Lista stampabile poesie

Il canto che ascolta

E non capivo e no
da dove venisse
la voce veramente
La nota
sorpresa
e resa magistralmente
Nel suono disegno
e movimento
come un canto che ascolta

 

Ravenna, 25-04-’24

Guardare ‘Ciò che inferno non è’

“L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.”

Italo Calvino, Invisible Cities

Propaganda (anche di guerra) e nuova consapevolezza
P.L., UN’AMICIZIA CIVILE, 2014, PAGG. 48-49:
“SOGGETTO E DATO
Nei fenomeni sociali poche sono le circostanze inevitabili o che non si sarebbero potute evitare, anzi
nessuna, e tutte sono l’esito composito di volontà di potenza e volontà di dono, mescolate come grano e zizzania fino alla fine della storia.
Ma allora ha ragione Vattimo, il reale è l’interpretazione che ne do?
Questa svista, questa rinuncia di fronte al dato della creazione, è scongiurato dall’incarnazione: il fatto dove l’Onnipotente ha abitato la terra e prima ancora il ventre di una giovane donna che si è donata: e così una volta per tutte la volontà di dono di una creatura ha partecipato della potenza invincibile.
Se è così, mentre mi addentro nell’interpretazione della realtà in una serie progressiva di barriere che cadono e di immagini che si presentano a dire “son più reale io”, c’è sempre la possibilità di ritornare all’evidenza primaria del dato, anche nel suo aspetto di limite e di male, che Dio permette, e di viverlo in rapporto al suo senso, alla sua destinazione. Dio, infatti, attraverso la realtà, educa gli uomini e i popoli.
Nuove energie sociali possono sprigionarsi solo come collaborazione all’affermazione di un senso, cioè di una direzione della storia, togliendoci dall’impotenza in cui il potere ci vorrebbe cacciare avvalendosi dell’idea di ineluttabilità dei fatti sociali.
Un senso della storia per collaborare a orientarne il corso. È l’assenza del senso all’origine della diatriba tra neorealisti ed ermeneutici.
Il fatto esiste in rapporto al senso (logos) e l’interpretazione consiste nell’offrire l’azione per scoprire e
collaborare a manifestare il senso.
1) Il metodo dunque è sempre partire dall’esperienza.
2) I fatti sono dati. Anche i fenomeni sociali che sono condizionati dal libero arbitrio. Poiché Dio c’è, un
fatto ingiusto ai miei occhi, prima che ingiusto, è un fatto. Anche se frutto della volontà di un altro uomo. Dio permette anche il male, per un bene.
3) Di fronte al fatto la mia ragione si interroga. A due livelli:
a) dà un giudizio sul merito dell’evento.
b) si chiede perché Dio (il destino) me l’ha dato. Cosa vuole da me?
4) Di fronte al dato, che è ultimamente la manifestazione della libertà di Dio, è in ogni caso qualcosa che Dio permette, la mia libertà si mette in rapporto, entra in azione per quanto le è consentito, e cerca di rendere adeguata –se necessario contribuendo a cambiarla– la circostanza alla ricchezza della mia umanità, che trova nel rapporto con Dio la difesa e il destino più alti. “
Pietro Lorenzetti
Papa Francesco dopo l’attacco dell’Iran a Israele

Dopo il Regina Caeli
‘Cari fratelli e sorelle!
Seguo nella preghiera e con preoccupazione, anche dolore, le notizie giunte nelle ultime ore sull’aggravamento della situazione in Israele a causa dell’intervento da parte dell’Iran. Faccio un accorato appello affinché si fermi ogni azione che possa alimentare una spirale di violenza col rischio di trascinare il Medio oriente in un conflitto bellico ancora più grande.
Nessuno deve minacciare l’esistenza altrui. Tutte le nazioni si schierino invece da parte della pace, e aiutino gli israeliani e i palestinesi a vivere in due Stati, fianco a fianco, in sicurezza. È un loro profondo e lecito desiderio, ed è un loro diritto! Due Stati vicini.
Si giunga presto ad un cessate il fuoco a Gaza e si percorrano le vie del negoziato, con determinazione. Si aiuti quella popolazione, precipitata in una catastrofe umanitaria, si liberino subito gli ostaggi rapiti mesi fa! Quanta sofferenza! Preghiamo per la pace. Basta con la guerra, basta con gli attacchi, basta con la violenza! Sì al dialogo e sì alla pace!’

Città del Vaticano, 14-04-’24

La canzone sospesa

Non mi schiodo dagli occhi la tua canzone
che una dopo l’altra tiene lo sguardo sospeso
a un trucco a matita

La tua ballata un sorriso
che si srotola e domanda
le cose che impone cantando

Anche quando apparentemente dubita
del motivo
che ti porge da amare

Credi però all’amico
che non si perde più le parole e le note
il tuo frugare dolce e violento nel cielo del mondo

La tua voce non confondo con nessun’altra
nel mio pensiero disorientato spesso
– sappilo anche tu – dalle sue stesse eco

 

Ravenna, 15-04-’24

Come le poesie

Cuore di Roma
piccolo e grande di chi

alle quattro di notte
si sbatte tra i cassonetti

senza svegliare
il sonno fetale

degli invisibili

di quelli finiti e persi
a farsi far la guerra

fino a scomparire
dalla faccia della terra

e a ritrovarli tra
le poesie dei dispersi

Roma, 4-04-’24

Preghiera breve per i morti sul lavoro

Maria, madre di Dio, vergine di San Luca, che hai riconosciuto Giuseppe lavoratore come migliore custode della salvezza, rendici collaboratori e custodi della tua opera nel mondo e vivremo nella gioia.
Accogli chi ingiustamente ancora muore sul lavoro e proteggine le famiglie.
Sostieni coloro che soccorrono e si prendono cura di chi è derelitto e nella disperazione.
Consolaci, salvaci, resuscitaci.
Così sia.

