisce con la realtà, il problema del destino è consciamente o inconsciamente il problema capitale, anche perché sullo sfondo ci sta il tema ineludibile della morte. Che sul destino la persona abbia un’interrogazione aperta e una percezione intuitiva positiva è questione di libertà. Gioca però un ruolo decisivo l’educazione e – appunto- il contesto affettivo.
La questione drammatica è che, avuta un’educazione a porsi in modo aperto il tema del destino – che alcune ideologie religiose invece tendono a chiudere – fare storia, cioè realizzare la propria libertà, necessita di una riconquista personale e autonoma dei termini del problema. Del destino cioè come suggerimento e invito della realtà. Il destino non è una minaccia, ma una promessa.
Questa verifica, che non può che essere assolutamente libera – nel cristianesimo il Figlio di Dio va in croce per conquistare all’uomo questa libertà – è, appunto, un dramma. L’uomo è chiamato a restituire ciò che ha ricevuto con il dono della vita: in ultima istanza a riscoprire attraverso tutte le circostanze di essere amato e di essere capace di amare.
Dove questa riscoperta può diventare casa ma anche abbattere muri? Dove questa riscoperta può diventare famiglia e unità senza diventare chiusura? Dove questa riscoperta può avere identità e gettare ponti?
In qualcosa che ci coinvolga come un torrente l’acqua e poi l’acqua il fiume. E’ qualcosa simile alla rete, ma non è solo l’amicizia o il seguirsi vicendevolmente nella rete. Sono le comunità, sono le social street, per esempio. E’ dove la persona si riconosce partecipe di un destino, o anche solo accomunato da una circostanza e dalla ricerca del modo migliore per viverla insieme. Come in un concerto dove si vada un po’ impersonalmente, in massa, per il cantante, per un idolo, poi la musica pian piano scaldi i cuori, la pelle, i sogni finché giunga improvvisa una parola, il verso di quella canzone che colpisce nel profondo tutto lo stadio e coinvolge tutti in un solo pensiero. Una parola detta in un certo modo può, anche in una mattina qualunque di lavoro, prendere sentimenti e pensieri e unire le persone.
E’ il popolo. Realtà impossibile a definirsi, ma che non si può immaginare se non fatta di legami, di famiglie, se non aperta, se non salda, se non in cammino. Le istituzioni tenderanno a scomporsi, a ricomporsi, a irrigidirsi, ad essere rovesciate. E’ comunque difficile prevederne il futuro. Ciò ci impone una responsabilità maggiore verso la nostra storia e verso il nostro futuro in quanto popolo, in quanto popoli nei quali, prima che nelle istituzioni statuali o sovra statuali, si gioca il bene delle persone. L’esperienza dei movimenti popolari dell’America latina, che può essere un’esperienza riproducibile non negli stessi termini in Occidente, è però un punto di riferimento. Quando Francesco dice pan, trabajo y techo, dice qualcosa di molto preciso che interroga il livello di benessere cui siamo abituati. Sempre meno lo Stato potrà garantire sicurezza e tutele. Salvo in antistoriche roccaforti chiuse.
Ciò che assicurerà la persona come la corda di una scalata in montagna, sarà la fiducia che nella fedeltà di certi legami sarà custodita. E questa fiducia, questi legami, sempre aperti all’altro, rappresenteranno il punto continuamente generativo di popolo. Da ciò rinascerà creativamente, già sta rinascendo – si pensi alla sharing economy – una nuova capacità concreta di solidarietà.
E’ in queste forme di unità, di comunità, è in questo prendersi cura gli uni degli altri, che vengono coltivati ed espressi, come nei primi ospedali medievali, il riconoscimento della dignità sacra e inviolabile della persona e la consapevolezza di un destino comune e buono che non chiede altro se non una vita appassionata e costruttiva, in qualunque condizione ci si trovi.
Questo amore è il segreto semplice che il nostro tempo può ancora svelare, da persona a persona, sotto il frastuono e lo sferragliare delle armi.
Pietro Lorenzetti, Bologna, 10 gennaio 2016
Quel che si fa
non è quel che si progetta,
ma quel che ci viene incontro
dalla meta del cammino.
Bologna, 31-12-’15
Dammi l’allegria
e la ridonerò senza pensarci,
dammi la nota
e stonerò canzoni d’amore,
piovimi negli occhi
e piangerò la tua inconfondibile gioia per il mondo,
stammi vicino Tu, l’inarrivabile,
e non tremerò più di nulla,
ecco Amico, soffia sul nulla,
così che il nostro tempo sia prossimo al tutto.
Bologna, 29-12-’15
Tutto il cielo che io posso vedere
da questa sera di terra
lo posso aspettare
e camminare,
tirar giù la tenda a brani
di un tu che chiama
e dire io, sempre più amante
del domani
Bologna, 14-12-’15
E più marcisce e più fiorisce
la terra mia,
di amori e di ritorni
si popola,
e più il cuore conosce
umile
il destino umano,
in segreto dice sì teneramente,
allora non c’è più dolore che oscuri la voce amica,
neanche il disfarsi di questo corpo,
non c’è paura da voltar le spalle al domani…
Da qui tramonta la terra invernale.
La carne è esplosa
nelle stragi
e nelle giornate
degli uomini figli
di una strana felicità
Bologna, 26-11-’15
Amico non conosci la forza di vita di un sorriso di donna?
Riconosco il tuo riso beffardo mentre spari per niente
Anch’io ho assaporato la buccia amara del nulla
Poi tutto è successo nell’incontro di volti
Il segreto è la speranza che nasce da uno sguardo.
Bologna, 18-11-’15
- L’efferatezza di ciò che è successo a Parigi è nuova per l’Europa, ma reitera ciò che è successo anche recentemente in altre parti del mondo, a Garissa come a Beirut, e ci fa capire ancora una volta che la guerra portata dalla Jihad col supporto di potenze mediorientali è globale (guerra mondiale a pezzetti)
- L’obiettivo non è solo l’Occidente, anche se nell’Occidente si incarna il nemico ideale per accreditarsi presso l’opinione mussulmana come leader
- La guerra è anche e prevalentemente intra islamica e come tale va trattata
- Il nostro atteggiamento non può perdere la virtù del dialogo, non con le frange violente, ma con tutti coloro che mostrano un minimo di disponibilità. Occorre un’indomabile certezza nel desiderio di bene che può emergere dal cuore dell’uomo e che è più forte degli abissi e dei propositi di male
- L’Occidente, che ha una grande risorsa nella separazione di autorità civile e religiosa resa possibile dalla natura del messaggio cristiano – e Ratzinger aveva ragione nel discorso di Ratisbona ad ammonire sul fatto che l’Islam non possiede questa risorsa nel suo bagaglio culturale e quindi è dubbia la sua possibilità di coesistere con le democrazie – deve valorizzarla
- Spesso l’autorità religiosa è costretta invece a supplire alla mancanza di una politica capace laicamente di porre le basi di una convivenza civile ordinata, capace di trasmettere i valori della dignità della persona e della difesa del bene comune alle giovani generazioni, difendendo la sicurezza certamente, ma anche esercitando l’accoglienza che ha reso tale l’Europa nei secoli e nei millenni, nonché alimentando il dialogo di cui al punto 4
- Oggi più che mai noi universitari sentiamo il bisogno, come crediamo sia successo a Valeria Solesin, di alimentare ciò che amiamo, cioè la meraviglia per l’essere che nella corrispondenza con le nostre esigenze umane più profonde si manifesta come verità che mette in cammino. Questo cammino ha come impedimento la riduzione ideologica dell’identità, l’appiattimento dei desideri, la distruzione del senso estetico
- Ai politici chiediamo di esercitare il discernimento più responsabile e morale, cioè l’amore a ciò che è vero più che alla propria opinione. Perché nel loro cinismo cresce quello del popolo, nel loro vuoto risuona lo sferragliare delle armi.
Bologna, 17-11-’15
Dedicato a Valentino che non ha vinto, ma ha conquistato ancora una volta i tifosi. A Francesco (si licet parva) che è in difficoltà, ma continua ad avvicinare i cuori di molte persone al messaggio cristiano. E a ciascuno di noi, che inizia una nuova settimana.
Vivere, vincere
C’è un impulso che muove l’uomo che lo spinge a raggiungere un traguardo a superare un limite. A compiere una promessa. “Qualcuno ci ha forse promesso qualcosa. E allora perché attendiamo?” recita e ferisce la famosa lirica di Cesare Pavese. Appunto, come se si trattasse di una spinta a conseguire qualcosa a prescindere dall’oggetto stesso. Sembrerebbe uno stato di soddisfazione di desideri, uno stato di libertà avulso da un contesto. A cosa pensa un centometrista quando taglia il filo di lana per primo? Non è il premio, non è il podio, non è il primato, non è l’applauso, non è nessuna di queste cose da sola e nemmeno la loro somma che giustifica lo stato di ebbrezza. E’ la vittoria, è il vincere. Quasi non se ne potesse fare a meno, quasi fossimo stati messi al mondo per questo. Proprio quei vagiti iniziali sono, in fondo, un grido e un pianto di dolore, ma anche di vittoria. “La Maestà della vita”, titolò una sua famosa opera Giovanni Testori. Eppure la vita nella sua normalità contraddice questo bisogno di vittoria e ci prostra nelle frustrazioni di un’ordinaria sottomissione ai condizionamenti. L’ordinario e lo straordinario, il quotidiano e l’eroico, in realtà non sono affatto dimensioni separate dell’esistere. Occorre capire bene le ragioni per cui ciò che la vita offre ogni giorno e ciò che la vita ti ha dato al tuo nascere non sono un peso ma una chance. E’ l’esperienza di qualcosa di divino che cerchiamo in quel desiderio umanissimo di vincere, di superare un limite. Si esprime a livello adulto nel desiderio di creatività, di utilità. Molte storie di persone segnate dalla vita dicono che non c’è condizione che possa interdire irrimediabilmente questo desiderio e questa esperienza. Vivere è vincere, anche se questa vittoria prende forme che non avremmo aspettato o voluto. Solo la certezza che nella vita si vince, che la sua natura è promessa leale di compimento, può dare ai giovani la libertà di rischiare fino in fondo i propri talenti, cioè i doni unici che il destino ha fatto a ciascuno. Rischiarli, non nel senso di alienarli a padroni invisibili. Bensì guardare bene in faccia l’ideale in cui si incarna, in cui trova un’immagine, in cui prende forma il nostro desiderio. Sono gli incontri più imprevisti, son testimoni discreti o maestri appassionati che ci fanno vedere che anche per noi si potrebbe verificare la stessa verità e la stessa passione. E che solo rispondendo con passione a questa intuita verità possiamo realizzare noi stessi, la nostra vocazione. Disse icasticamente Steve Jobs nell’indimenticato discorso rivolto ai neolaureati dell’Università di Stanford: “dovete trovare ciò che amate. Se non lo avete ancora trovato, continuate a cercare”. Oppure Etsuro Sotoo, l’architetto giapponese che sta continuando l’opera di Gaudi nella Sagrada Familia di Barcellona, quando ebbe acutamente a notare che l’allievo deve guardare non il maestro, bensì ciò che il maestro stesso guarda, perché solo così la sua originalità e la sua creatività si liberano veramente. La vita è il gusto dell’esplorazione, della scoperta e della conquista, siano esse quelle dello spazio, oppure quelle di un nuovo algoritmo, ma anche più semplicemente del miglior funzionamento del tornio.
Bologna, 9-11-’15
La vita mia ha cantato tutto sul mio conto
me l’ha detto il più intelligente di tutti,
che ho perso,
ma che ho vinto a modo mio
come quel cretino di bio presto.
Ora farò così, e non perché non abbia alternativa,
ma perché ci ho provato gusto,
smacchierò le camicie nelle fontane
e tornerò a mangiare
insieme con i figli di un destino d’amore.
Bologna, 29-09-’15
Di questi tragici tempi mi sa che mi ritrovo bambino sul carrarmato a gridare “abbiamo vinto!” Eterna lotta, guerra senza quartiere contro l’incomunicabilità, la tremenda incomunicabilità, per cui ognuno prende, nei rapporti, solo ciò che gli interessa, senza lasciare spazio all’altro. Ma la tenerezza e la fortezza creano lo spazio della condivisione, lo spazio di una società nuova. E’ mattina, le stelle si son spente, si accendono gli occhi degli amici, che bello pregustare il senso della totalità mentre si lavora! Compito all’altezza di donne e uomini non addomesticati, ma capaci di collaborazione.
Bologna, 23-09-’15
Sorridi là in fondo tra la gente
infinitamente bella
come il destino totale
che aspetta le vicende umane
Bologna, 22-09-’15
Non è stata livida la tua giornata
non ne ha avuto il tempo
tu promessa di Dio in un grembo
Bologna, 16-09-’15
Assolo con orchestra
sorge un baleno di luce cristallo
che rimpiattino degusta,
una giovane festa,
di bianco vino settembrino
Bologna, 6-09-’15
Finalmente parlarsi diretti,
sui tasti sentirti che tocchi
smaltati di rosso
accendono dubbi
che sono falò.
Ravenna – Bologna, 2-09-2015
Partire è come dare vita, paternamente.
Da qui, dalla casa del sentire,
non si è abituati al commercio dei saluti,
se non di arrivederci;
e proprio ora si sente
che ogni arrivederci è un appuntamento
con un altro momento
delle nostre persone
che il tempo, già tra poche giornate,
avrà sbocciato,
tra nuove rugiade
e bevande fresche,
per strapparti, amico mio,
un momento
di racconto della tua eternità.
Marina Romea, 14-08-’15
Anche per me è tornato a brillare il mare;
per tutto il navigare
brancolando,
nelle barche e dei barconi;
nelle arche
degli archi delle chiese,
di chi non sa
come cavarsela
che sono tutti quelli che ci pensano.
Solo il sound di sottofondo è sicuro,
ma qui
chi ha bambini non sa come fare,
l’estate dimentica ma non scorda
i presentimenti delle stagioni
il loro ritornare
tra ritmi di batteria,
sperando,
in certe improvvisazioni
di solo jazz
e baby dance.
Marina Romea, 12-08-’15
C’è una scena che da ragazzo mi colpì molto in guerre stellari. Luke Skywalker sta entrando con la sua astronave a velocità pazzesca -improbabile missione- dentro i percorsi labirintici della morte nera, per farla saltare. Luke è però inseguito, quando la macchina da presa inquadra ancora più indietro la faccia sicura di Harrison Ford, nel film un suo amico mercante, che si infila anche lui a velocità pazzesca nello stesso cunicolo coprendogli le spalle. Il finale probabilmente lo sapete. Così nel mio immaginario ho sempre pensato che ci sarebbe stata una nuova battaglia, una battaglia finale, una morte nera da far saltare, ma non da soli, con la forza di un legame. Ho capito, amici, che ciò in cui occorre entrare con la forza di questo legame, ciò in cui un giorno sarei entrato finalmente è l’istante, con tutte le sue fatiche; ogni istante in un tentativo ripetuto e diuturno, ma sicuro, di vivere all’altezza del mio desiderio di uomo.
Bologna, giugno 2014
Oggi Marina è pensiero che sfuma
in un suono celeste
di risacca e di foschia
biancore,
è nata quasi soffocata
la giornata cianotica
all’ombra di niente,
dove la natura si protegge
con il sudore dei corpi
con il vapore della piallassa.
E’ giallo, il limone nel bicchiere freddo
d’acqua brillante,
sa di terra e sa di cielo
la buccia liscia di una giovane
pelle da poco esposta al sole,
che non suda e lucente
si colora,
cosa che le ali bianche di un gabbiano
non sanno.
Il loro volo va,
vela e vento
nel latte del cielo,
e scompare.
L’afa qui
non è peccato da scontare.