Suviana-Bologna-Ravenna, 10-04-’24

Occhi killer

Hai un carattere semplicemente di merda
roba rara
nell’epoca dell’autotune
degli atteggiamenti

Però hai un’intonazione
che prendi stringendo gli occhi
come un gatto

E un’estensione
che se ne esce
come un canto di popolo
dalla miseria

Tutto
tutto semplicemente meraviglioso

 

Ravenna, 8-04-’24

Bitume

Ho inseguito chimere
fino alle bestemmie

c’erano le lucciole
ancora tra le casupole

Poi a frantumare barriere
svenire e correre

lasciar perdere
e non ricordare di respirare

Costretto a riprendere
ancora cedere

senza amore solo dolore
o forse due in uno – ma di quello sordo

 

Ravenna, ogni giorno un barile

Vuoto per pieno

Non so più scrivere
non si dilata
l’interlinea –
sì l’attesa la preghiera
sì non cedere continua pur così –
a predicare a non ascoltare
a non fluttuare sotto le palafitte:
come una piroga
che sciaborda
che riflette il sound
di una musica tribale

Sto chiedendo adesso
nel mentre scrivo,
come se questo fosse arte,
al Liga – che ho giocato una vita
come Oriali –
non una poesia
per intero
ma un solo verso,
di quelli alla Del Piero,
per scatenare l’inferno
e ricacciarlo fuori del terzo anello

Ravenna, 7-04-’24

 

Il tempo inaspettato

Il sole ora
sa dello stesso odore
del sale –
le vestigia dei molluschi
i legni del mare accatastati
cose lontane –
Labbra spalancate
per bere anche il ghiaccio
che goccia dentro di sé:
l’aperitivo
e l’andamento discorsivo
di un tempo inaspettato

 

Punta Marina, 6-04-’24

Il bar della città ideale

Cielo che tuoni calore
e fulmini il colore
sulle pelli rugose
e vigorose
Nella chiesa Riparata
che ora si popola
qui a fianco
tra i tavolini

 

Terra del Sole, 5-04-’24

Piccola amica

Va’ forte piccolo grande treno
sottobraccio al suo gomitolo

mica e unica lo sai
e lo prendi al volo controvoglia

ma sali come dite voi
quante volte ancora magari

dovrai non salire più al Nord
verso altri destini

Sarà perdersi nell’attenzione e cura
la tua statura vede le cose così

sarà amore che dura
come solo l’amicizia

che ci fa tutti emigranti
amanti stretti a nuovi orizzonti

 

Roma Bologna, 4-04-’24

Papa Francesco Urbi et Orbi Pasqua ’24

https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2024/03/31/il-papa-scambio-di-prigionieri-tra-mosca-e-kiev-entrino-gli-aiuti-a-gaza_5a0efb34-927a-4e16-b344-9b997e5856e5.html

Notte di Pasqua

Vermiglio cuore della notte ancora nera
del grido soffocato
al canto di miserere

A te sollevare la pietra
a me basterà la tua carezza
e io che temo e io che tremo

Goffo ti offro il peso
che sorridendo tu fai leggero

Tu mi sorridi
e doni al mio cuore gli stessi palpiti

Gli infiniti candori
sorpresi
degli amici

 

Ravenna, 31-03-’24

Quello che le donne sanno guardare

C’è non tanto una parte
no non di me
forse del mio segreto spartito
un vocabolario
un inconscio tinto
di osceno
come i capelli corvino
che si fanno i vecchi
Ed è proprio lì –
cioè che continuerò
a tingerli sul sacro viso
del cuore nostro
la nostra fraternità
con un istinto mortale
che mi accompagnerà
vita natural durante
E solo il vino della passione
ubriacherà del suo rosso profondo
di dimenticanza e perdono
il nostro cuore
e la nostra fratellanza
e ci addormenteremo infine
con le nostre fermezze e fragilità
sotto le stelle – che come le donne – non hanno paura

 

Ravenna, 29-03-’24

‘Rossa sera’

L’amore è una frana
ti stana
poi ti sbrana
ti fa a pezzi
come i pettegolezzi
ha i suoi vezzi
ti benedice
ti maledice
ti interdice
ti spalanca
ti fende l’anca
l’anima manca
credevo
vedevo
mi illudevo
di governare
di immolare
sulle are –
sacrifici
e gli artifici
dei raziocini – –
Era la cordigliera,
semiseria,
di amici la sera

 

Ravenna, 28-03-’24

Il volo d’ottobre

Noi invece ringiovaniremo
come il Volo adesso
rondini simili a piattelli
sfuggiti ai fucili

Ci armeremo
di fragili ali
che ci doneranno i cieli
umili e liberi

Veri come loro
riusciti presto ma ragazzi ancora
quasi non ci fosse più tempo

Questa volta
il volo d’ottobre
aspetterà

 

Ravenna, 25-03-’24

Racconti del mare

Il mare
non invecchia
sulle rive
come noi
sui corpi
e sulle anime

Noi sappiamo
alfine
cercare un senso
e passare
i giorni nostri
raccontandolo al mare

 

Porto Corsini, 24-03-’24

Un’apertura

Apriti cielo
invadimi
dice la scrittrice
dalle forme prorompenti

Così usa le sue arti
per farsi amica
la musa
di cui si finge meretrice

E di chiosa in chiosa
spiega
che lei crea spazi
per il cielo

Come un dono non so
dai modi suadenti
indecenti
un’apertura solo intuita – infinita

Marina di Ravenna, 13-03-’24

Cat Stevens

Yusuf è un bel nome per un gatto
non c’ho visto niente di male
in quegli occhi – anzi
Uomo europeo dei nostri giorni
un po’ greco un po’ svedese
e la legge britannica
Ho amato il tuo farci sentire
il cambio di tono dei figli
aldilà delle parole
Ho amato il tuo averne cinque
e accettare la differenza
un po’ come una conversione
E ho pensato che tutti qua
come nella tua canzone
ci sorprenderemo
A tirar fuori e a modulare
il tono
dei figli di Dio

 

Ravenna, 11-03-’24

Pensare i figli

Il desiderio non è i desideri
il desiderio
ah il desiderio quello vero
non è però etereo
C’è un desiderio che è eterno
e non è etereo
è quello del cuore
e dell’amore
di quell’utero spaziale
che fa appena in tempo a pensare i figli
– come Dio
e già se li immagina nel mondo
un po’ come una lotta con se stessi
di dar la vita e vederla partire
Un po’ come in quelle canzoni
in cui i cantanti
cantano con il cuore in mano

 

Ravenna, 10-03-’24

Irama

Irama lo vidi allora
con Simone
il ramo da cui tendo la mano

Ci sembrò dicemmo
un nuovo Tiziano

Ora non più esile e garbato
però ancora timido
un giovane bel tenebroso
che è roba rara

Canta con o senza musica
come se ciucciasse il capezzolo
di tutte le mamme
e bevesse whiskey con John Wayne

Ah quei riccioli biondi iconici
il muso duro
e il volto futuro di lei
sai da Oriente di sandalo e di muschio bianco

Saprai la giovinezza stremata che grida la propria rabbia?

Ravenna, 8-03-’24

La storia maleducata

Chi ha ritenuto di liberarmi dalle paure
quasi fosse un esorcismo
di quelli cruenti

Chi mi ha paragonato ai cani vili e lecchini
latrati imperiosi qui sotto casa mia
e i cani attorno alle mie carni con la loro faccia

Non so ognuno ci ha messo quella con cui guarda Dio
o invece quella vile che si lava i panni
nell’Arno del gruppo

Avevano una giusta causa forse
chissà magari lo dirà la storia –
tranne che si sarebbe potuto fare gentilmente

Ravenna, 7-03-’24

Knocking

Rischiare tutto
anche la dignità
gli affetti più cari
al buio sempre al buio
sai che divertimento
per fortuna che c’è
questo vecchio vinile
e quei due cow boy
di Tom Petty e Bob Dylan

La realtà chiara
a cui dire di sì
knockin’ on heaven’s door
che allora
dico di sì e più ancora
alla mia mania e maniera
di rischiare tutto
bussando
e aspettando

 

Ravenna, 26-02-’24

Un 2024 elettorale – appunti

I temi che caratterizzano la tornata elettorale di giugno per il Parlamento europeo, come d’altra parte in altre situazioni del mondo tante altre competizioni elettorali che si terranno nel 2024, si incroceranno intorno a una questione di fondo, vale a dire la posizione che si assume di fronte al fenomeno della globalizzazione.
E’ chiaro, come è stato scritto, che fin dal suo primo manifestarsi tale fenomeno ha suscitato sia speranze, sia paure. E anche benefici concreti, come pericoli e danni.
Non si può credere alle ‘magnifiche sorti e progressive’ della globalizzazione.
E’ di tutta evidenza che essendo passati da 3 miliardi di persone sulla terra a circa 8 in pochi decenni, la vicinanza si presenti come elemento critico, cioè pericolo od opportunità. Rischio di scontro e inimicizia, come possibilità di incontro e amicizia.
L’umanità può essere una famiglia?
A giudicare dal numero e dalla violenza delle guerre che ci sono oggi sul pianeta non sembra possibile (sulla terra e non solo: è di oggi l’indiscrezione di fonte americana secondo cui la Federazione russa avrebbe allo studio un dispositivo atomico per far saltare satelliti spaziali nemici di nuova generazione).
Ora ci si potrebbe soffermare sugli interessi e sui progetti comuni a parti del mondo che possono motivare e rendere possibile la collaborazione e questo è sicuramente un livello della questione.
Certamente sugli interessi e sui progetti in campo si implementerà l’Unione europea e bisognerà dichiararli in sede di campagna elettorale da parte di tutti i partiti. Non dico da parte delle famiglie politiche perché credo che vi sarà, all’indomani del voto, ed è meglio se sarà così, una situazione fluida e un ricollocarsi dei partiti nazionali, delle famiglie politiche e probabilmente maggioranze in parte variabili (o appoggi esterni) in funzione delle votazioni per la Commissione e per i principali dossier.
Ma c’è un quid che non compare in tutto il dibattito politico (peraltro per ora poco incentrato sui temi di interesse europeo) e che è anche il convitato di pietra quando si parla di globalizzazione.
E’ l’aspetto più distintivo dell’umanità e dell’umanesimo, è il cuore.
I sistemi politici, tantopiù in epoca di globalizzazione devono tutelare le società e le società prima che da interessi e progetti sono tenute insieme da una tensione ideale.
La verifica della verità dei valori e delle tradizioni sta nella capacità di aprirsi alle altre realtà valoriali, come se gli esploratori del ‘500 non avessero avuto l’esito del colonialismo ma l’incontro (ed è stato in realtà così in alcuni casi). Ma le grandi monarchie di allora, le multinazionali di allora non lo resero possibile andando alla sottomissione delle popolazioni indigene. E’ un fenomeno che oggi verrebbe definito capitalismo predatorio come avviene in Africa. La postura culturale del Piano Mattei rovescia il paradigma.
La modernità ha significato anche per l’Europa la scoperta della soggettività, che le crisi nei vari passaggi e nelle varie declinazioni del ‘900 hanno messo davanti alla paura, all’orrore e alla confusa, ma inamovibile convinzione cinica che si possa distruggere tutto, ma non si possa –  insieme – costruire nulla, con una conseguente paralisi delle volontà.
Non ci tirerà fuori dalle secche, perciò, l’assioma tutto sociologico che, raggiunto il livello più basso si verifichi il momento in cui le società risalgono, ma sarà una questione di libertà che riguarderà l’uomo singolo, in comunità e nelle società, rappresentato dalla politica (non populista, ma popolare e capace di dialogo).
Come accennavo, la prima risorsa che l’uomo ha è il suo cuore che non è un insieme di reazioni, emozioni e sentimenti, ma di esigenze di fondo e di evidenze esperienziali e storiche.
Per tutti, per le società, ascoltare il cuore è il modo per trovare i camminamenti.