Marina Romea, 7-08-’15
Ebbe caldo il giorno,
di quello che non dà tregua
neanche di notte,
di quello che la luna suda
e solo i merletti dei castelli
danno riparo agli amanti.
Ecco, chi sa quanti amplessi,
quanto amore superò il dolore
nel corso della notte
e percorse i corpi bramanti,
gli occhi aggrappati alle stelle
e il cuore più in là,
come un pensiero inebriato
dai liquori
colati, da un cielo sognato da Bacco!
Oggi, nell’oggi del tempo
s’è alzato il vento
e ha dato ristoro agli antichi,
ha restituito tersa la luce
e la frescura,
oggi la natura ha liberato i miti
e ha chiesto calore agli uomini,
la gratitudine dei piccoli cuori e i loro dolci sospiri.
In quest’affare di realtà
non li sovrasta più
la gota turgida di Eolo.
Bologna, 6-08-’15
Azzurro è il levare l’ancora dello sguardo,
poi liberarlo in equilibrio tra terra e cielo
alle nuvole bianche e quasi beate, passeggere che
raccontano un’altra estate qui.
Le serate sul lungomare
a vivere d’amore senza sapere come
e immaginare domani
a forza di voli bizzarri di gabbiani.
Da allora ho imparato ad abbracciare la visuale del mare
come i corpi dei miei amori e gli infiniti inviti a festa.
Ora tutti i pensieri quasi lucciole ammiccano,
nonostante i corpi più pesanti e le ferite brucianti
le carezze sollievo, ora, la meta nascosta ascolto
e picchiano più deciso i miei sandali sui talloni,
nei cammini audaci della passione e della riconoscenza.
Vita mia ti riconosco.
Cattolica, 30-07-’15
Madonna dei tramonti, del grande pittore Pietro Lorenzetti, basilica di San Francesco d’Assisi.
La mia mammina, da ragazza era in Umbria e amava questo affrresco, non conosceva ancora il paparino, che incontrò poi tornando in Romagna. Chissà dunque cosa le frullò nella mente, dato che mi confidò poi, portandomi a vederlo, che le capitò di pensare, allora, “se sposo un Lorenzetti, un figlio lo chiamo Pietro”.
Bologna, 22-07-2015
Nei suoi occhi, vidi i sospiri stellati,
i suoi mi condussero nei boschi,
lei usciva dal mare nell’età del sole.
Ma fui solo, deserto dentro,
nel tempo degli sguardi immobili,
finché vidi a te,
biancheggiare nella notte,
mille occhi mori di carovana.
Marina Romea, 12-07-’15
Gli atteggiamenti, il ballare quasi
dei cantanti che ravvicinati e maschi
si divertono scanzonati,
fanno ondeggiare le braccia
a migliaia come un’unica sculettata,
spensierate note,
al cielo della bassa nella notte.
Bologna, 25-06-’15
Spazio che ho abitato non ti possiedo,
ho passato tanti anni tra due balconi
e opposte finestre, su tante visioni,
ma nessuna era l’una, quella che vedo
ora, ora che devo andare, è forse la più reale.
Ma tutto mi sfugge, o forse non a me,
perché non son bastati tredici anni
per catalogarti, mi è rimasta l’aria
temperata, delle mezze stagioni e la corrente,
da strada a strada, da fronde a fronde.
Mia casa,
tra queste finestre, le gabbie
sono saltate per sempre.
Lasceremo che ci invada
quella strana tenerezza di creature,
che sarà vetro soffiato e modulato
lungo le ore del giorno,
oltre ogni resistenza,
da alito e mani di padre.
Bologna, 22-06-’15
Riabitueremo il cuore
a prendere il largo,
di momento in momento,
come un veliero disincagliato…
E basterà un’acquamarina di compagnia.
Bologna, 22-06-’15
I tuoi vent’anni
sono belli nel mezzo
del mio vivere,
sono così, come fai tu:
una piroetta e via, a modo tuo
e ti riesce di consolare questo mondo.
Egocentrica come poche,
ti ha reso così la dote
della sorte scritta sui tuoi seni
e sui riccioli dei tuoi capelli.
E’ l’eterno segreto del mondo
che ci tiene in vita con l’inganno
della bellezza e del ritorno,
ad un’età,
che forse sarà,
splendore anche aldilà, lalala lalala …
Bologna 19-06-’15
C’è solo adesso
con questo cuore che arde,
c’è solo poi, un respiro
strozzato,
ho appreso ormai,
a non fare rumore.
Bologna, 17-06-’15
E rompe il cielo
dagli argini e dai sipari,
è il suo teatro che si riapre
tra grosse grida e chicchi di gocce,
acuti di soprani e di tenori
dicono che sarà solo gioia.
Bologna, 16-06-’15
Mi hai toccato nell’abbraccio di un padre e di una madre
e da allora io vivo ogni istante in uno sperduto desiderio:
ritrovami Signore!
Bologna, 10-06-’15
Come se tu portassi una ricchezza,
ti porti dalla spiaggia al mare
con i fianchi che non son più gli stessi,
mentre i capelli ed i riflessi
spandono bellezza, lucente essenza della tua persona
tutt’intorno a te.
Bologna, 6-06-’15
l’ho ascoltata mille volte questa canzone…
Sst!
Sogno di fare nel bel mezzo
di un ritrovo che non c’entra niente.
E sentirla imprevista da dietro la porta,
da non so dove, come se fosse un canto
lontano, ma dentro il cuore che si riconosce
nei presenti e dice il perché
siamo diversi eppure insieme.
Bologna, 1°-06-’15
Quelle frasi che tu dici t’ho detto al momento giusto ed esatto /
insegnamenti di vita per sempre io di certo non so che fine hanno fatto /
e neppure ci credevo ti arrivassero, l’ho fatto per darti speranza, /
per evitarti forse qualche sostanza, /
per dirti di una fede incrollabile e di un labile fedele. /
E allora ho detto: “io muoio per lui”, perché tu meriti tutto, /
la sostanza della vita che mi hanno insegnato /
e poco importa se davvero ci abbia creduto. /
Tu già lo sai di saperci stare a ‘sto mondo, io non sono stato, /
anche se c’ho provato con qualche stratagemma /
che purtroppo con me non ha mai funzionato. /
RIT:
Quelle frasi che tu dici t’ho detto al momento giusto ed esatto /
insegnamenti di vita per sempre io di certo non so che fine hanno fatto. ///
Non ti ho mai visto passare, però, questo no /
perché sono sempre stato con te, i vuoti interiori non so. /
Non voglio perdermi la tua stagione di uomo maturo /
e voglio che sia il ritorno migliore del mio investimento più puro. /
Ritrovassi – dicono gli altri ed anch’io – spensierati sorrisi, /
tu me li avrai regalati con tanti interessi. /
RIT:
Quelle frasi che tu dici t’ho detto al momento giusto ed esatto /
insegnamenti di vita per sempre io di certo non so che fine hanno fatto. ///
E allora lo sai, tu per me, io per te, racconteremo emozioni /
squarceremo a modo di ognuno la gola in speranza /
braccheremo l’amore a trarre vita da furibonde passioni /
e la sua argentea sapienza. /
Saremo insieme, come non so, ma ci riconosceremo tra i volti di mille /
e sapremo a memoria le parole da non essere dette. /
RIT:
Quelle frasi che tu dici t’ho detto al momento giusto ed esatto /
insegnamenti di vita per sempre io di certo non so che fine hanno fatto. ///
Perciò figlio mio, capitano e maggiorenne, /
basta parole, si cazzano le vele /
largo alla vita, pulsare del cuore tra le dita, /
si scioglierà a poco a poco anche il pack del ghiaccio perenne.
Bologna, per 2-06-’15
Il tuo primo respiro, grido del cielo e fu subito il nostro,
ora scopro anche il tuo, disse il destino che tu ti segnassi
e che mi insegnassi e segnassi le piante del tempo,
in orme latenti, sotto il patio di un cielo lucente all’aperto
gli astri in amore, di successo in successo, di fatica in fatica.
Ora guardo: “che c’è?”, sempre meno lo dici, ora mai tu conosci gli sguardi
sull’uscio di camera tua, a dirsi di oggi le parole di ieri e i pensieri domani, sarà
perché sì il domani sarà…la la la la la la, è già in erba è come ridente,
non pretendere niente, chiediti tutto, domanda alla vita
come un Dio latente la la la la la la, la la la la la la
Bologna, per 2 giugno ’14
Di là da una tenda di motivi e di fiori
rivoli piovani di campanelle vere.
Mi ritorna il loro rosa fulmine di fioritura,
come un pensiero che attraversa la trama del nulla.
Pietro, 23-05-’15
L’uomo di oggi – è stato autorevolmente detto – si capisce meglio dalle periferie. E sempre nelle periferie è dato, nelle tarde tiepide sere di primavera, avvistare ancora le lucciole e le loro luminescenze, un miracolo che incanta le pupille. La loro ricomparsa non suggerisce tanto il ritorno di valori tradizionali nella nostra società (come per converso della loro scomparsa ebbe a dire il grande Pier Paolo Pasolini), ma, piuttosto può – esse possono – evocare come d’incanto una speranza ineffabile. Una speranza quasi impalpabile, che appare, scompare, la prendi, ti scappa via di nuovo. La punteggiatura di questo disegno nell’aria è l’aspetto quasi sfidante della speranza che ci è rimasta.
Bologna
E’ proprio in questa necessità di attendere,
in questa possibilità di perdere,
in questa disponibilità a perdere,
che comincia un successo più grande,
che comincia un’attitudine stabile a godere della vita
e ad incunearsi negli spazi che lascia alla gioia.
Bologna, 20-05-’15
Scriverò la vera storia di tutti i miei sogni,
abbraccerò le persone vere
che saranno poi state tutte quante.
E sulla soglia di ogni vendetta ricorderò
che tu mi apristi lo sguardo
quando iniziai ad arrendermi.
Io amo, amo questa vita
e la voglio lottare
se ciò è necessario per amare ed essere amati.
Voglio il futuro, che mi abbia del tutto
e a dispetto di tutto,
consumare la paura nella passione degli amori e degli amici.
Sono per me le canzoni
che i cantanti dedicano
ai loro piccoli figli.
Bologna, 19-05-’15
E’ calata la notte sui sogni più belli,
è rimasta una storia che finisco di scrivere
e cui manca il finale.
Sarà quello il sogno più bello.
Bologna, 17-05-’15
Solo con me davanti al mondo riguardo a fondo
la vita mia a sbalzo sulla strada,
c’è una campanella che ora è polline di suono intorno,
i pensieri vanno ma non mi avranno,
din don,
è l’ora di uscire, contemplare ed agire.
Bologna, 17-05-’15
Stamattina il mondo ci regala il cielo
e una ragazza che accudisce i mici di strada,
come quella che puliva alghe di fiumi
e s’interrogava segreta sul suo destino.
Bologna, 15-05-’15
Il desiderio di una vita cui
hanno detto di non
desiderare
sarebbe urlare di rabbia,
non è quello che ci spetta,
non è quello che ci basta, ma cantare di gioia,
arrendersi a questa tonalità sorpresa
commossa vitale e corale,
ecco, tutta la sofferenza,
è stata per questa vocalità estesa e corale,
se la smetteremo di provarla.
Bologna, 12-05-’15
Ho schiuso poche righe di luce che sono giorno
Bologna, 4-05-’15
C. Qual è la soluzione, se non l’assoluzione?
U. Ho cercato giustizia, ma hanno risposto soltanto echi solitari.
M. Ti ho instillato l’amor proprio: che te ne facevi di ideali che ti avrebbero portato fuori di te?
C. Tu dividi, io ti narro la loro storia; ci hanno provato a riprendersela secondo i loro istinti…
U. Noi volevamo giustizia.
M. Se vi foste alleati con me, i vostri istinti sarebbero deflagrati in un potere immenso, in un globale regolamento di conti.
C. Appunto, la storia dice che non c’è giustizia senza amore.
U. Amore a sé, amore agli altri.
M. La mia condanna è l’uomo reso amore dall’amore.
Bologna, 2-05-’15
Ecco, rivedere il verde,
gli alberi sventolare,
è come andar via,
è come perdere.
Lo sguardo a volte fa nascere,
sotto il vento,
una cesta natante di neonato.
Bologna, 1°-05-’15
Venne fuori, prima dal labbro, dalla fossetta del labbro superiore, poi sgrinzandosi a sorridere, le due labbra comprese, così, come tra loro e loro. Gli occhi umidi, senza lacrimare, accompagnarono il leggero elastico del viso. Era luce. La consapevolezza leggera di tutta la fatica, del dramma che era stato lasciar scalfire il marmo del cuore. E riconoscere che lei (ogni lei) c’è, che tu (ogni tu) ci sei, che il senso di ogni momento si potrebbe fare vita.
Bologna, 1°-05-’15
Resti solo tu, la tua voce,
il resto se n’è andato via,
c’è quello che mi sussurravi da piccolo,
poi più non tanto.
Toni rudi della vita, gli occhi tuoi
accompagnano i suoni dolci e quelli stupiti,
ma ora è tutto più rapido,
rapide fughe per capire e più non solo,
solo silenzi, serbatoi d’amore,
dentro le pieghe del vivere intenso.
Bologna, 28-04-’15
E’ questo portarsi dietro tutto,
è questo non poter dimenticare nulla,
è questo navigare sulla rotta
strattonati dall’onda e dalla risacca.
E’ questo aprirsi quando tutto si chiuderebbe,
è questo coraggio pieno di paura,
è questo inizio umile che ha dentro tutti,
per il resto è il cuore che riderà,
prima delle labbra degli occhi
e dei pensieri calmi nella tempesta.
Bologna, 22-04-’15
Mi portasti, amico, in disparte
e dicesti quelle parole alle stelle,
come un notturno di montagna,
come un tragico segreto.
Non ne ricordo se non l’accento
ed il senso, profondo,
di strappare
il mio destino al destino.
Ho vissuto giornate senza luce,
temendo che questa fame mi avrebbe fatto a morsi,
finito in poche ore,
prima del tramonto.
Quante altre volte ho preso a morsi la sorte,
recondita la notte,
per conoscere un nome, il suo,
per avere un nome, il mio.
Quando ti ho riconosciuta,
ho capito cosa avessi strappato al destino:
il primo passo, il suo,
nella nostra storia d’amore.
Bologna, 16-04-’15
La bellezza di tutto,
il cielo da cui sorgi,
sconosciuta amica,
sarà l’aurora insistente
di questo giorno di guerra.
Bologna, 10-04-’15
Certe chimiche cerebrali abbreviano le sproporzioni illusoriamente. Distruggono il percorso, lasciano pugni di mosche. Come sarebbe a dire? C’è che le conoscenze del prof. sono una montagna da scalare. E la bella studentessa la deve scalare senza scorciatoie. Il prof. saprà amare il gusto del vero come l’affezione della sua donna? Come un pensiero d’amore che vede splendere in ogni fiore?
Bologna, 01-04-’15
Non aver paura dell’insondabile, se dai fatti si vede, a Dio va dato il rispetto che gli si deve. E consumare – ovvero vivere – quel che ci è dato di sentire, realtà strapazzata come frutti mangiati a morsi. L’insondabile non teme il mondo col suo disordine: tranne – inconsolabile dolore – l’accavallarsi delle generazioni come grappoli non raccolti, spaccati al sole e caduti sotto i filari, che saranno calpestati.
Bologna, 31-03-’15
Il cielo ci apre vallate ogni mattina, ma anche boschi e nuvole di cui abbiamo paura, perché la vita dell’uomo è così, quando essa si spalanca al massimo, per un attimo si restringe in una morsa di paura. E non lavorano forse così anche il cuore e i polmoni? Quando la morsa si fa più forte ci vuole la stretta ancora più sicura, vitale e fatata di un abbraccio del destino, dell’amore e dell’amicizia.
Bologna, 27-03-’15
Ho infranto il desiderio nei dirupi della vita come la mano di un pilota folle. E lassù non è ancora tempo di ginestre. Questa concentrazione di sciagura, come una congiuntura che il destino ci prepari a velocità folle, con incosciente determinazione è … sì è almeno un’avvertenza nuova alle nostre giornate. Perché non si sa oggi dove e come colpirà. Comunque abbatterà il desiderio. Il desiderio che non è mai sazio, il desiderio che non si consola, verrà tradito. Pardon, da che mondo e mondo viene tradito. Verrà sconfitto, piuttosto! Perciò è l’abbraccio miracoloso che deve avvenire, non si scappa. O noi oggi torniamo a mendicare il cuore salvato, il cuore guarito, il cuore amato, il cuore consolato, da qualcosa di storico che è più grande del cuore umano, oppure non saremo uomini. Non sappiamo noi come finirà l’avventura del mondo, se tra città ricostruite o se tra campi di desolazione. Non importa però se saremo cittadini o profughi. Ciò che conterà è se saremo ancora uomini.
Bologna, 26-03-’15
Arde, non demorde l’arsura, che sale da dentro, come un’ubriacatura di tutto il dolore reale. Oh cosa ne so io? Sete d’amore urtata, contro, ma più che altro sentire il mondo. Che siamo tutti così, a modo nostro, infatuati di felicità, in questo sole di primavera, la prima, che anticipa come, ma non dice quando. Domani ci sarà l’eclissi. Solo questo, noi uomini, sappiamo.
Bologna, 19-03-’15
Umile inizio il gesto vero. Umile al mattino. Umile chiedo cuore al mistero. L’umiltà sa l’abisso che conosco e che non voglio più. L’umiltà sa però che cosa non posso più sopportare. Amare è una cosa libera tra quelle possibili.
Bologna, 17-03-’15
Tra le partite passa un breve racconto di seduzione. Due giovani dai lineamenti affusolati e sorridenti, una pubblicità in bianco e nero che li esalta. Sull’altro schermo, la finestra a giorno della sala, il cielo e i rami sono in bianco e nero in attesa della primavera. Il cuore si apre al pensiero dell’infinito. Le sue domande scolpite in bianco e nero sono come visi in cerca di avventure e rami scarni in attesa di gemme.
Bologna, 15-03-’13
Lottare è come morire senza smettere di respirare, è un respiro profondo che fa rialzare la testa e sentire se stessi. L’odio tramonterà e il fuoco di un amore immenso e pieno, sui nostri visi induriti e stanchi, sarà il vero cielo. Sarà quel giorno, a cui tutto tendeva mentre doveva stare, paziente, sul ciglio del desiderio, godendo di rapidi sorrisi. Neanche il volto conosciuto e amato, conosciuto e consuntosi assieme a te, l’avevi in realtà mai veduto. Tensione, fuoco vivo, ardere d’ambasce sconosciute agli altri, che ci separano e uniscono, ciascuno di noi, con ogni altro. Dall’alba al tramonto, come un crepuscolo che non si schiarisce del tutto ancora, ma si rischiara sempre di più. Un po’ alla volta, un pensiero dopo l’altro, appassionarsi a giocare con semplicità la partita più importante. Ogni volta che si semplifica, la vita è nuovamente pronta per essere vissuta.
Bologna, 13-03-’13
A forza di cantare ho sentito la campagna gialla, come se fosse lì veramente distesa tra la stazione e via Indipendenza. A forza di guardare il cielo ho ricordato lezioni di astrofisica e le costellazioni, come grosse pulsazioni del cuore. Ho ricordato le frasi dei maestri e la maestria della vita, che sono vivi allo stesso modo. Non c’è una dimensione, non si contiene l’emozione, la ragione vera non ne ha paura. Agli occhi umettati dei nostri vecchi basta rimpicciolirsi per apprezzare le distanze. Basta la piccolezza ad ogni giovinezza. Basta la piccolezza per stare tra le faccende dell’essere. Ma cosa diremo alle bambine dei postriboli delle metropoli del mondo?
Bologna, 12-03-’15
Ho gli occhi redivivi di bellezza
come la stella polare nei cammini notturni,
mentre prende a tremare intorno
il restante blu.
Tra i tonfi degli accordi e il nulla vibrato al cielo
si è dilatata questa sera:
l’emozione ha percorso i tremiti del corpo
e il petto, massaggiato impetuosamente da mani di pianista,
ha trovato consolazione.
Bologna, 01-03-’15
La pennichella non dura fino all’alba,
tengono aperti gli occhi le giornate,
come laggiù nella baia,
dove si rompe il sepolcro della luce.
Trapasserà le nubi e sfavillerà,
come la sera di un fiordo,
come la maturità di un figlio,
negli anni che il tempo mi darà
e di cui non sarò più preda.
Ora che l’amore è carnale,
anche la luce dentro del tu
conosce un tenero impazzimento,
che non farà avvizzire l’amicizia.
Bologna, 23-02-’15
Cadenza il tempo senza finire,
pioggia fine,
di una domenica di carte e ciclamini,
anche le gatte sentono vera la presenza,
stranamente,
dei silenzi
e delle gocce
fuori,
ritmo nascosto
dentro
le cose,
sapere stare
sul loro dire.
Bologna, 22-02-’15
Una lacrima tra le altre faceva male e aveva percorso tutta la lunga ruga dalle ciglia alle pieghe del viso. All’avvicinarsi dell’angolo della bocca questo si scostò per il sale e per il dolore che essa recava. Una buona bocca è fatta per ridere, lo si sa, che è brutta quando piange. Così le lacrime, tutte le lacrime conobbero in anticipo il destino di un viso atroce. Ed ebbero paura. Ebbero paura del loro volto atroce. Finché si dischiuse la voce. Finché il ghigno, reso dolce da dentro, impercettibilmente sorrise e accolse una lacrima e poi due e tre e le altre. Ed esse luccicarono di sorrisi.
Bologna, 19-02-’15
Spigoli la vita per non ferirti,
basta la sera di un giorno normale
a spiegarti gli incontri e i sorrisi lieti?
Bologna, 18-02-’15
Mi cresci dentro
non sei più io, infinita scoperta
tu figlio mio.
E’ il tempo che ci fa reali,
alibi neanche, non ho più scuse,
non ha più senso chiedersi:
“cosa farò domani?”
C’è solo il momento
che tracima storia
oltre il prevedibile.
Bologna, 17-02-’15
Coricarsi smarriti,
chiedere al sonno di chiudere il discorso,
già finite le gioie,
ma in qualche luogo, capriola dell’animo,
sentire,
echi di frasi, sapori rari, mani,
che la passione non è vana,
anche quando frana,
all’ombra dell’amore,
come i baci dati fino a stancarsi
di un amore giovane,
come i baci dati con misura..
di un amore sicuro.
Bologna, 16-02-’15
A un certo punto ho parlato solo con Dio,
mi hanno tolto i fogli e la nostalgia,
è rimasto solo l’orrore
e un rivolo d’amore.
A un certo punto si sono armati,
mi hanno tolto i vestiti e la forza,
ma essa è rimasta, diversa da prima
e un rivolo d’amore.
A un certo punto ho perso la vista,
mi hanno tolto il mondo e gli amori,
è rimasto il boia lì a vedere
un rivolo di sangue.
Ora io canto nelle arie perse
dei mari agitati,
ora io canto alla faccia feroce
dei destini atroci
e scrivo con l’anima
a voi cari tutti
un rivolo di lettera.
Scoppia, sotto la vanità dei mitra e dei coltelli,
la domanda d’amore dei miei anni belli.
Bologna, 11-02-’15
Juke box
di un vecchio bar
è la mia vita.
Chissà se un cono di luce
mi sorprenderà sul posto,
sentirò i passi
e gli accordi,
le prove di un’orchestra dal vivo, speciale
e andremo fuori a ballare, tutta la vita?
Bologna, 29-01-’15
Ho vissuto l’infanzia nell’emozione,
piccolo cavaliere di mamma, sempre di mamma,
nei fioretti incrociati e in quelli offerti.
Bologna, 27-01-’15
Tu sei casa mia.
Tu sei dove si ricorda.
Tu sei una finestra che a volte apro sul tuo e mio volto.
Tu sei lo specchio e io nudo.
Tu sei il battito dell’orologio, regolare e costante
… Ma agli angoli degli occhi sorprendo le tue risa…
Tu sei un sogno più grande di una casa.
Bologna, 24-01-’15
Ho stampato
pietre miliari
nelle mappe
delle città
Bologna, 23-01-’15
Non è bellezza ma attrazione,
chissà cos’è che mi fa prostrare, è passione,
perfezione neppure, il tuo seno prorompente
come un cielo chiaro la mattina dopo.
Sono stanco di negare a me stesso
la stretta animale delle amicizie spirituali.
Bologna, 18-01-’15
Anime ragazze nelle galere,
riscattate di sera,
abbracciate stamane,
chi lo sa quanto avete aspettato
il riscatto ed il giorno, da sotto il velo
desiderato per scherzo, imposto sul serio,
quanto avete aspettato che Aleppo
si tingesse di bianco, di muri e di sole?
Qui, si attende il Presidente,
qui, si attendono le gemme degli alberi,
qui, si attende domenica.
E’ poca cosa per le anime in pena,
ma le anime di vita riconoscente
amano la libertà.
Bologna, 16-01-’15
DISCEPOLO: voglio conoscere la verità, padre.
MAESTRO: a proposito di cosa?
D: di ciò che ho dovuto soffrire.
M: perché me lo chiedi? La vita è sofferenza.
D: sì, ma in tutto questo tempo è accaduta una cosa strana.
M: vale a dire?
D: io ho un nome e le cose hanno un nome. Ho sete.
M: non ti hanno dato dell’aceto?
D: sapeva ancora di vino…
M: e ora?
D: è rubizzo nel mio cuore.
M: mi stupisci.
D: e allora perché ci hai scommesso?
M: per la tua curiosità. Di cosa avevi sete?
D: di realtà.
M: hai imparato a sopportarla?
D: tu sai cosa mi hai insegnato come prima cosa.
M: siamo uomini.
D: capaci di amare l’infinito.
M: la luce di ferragosto abbacina…
D: ma lenisce le ferite più di quella di luglio…
M: allora sei pronto. Cosa volevi sapere?
D: il mio respiro…Chi lo ha educato? Io sapevo solo affanno.
M: tutto qui? Io ti ho abbracciato. Ma è Dio che dona la calma agli ossessi.
Bologna, 12-01-’15
Nenia, la neve
un nitore d’alba
e d’ignoto anno
Bologna, 31-12-’14
Si è spenta la miccia del cielo.
Dove sei Amico che scaldi l’alba di rosso?
E’ così lungo l’inverno, da infrangermi dentro?
Le ginocchia piegate non hanno più sangue per pregare.
Bologna, 13-12-’14
Grida!
Bella ghirlanda
di cristalli,
al freddo che sfila
e la fa sconvolta,
dispersa, fa’ che non sia
la via.
Bologna, 10-12-’14
Per te
il mio restio sì
batterà le ali
Bologna, 2-12-’14
Non si vede la nebbia,
l’illusione o il nulla…
Solo la terra è calda,
desiderio dell’universo
…Sai, si è fatto tardi.
Bologna, 28-11-’14
Sfuma rosa il giorno
poi strapiomba blu notte.
Bologna, 19-11-’14
Alla fine è rimasta lì
la patatina,
mentre la madre piangeva
seduta al centro della mensa
vicino al figlio,
dopo la mia preghiera
segreta e atea,
finché non mi è costata
un’offerta,
che ho lasciato sul mio piatto
deposto nei carrelli.
Bologna, 19-11-’14
Ma per me sarà sempre mistero e fragore di cascate
questo stupore di voce bambina
la la la la la la la la la la la
la ridonerò nel tempo dell’attesa
e per sempre potrò guardare le tue risate.
Pietro, 19-11-’14
Non ti potevo capire tanto era urgente il bisogno ed il niente.
Con calma, le mani, tra lo sfogliare una fotografia e l’altra,
svelavano il segreto, più delle stesse immagini.
Ravenna, 16-11-’14
Come un viaggio di luce, un volo di sguardo
e vedo che ieri non mi ha dimenticato.
Bologna, 17-11-’14
Tra le creature e Te il mio cuore si dimena
e raramente si ricorda di essere grido:
non urlo, grido.
Bologna, 16-11-2014
Al mio processo ho patteggiato
un ergastolo d’amore
alla vita e alle sue condizioni.
Bologna, 1-11-’14
L’anima e le cose
consumano i pellami
e cedono fermezze…
Il tempo sfascia la vita
…
Sparpaglia sicurezze,
come carte tessere,
senza poter mai più ritrovare quella giusta.
Bologna, 31-10-’14
Non comporre un puzzle, né
alla linfa di un albero appendere foglie morte.
E’ stato perdersi per i sentieri troppi
e disperare come un bambino
(desiderare e poi amare)
e infine ritrovare la semplicità di dire sì alla vita,
e al suo mistero. Ritrovarsi piccolo, preso per mano,
per le strade sassose, dalle albe ai tramonti.
Che la realtà sia onesta così, anche con te, figlio!
Bologna, 25-10-’14
Riapre una mattina nata chiusa
quale aborto, o un torto, tanti forse
il sibilare limpido nel buio e la fresca musa
dell’aria ventosa tra foglie morte;
che se ne vanno e lasciano
dire a ciò che sta, gli alberi e la cattedrale,
che ne vale la pena e il giorno non è vano
spalancato all’amore dal soffio dell’universo vitale.
Bologna, 22-10-’14
Non spegnere quei tuoi occhi,
senti la musica vien da dentro,
vibrerà nel vento
del dolore e dell’amore,
nell’ugola dei valichi da cui si vedrà,
da cui si vedrà ciò che senti vero
dentro,
la piana e gli accampamenti e i falò:
e vedrai, amico, sarà stato lieve accettare il viaggio
e giusto viverlo con le sue paure.
Che non l’avranno mai vinta.
Bologna, 6-10-’14
Un improvviso vociare di mare
arriva qui sulla riva
e mi invita
a ricordare, quasi ad evocare,
come in un grande coro,
le voci del mio cuore
le voci dei tanti che la vita mi fa amare.
Porto Corsini, 27-09-’14
Lo capirà da un fiore che le regalerò
il cammino che ho fatto…
e non ci sarà stato bisogno di dirglielo
come ora sento la vita,
perché sarà come una poesia
e la foschia di settembre
che accresce la magia, dietro sé.
Bologna, 27-09-’14
Sopra carta da riciclo
mi sono immaginato
bimbi persi e felici
sul loro triciclo
e nella sperdutezza
di questa foto
familiare paffutella
di ormai dura tenerezza,
ho chiesto inchiostro e una penna
per scrivere a te che mi hai scassinato il cuore
il futuro che ho sognato
in cambio di un bacio e di una pergamena.
Così, nello scrivere ti ho detto il mio segreto,
e non so se mi pento più dell’uno o dell’altro,
so solo che non posso più fare a meno
di parlare della vita e del vigneto,
quello di casa mia, piccolo filare
delle nostre vite di bambini,
come la tua sul fiume,
e lì quel poco ritrovare
dell’immagine futura del mondo
di quando la famiglia si allargava
e il portichetto traboccava
di amicizie e di conquiste, giocondo.
Bologna, 16-09-’14
Cammini, volti,
ti volgi e non sai dove,
strappa il cuore la vita
che avara e stretta,
dètta,
la paghetta – dei figli.
Pietro, 15-09-’14
Che meraviglia, mare, accade davanti a me
…
Sei più splendido dalla duna,
dove ancora garrule le rondini,
di luce bianca nei color cobalto
…
Su una stuoia stesa, ed è proprio settembre,
ci scambiamo l’amore del cielo,
dicendocene i colori.