 

Ravenna, 15-02-’24

I trattori

I trattori sono carrarmati di pace
colonne che non vanno a Rafah
allevano, coltivano, ci provano
e a Sanremo sarete come Allevi
che di lì si vedono il mare
e le terrazze dure da coltivare
all’Italia dei cantanti chiedete
di riunirsi in coro come per risorgere

 

Ravenna, 7-02-’24

La nave

Lasciava la nave
scivolare via
come
il vento si fosse
preso il timone
e non avesse
altro da fare
che assecondare
che seguire
la temperie
del giorno
e della notte
alta la luna in cielo
a mezzanotte
a mezzogiorno
le correnti e le maree
amare di alghe
di terra
e dolci al largo
tra coperta
e sottocoperta il timo
e il rosmarino

 

Ravenna, 7/02/’24

Le rondini

Già si inizia a parlare
del ritorno delle rondini
e vorremmo poter dire
che siamo pronti, che siamo felici
Nessun dono di grazia
più ci manca
che ci faccia convinti e decisi,
ma una cappa spegne i sorrisi
Il potere non ce le farà vedere
arrivare,
ammirare
Eppure non c’è pensiero più umano
quando si apre il cielo
a gennaio

 

Ravenna, 31-01-’24

Il segno di Giovanna

Ho sfondato sono stato risucchiato
da un imene del cielo
nel Suo cuore
come se fosse da sempre

Frementi palpebre
nel volto quasi sacro
finalmente
nudo e sereno

Erano i tuoi occhi
segno di terra che sa di eden
e dicevano –
l’impegno prendilo con l’azzurro

 

Ravenna, 29-01-’24

La felicità pubblica in Hannah Arendt (di Luca Antonini)

Descrizione

«È un fatto strano,» secondo Hannah Arent «e naturalmente spesso notato, che mentre Jefferson stava abbozzando la Dichiarazione d’Indipendenza, abbia cambiato la formula corrente con la quale venivano elencati gli inalienabili diritti umani da “vita, libertà e proprietà” in “vita, libertà e ricerca della felicità”». È proprio su questo fatto strano (tale perché determinò la recessione del binomio Liberty and Property a favore del Pursuit of Happiness) che si sviluppa la presente riflessione, diretta a rimettere a tema, nel dibattito culturale, la dimenticata nozione di ‘felicità pubblica’.
Questa nozione, che nel Settecento è stata propria sia del processo costituente americano che di scuole economiche italiane dello stesso periodo, comporta una forte rivalutazione della dimensione relazionale della persona. Richiama, quindi, in questa prospettiva, lo stesso clima di valori che condusse in Assemblea costituente a porre in stretta correlazione diritti inviolabili e doveri inderogabili. Questa correlazione oggi è spesso ignorata, con un enorme perdita di capitale sociale. Tornare a mettere a tema la felicità pubblica, cioè un sentimento di felicità che, per riprendere l’espressione della Arendt, «non è possibile acquistare da nessun’altra parte», riveste allora un valore strategico. Consente, infatti, di non cadere, a differenza di certi accenti della retorica mazziniana, nella trappola (in cui a volte inciampano anche oggi molti dei più convinti sostenitori della correlazione tra diritti e doveri) di contrapporre felicità e doveri.

“Vi ho chiamato amici”

(dall’omelia dell’allora cardinal Joseph Ratzinger nella Messa pro eligendo Pontifice del 18 aprile 2005)

Il Signore ci rivolge queste meravigliose parole: “Non vi chiamo più servi… ma vi ho chiamato amici” (Gv 15, 15). Tante volte sentiamo di essere – come è vero – soltanto servi inutili (cf Lc 17, 10). E, ciò nonostante, il Signore ci chiama amici, ci fa suoi amici, ci dona la sua amicizia. Il Signore definisce l’amicizia in un duplice modo. Non ci sono segreti tra amici: Cristo ci dice tutto quanto ascolta dal Padre; ci dona la sua piena fiducia e, con la fiducia, anche la conoscenza. Ci rivela il suo volto, il suo cuore. Ci mostra la sua tenerezza per noi, il suo amore appassionato che va fino alla follia della croce. Si affida a noi, ci dà il potere di parlare con il suo io: “questo è il mio corpo…”, “io ti assolvo…”. Affida il suo corpo, la Chiesa, a noi. Affida alle nostre deboli menti, alle nostre deboli mani la sua verità – il mistero del Dio Padre, Figlio e Spirito Santo; il mistero del Dio che “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3, 16). Ci ha reso suoi amici – e noi come rispondiamo?

Il secondo elemento, con cui Gesù definisce l’amicizia, è la comunione delle volontà. “Idem velle – idem nolle”, era anche per i Romani la definizione di amicizia. “Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando” (Gv 15, 14). L’amicizia con Cristo coincide con quanto esprime la terza domanda del Padre nostro: “Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra”. Nell’ora del Getsemani Gesù ha trasformato la nostra volontà umana ribelle in volontà conforme ed unita alla volontà divina. Ha sofferto tutto il dramma della nostra autonomia – e proprio portando la nostra volontà nelle mani di Dio, ci dona la vera libertà: “Non come voglio io, ma come vuoi tu” (Mt 21, 39). In questa comunione delle volontà si realizza la nostra redenzione: essere amici di Gesù, diventare amici di Dio. Quanto più amiamo Gesù, quanto più lo conosciamo, tanto più cresce la nostra vera libertà, cresce la gioia di essere redenti. Grazie Gesù, per la tua amicizia!

Amicizia, splendore dell’umanita’ – Appunti

La politica è il vertice della carità, papa Montini. Per i Greci la polis era basata sulla virtù dell’amicizia. Si potrebbe dire oggi che l’amicizia è il vertice dell’umanità. E’ la modalità di rapporto più consona all’umano che vi sia. Essa è anche l’espressione più limpida della giustizia nei rapporti sia dal punto di vista sociale, sia dal punto di vista politico. La base di tali relazioni è nelle relazioni personali. E’ da qui che si impara che l’amicizia non è in balia delle proprie pulsioni e risentimenti, e che se nasce dall’incontro di due soggettività, poi si oggettiva in una sorta di terzietà della relazione stessa, che libera i soggetti dallo scetticismo e dal cinismo, cui porterebbe la considerazione dei limiti posti alla purezza del reciproco desiderio di unità.
Una lealtà, una durata, una benevolenza, una generosità sconosciute si manifestano nel tempo. Questa oggettività del rapporto, possibile particolarmente nella maturità, non teme anzi esalta l’originalità di ciascuno, che trovo significativamente fondata nel personalismo cristiano.

 

Ravenna, 26-01-’24

“UNA STORIA ARDENTE DI MONDO” testo di un mio video su youtube

Eh certo nella grande storia sacra Dio poteva imporre a una creatura una vicenda come quella che fa mettendo incinta Maria per grazia, per riconoscimento anche della grazia di Maria, non avrebbe potuto farlo se non avesse avuto a che fare con una persona particolare, una persona che esaltava in sé tutto il buono della natura umana. Ma allora io mi domando, quando penso che abbiamo dei luoghi comuni nel nostro catechismo che scontano una visione profondamente moralistica, davvero “Immacolata”, davvero il termine più adatto è Immacolata Concezione? Certo ce lo portiamo dalla storia, però poi bisogna capirlo, perché non è che Dio scelga Maria per questa storia incredibile, perché non ha macchia, perché non ha peccato come se Dio avesse paura dei peccati di una ragazzina ebrea, giudea di 2000 anni fa. Maria è scelta perché è ardente, perché la sua nascita da Gioacchino e Anna è qualcosa di ardente, perché la sua giovinezza è una giovinezza ardente, perché la sua vicenda con Giuseppe è una vicenda ardente e vivrà tutto in modo ardente. Questa ardente Concezione della vita, del mondo, della storia che la prepara ad accogliere l’imporsi a lei di un sì o di un no a una strada non scelta da lei, ma incredibile, che porta la cosa più grande della storia e la porta nelle braccia di una piccola ragazza di periferia. Perché sempre avviene nella periferia, sempre avviene alle periferie, delle chiese, delle religioni, dei luoghi importanti: avviene fuori, avviene nel mondo, è una storia di mondo, è una storia ardente di mondo.

www.youtube.com/@pietrolorenzetti1492

dicembre ’23

Terre rosse
In fondo al principio
della strada
tu sei l’inaspettato

l’alba

E rifai felice
il tempo
dimenticato

sul ciglio

Apri
gli occhi
a me per ultimo

al campo

ai primi fiori
al sole

e presto alla nuova stagione

Del tuo amore
sempre nuovo
e inseguito

cui andiamo incontro umani

squarcio fatale
nel cielo

e nel nostro giorno scontato

quelle volte
guardando le quali
si avvicina il ritorno

delle sorprese senza fine

Saremo umani e divini
come Lui
e potremo bere
ci riporgerà lui stesso
il bicchiere

degli incontri più belli

e si moltiplicheranno
anime e corpi
vicini

morti mai

Ritorneranno i padri e le madri
e ne conosceremo il cuore di bambini
ciò che in fondo
in loro

abbiamo sempre amato

Vi sono
(‘sai’ dice mio figlio)
terre nuove e rosse
dove il tramonto

è crepuscolo dell’alba

Ravenna, 20-01-’24

 

Notte
Che fare
nell’interrogativo
tra le lampade della notte…
Ho speso tutto
il sonno dopo il lutto
dei giorni nostri la nave/
il Mar Rosso
e la stessa pietà/
Ma il fascino del femminile
chiama alla vita/
Ridi ragazza
della solitudine
e delle meschinità mie/
ridammi l’innamoramento
febbrile del mondo/
Non resta a quest’ora
che la speranza inconscia
del grembo del buio/
e credere nel lavoro segreto del tempo
Ravenna, 19-01-’24
Fiorite

Non è una rivincita il tempo nuovo
Frustrazioni passate
un giorno avranno solo
il nome del dono
Il presente invece fiorite
come sulle strade del Sud

E tu Mistero
aldilà delle litanie
scompiglierai le nostre composizioni
e darai vittorie
a ogni fiore di amici
nel cuore del mondo nuovo

 

Ravenna, 14-01-’24

Passaggio d’anno

Non esiste il tempo bisecato
rigenerato dal calendario
non resiste ad ogni nuovo giorno

Esiste invece il tempo parallelo
il tempo sottostante
redento dal Regno
che avanza misteriosamente

E che comprende ogni sincera
promessa di compimento

Ravenna, 1°-01-’24

Giappone

Io ho creduto nella morte
come lamiere di aereo contorte
ad ogni fiore del Giappone
avevo obiezione
lapidaria dal ghigno sarcastico
Ma veramente è la cosa più reale
che c’è (?) dominatrice imperiale

Poi ho visto samurai
la dignità scomparsa di padri che sai
che avevo già perso
per la loro volontà di mandarmi verso
dove mi sarei figurato
al profumo di mia moglie e dei suoi fiori
un po’ Parsifal e un po’ Pascal

La morte non morde più l’eterno viaggio

 

Ravenna, 2-01-’24

Di casa e di strada

Io amo chi amo
perché il bene
a volte è nel sangue

Con te poi ci tagliammo
le vene e unimmo i polsi
più che darci gli anelli

Io amo chi trovo povero
fuori del Lidl
come adoro Lil

Io amo
chi non amo
perché Gesù vince

Io amo le donne
scoperte
tirando la tenda della vita

Io amo i ragazzi
e i loro sguardi alti
aironi che s’alzano anche d’inverno

Io amo con tutto me stesso
quelli che nonostante tutto
adorano l’alba e lottano tutto il giorno

 

Ravenna, 3-01-’24

Ciò che niente può avvelenare

Il nostro amore di father e di son
è come la nota di un diapason
singolare e assoluta
voluta
Ma che c’entra con la tua ballata
con il mio adagio?