Porto Corsini, 13-09-’14
Tremo di brio e di mattina che non sta,
al finestrino t’aspetto,
già se ne va, prima di viverla, la vita.
Ma tu, amore, hai l’argento vivo nei capelli.
Bologna, 13-09-’14
E’ ferma la vita senza la fatica.
Si alternano tra le narici le essenze
degli ingredienti di cucina
e del fogliame mosso dal vento dietro le vetrate.
Profondamente respiro le esistenze
degli slanci e dei cammini,
l’estate degli sguardi
e il passo settembrino di chi aggredisce,
di chi dice al mondo che ha voglia di pienezza.
Bologna, 13-09-’14
“Stasera – mi chiede la finestra a giorno della sala –
vedrò i cieli arati di rosa?”
La voce più sincera
mi rivela
che l’istante non ritorna.
E’ il mio battito ora che ridonda il pendolo
e fa perfino della noia un’esperienza,
a durare
nei cieli arati e rosa
di sempre.
Bologna, 11-09-’14
Poveramore…
Amica del mio cuore
che hai sentito? Se hai detto sì
ai giorni che passavano
e alla vita povera,
a questo sogno meno folle
solo per la cattiveria delle maschere?
Di persone ne ho contate poche.
Siamo diventati poveri per possedere
la nostra stessa vita.
Porto Corsini, 7-09-’14
E’ quasi una giornata di estate piena.
Vivere oramai vedrò
tra noi
tutto ciò che resta.
Tutto ciò che rimane per sempre.
Porto Corsini, 30-08-’14
Il mio mare è come la mamma,
gli paragoni ogni donna
e questa verde leggenda,
che sotto la bianca Vieste
non ha pineta.
Vieste, 04-08-’14
Dentro il contorno tenue di rosei cirri
esplodono vivaci getti di vernice rossa.
Bologna, 2-08-’14
Il mondo ascolta
con un sottofondo di marina
le armonie dell’anima
Porto Corsini, 2-08-’14
Solo il presente è noto, dico tra me e me
e non ti conosco, proprio tu, tutti voi
qui sulla spiaggia. Solo il presente è qui,
domani partirò, vita avara di partenze.
Ma la partenza che voglio
è quella del prossimo istante, qui
come se fosse verso l’ignoto,
proprio con te, proprio con voi.
Porto Corsini, 2-08-’14
Si possono strappare a morsi i morbidi ricordi dalle pannocchie di mais.
Nei campi maturi, piccolini, percorrevamo i lati disegnati dalle semine,
scappando a fucili caricati a sale.
Sotto i fusti robusti e verdi c’era il mondo squarciato,
c’era l’ombra e la luce,
la terra acre e il raccolto giallo da rubare
da far scottare in fuochi di fortuna,
col sapore dolce di una conquista di bambini
sudata insieme.
Porto Corsini, 2-08-’14
Ti ho amata con amore rabbioso e melodioso
(è stato rapida e plaga),
l’amore si è riversato dalla diga del possibile
e la rabbia è scoscesa,
verso la sabbia levigata dal mare
e quell’incanto adorato ad ogni ansa di cielo,
di cielo del mare nel fiume tranquillo.
Bologna, 31-07-’14
Suggerire cosparsi semi
come puntini neri
su un piccolo pezzo di pane,
papaveri sparsi che non c’entrano niente,
tra campi di spighe di grano e
rosseggiano giugno ormai maturo.
Bologna, 29-07-’14
Il dolore cupo e sordo fatto di speranze ineffabili
è una vecchia bottiglia di barolo che a fatica si stappa, ora
per una nuova piovosa giornata, di un’estate sperata
Bologna, 21-07-’14
La “belle vie” non voler garanzie,
ma darsi al futuro, non sicuro.
Voce amica più di allora!
La scommessa del tempo si vince,
i capelli tuoi d’oro,
come le stelle del cielo.
Porto Corsini, 19-07-’14
Lasciare gli ormeggi con un calcio i marinai
e i turisti salutare protetti dai Panama
fazzoletti bianchi alle banchine, di ogni nuovo porto,
è un viaggio per storie coloniali di decenni fa.
Ora il viaggio è più spirituale, fino alla fine del mondo,
verso un nuovo mare che medichi ogni ferita del cuore,
dentro ogni tenero affetto e appresso a ogni brandello di umanità.
Perché Lui
per questi
si è commosso.
Bologna, 19-07-’14
Ora, ogni momento
disorienta il cuore,
nel suo innamoramento.
Castel San Pietro, 18-07-’14
Prendere a vivere e riprendere sempre
è questo il cielo su questa terra,
inesauribile avventura di vita.
Soffio
tuo
di figlio,
che la sospingi infinita.
Castel San Pietro, 17-07-’14
Cantare,
sentimento di vita,
Minuetto, poco scherzetto,
il latin lover che tutto il resto è noia,
ti scrive addosso la canzone
della preda e della resa, incondizionata,
e anche i sogni di bambina
sotto la nevicata, che rendesse
la purezza, a un mondo dove
prede e predatori,
sono comunque sognatori.
Bologna, 13-07-’14
Solo i girasoli raccontavano il sole
a questo pomeriggio di luglio.
Bologna, 12-07-’14
Il mare eterna la terra,
ma è nel faticato approdo ai porti
che l’uomo inizia a rallegrarsene.
Bologna, 12-07-’14
La tenerezza,
i confini della vita,
sudati e benedetti da arresi banditi,
li attraversa e li libera in una festa di rapporti.
E paterni,
dei figli ci si meraviglia,
attorno ai fuochi,
sui valichi di frontiera.
Bologna, 11-07-’14
Ti vedo uomo, che soffre quanto più capisce,
ti vedo uomo, che non si nasconde le difficoltà e le sfide.
Cosa ti posso dire ora che si diventa uomini
anzi, che non si finisce mai di diventarlo.
La vita, dalla torre antica, è una lunga planata al suolo,
tu, figlio, vola, ma non amare il volo più del suolo.
Bologna, 9-07-’14
Un leader o una donna idealizzare, è stravedere
non saper più dove andare,
perché la direzione è dentro, non fuori.
Anche i cori cantano armonie nascoste
cuori poveri di direttori che le disvelano
e forti orchestre che,
che inonderanno il mondo d’amore.
Bologna, 8-07-’14
La vita è così
dicono molte voci, inascoltate
da una vita.
La vita è così
dicono molte cose, imposte poi,
dalla vita.
E ora guardo le cose
e ritornano le voci, che ho amato
anche se non capivo.
Ora è reale la calura,
ora è reale il dolore
e non li sopporto più.
Non si può amare tutto il reale, lo si può sperare
come una brezza dal largo mare, che rifranga,
in splendore la terra.
Porto Corsini, 6-07-’14
Vorrei occhi assoluti d’azzurro,
sicumera che teme e non cede il mio sguardo all’infinito.
Si complica nel ghigno dei ragionamenti
il lacrimare che solca il viso.
Perché non c’è pace nel cuore (del mondo)
senza la fragile, commossa obbedienza dei bimbi.
Marina di Ravenna, 5-07-’14
Ci stringiamo la mano
come musici di strada
e ci diciamo che lo amiamo
il tempo che è passato,
amiamo gli inizi e il grande passo,
il lungo crescere, annaspando.
E ora non sappiamo se siano pochi
o se siano tanti, ma la musica è gitana,
è tendere e lasciare, sia che sia corda di violino
o vitale soffio di fisarmonica,
sia che la nota sia stretta in una sosta, in una morsa,
o sia estesa ed estenuata nel distinguersi del tempo e del suono.
E intanto una giovane voce solista, sicura,
prende a cantare al mondo la nostra musica,
che sarà futura.
Bologna, 29-06-’14
In certe stagioni ci sono orari per luci radenti,
ricordo i pomeriggi di maggio, che ho perdutamente amato,
riflessi sui mobili lucidi della sala, come se tutta la stanza
della mia giovinezza,
solo di quello avesse riso.
Ora, nelle luci che si infiltrano, que se infiltra en la dulzura de la caña,
come cantasti allora,
nei vetri che mani adorate puliscono, ripetuto dono,
c’è l’amore diffuso dalle vetrate di quella stanza.
Continua a ridere l’universo e accarezza la terra
di luci di sbieco, la sera,
sui palazzi dai doppi tramonti.
Bologna, 27-06-’14
Ho detto troppi no anche per uno come me,
ora però non è più remora la morte,
al sì dolce e persuaso d’amore.
Bologna, 23-06-’14
E’ una cosa che ho dentro, ma vien da Te,
amore fatto di cose, amo te…
e tu non me lo dici nel cuore duro di tenerezza.
Ti chiama, ci chiama a un matrimonio strano, il destino
tra l’amore tenue e l’azzardo totale
del semplice sì alla vita.
Bologna, 22-06-’14
La bocca fremente, turgida e lucida,
canta anime sempre libere e trae
me a lei. Un bacio, sfiorarle o cosa?
Cosa? Rosa, e io qui di là, distante
tu che mi tendi e mi ritiri. Cosa?
Non c’è soluzione all’attrazione,
ma solo un sentire di petali, sete e spine.
Bologna, 14-06-’14
Brucia l’istante di amicizia nuova.
Davanti al tostapane.
Bologna, 12-06-’14
Siamo zolle sotto la cupola del cielo,
fatte a pezzi facilmente,
ma fertili come terra brinata
oh come te che accavalli le gambe.
E non è fisso il come e perché
alla vita che attrae,
si costruisce il destino
di imprevisto e imprevisto.
Gli uomini infrangono le regole,
salutano le madri
e se ne vanno liberi,
sotto un cielo di stelle fisse.
Bologna, 11-06-’14
Le ragazze gentili danno il buongiorno nei jeans
alla città dove non dorme il desiderio.
Ancora splendidamente separati dalla notte, nelle nostre voglie,
a quest’ora ce lo diciamo con gli occhi “non è te che vorrei”.
Ma urlare tutta la bellezza a squarciagola, a ogni finestra e oleandro colorato,
di odore mediterraneo e di compagnia infinita.
Bologna, 10-06-’14
Ho cercato una conchiglia,
spensierato fotogramma
di quand’ero bambino
Porto Corsini, 2-06-’14
Come in una parte recitata a se stante
non gloria delle gambe accessoria,
a questo sguardo che venera e non incenera
ostenti una bellezza che rimane,
la stessa per cui stamane ho gridato
e la mia storia mi ha promesso vittoria.
Bologna-Firenze, 14-05-’14
Madonna mondana che un soffio accarezza,
Pilar,
qui e in ogni santuario del cuore,
tutti quelli feriti del mondo
Castenaso, 11-05-’14
In treno, la valle che verde ride al Reno
ha stamane, il sole un non so che di brina
e i bambini già grandi,
qui, mentre ripetono lezioni stanche,
sperando che la vita sia amica
e vorrei dir loro che lo è,
che è onesta e non ha prezzo.
Porrettana, 6-05-’14
Ma come fanno a tirare avanti
certi paesi, penso commosso,
da secoli, è una chiesa la piazza
con le offerte silenziose
del bar e del forno
per pochi clienti, dentro cesti di sorrisi pronti,
al ritmo delle grandi occasioni,
solo perché è pasquetta,
in questa vecchia terra
repubblicana e rivierasca, almeno
così dice il tempo,
delle prime rose nei cortili,
ogni avventore è come un pescatore di ritorno,
insomma, una benedizione, del mare.
Bologna, 21-04-’14
Mare rinchiuso nel porto,
apre improvviso
le braccia da morto,
balena un sorriso
nel cielo risorto
Bologna, 20-04-’14
Colore mediterraneo in terrazza
il limone
splende la scorza al sole
sarà aspro?
Spruzzerà sul sale di carni tagliate,
è dolce.
L’aroma di erbe amare
ha viscere di pietà.
Bologna, 20-04-’14
La nostra riconosciuta amicizia,
la nostra incompiuta amicizia.
Sta tra il cielo e la terra
è umile come la terra.
Ha dentro un seme di cielo.
Bologna, 20-04-’14
Il senso è un fatto di sangue, successo.
Trasalirà nelle corde della storia
e nei cuori degli uomini di buona volontà,
trasuderà nei pori dell’amore
e nell’eccesso esangue degli amanti,
non sarà se non misericordia.
Bologna, 16-04-’14
Canneti ninna sul fiume oh
uggia
d’aprile, si riapre sul manto verde
della ghirlanda
Prunaro, Bologna, 5-04-’14
Storie tue ma che io non ho vissuto,
storie di amiche e di altre metà ricomposte
ora, mentre passiamo accanto ai campi umili,
nella terra dove ogni giorno si muore
e il senso delle stagioni inesorabile trascina ogni cosa,
non disperda per te, amore mio, alcuna metà.
Bologna, 31-03-’14
Rosa fioriti chissà di cosa
della pianta sul greto del Savena
resisteranno ancora, come i petali tuoi
stagliati sul cielo cupo
reclameranno forti il sole
San Lazzaro di Savena, 27-03-’14
Majdan, usata dai violenti,
abusata dai potenti,
grida ancora nel cielo di Kiev la rabbia degli amici,
ma dolcemente,
coi lumini degli oranti che ci hai mostrato,
lustrini del vestito della notte nera.
E l’ignavia imploderà come il buco di una stella.
Bologna, 14-03-’14
Il tutto è nel come dirle,
parziali frasi,
il tutto è nel fugace incontro di timidi occhi.
Bologna, 11-03-’14
siamo un punto, ognuno, nello spazio grande, con lo spazio dentro
Bologna, 4-03-’14
Case come vecchi,
gli occhi narrano i cieli
fuori e dentro dalle finestre
Bologna, 28-02-’14
Non incasellerò questo raggio di sole
disteso,
in una riflessione,
ma lascerò che rida sul mio viso
Bologna, 28-02-’14
Appesi ad un ragazzo.
Quello dentro ciascuno di noi.
Bologna, 21-02-’14
Armonie di corde
ugole e chitarre d’Irlanda nel teatro all’aperto
e l’attesa nel tempo da dentro del cuore.
Pietro, 21-02-’14
la morte aleggia occhiuta,
mirando a sbeccare finiti parti
Bologna, 15-02-’14
Una vita forse frustrata a insegnare elettronica,
la simpatia degli studenti dell’Itis,
tu sulla sedia d’ospedale,
con le calze bianche contenitive e i sandali a far da contrappunto,
il bianco camice da letto,
sembri una maschera di Goldoni o di Molière.
I canuti capelli tirati indietro
e i quasi boccoli sulle orecchie attorno a rosee gote:
lo riveli alla fisiatra che avresti preferito il teatro e la letteratura,
così anche nel tempo della costrizione a letto,
come nella condizione del lavoro,
la tua maschera ha rivelato, per tutta la vita, una tenue
sensibilità finissima,
ma continua a negarci per un nonnulla la tua anima.
Dietro una qualche signorilità, anch’io vorrei trincerarmi
per disarmare le impressioni
e amare un attimo prima di giudicare.
Bologna, 9-02-’14
La bellezza no, non s’incupirà in nere oscenità,
le leggere strabie di occhi e le labbra uniche,
carezzeranno delicate al cuore
la tristezza dei malati,
anzi, la leveranno.
Bologna, 8-02-’14
Ardire di ardere non è altro che attendere
vigili istanti tramandarsi l’amore
tra sordide dissuasioni.
Il metallo colato nelle forme presto si raffredderà
e in maschere di bronzo reciteremo
atti imperfetti e dolci,
come il dolore lancinante di amplessi infiniti.
Diuturna è la pace nel sale delle lacrime.
Bologna, 5-02-’14
E da qui e da qui, qui non arrivano gli ordini
e da qui e da qui infiniti mondi
una certezza, un maestro, un amico
di vita
era così,
ora l’hai data via
e da lì, e da lì, se ne vedon delle belle
mi inginocchio col cuore
guarda noi figli
e i nostri figli.
Bologna, 3-02-’14
Di qua e di là dal mare tu sei.
Le parole delle chiese ti prendono in pose di ragazza
e i santuari a cielo aperto ti raccontano gloriosa,
mira tutto il popolo la luce universale degli sguardi,
lui che tu proteggi dal maligno, Maria.
Bologna, 3-02-’14
Non verrai dal cielo, ma trasformerai le cose,
il bocciolo mattutino non conoscerà stagioni
sotto lo sguardo umido e fresco dei nonni.
Le loro mani e la tua non perderanno la presa
e noi vedremo tramandarsi l’amore senza perdita,
compiersi il miracolo degli affetti e sconfitta la melanconia.
Profuma di pace la lotta che ancora ci tocca.
Bologna, 27-01-’14
Dove andavano i tuoi occhi, dove andavano? Nelle nuvole credevo
ed era dentro le cose, era dentro un ricordo e c’era dentro qualcuno,
un sentiero sicuro, per tanti, ampi spazi disegnavano, di verde cielo.
Soltanto questo – ma è poco? – sguardi levrieri del cuore, donavi, agli avventurieri,
dell’amore.
Bologna, 24-01-‘14
Non sei scomparsa come chi vuole pianti,
quando il destino ha cinto
te, madre dall’abbraccio che non ricordo,
che risentirò profondo, portandolo nel mondo.
Bologna, 19-01-’14
Baci non previsti,
fulmini della vita e squarci della meta,
lenti movimenti sorprendono in controtempo.
Bologna, 17-01-’14
Secondo le stagioni amare
giornate grondanti sale
al cielo grigio una litania colore
arreso sereno amore.
Bologna, 17-01-’14
La dimora del tempo
apparentemente stagna.
Son torrenti di ricordi
e tende piantate nel presente.
Il futuro s’aggira là fuori
in cerca di volti.
E’ il tempo delle mani nude.
Bologna, 11-01-’14
Sono sceso a patti col cielo.
Gli sono andato in braccio,
lui mi aveva già preso in braccio.
Qui sulla terra si sta sul chi vive,
scottature, la pelle non ride
e fumiga grigia di elettrodi.
Gli occhi invece ridono e piangono
si colorano di cielo, corrono per terra
e si aprono alla vita.
Bologna, 8-01-’14
Basterà poco
e l’alba di ogni giorno
a risvegliare il sogno,
ma ora lasciatemi così,
gli occhi pianti e riarsi
tra due viandanti,
nel tempo senza oasi.
Bologna, 28-12-’13
Etichette lise
e il ragionare laico che le slava via
dalla testa lucida,
della tua fama mi aspettavo pensieri di diritto
non scherzi da amico.
Essere a un convegno e sentire
con la testa e con il cuore
la speranza e il coraggio chiamare
gli uomini a un grande
convegno d’amore.
Bologna, 16-12-’13
Carcassa pesante stasera
non chiudere gli occhi vivi
persi in pensieri leggeri
per loro
Bologna, 14-12-’13
“amato, Dio ha parlato”
Bologna, 12-12-’13
Dietro il verde pino stanco
occhi marroni, gli scuri di quella porta sui viali
della Bologna antica
Bologna, 10-12-’13
Quasi Dio ambulante,
cieli belli e luminarie
dice l’edicolante!
Il giorno è un verso che viene da est,
par tramontare e invece sorge.
Bologna, 6-12-’13
Sguardi rubati alla guida fioca,
abbandonando le bianche strisce,
si ritrovano sotto le dolci colline
a studiare il carminio e a dire sì a quel fuoco.
Imola-Bologna, 29-11-’13
Camini,
piccole nuvole salgono
alla volta plumbea,
là dove sfonda l’aurora.
E ora, nel primo giorno,
già vince su tutto il cielo,
che si colora.
Bologna, 28-11-’13
Respiro, riposa l’istante in Te
Bologna, 24-11-’13
Cielo d’asfalto,
si ferma prima delle colline
e si apre in acquerelli
Ponte Rizzoli, 23-11-’13
E’ l’alba tra torri e roccaforti,
due cieli,
uno scuro, uno chiaro,
si contendono l’aura.
Non dire che è impossibile scegliere tra due grigi,
scegli!
Perché il cielo sceglierà.
Bologna, 22-11-’13
Cantano primi mattini e merli nei cortili,
è sereno laggiù il crepuscolo e
in gesti prosaici, che già lo presentono,
la città si prepara.
Poco importa quanti passi faremo
oggi
mentre il cielo si alza
e ci viene incontro
Ha un volo dentro la vita
anche dopo decenni ad arrancare passati.
E stroppia ancora l’ardore
di sentimenti
che il tempo
non ha strappato.
Bologna, 18-11-’13
Ma se stamane in pieno giorno
brillano stelle e crolla il bieco carpire
di occhi,
il volto vero dell’avvenire
è il fulgore delle ragazze del mondo!
Bologna, 14-11-’13
Certamente i tuoi begli occhi valgono più del cielo
e i capelli più dei rami,
forse quella nuvola l’ha accesa la tua sigaretta,
ma ora, qui, tra queste mura aperte
ove passeggio su e giù,
nulla vale come quelle nuvole sul cielo e come quegli alberi veri,
nulla vale per me come la libertà, il prezzo e il dono.
Bologna, 13-11-’13
Innanzi all’immane
che parte avere?
Che parte poter avere
all’immane mistero?
Accettare bambini la vita,
come i nostri vecchi
…
e se immane è la tragedia,
ardenti chiedere
una parte attiva
in commedia.
Bologna, 12-11-’13
Annegare nella musica vorrei,
estranea com’è la mia pelle
al divino abbraccio d’insieme…
Commosso soffrire live Verona
Bologna, 9-11-’13
Ti sei fatta reietta con quella garza da sembrare infetta
e ridondi, mendicante, un lamento
che suona “vicino!”
Se così teatrale, se così ricurva,
richiami soltanto una carezza di denaro,
perché quell’ambiguo “vicino”, detto ad ogni estraneo,
rimbomba nell’alto soffitto che solo comprende?
Milano, 9-11-’13
C’è una foto nel bar
di spalle al bancone
due calciatori anni ottanta
uno qui a Rocca se gli davi un pallone
palleggiava correndo, capriolo di montagna
per centinaia di metri…
Un signore gentile, appostato a questa lapide di foto
come ogni giorno lo cerca,
non al cimitero, ma qui nel bar dei vivi destini.
Vent’anni a dovere e a non volere parlarne
tra la pancia che fatica a vivere
e la testa ferita da un fulmine di cicatrice,
la testa aperta sul mondo come una grande parrocchia
che ha conosciuto per sempre
la gioia di vivere.
Ti vedo ora cercare mio figlio con lo sguardo
e fare ciò che avevo desiderato
guardandoti a lungo negli occhi.
Seguendone lungamente la figura in divisa,
come benedicendo,
gli infondi un augurio di gioia nel cuore.
Che la vita non ti ha strappato.
Rocca San Casciano, 1°-11-’13
Morsa bastarda al basso ventre
che per non sentirla ti sbrani la mente
non c’è scampo è il distacco
fin dove questo lungo parto s’attarda
Bologna, 2-11-’13
Sul treno che va ognuno riflette
e s’affretta sui fogli alla luce fioca
di lunghe eclissi e del breve tramonto
Firenze-Bologna, 30-10-’13
Urti tra la folla
e voli larghi e dritti
nella terra e nel cielo,
urla dalla piazza che abbraccia l’umano e il divino,
la fede ampia e fissa del popolo
e il suono profano della banda
chiedono il raggio caldo dell’amore del cielo
che già accarezza i cappellini
…
un nome sconosciuto
rimanga sulla terra e ci affratelli,
più forte della tenia
tra il riso perlato dei matrimoni.
Roma, 30-10-’13
Ragazze sbracciate
bianche lesene
improvvise roteare
mano nella mano.
Nei vicoli di città
che sanno di periferia
il loro vortice
sarà glicine di cortili.
Pietro, Bologna, 19-10-’13
Persone che si giocano il destino
e fatti che cambiano la storia
sono stelle di prima grandezza e buchi neri
sullo sfondo del cielo grigio
di queste giornate di primo vero autunno.
Feste di solidi patroni
con la bruma tenue
che riposa la mente
non più abbacinata estiva
ma nuovamente recettiva.
Bologna, 4-10-‘10
La faccia di uomini sciupati
che ora tirano un respiro e poi un altro e ci credono
ognuno
e si ritrovano
si riconoscono
nelle pupille il mondo, partire
e poi andare, ragazzi della passione e della carità politica
Bologna, 2-10-’13
Come sta il Paese?
Non c’è analista che te lo possa dire o giornalista
che sappia in definitiva
se siamo sull’orlo della fine tutti quanti
come tu, senza lavoro, lo sei.
Ora, ora, amico, lo so. Tutti lo siamo perché tu lo sei.
Bologna, 30-09-’13
Tra valli e montagne incastonate e scolpite
non sarà, non sarà un pensiero impotente
a scalpitare.
Percorrerà la stagione del rischio,
stretto al cuore di giovani amici,
come un torrente che tumultua dalla sorgente.
Bologna, 28-09-’13
Amico quella tua E miniatura paziente di una riunione presente lei
è il mio sguardo adorante libero a chi voglio bene
Bologna, 28-09-’13
Il senso dell’avventura non canta le imprese grandi,
ma prende per mano una bambina dalla voce suadente
all’alba del cammino di ogni giorno
Bologna, 26-09-’13
Questo sudore di fine settembre
non è taumaturgico come l’estate
Non basta soffrire le sofferenze dei lavoratori
non basta singhiozzare gli strazi dei martiri
Ci vuole una carnale grande gioia
da spezzare come il pane del focolare
…
e per lasciarsi andare
Bologna, 25-09-’13
Vista tardoromanica
strattonata dall’arco del porticato
e poi su, su!
tra le fiancate strette di via san Felice
fino alle terrazze ed ai giardini alti,
dove l’azzurro cielo è vicino
Bologna, 20-09-‘13
Pubblico solo ora questo cenno di saluto in cui lego idealmente Manganelli capo della polizia e Mennea recordman nei 200 m. morti negli stessi giorni
PER IL CAPO E PER LO SPRINTER
Ma come si fa
a sorridere così,
ma come si fa
a far da capo così
a farsi amare una vita,
“ciao amore mio”
ha detto tua moglie
l’ha sussurrato come sempre.
Ma come si fa a correre così
a finire una gara
e fermarsi a Formia ad allenarsi,
per strappare al fisico,
come i pomodori alla terra,
un’andatura irregolare
che scoppia quando deve,
quando ormai nessuno se l’aspetta
…
La tensione esalta l’istante.
Bologna, 17-09-’13
Ricacciare un pensiero e riaprirsi più puri
l’istante non ha scelta per chi vuole tutto,
tra imprevisti, fatiche e risate donare
un ripetuto libero sì alla vita che apre
Bologna, 12-09-’13
Duemila anni, duemila anime
nella bella Maaloula
che ora urla…
e non ha più parvenza di bellezza
quando faceva incontrare
cristiani e musulmani
…
Con colori di foulard
copriremo i volti cerei
dei morti e degli assassini
e aspetteremo una mano
candida e redenta
di innocenza
Bologna, 8-09-’13
Settembre caldo
è un brodo primordiale
scoppierà la pace o scoppierà la guerra?
Di sicuro sarà un big bang
e un giorno i miti
erediteranno la terra
Bologna, 4-09-’13
Tu sarai un istante sopra di lui
delicato alito di vento
dal colle della guardia,
invisibile a chiunque
scompiglierai capelli per la città felsinea
e lo attaccherai alla vita
Bologna, 4-09-’13
Chissà se fermerà la guerra
soffermarsi bambini voraci
a guardare
occhi di madre…
e tra bracci fratelli
sentire altre frequenze al cuore?
Bologna, 3-09-’13
Di tutte le ragioni
restiamo semplicemente noi
Marina Romea, 31-08-’13
Pensieri persi senza diventar parole
a cosa servirete? O, a suo tempo,
gratis azioni susciterete?
Non siete quindi miei,
da dove venite e di chi siete?
Marina Romea, 31-08-’13
Quest’anno è buona e ricca
da lavorare e da raccogliere, da rilavorare
e vivere di vendemmia, da una vita.
Da generazioni dipendere dalla terra
ogni anno guardare il cielo
e dell’uva chiedersi il prezzo…
è un vitigno tenace la speranza.
Bologna, 29-08-’13
Uomini folgorati dai gas, là
dove Paolo fu folgorato di luce, allora
quando cominciò la storia nuova
con viscere d’amore
e navi di fortuna,
senza alcun missile
Bologna, 27-08-’13
Gonfia la valle il petto dei gabbiani,
turgide acque sotto un volo di nubi
attendono un comando del cielo
Marina Romea, 24-08-’13
…e non mi accontento certo
del mare che non smetto
di interrogare.
Al mio pensiero
lo spazio del mistero
non può bastare,
ma è troppo presto
non è il momento
per stancarsi di vagare.
Per questo ho in serbo
un segreto
che si è fatto spazio dentro
…un amico vero
è rimasto nel tempo
che lo attende dimentico.
Marina Romea, 24-08-’13
“Come i treni a vapore”
ed il fumo più bianco
che va nei cieli, andremo
avanti senza binari
tra la neve e le orme,
con la meta nel cuore
finché la valle non si aprirà.
Rimini, 23-08-’13
Abissale domanda di gusto
nel nostro tamburellar la vita
e sorridere esausti,
sorpresi al Tuo contrappunto
in un battito di ciglia
…ora.
Rimini-Bologna, 21-08-’13
Cime sugli alberi
di vele ammainate
ritmano lo sciabordio
e canzonano il vento
per accompagnare le chiacchiere
e i tamburelli di spiaggia.
Marina Romea, 17-08-’13
Lisci i capelli biondi chiari, tu mora
fini i lineamenti,
non vuole saperne il tuo bambino
di quel padre putativo magrebino.
Se ne va senza aspettarlo e tu dietro,
scuoti la testa, come farai,
quel figlio che ti tiene in pugno,
i tuoi compagni non hanno capito
che avrebbero potuto senza infierire.
Restano fiere e incomprese
le tue domande di donna.
Marina Romea, 17-08-’13
dicevo di non cercare l’amore
e tu mi hai raggirato,
l’uomo a volte non sa
cosa chiedere al destino
sta solo cercando sé
…
quando ho riconosciuto Dio
riflesso nelle tue pupille,
ferragosto di bambina e di donna,
era già troppo tardi per scappare
e sudando ho corso verso di noi
…
così vorrei correre verso di te, amico
Bologna, 13-08-’13
Come un traghetto per le isole
il mare transita al largo
dove invita lo sguardo
a scoprire isolati squarci di sole
Pietro, Spiaggia degli Etruschi, 8-08-’13
Vibra di raffiche e riflessi il gonfiore
incute timore,
ma risveglia fiero lo sguardo
il promontorio che fissi per poco.
Una segreta sicurezza schizza
negli occhi fermi
e nel pensiero rapido,
rubando consapevolezza alla natura ignara.
Pietro, Spiaggia degli Etruschi, 8-08-’13
non è solo per uno sguardo ampio
che le vedi tra i pini a sorvolare
il nostro cielo coperto.
E’ il volo che si prende l’anima.
Pietro, San Vincenzo, 7-08-’13
Nel mare liscio, monte Sant’Andrea
è un atollo pacifico
che spunta improbabile
da foschie persistenti.
Di là il libeccio increspa
ancora impercettibile
poi accalora la macchia e la riva
dal lieve fresco di ieri.
Nei tempi implacabili della rosa dei venti
l’uomo si sente fragile placare
ma si dedica libero al proprio gioco.
Un padre sulla riva
guardando negli occhi sua figlia
tiene in braccio l’orizzonte.