E’ che la risonanza
delle carovane

nelle oasi
lontane

perfezione
del nostro deserto interiore

nasce dai roveti
dai rebbi

e trasmette
cristallina
un non so che di sorgivo
che serve
a dissetarsi più che all’acqua
al suono stesso del suo zampillare

 

Ravenna, 29-12-’23

Il ritmo

Io non ho ritmo
ma sento il ritmo
è una maledizione
sentirlo e non prenderlo
a cantare a far l’amore

Ma ci sono amori e voci
che ti sorprendono
perché il segreto del ritmo
è che quello giusto non è mai il tuo
e forse nemmeno, solo, il loro

 

Ravenna, 28-12-’23

Come le star

Non resta che l’amicizia, credo
e non altro
quella che non sa quasi niente
dell’altro
e ormai si nutre solo della sicurezza
di ciò che è accaduto
del soave pensiero che niente è finito
che – benedizione – ci sei
così diversa, così diverso, inarrivabili
gli attori della mia compagnia,
ma si sa ogni compagnia si scioglie sempre
e mi diverte seguirne le strade
Signore dammi sempre un’iride come oggi
in cui giocare, in cui amarvi
e per sempre più di me sentirvi importanti

 

Ravenna, 25-12-’23

Confessione 2

E infine ho pianto sulla mia confessione di impotenza
sul mio delirio di onnipotenza
ma l’ho fatto veramente, sconsiderato e bambino,
chiedendo una fine che albergasse il fine
in una Betlemme universale

Più sentivo il sale delle lacrime
no, non di suggestione,
ma quelle delle arsure di ogni giorno
Più vedevo il mescolarsi e il rifarsi
della realtà – nella storia della sua rinascita reale

 

Ravenna, dicembre 2023

Garbino a natale

Estrarre pozzi petroliferi da inconsce visioni
rifare senza farli cadere i segreti dei puzzle
usare come quaderni a righe quelli a quadri
amare l’inconscio, tenere i segreti e destrutturare

E poi scendere vecchio portiere
a prendere il regalo di un altro
metà scherzo metà piacere

Perché prima di Natale sarà garbino
e spazzerà via i pensieri amari

 

Ravenna, dicembre 2023

L’incubo

Basta (!) voler vedere un incubo
in ogni sogno
in ogni ricordo
in ogni accordo
Ché se il tempo
non è uno Stradivari
è invero – un galantuomo

 

Ravenna, dicembre 2023

Villastanza

Da Gaza
a Villastanza
le chiese
offese
esalano fumi
e residue speranze
lasciate da famiglie
divise
e uccise

 

Ravenna, dicembre 2023

Confessione

Ho creduto in una corsa folle
di poter vedere da vivo la fine del tempo
l’amore sociale, l’unità dei popoli
e ho confessato a me stesso
forse un desiderio più che una presunzione

Ma adesso che l’imponderabile
e nemmeno il giudizio universale
soddisfano l’animo
non mi resta che la passione
sconsiderata e bambina per la bellezza

 

Ravenna, dicembre 2023

Discoparadise

Se qui a quest’ora
m’incateno alla circostanza
e poi prego per voi

Si fanno show il limite e il tradimento
e al tempo stesso la grazia
che ci viene donata

Conquistata senza calcolo
più che altro scoppiata dentro all’improvviso
come se il tuo viso fosse l’unico

 

Ravenna, dicembre 2023

L’attesa esiziale

E così questa appartenenza totale
esiziale
esistenziale
comune straordinaria e normale
sbatte ai cancelli dell’attesa
come ai magazzini
del black Friday

Da terra vien su un calore
di tappeto persiano
di cammelli
e storie tenere e rarefatte
nelle teiere
Chissà cosa si beve
se succede che l’attesa non è più pretesa

 

Ravenna, 13-12-’23

 

Inverno

Riposa…
cosa?
Il seme profondo,
tutto il cielo grigio
e la terra spoglia.
Adora nel silenzio
l’uomo che sa
essere sacra –
la suzione –
da un seno nascosto

 

Ravenna, 13-12-’23

Lil Jolie 2

C’è una voce rotta
che è andata al fondo
c’è una vocina
che chiede approvazione
sono le donne e gli uomini
il grido delle ragazze del mondo:
si può stare in superficie
senza vedere la realtà
(a prescindere dall’età)
si può stare male
si può non sapere
a cosa davvero sia servito –
eppure andare in scena
tra le iene e gli amici
e vedere ormai
come tutto sia reale
– tu sei fuoco
finalmente non fatuo
tu sai ardere e non consumarti
ricorda
come un camino
come una tentazione da evitare
che quando si va a fondo
non si vede il fondo

 

Ravenna, 12-12-’23

Dolore relativo

E’ invivibile il dolore relativo –
per i familiari
e per le guerre
per una notte senza stelle

Senza proporzione
e anche porzione
di una buona bottiglia
di vino rosso

Solo il dolore
assoluto
il sonno della ragione
l’assenza di Dio –

mancanza sproporzionata e totale –
ritorna a dare
il peso capitale all’amante
all’istante più vicino

 

Ravenna, 9-12-’23

Notte fredda

Notte tutto è notte
non perché lo sia
e non posso saperlo
a quest’ora qui

ma perché lo è stato
profondamente

e ora che aspetto forte
l’alba e il suo saluto

il freddo ancora non mi lascia

 

Ravenna, 9-12-’23

La sala

hai abbandonato
la sala tu
questa sera

lasciandomi tra
la tentazione del niente
e il bisogno di tanti

o forse – di uno

 

Ravenna, 06-12-’23

Lil Jolie

Lil Jolie è il ritmo
dentro un unico nome –
è il battito incredibile
delle tue palpebre di musica.
Sono preludi del cielo sugli occhi
man mano che canti,
il timbro che desidera
un’eco lontana dal forte ritorno.
La bocca che disegna
come una bambola assetata e poi –
soffia il gatto arrabbiato
e un altro in amore.
E’ la tua sete che diventa voce – irresistibile.