Pietro, Spiaggia degli Etruschi, 7-08-’13
L’universo si accomiata blu notte
dietro i pini marittimi
mentre qui va più alta
la nota allegra della danza
sul ricamo silenzioso del cielo
Pietro, San Vincenzo, 6-08-’13
atmosfere di sole
serena assetata attesa,
aperitivo del tempo
che fa rabbrividire…
nelle vene vicino al cuore
come amici all’improvviso
Pietro, San Vincenzo, 6-08-’13
Risalta la tua felicità
bionda giovane mamma,
due occhi solo per lei
e il tuo corpo solo per lui,
sotto questo cielo malato
che già un sorriso rischiara
Pietro, Spiaggia degli Etruschi, 6-08-’13
Luci oblique prestissimo,
l’onda al traverso del mare
sibila un sì al mistero
Pietro, Spiaggia degli Etruschi, 6-08-’13
Il mare acclama il suo creatore,
la risacca ricorda
il tempo del fragore,
esulta e rompe l’onda
al sole del suo amore.
I venditori, diverso fragore,
danno l’anima,
sanno di sudore e di cammino
e amano chi li riconosce,
occhi scavati che ricambiano.
Pietro, Spiaggia degli Etruschi, 5-08-’13
Mandano Winehouse come dal vivo
nella spiaggia davanti al mare
nostalgia di grazia, gioia
inestricabili colori,
la bimba dietro il soffio del pareo
ti vedo e non ti vedo.
Sì.
Io sento la mancanza di Te
dentro il tu, natura stupenda
profumo di Tirreno,
aria d’amore e velieri felici
ispirano promesse,
durature e veritiere.
Pietro, Spiaggia degli Etruschi, 04-08-’13
Ci si sente sinceri
nel dire ciao
allo sconosciuto
simpatia di chissà dove
destinata a ritrarsi
o a ridestarsi
nell’attrito delle strade di città
e delle mail scambiate d’ufficio
Pietro, Spiaggia degli Etruschi, 4-07-’13
Tra gallerie sospese
all’alba appare
un infinito mare
che non mi so godere
Appennino, 3-07-’13
Il nastro è rosa tesa di paglia
approva il filiale e paterno
dialogare e guardare,
intanto smentisce
la svista che pretende,
dai fianchi delle donne,
la loro età.
Marina Romea, 28-07-’13
Campana nel capitello dietro casa
e poi campagna a perdita d’occhio
quadro antico
come corteccia secolare
dove ogni ferita può riparare
e trovare un cuore amico
S. Alberto, 27-07-’13
Sorridi così – sarai lombarda?
reminiscenze confuse,
la tua bocca benedice
e a lui l’affetto complice
cosa sei?
Carnale nelle movenze,
spirituale nelle luci,
ilare i limiti comprendi:
composto spregiudicato
amore che sorprende
Marina Romea, 27-07-’13
Miracolo a musica spenta
risento voci grosse e sottili
come di città la domenica
da spalancate finestre,
anche qui col timbro della festa
la spiaggia –
ridona nostrana
una litania a cielo aperto
Marina Romea, 27-07-’13
Ti ricordi -mi dici- era così
e un soffio si alza improvviso,
allora ti sento qui
ti vedo sicuro di sorriso,
da altri mari
insistente invitarmi
come allora a tuffarmi
Marina Romea, 27-07-’13
Riccioli riavvolti e poi sciolti
nelle volute colpite dal sole
trattenuti oppure neri,
qui al mare ripetete luccichii
carezze pensieri leggeri
quasi arazzi di schizzi,
ne rasserena la brezza il cielo.
Marina Romea, 26-07-’13
“Lo vuoi freddo il latte?”
inconsapevole ti sfiori la tetta
sotto il grembiule nero,
intrattieni nel bar
i lavoranti a giornata
che sono già stati
a prendersi dei no dai caporali,
e non vogliono più svegliarsi
se non col caffè
macchiato da te,
che un po’ toglie la paura…
insieme forse sarà meno dura
Bologna, 25-07-’13
ti ho vista imperfetta
malanimo
finalmente ti ho guardata
magnanimo
ed eri tu,
ed ero io,
anche in costume
Marina Romea, 20-07-’13
arriverà bianca… quasi non vista
sotto sfondi lattiginosi
pochi istanti assolati
poi in porto come un pensiero
che afferra il percorso e si spalanca
a nuove mete da esplorare
Marina Romea, 20-07-’13
Percorre la sponda del fiume
e scappa il sole sull’acqua dapprima
poi sui petali di ogni girasole
fa festa in questo sabato dato
che gira la ruota dell’usato mestiere
e si domanda il senso
che il momento insegna.
Appare –
dunque d’incanto l’eterno
mare sfociare al fiume
di volumi d’acqua e di fatica.
Mandriole, 20-07-’13
Si incontrano così
il cielo e la terra
nel nostro mare di cuori,
gioiosi,
talvolta
Marina Romea,
C’è gioia al mare
nei colori scelti con cura
e in un cielo in erba
sapiente che ci guarda.
Giovane luce e suono di risacca
nei cuori di mamme illuminate
Marina Romea, 19-07-’13
Sagome di segnali stradali
compaiono a prostituire i pensieri
in spettacoli di arature frementi
spalancate sotto colline benedicenti
Castelguelfo, 17-07-’13
Dal treno, tra l’ansia e il lavoro
vedo le anse alberate del Tevere
e le ombre nascoste alle luci ponentine,
ignota pace nel cuore del nostro Paese!
Sopra Roma, 15-07-’13
Fiumi, ruscelli del luglio
calura e sassi acciottolàti sui greti
qualcuno grida,
chi cura le viti turgide
sui tronchi bassi e robusti?
L’uomo è tristezza
e la natura assenza,
ma la pienezza
che emana da questa terra
è un abbraccio sponsale e accaldato
sopra campi di girasole.
Sopra Roma, 15-07-’13
I campi riposano
accuditi e fecondi
tra fiori gialli
e mucchi di paglia
…
Altri spazi, altri tempi,
nonostante le macchine,
chini tra cielo e terra
…
Talvolta sulla corolla di un fiore selvatico
– come non so,
riaccade di
vederli abbracciarsi.
Sopra Roma, 8-07-’13
La domenica al mare,
il solito gran premio
per gli uomini che se ne intendono
ma si accontentano.
Le mamme invece invocano
un’altra vittoria
per i loro piccoli, staccandoli dal seno
abbracciano il mondo
e chiedono tutto con lo sguardo,
vogliono che si compia la promessa
di quell’attimo di sperdutezza
e di tutta la pazienza.
E che dopo il gran premio
qualcuno accarezzi quegli occhi di mare.
Marina Romea, 07-07-’13
I vigneti e le piantagioni
lì nella piana proseguono
sino ai colli sotto le nuvole
e il sole che compare a circondare
di pace i pensieri e a raccoglierli,
come covoni offerti a Dio
da amati santuari di pietra
e da cuori carnali di viaggiatori,
splendono lavoro e amore
che i colori delle colline
e la loro aria gaia
asciugano da lacrime e sudore.
Bologna, 6-07-’13
perché ha il tempo e il ritmo
di un respiro,
vieni santo spirito vieni per maria,
è un sospiro di senso
nel cuore dell’istante che l’eterna
Bologna, 3-07-’13
Musica simpatica
risale agli occhi
e in un attimo lacrimo,
quasi cantautore,
un abbraccio innocente
a tutta la gente
di questo carnaio
Marina Romea, 30-06-’13
Non so se diciassette anni insieme
ci hanno fatto vedere
il mondo come il mare,
promesse da marinaio che tu non volevi.
Abbiamo patito la bonaccia
e le solitudini del nulla.
Ora è sempre più facile
godere di questa brezza
che scapiglia il cuore
e rischiara l’orizzonte.
Marina Romea, 30-06-’13
Ti guardo a lungo, la riva che va
a settentrione e si perde lontano
mentre il sole ti bacia da mezzogiorno.
Prospettive nuove e scorci del mare
sul viso della donna che amo
la spiaggia di quand’ero bambino
…e mi sussurravi promesse
che ho cercato in ogni volto,
finché ho scoperto vivendo
che solo l’amore sorprende.
Bologna, 23-06-’13
Ci son formiche alate
e chi ha olio di gomito
letto e colazione per i clienti
in questa campagna non subito amata
…
una casa sofferta
i figli che son voluti andar via
e il ventre di terra garibaldina
che non rifugia il cuore ferito
…
a ogni angolo hai messo una madonnina
e la formella sulla porta
“i migliori amici sono i clienti”
…
con essi viaggi lontano
e stai qui con il cuore in mano
come formica alata in terra di bonifica.
Bologna, 23-06-’13
Se chiudo gli occhi
al mare conosciuto
tra il sole che riappare
attraverso le palpebre
e il vociare dei timpani,
il pensiero riemerge
in specchi d’acqua lontani
finalmente nitido e leggero
…
e mi possiede questa latente felicità
Bologna, 23-06-’13
Centauro razze e colori
ride l’asfalto
di robuste carlinghe
che stridono su strade estive
Bologna, 22-06-’13
non ti ho perso per le strade
mentre impari a soffrire
e Iddio di male in bene
ti prepara all’avvenire
sarà vero il tuo sogno di vita
e ad una porta esulterai
…
della felicità
toccherai il cielo con le dita
…
strette
a mani di Dio, di Padre non più mie.
Bologna, 19-06-’13
Come è vago il mare
ai miei occhi scuri,
certi, confusi
da rive aperte e battute
e indefinite acque
…
non morirò in un lago
chiuso e tranquillo
Bologna, 16-06-’13
In queste nuove cantine ferrate
mi muovo come uno scarafaggio
che le ha sempre sapute
ma a Bologna non viste
penombra innaturale,
immemore del mondo,
soffusa di suoni e di passi
come un luogo che non esiste
e non lascia speranze
fino al prossimo treno
che ci riporti alla luce
e al racconto interrotto
delle colline che la coronano.
Bologna, 13-06-’13
La tua ballata d’amore
accanto a me
non mi farà chiudere occhio
e la micidiale luce
della realtà
sarà la mia tortura
Bologna, 12-06-‘13
T’ho amata più di una donna
più della speranza.
E’ stato amore
come vorticoso germoglio
avviluppato d’illusione.
…
Ma il destino m’ha messo alle strette
e ha preteso un sì o un no
(orrenda fine nel nulla)
non a questa o quella cosa,
illusione della prima libertà,
ma alle cose in sé, al sole che filtra
– dai vetri
e non mi dà tregua
in questa mattina di giugno
in cui direi basta.
…
Ancora una volta,
nel momento più tragico,
il pensiero di te
e del tuo giovane cammino
cantano il mio inno
…
…così la speranza
chiede fragile un sì
– semplice
alla libertà.
Pietro, Bologna, 11-06-’13
Fa’ Signore che con le parole Ti chiami
e poi con il pensiero disperso Ti cerchi,
così sia ogni respiro
più profondo e calmo e sicuro
al Tuo riparo.
Miracolo gridi il mio cuore
al risveglio quando è rinnovato amore.
Bologna, 10-06-’13
Sull’asfalto le cabrio
riscaldate dal cielo,
non manderò a puttane
questo desiderio d’estate,
non strapperò dalle persone
i riflessi del sole.
Voglio la realtà pura,
gli occhi mobili dei bambini,
gli imprevisti reali,
i semafori rossi
e sarà –chiedo troppo?-
un battito di vita eterna.
Bologna, 04-06-‘13
ho trovato una rosa spampanata
nelle pieghe di un mattino di maggio
…
la sua fioritura sotto la Madonnina
m’è scappata via come una madre
Bologna, 9-05-’13
Anche ora, proprio ora,
non mancano in casa i fiori freschi.
Sarà la primavera
o quella discreta compagnia che mi fai.
Il mio cuore ormai è uno spazio di realtà.
Amore.
Bologna, 26-04-‘13
una foto…
e ci si stupisce e si invidia
il tuo camminare donna
il tuo crescere uomo.
Chissà forse anch’io
sembrerò ai tuoi occhi,
sempre sinceri e innocenti,
un po’ cambiato dentro.
Ma mi importa di noi
di questo esporsi comune
quasi giornaliero
e in questa discussa rete
stare
con la sete di amicizia dei ragazzi!
Bologna, 23-04-’13
C’è sapore di fratelli
stamattina al bar,
chi sei tu che sai di uomo
mentre mi parli di Valentino Rossi
e non mi conosci?
Comincio a credere vera
questa esposta, sgualcita, disponibile
impronta comune
che abbiamo sul viso
in queste ore così grevi
…
qualcuno l’ha chiamata fraternità.
Pietro, Bologna, 22-04-’13
Se solo percorrendo
questo disperato battito
d’autostrada,
sorprendessi il vostro sinuoso
calmo andare
e mi sentissi guardato dalla vostra pietà,
vi comprenderei
nel mio sordo dolore
e sareste il mio accorgimento,
il verde e bello, aperto
fiore all’occhiello
della mia storia.
Bologna-Ravenna 18-04-’13
Quell’orologio che luccica al mattino
dal finestrino di quel Suv
sono la tua sicurezza,
sguardo rapace
distanze di sicurezza
senza troppa simpatia.
E il rombo che riparte
tracotante inizio di giornata
supplichevole per molti.
Bologna, 18-04-‘13
Quattro vie in croce
tra zeppe e scamiciamenti,
ritrovi mesciati d’attraenza
catturano occhi di primavera,
che secernono liquide speranze
di apparire e rimanere impressi
…
nel prossimo
Bologna, 17-04-’13
Qui a temere domani
perché arrestarsi davanti
al dolore di un venerdì?
E si può andare dovunque
ma non ci si libera di questo acuto sentire,
c’è solo il chiedere
che da noi per le strade
esso si liberi.
Bologna, 11-04-‘13
Se almeno nelle parole dei poeti
risuonasse il tempo
e questa umanità ferita
con uno stesso timbro
la speranza soffrirebbe meno sola
nel cilindro dei fratelli
Bologna, 8-04-‘13
Volute delle tende
spartito in dote dal cielo
sui riflessi dorati
suoni di una primavera di strada
qui sulla poltrona
ebbro di pace
a ricordare
Bologna, 6-04-’13
Amore chiedono le corde delle chitarre
amore chiedono le corde degli impiccati
amore chiedono i nostri giorni
e l’indifferenza trapassata di incontri
Bologna, 6-04-’13
Vita che mi superi da ogni parte
come un fiume in piena
travolgimi nel cuore
Bologna, 04-04-’13
Come tanti parroci nei secoli.
Ma come se fosse nuova la lavanda.
Come se profumassero e ad un tempo maleodorassero
nel dolore quei piedi tattuati di resa e di disperazione.
Ti sei piegato fino a farci sentire il cattivo odore,
ti sei piegato fino a farci sentire il profumo.
Li hai lavati, li hai strofinati, Francesco
poi li hai baciati, non per finta, non per rito,
non scostate le labbra impregnate nel piede,
proprio come deve aver fatto Lui.
Che nella mente aveva il nome di ciascuno, Giacomo, Matteo, Giovanni,
fino a Pietro, i loro piedi tra le labbra
e i loro volti scolpiti nel cuore.
Potendo con la stessa intensità,
con la stessa realtà
“se avrete Fede farete opere più grandi delle mie”,
inaudita forza che nel Tuo martirio s’irragiona
e da cui sprigiona una speranza libera,
che viene nelle nostre carceri a lavarci i piedi
e a dire: “uscite!”.
Bologna, 29-03-‘13
Come in una danza polovesiana
mi echeggi nelle steppe del cuore
un trionfo di popolo
bella Signora
Bologna, 25-03-’13
Ti affaccerai alla città eterna
e saluterai
e sarà vero ancora vero,
il popolo di Dio esulterà
e ti abbraccerà
e sarà vero ancora vero,
non importa chi
la carità non avrà mai fine,
e sarà vero per sempre vero
si proclamerà il tuo nome
e ogni uomo
chiamerai per nome.
Bologna, 12-03-‘13
Che belle le campane
di senso spandono
le strade
Bologna, 10-03-‘13
tu che sei presente
se dovessi dirti
saresti canto
e per ringraziarti
non ci sarebbe tempo.
Brandire l’istante,
non solo di energia vitale
e temperamento,
ma di amore
preciso e perentorio
nell’ostensorio dell’offerta.
Siam figli tuoi
di cuore mendicanti.
Pietro, Bologna, 22 febbraio 2013
E’ la ragione che si dilata
nel paziente macerarsi dell’esistenza,
resa inevitabile e subita…
o gusto consapevole
– e quotidiano!
Non c’è capacità più grande nell’uomo
che quella del destino.
E’ la vita che è grande.
Bologna, 9-02-‘13
Hanno sbagliato l’operazione,
ti si è gonfiato il cuore
e l’addome
come un pallone
cos’è il mio cuore
a confronto di tutto il dolore
cos’è il mio cuore
a confronto di tutto l’amore
non posso far nulla per te
lontano conoscente…
senonché alla vita esser presente
e riconoscente
Bologna, 07-02-‘13
Ti ammiro
mentre cammini
perfetta,
come si può
ardere di passione
per la carne
quasi fosse un simulacro,
quando il tempo
si prende la sua perfezione?
La tenerezza a mani aperte,
la tenerezza di uno sguardo rapito,
la tenerezza trattenuta di rispetto…
la tenerezza quella sì grida,
come un’offerta,
l’eternità dei corpi che si consumano.
Bologna, 6-02-’13
Criminale.
Una colpa tra tante ma fatale,
quasi non consapevole
la più grave.
Criminale a metà
di una colpa originale
totale
che nessuno può scontare
neanche una vita intera
ma Dio può salvare.
Una colpa non cercata
come la tua che non ti dai pace
ora che immagini
come sarebbe stato,
se in un istante il tuo destino
non si fosse rovinato.
Ma il tuo dramma, amico, è quello di tutti i vivi.
Bologna, 05-02-‘13
Confusa sera
attraversata
come stalla diroccata
dal vespero.
Tu mi scruti e mi conosci
e mi restituisci
la vita
di luce ferita.
Il fieno riluce giallo
e scalderà
fino al cantare del gallo
l’anima e la sua povertà.
Pietro, Bologna, 4-02-‘13
Dorme, forse solo ora dorme
la città avvolta di chiarore
che prega nel mio cuore.
Le prime auto, è piovuto
storie che riposano
sotto i tetti rossi.
Quanto amore chiede
quando si ferma forse prega
tutto il cuore della città…
Gli affanni, le settimane gli anni
c’è un cuore piantato lì
che grida a tutti i figli: non temere!
Pietro, Bologna, 3-02-‘13
Parto di carne
la fragile storia che muore
sono solo ora, senza madre
…
Se il tempo ci irride
salderò il mio debito di vita
e imparerò a rinascere
nella tua freschezza
e nei miei errori di padre
fino ad amare la carne
che veneravo immortale.
E forse un giorno, di nuovo bambino,
mi stupirò di avere avuto
ragione a crederla tale.
Pietro, Bologna, 31-01-’13
Baci amore.
Provo un senso
profondo di nostalgia che fa male
(come una ferita arsa di sale).
Bologna, 29-01-‘13
Mi parli come certi impressionisti
acquerello contro l’acqua del cielo
colorato di nuvole e rami spogli
in un attimo transiti e racconti
una storia che non riesco a fermare.
Bologna, 21-01-’13
Gesti ripetuti stanchi
ma nuovi
in un reparto d’affanni normali,
piccolo lazzaretto d’uomini.
i gesti, le cure, si sta appesi
alla loro allegria di professione
di necessità
di chissaché,
la vita non è soltanto catarro.
Bologna 15-01-2013
Amabili ora appaiono
loro tre a bocca aperta.
Non è facile faticare il soffio
come accadde a mio figlio
e anche a voi nonni senza dentiere
vorrei dare un bacio.
Chi mi strinse, padre, al seno e al bene
come ad un riscatto?
Bologna, 15-01-‘13
Avanza la notte, Pietro
il mio vicino,
s’attacca al trapezio
e dice “domani”.
Risale il cimurro dei rimpianti
poi scoppia un colpo di tosse come di pianti.
Bologna 15-01-’13
Non T’ho guardato
non T’ho pensato stamane
vi ho cercato fino alle serrande abbassate
dove dormivate
non ho suonato
vi ho guardato
vi ho pensato
ma il desiderio non parla se non vien toccato.
Bologna 12-01-’13
Occhi di cielo non abbandonarmi in volo
proprio ora che si scompiglia il capo
s’abbandona il cuore sempre più appassionato.
Caterina, Lui solo conosce i camminamenti nei boschi,
i nostri, i tuoi, le consolazioni,
le desolazioni, le paure, i morsi.
La sofferenza e la gioia sono giornate della stessa vita
amanti dello stesso amore.
Bologna, 27-12-2012
Cosa ci conquista in questo piccolo imbonitore
appena nato, che già si carica tutto il nostro dolore?
Seducente Santo di Dio senza aureola e lumini
è reale la tua storia come l’inquieto viaggio dei nostri destini,
a volte la povertà innalza le mete della conoscenza,
tu povero, l’han capito i pastori, sei la gioia e la sapienza.
Far parte, far parte, far parte di questa storia
che si insinua nel cuore e si concluderà con la Tua Gloria:
prendici al tuo servizio Signore buono,
per portare nel mondo la tua pace e il tuo perdono!
Amen.
Bologna, 25-12-2012
Dissonanze casuali
fingono di concludere
un’armonia notturna
Bologna, 16-12-2012
Ci guarda il cielo di casa nostra
in un’estraneità senza nome.
Come si può dormire al tempo
nei risentimenti invece di gridare
…
fino all’eco dentro di una tua parola.
Bologna, 16-12-2012
Una stella
sua luna sorella
mi han sorpreso.
E ho mandato un bacio al cielo.
Bologna, 11 dicembre 2012
Riestiva,
neve caduta dagli alberi
sotto il sole che nuda le foglie
con luci di finta primavera
tra poco saran gemme
le bianche stelle del cielo
a cullare il Mistero
è Natale.
Bologna, 9 dicembre 2012
Hai scelto la vita.
E i suoi tentennamenti
i suoi andirivieni
i conti che non tornano
le esperienze,
ciò che non puoi prevedere.
L’hai scelta per salvare il mondo.
Venire al mondo.
Come un figlio d’uomo.
Incognita,
perché l’uomo può negarti
e rinnegarti come suo salvatore.
Quando tornerai, troverai la fede sulla terra?
Incognita,
la stessa, le stesse incognite
della vita di un uomo.
E dei suoi figli:
rischi.
Che rischio ti sei preso a vivere una vita umana!
A usare la vita.
E non la magia
e non la forza.
Hai usato lo strumento più incontrollabile.
L’unico completamente incontrollabile.
Bologna, 13-11-2012
Oggi non è terra del sole
nascosti i colori
rinascono colline
di uggia
il vitigno di Malaga che qui attecchisce,
ha il sapore di certi passiti
di dove il sole non passa mai
e fa festa con le fave dei morti
chiusi in casa a Castrocaro si assapora
– il tempo
in questa culla di eternità
Castrocaro Terme 17-11-‘12
E qui
sempre qui,
alla rotonda,
si eterna lo spettacolo
della trafittura di luce
come un rosone cromato
sulla facciata del cielo.
Villanova di Castenaso 6-11-2012
Rincorse e fischi di merli
per l’aria
mi alzano lo sguardo alla luna
nel chiarore di prima mattina
Bologna 6-11-2012
Desiderata e inaspettata
nelle braccia dei ragazzi
festa
sacrificio
concupiscenza di vita!
Bologna 3-10-12
Come nel video della cantante che scorre
il tuo omero adulto e lentigginoso
aveva due segni
su cui bambino mi soffermavo curioso:
rose nella carne ancora giovane di donna
e matura di madre,
perché mi attraevano?
Mamma come hanno fatto?
Hai sentito male?
Ma non ti stavano male
quei due sigilli
che erano stati sanguinanti
e i miei occhi intanto
adoravano tutto di te.
Bologna 31-10-2012
Le parole lente e tarde
che non ho assaporato mai
in quest’ora laida e cortese
dei locali di periferia,
mi invitano qui
a rivedermi nella grassa
rilassata figura davanti a me.
E non so perdere il tempo
non ne conosco il valore,
abbrevio il rito come l’avido amore rubato.
Ma non ancora, non vorrei dire buonanotte,
c’è tempo per pagare il conto, stasera.
Bologna, 29-10-2012
Argentato e turgido
fiume irriso e reso grande
dalla luce dell’ora solare
come una consolazione nordica
nel permanere estatico delle chiatte
sulla scia più fonda del riflesso.
Bologna > Milano 29-10-2012
Tocca a voi
ora
come fascine
affastellate
fumiganti,
quale onore
che resurrezione
dolentà
di amanti
dalla morte,
così lontani
così fratelli.
Bologna, 23-10-2012
Chiaroscuro trafitto
– tra i vetri
luce che sa di calore
c’è più colore
di quanto ne sperassi stamane
plumbeo cielo
come di una ciano
impressa di oceano
in un mattino d’ottobre
che non ha ottenebrato lo sguardo
Bologna 16-10-2012
Le rosee ortensie lungo la stradina
e dopo il fonte il melograno
scherzi orditi di fratelli
poi su di corsa per lo scalone
alla calda casa comunale
melagrane spaccava mia nonna
che pulivo con puntiglio dalle membrane
e in una coppa i chicchi
come perle discinte,
pallidi riflessi rossastri
amavo vedere sciorinare tra le dita,
aspro, dolce e succo offerto di vita in vita.
Bologna 14-10-12
Sospiro quel saluto
che non ti ho insegnato io,
come invece ha fatto Lui
che sospira il mio Padre Nostro
e lo spera ogni giorno
più cordiale e informale.
Bologna 12-10-2012
Sempre azzurra la tela
dei cieli arati di rosa
come ora li vedo ridenti e maestosi
al cedere e al sorgere dei giorni.
Mi rimboccava le lenzuola setose
con un bacio e una parola
suadenti
e in tutti i crepuscoli del cuore
ho iniziato a pregare Te
che riposi e risvegli le penombre terrene.
Bologna 8-10-12
Notarla sempre per quel particolare.
Occhi stanchi che s’ingannano,
ma il primo sguardo fu puro
pensieri sul suo lavoro di cameriera.
Proprio oggi, Tu che mieti dove non hai seminato,
lei serviva più lieta
e sentire, sentire,
sentire più prorompente del suo seno un’onda d’amore.
Bologna 28-09-2012
Stasera a San Luca eri bella
e ridevi sulle colline
perché Tuo Figlio ti ha inondato di gioia
Bologna 22-09-12
Sempre più bruma
anche al sole
tra le quinte di colline
che velano lo sguardo
sulla scena
del teatro della Guardia
dove chi sale a pregare
trova la Donna
che ha occhi di lacrime e risa
e insieme
sembrano affacciarsi alla balaustra
per lo spettacolo dell’infinito
Bologna 22-09-12
Trasale il sole sullo specchietto
lungo i viali di circonvallazione
Bologna 21-09-12
Colli come allori all’imbrunire
quasi siepi irregolari
dove trasecola il sole
Bologna 20-09-12
Seduta ti rimane ancora un poco,
incinta,
come un fagotto tra le cosce ed il seno
dolce lo guardi
allibita
e fai come toccarlo
quasi che fosse già nato
coccole rimandate
ora ti chiamano, forse è già tempo
sarà una vita, la sua, a disvelare il mistero
che oggi, madre, ti sfuggirà.
Bologna 19-09-12
Come la vedo io?
Come ti vedo io mistero doloroso?
Da egoista.
E me l’hai insegnato tu.
Per quella parte di sacrificio che hai offerto
per me,
finalmente abbandonato al Padre.
Amore senza ritorno e senza confronto
di donna,
poi sei caduta io credo di gioia.
Tu stessa mi scrivesti in coda a quella canzone
strani versi senza immaginare come:
“…io non ho paura/di quello che non so spiegare
di quello che ci cambierà
…
E chiedo continuamente al Padre che mi attiri,
– come una calamità ardente,
– a Gesù.
– Lui lo disse:
– se lo chiederete al Padre,
– in mio nome,
– vi esaudirà.
– E in questa Famiglia
– le promesse
– si mantengono,
– sempre!
Altro che paura!”
Bologna 19-09-12
Svegliarsi sazi alle tre
quando i fornai vanno a dormire
non vi sono punti di riferimento
nell’andar via del tempo.
Non c’è cadenza che tenga
non spartito –
solo i giorni lunghi e brevi
– della pazienza
muto e arido grido d’amore.
Bologna 19-09-12
Una lastra d’ansia
s’intuisce sul tuo viso
così trionfante così indifeso,
quindic’anni su spine di cuori
indelebilmente
come un dovere d’affetto,
di primo acchito
a chiunque
com’era tra i tuoi.
Si separeranno, ora, le loro sponde
mentre le tue acque ricche
chiederebbero un letto sicuro
come quand’eri bambino,
necessitano nuove
sponde protette da scorze di fortezza
insensibilmente scostanti
eppure presenti
al tuo scorrere generoso,
fino ad una sinfonia di larghe anse d’amore
Bologna 16-09-2012
Sei mancato e non so chi tu fossi
mentore paziente,
so che allargavi gli orizzonti
della mia mente,
io intirizzito e acerbo della grande Milano.
Bologna 12-09-12
Città mattutina travagliata di traffici,
prima della materna guardavamo i cartoon
dentro lo stesso tripudio di vita.
Bologna 11-09-12
C’è più terra e c’è più cielo
in questo presagio d’autunno
Bologna 10-09-12
Sì m’importa di me,
che tu traluca
anch’in me,
mio t’adoro Gesù.
Bologna, 10-09-12
So solo che dialogare con lei aveva per te il sapore dell’aria.
Dovresti prestarmi tu le parole babbo
per dire la compagnia di anni e anni
che io ho conosciuto solo da figlio
e gli anni e gli anni della tua solitudine.
Mi basta la tua persona eretta
la speranza che sopravanza lo sconforto
e quella forza sconosciuta che aspetta
come una conoscenza nuova
il sussurrìo sempre più chiaro di lei…
Bologna 29-08-2012
E’ d’oro dietro il parco dei cedri
la nuova alba di questo anno
e si diffonde mite e terso il giorno
andando al lavoro. –
– Ora Ti prego:
che sorga musicale il generare
come questo diffuso albore.
Bologna, 27-08-12
Tiepide verdi e lievi colline
(neppur’alta Bertinoro)
che il cuore di romagna custodite
compagne discrete di viaggi
lungo la strada normale al cielo,
con ritmo ombrato e lento
in dolce processione
sinuosamente andate
nelle luci radenti della sera.
La piana mancante –
di slanci e pinnacoli di montagna
rientra dal mare in città e paesi
mentre suonan le campane
ché Lui scenda con la pioggia su questa terra
che lavora sorda
ma il cuore non vuole levare
più in alto delle sue colline.
Pesano i dorati vitigni.
Rimini-Bologna 24-08-12
Profili di donna
lungo la passerella della spiaggia
traiettoria di libertà
che ci attrae e distacca
alla nostra destinazione.
Marina Romea 18-08-12
Trillano sul mare ritmi mutevoli di luce
Marina Romea 18-08-12
Improvvisa
infinita vita
Marina Romea 17-08-12
Il provvisorio splendore di corpi
nella torrida spiaggia accecata di sole
è disinvolto e inconsapevole tripudio a Dio.
Marina Romea 17-08-12
Bianca Sfinge, non so risponderti:
quanto sanguinerà ancora il Mediterraneo?