 

Ravenna, 1° dicembre 2023

Coppa Davis

Prospettive
di lustri diverse
lontane fanno festa

Le grand’imprese
umane e sportive
sono le vite costruttive

 

Milano, 26-11-’23

Jannik

Quel secondo Set
tutto sbagliato dicono
non lo è stato affatto

E’ stato l’atto di umiltà
di chi sa,
di un giovane già grande

Giocare al gioco dell’altro
prima che fosse troppo tardi
quando saresti stato troppo stanco

Portarlo al tie break il russo
anche nel set dei servizi maledetti
e del gioco da fondo campo

Vincere è quando imponi il tuo gioco
ma anche quando subisci e soffri
quello altrui senza capitolare

Nel terzo quando sei tornato al tuo ritmo
hai accettato e fatto tuoi anche i rari
scambi dal fondo

Così campione, maestro
questo sarà solo un capitolo
di una storia di fatica e di intelligenza (- di gloria)

 

Ravenna-Torino, 18-11-’23

 

La Lourdes di Barbiano: dentro la provocazione (solo testo)

LA LOURDES DI BARBIANO: DENTRO LA PROVOCAZIONE
Faccio una cosa che non faccio mai, spiegare una mia poesia che è la Lourdes di Barbiano. “Ho solcato le mie stanze o poco più”, cioè non ho girato molto il mondo, “ma so qualcosa della vita”, l’esperienza, “del dolore che non mi hai tolto tu”, ci sono stati tanti dolori nella mia vita, assieme a tante gioie, ma un dolore che è quello della malattia ha attraversato i decenni in modo acuminato. “E dell’amore di una bambina”: la grande compagnia della mia vita. “Oggi sbucando dalla via mi sei apparsa” e qui mi rivolgo a Maria, a Barbiano: “sai dicono sia una farsa”. Mi sei apparsa non è naturalmente in senso soprannaturale, ma nel senso che ti sei parata davanti perché sbucavo appunto da una via mai fatta, mai percorsa. “Sai dicono sia una farsa il nostro affidamento così strano”. C’è una protezione che devo riconoscere io come tutto il popolo cristiano da parte di Maria. Ma il vero apparire di Maria dal punto di vista dell’esperienza che ho fatto io del religioso è il metafisico attraverso il fisico, ma il fisico non è una statua, il fisico è proprio l’altra persona. L’altra persona è sempre, secondo l’insegnamento evangelico, segno e strumento del rapporto con Cristo, ma vi sono dei momenti in cui questo essere segno coincide proprio, cioè segno e mistero coincidono sono momenti in cui, per questo il riferimento a Maria, la bellezza si impone attraverso le sembianze di una persona in carne ed ossa, la bellezza con la B maiuscola, e sono momenti unici e rari. “Il popolo cristiano e lo stesso Francesco che andò dal sultano”. Qui c’è una equivalenza tra l’attività per la Fratellanza universale che ha fatto Francesco l’attuale Papa e San Francesco andando dal sultano per scongiurare le guerre tra ottomani e e cristiani. E’ questo il popolo cristiano: è questa ingenuità, questa baldanza ingenua di San Francesco che va dal sultano come raccontato negli scritti che riguardano la sua vita e “tutto questo è ridicolo o pazzesco?” come chi dice oggi: cosa potrebbe, cosa deve fare allora Israele se non deve rendere pazzesca la sua reazione se non deve andare oltre, cosa deve fare? e nessuno ha la risposta cioè la possono avere solo loro evidentemente di sicuro si può dire che il diritto a difendersi non è il diritto a vendicarsi “dire questo è pazzesco?” “Noi siamo terra a terra” nel duplice senso che siamo piccoli umili e ignoranti, nel senso che non abbiamo le soluzioni dei grandi della Terra, ma siamo anche terra perché siamo umili. “Siamo scaraventati dalla guerra”, non solo chi si trova direttamente là, ma anche noi qua. E non tanto per le conseguenze economiche indirette, quanto per la partecipazione perché le coscienze compartecipano le une delle altre, “in ogni dove spaventati”, come a Gaza come a Tel Aviv come nel sud di Israele come nel nord di Israele come in Cisgiordania, “dicono che l’Occidente” (meglio volevo dire l’Europa ma c’era un problema di rima) “non conti quasi più nulla nel Medioriente che fu anche la nostra culla”. Ecco la grande partecipazione alla vicenda mediorientale non è come quella, non è solo quella che c’è per tutto il mondo ma è per la culla, la culla della cristianità, la culla delle grandi religioni che si devono abbracciare le une con le altre. E possono svolgere una grande funzione per dissolvere questa crisi, per ridimensionare questa crisi, ma è anche la culla dell’umanità, la culla dell’Europa senz’altro, dove, assieme al pensiero greco e romano, ha dato vita e forma a quello che siamo. “Noi oggi pregheremo dalla Lourdes di Barbiano”: questa statua a cui faccio riferimento è una statua dedicata alla Madonna di Lourdes, proprio perché è solo esattamente, perché è solo una statua che non piange che non fa cose strane che sta lì ferma “e quel che conta è che piano salga dai cuori non una fatwa”: cioè non una maledizione non una vendetta non una condanna a morte, usando un termine che è stato usato per Salman Rushdie, “ma un’offerta semplice dei gesti e dei rapporti complice lo spirito diffuso dai palinsesti”. Allora: ma cosa può salire dai cuori? “Un’offerta semplice dei gesti”: cioè dopo io vado dal fruttivendolo, dopo aver pensato questa poesia, andando dal fruttivendolo, nella gentilezza dello scambio delle cose e dei denari, nello sguardo alle persone, in una preghiera che percorre dal di dentro la persona. Tutto porta l’umano (Homo sum humani nihil a me alienum puto cit: Publio Terenzio Afro), tutto l’umano non è estraneo a me e non è estraneo a Cristo, perciò l’offerta è quella cosa che riconosce l’origine di tutto come dono e che porta tutto l’umano fin dalla sua piccolezza a Cristo, lo dà a Dio, al destino, al senso, a ciò che consente il bene per il mondo, alla pace: è ciò che porta al buono, è ciò che porta a ciò per cui siamo fatti. E’ ciò che riporta, come ha detto giustamente Davide Rondoni, parlando dei bambini martiri: il Dio stupefatto che riconsegna al Dio che ha fatto quel bambino… torturato…
“E dei rapporti”, l’offerta dei rapporti complice lo spirito diffuso dai palinsesti: qui è un mio sogno che i palinsesti TV e non solo – sarebbe bello anche i social è più difficile – ma i palinsesti TV almeno per l’esposizione che hanno si facessero esempi di una responsabilità a tutto tondo, di un tener conto tutti i fattori. E nello stesso tempo di un cammino che non può essere interrotto da una soluzione finale, da vendette, soluzioni statuali violente come l’ipotesi dello Stato islamico. Ma deve rinascere “un movimento spirituale incontenibile, per noi la miglior epoca occidentale”, per voi fratelli dell’Oriente e del Medioriente sarà la migliore epoca dell’Occidente se vivrà quest’offerta diffusa, cioè un movimento spirituale. Spirituale è la crisi perché la crisi non è data dalle motivazioni economiche, geopolitiche che stanno di contorno al Medioriente, che derivano anche da ciò che ha fatto l’Occidente alla fine dell”800 e dall’inizio del 900 in quelle terre, ma deriva da uno svuotamento negli ultimi decenni del senso della testimonianza dell’Occidente per l’Oriente e dell’Oriente per l’Occidente. La globalizzazione è la triste centrifuga di questa negazione, di questo niente che sta sotto l’interesse economico, non perché sia da demonizzare, ma perché sotto l’interesse economico non sta una società su basi umane e spirituali.
Spirituale è la motivazione della crisi, spirituale ne sarà la via d’uscita. “Si perderà entrambe (Israeliani, palestinesi e non solo)” senza un miracolo di Maria della Pace regina.