Marina Romea 17-08-12
Bianche lucine di presepe
ricamano il mare stamane.
Marina Romea 17-08-12
Brina di sole che si disfa e si rifà
sul mare stamattina.
Marina Romea 16-08-12
Filiforme raggrinzita t’avanzi
passi di convalescenza di piedi e non di gamba
sulla sabbia fina fatichi e non affondi
fibra forte tenace e testarda
il tuo fisico s’appoggia
il tuo sguardo sofferto e concentrato
segue in questa spiaggia
la direzione del tempo.
E chiedi che sia clemente per tutti.
Marina Romea 15-08-12
Cosce di calore e di colore
si consumano in un caos
di sguardi sparsi e persi
storditi di disordine.
In questo formicaio bruciato di consunzione
– e non del sole
la via non è l’astrazione
ma l’assunzione.
Marina Romea 15-08-12
E’ impossibile pensarti senza i tuoi affetti
aurora di Ferragosto.
Andremo a lavorare a giornata
da Colei che per prima è stata assunta.
– Forza partiamo
tra un po’ è tempo di vendemmia.
Amore.
Marina Romea 15-08-12
Scorrono collanine impolsate
imbracciate e accollate
come figurine variopinte e contese
dalle ragazze
e dai bambini
dalle signore accrocchiatesi
nel clima insolitamente clemente di punta.
Hai fatto affari amico
nel suq di colori improvvisato.
Indossateli domani (!) i colori ilari
per la Regina dei corpi.
Marina Romea 14-08-12
Tornano i gabbiani
dalla valle al mare
proteggono i pini
le tiepide acque di riva
che l’aria non smuove di terra,
mentre le trama il muto boccheggiare dei pesci.
Più in là, cartapesta lavoratissima,
la corrente affonda nel blu
e sembra ritrarsi a Nord,
l’upupa e il picchio
ripetono diverse alternanze
e su questa valle
ballano dei cuori le danze.
Marina Romea 14-08-12
Occhi di lacrime o di ghiaccio gli atleti
quando passa l’inno che li incorona
viaggio nel paese in cui sperano di vivere
e che s’imbandiera come fosse il loro.
Marina Romea 11-08-2012
Costa d’acqua franta e striata
arrivi d’oceano in Adriatico
non è levigato il bassotorbido
– oggi ondifrago.
Mareggiata –
salita di tuffi di rischio
acqua fresca ossigenata,
la solita noia sopraffatta
e inondata da nuova voglia di vita.
Marina Romea 11-08-2012
Sorge dietro i pini il sole
rosa la valle bassa
dove le chiazze meno increspano
e cullano tiepide i gabbiani.
Prospettive rovesciate
dei bacini chiusi, rare folate
di fenicotteri ed aironi
nei romantici colori.
Qui sul quai è facile pregare
che s’è incarnato in un seno materno,
e questa valle sospira
commossa di lacrime.
Marina Romea 10-08-2012
Fiero agosto che par serio e immòto
abbronzatura di riva ritirata
tamburar di temerari fin a tarda
non s’àncora allo zenit il solleone
e prima sera la terra non s’arrende
all’orbitar di carminio e di candore.
Solleone di ore e di sguardi arsi
che non del tutto questa notte archivia,
guizzi di sguardi immortalano rapiti
non meteore ma luci di certezza.
Marina Romea 10-08-2012
Ampia pila di frescura benedetta
pur se sai di mare e di salsedine
e i pini qui son tese di cappello
al pari di montagna aghifoglie
verde foresta sei.
Ombra e ristoro al tuo riparo
e vola più forte sul tuo cielo
la brezza del mare alle campagne
accarezzando la bassa Romagna
e a questo volar ti progettarono i benedettini
col loro voler collaborare al creatore
che dà refrigerio e speranza ai campi e a chi lavora.
Concepimento amoroso e cosmico
di cui oggi gode ancora
chi t’attraversa guardando l’arenile a est
o percorrendo in longitudine i sentieri
dalle salaci valli
ma pure dai morti acquitrini
che ricordano le paludi di un tempo.
I pini
abbracciandosi in cima
ove son marittimi
ricordano da queste parti
archi di antiche basiliche.
Vien voglia nuova di piantumare
le paludi di solitudine del nostro tempo.
Marina Romea 7-08-2012
E’ arrivata un’ambasciata sotto l’ombrellone
un’aurora di amicizia che scioglie la paura.
Tenerezza e fragilità
e l’incredibile dono al mondo
(che tu gioiosa e giocosa scopri)
dei tuoi occhi blu commossi
da tuo padre presi
e quelle labbra comprese di stupore
ammiccano di sorriso
sprizzano di gioia in compagnia
poi raggomitolata a tua madre
tutte le braccia e le gambe esulti.
Allora inoltro l’ambasciata
all’aurora di ogni giorno
come una speranza d’amore
da accudire diuturna.
Marina Romea 7-08-2012
Due bianche braccia e qualche capanno
come le mura di Troia
in un mare di guerra
per chi ha dentro ormai
il sapore frusto del vento
e della pesca al largo
delle navi e dei vaporetti
il gusto avaro dei commerci
e quello prodigo dello svago a vela
di una temperie che comunque illude, soffre
e ripiomba nella risacca dell’onda
sperando che il faro un giorno
proclami amore.
Ormai sei rifugio saltuario
al mio pensiero ondivago e temerario
non più immemore che in questo porticciolo
provvisoriamente accogliente
anche noi indigeni siamo solo turisti.
Marina Romea 7-08-2012
Gioia del mare
mi chiedesti tu quell’estate, primamore
vero e orfano
quando la Stella del mare
mi arrese
in lacrime e risa
e anche mia madre si prese.
Pietra terragna ed unica
la più semplice delle nobili
che vive di luci sublimi e riflesse
incastonate nei cieli del mare
e decanta il nostro triste
essere orfani
trasparendo ‘l Suo amormaterno.
Marina Romea 5-08-2012
Brillìo d’incanto
sotto barche ammainate
aspettando pomeriggio scirocco
che capovolgerà la clessidra dei riflessi
con tenace brezza.
Ora, alle ore contate
ai sorrisi bianchi di ragazzate
alle sabbie roventi ed assolate
Dio non lesina chiarità.
E gli uomini prendono abbagli.
Marina Romea 4-08-2012
Sposto gli appunti sul tavolo
in un istante che non è banale
sento che me ne sto andando.
Malinconia mortale alla mia età
se il gesto che accompagna il respiro
non è per la Tua gloria e per il Tuo ritorno.
Sei volato.
E volerai lentamente mi auguro.
Prima ci hai addormentato tra favole e carte da gioco.
Già in società, noi recalcitranti la prima elementare.
Hai sempre spinto tu, ora già maturo
non possiamo dartelo a vedere
sull’acceleratore della vita.
Che non si spenga
che s’affermi il tuo essere uomo
con la vitalità dei calci ad un pallone
di amori sempre più presi
sei tu che prorompi.
E ci rimandi nel mondo
dove tu, figlio mio, sembri entrato prima di noi.
Come al solito l’hai vista tu la piccola preda
in becco al gabbiano controcorrente.
Per diciotto anni consecutivi di passione
ti ho confidato (a te) il mio sogno di amicizia,
ma forse solo ora ne parlavo umanamente.
Attimi e ferite necessari
del tempo e degli amici che ho sognato.
Era infinito come il mare e volatile
come la sabbia che calcavamo,
il necessario sfarinamento dei sogni al veder nuovi orizzonti.
Dopo che ti ho letto al chiuso dell’aria condizionata
mi si è spalancato l’animo a notte fonda,
ho aperto la finestra e non c’era il cielo stellato
(cercavo in cielo la fratellanza)
ma l’aria profumata saliva alle narici da terra,
in un’onda di fragranza.
Chissà come è successo?
Me lo sono chiesto tante volte
dandoti gli spicci
e quella volta un pocket coffee estivo
che hai preso benedicendo
dal mio finestrino col tuo unico braccio.
Oggi col caldo la camicia te l’eri tolta
e andando via dall’incrocio
che ti ha adottato
verso il centro città
la portavi sulla spalla monca.
Forse per coprirla forse per renderla utile,
ma avevi un portamento da attore consumato.
Che la tua benedizione mi accompagni
lungo la strada, amico.
Ti ho vista fine e sensuale in tutto
seduta al tavolino del dehors,
le gambe in spontanee pòse
e le mani mentre parlavi…
cosa c’entravano quegli short
con gli occhi verdi, fieri, puliti?
Tutto irradiava un mezzogiorno di quasi agosto
sul tuo volto.
Si dice gli occhi e i tuoi sognavano
e guardavano lontano
e il corpo era fine, levigato e affusolato,
seducente, nei vestiti, apparentemente buttati là.
Vederti è stato un piacere,
vederti è stato puro,
come la storia di miracolo, la vita, che cambia lo sguardo.
Poi mi sono chinato sui leggeri involtini del ristorante greco.
Siamo icone come specchi
di un’immagine in immagini
su di noi dove tutto traluce
un significato di bellezza.
E non ascoltiamo la musica dentro
e non recitiamo la poesia
per paura di soffrire
perdiamo la speranza, tragicamente.
Ma sempre lo sappiamo
cosa fare di giorno in giorno
come una spada al calor glaciale
posta tra l’essere e il nulla.
Luci sull’autostrada
nel nodo di Bologna
sfrecciare a notte tarda,
forse un luccichìo fraterno.
Ed è un lento macerarsi a far da sentinella
non comandare in battaglia
ma rispondere alla domanda
che tiene il cuore sveglio
come stilla di lacrime sul viso
chi sei tu che mi dai respiro?
Per un attimo mi ripiegavo cupo sui fogli.
E lo sapevo.
Che non potevo riassumerle tutte, signorotto triste, le ramificazioni dei pensieri, degli spunti.
Aperture.
Così una sorpresa come quella di Alesa nel vedere scuotere il mio desk.
Non di terremoto.
Di brezza delle foglie. Attraverso il vetro e la tagliente luce mattutina.
C’è anche chi dice che siete tutti la stessa razza.
Coraggio dell’ignoranza
negazione dell’evidenza.
E’ logico è facile cercare spiegazioni
del perché il tuo tratto gentile
ha voluto far questa fine
e si è interrotto.
Del perché di fronte al destino
ha prevalso la solitudine.
Anch’io ti avrei dato la mia preferenza
a tutte le elezioni
tu eri il boss dei matrimoni
delle preferenze, quelle della gente
e dei campi sportivi.
Era amicizia, eri buono, ma non eri un boss.
Eppure non è vana la tua vita Maurizio
la tua gente
costruirà e ricostruirà come te,
per passione di civile amicizia.
Lievi convenevoli nei bar
viene così il regno dei cieli.
C’è un attimo nel mio sguardo
tra l’apparire di una bellezza procace e provocante
e il marcire furtivo della sua immagine fugace in me,
in cui mi invade prepotente e felice
la bellezza infinita e verace dell’essere.
E mi sconcerta.
Assumere i figli caricarseli
chissà magari averli sperati altrove.
E poi non reggere più
questo tutt’uno d’azienda e famiglia
che ha fatto parte di un amore
sconfinato.
Come quando muore un amico
si velano gli occhi
e il cuore dubita
che ce la si possa fare tutti quanti.
Non coi conti a fine mese
Ma col ritorno alla fine dei giorni.
Tra agavi e capre
mentre ci precedevi veloce
nella salita coi tuoi diec’anni
noi che lo riscoprivamo per caso
come un buon vino assolato
che prima riguardi
questo Monserrato dell’Elba.
Ti stavamo dietro a fatica
increduli che ci fosse ancora la prova
di una promessa e di un’invocazione:
Pietro e Ada uniti per sempre.
Nell’intonaco della porta
scritta con la forza di un destino
prorompente che doveva attecchire
in terra sconsacrata
abbiamo trovato incisa
la rabbia di dodic’anni prima.
E ci siamo stretti tutti e tre
come abbracciando tutto e tutti
dal santuario impervio e profumato
che guarda il mare.
Sbandare abbandonare schemi meschini.
Bisognava andare
oltre la misura
per riavere vita.
Per ritrovare
la pace di un’apertura
infinita.
Io, dominato da te
spalancato istante
trattengo i volti non già il respiro mio,
squadernarsi e stupirsi in protési destini.
Per questo inquieto lavorare
non posso consigliarmi
neanche con te
sarebbero parole
le solite.
La realtà che procede
in questo trattenimento,
il dolore che sopporta
e che sopporterà
il suo patimento,
dà,
già
i compatimenti
della Sua voce
che mi fai compagna.
Ero combattuto tra la speranza
che tu non li sentissi
gli sbandamenti, gli stordimenti
esasperati del patire, almeno così, i miei, no.
E il desiderio che non
lo tacitassimo, noi grandi,
il tuo cuore.
“E’ poco centoventimilioni. E’ bello!”
e lo guardavi benedetto
in tv, quasi ce lo fossimo aggiudicato noi.
“Anche a me Simone piace”
e la mia voce davanti al volto dell’angoscia
ha tremato soltanto d’amore.
Vigliaccamente perbene
e non ero io
vigliaccamente ho fatto il male
e non ero io.
Quando sarà vivo e reale
nel dono
l’amore avido della mia sete
di Te?
Incompiuto.
Il lavoro è questa
ferita che ad ogni sosta
si sente di più.
Squilli alla porta
gioia sconfinata
che mi si stringe il cuore
se solo ritardi.
L’ansia è diventata passione
e amore
e lavoro
hanno la loro mercede.
Non ti vedo
non ti sento
non sei tu.
Ora lo vedo
ora lo sento
non c’è più,
sul tuo volto
di volta in volta
l’ombra distorta
del risentimento
del momento.
Il destino ci ha smascherati.
Sapido ed umido asfalto
cielo tra nubi di cobalto,
immaginetta cara
terrazza di fiori rara.
Sguardo avido
che in un mattino impavido
ti cerca in ogni dove
senza saperti e senza crederti Dio.
Di ogni dove.
Gioia che si puo’ guardare irriducibile,
arte seducente e incommensurabile!
Mare di libertà che non ci vuoi arresi
se non all’infinito blu
dagli occhi sospesi.
Echi di te morsi al cuore,
l’arte di vivere non mi ha ucciso l’ardore.
Nostro padre mi ha fermato
sulla china del servilismo,
ma i tuoi semi erano gratuiti
quando un attimo ti distoglievi.
Dall’ascoltare il Giuss,
dal pregare per regalare,
è stato poche grandi volte
come quando Donadoni entrò in area.
E tu mi sussurrasti:
“cos’è questa cosa di cui tutti parlano?”
mi folgorasti, mi trafiggesti
eterna bellezza del Risorto!
Quando altrove me lo dicesti
come il segreto semplice,
che l’uomo in ogni canto di sé
in ogni scritto di sé parla di Lui.
Mi sono figurato io in quello spazio angusto
e solo l’offrire, silenzioso seme e giusto
renderebbe vita a quei lunghi istanti
per non abbruttirsi animali sbraitanti.
Così il silenzio sia quello tuo solito
pause infinite e sguardo mansueto
vorrei che il tuo cuore fosse lieto
perché l’ Amico ti ha fatto pulito.
Sulle ginocchia e ad un tempo bocconi
tre volte sei caduto tra un cenno
col capitano a dirigere l’azione,
poi gli occhi riversi spalancati.
Un tremito di vita che esce e ti svuota
di dolore, del dolore delle tre cadute
di un calvario da sempre e di una passione da sempre,
di una gioia a metà.
Tu pezzo d’uomo che amavi gli angeli
e te ne eri scelto uno a fianco,
intelligente e delicata la prima che ha capito.
Vedendo il tuo volto in sorriso
che anche Gesù era caduto tre volte
prima del Paradiso.
Il fiore nuovo nelle ripetute cose
non appassirà
puri sguardi di rugiada e rose
lo veglieranno eterni.