Credi

Credi al cielo figlio mio
che ti fa stringere gli occhi
e poi ti fa sorridere,
stringiti a chi ti ama
forte e tenero

Credi al cielo anche quando
ti risvegli
sotto nuvole a grappolo,
che sputano
sangue carminio

Credi alla terra promessa
come l’hai vista
con la mira ferma,
nell’avanscoperta del tuo cuore
fatta nella tua matura giovinezza

Non sputare sulle erbe amare
raccogli le persone rare
lascia che altri si scannino per il litio,
vedrai polvere di terre chiare venire dalle stelle
e il presepe che non si potrà mai più saccheggiare.

Ravenna, 12-11-’23

Madre

Viene dall’alto la forza che danza
viene da fuori la voce che ritorna
ama la terra l’incerto legamento
splendi tu solo, risplendi su colei
che è cuore nel petto e coraggio
Quando sei nato, la melanconia
mi ha lentamente abbandonato
Cielo che vivi di contrasti antichi
e ti rifletti atlantico sopra il mare
Miracola ogni bimbo in pericolo

Ravenna 11-11-’23

Mancanza

Stenta
manca
strana
e poi contenta
L’anima
si svela
e prega
la mattina

Ravenna, 9-11-’23

Un amore umano

E’ solo un amore umano
quello che ci diamo

Ma tra tutti
non riesco a capire Dio
cosa se ne faccia

Forse lo ripagano
quei poveri
che si squagliano
quando lui li abbraccia

 

Ravenna, 4-11-’23

Le strade

Per te sì
ho percorso tutte le strade
temute e tremate
al gocciolare dei vetri
mentre ricoprivo
gli infissi acuminati
di alluminio
della casa di via Milano
a Bologna

Ora non sarebbe da dirsi
ma sarebbe da credersi
percorriamo quelle possibili
tra Ravenna Bologna e Milano
chissà poi –
sono quelle solite
le solite volte
le solite svolte
miracolose

 

 

Ravenna, 3-11-’23

La sporca guerra dei corsari

In questo breve video voglio discutere di se e come il fine possa giustificare i mezzi in un ambito culturale e politico e statuale definito condividendo certi valori, oppure in un ambito più ampio come può essere quello della diplomazia internazionale.
Vi sono valori e prospettive diversi.
Io sono stato tra coloro che hanno detto subito non si può trattare con Hamas lo stesso giorno 7 ottobre.
Ieri un rappresentante di Hamas era in Russia a discutere con un Ministro russo di liberazione degli ostaggi, di tregua, eccetera.
Iniziativa utile? Probabilmente è un’iniziativa utile.
Noi stiamo, abbiamo demonizzato in Occidente la Russia sulla guerra in Ucraina. Ora rischiamo di vedersi creare un secondo blocco del mondo, Russia Cina Iran che oltre al fonte ucraino vede il fronte palestinese. D’altra parte queste sono autocrazie che oggi non si fanno scrupoli nell’appoggiare realtà come la brigata Wagner in Africa.
Ma in fondo la stessa Hamas è un soggetto che ha agito per procura: di fatto sembrano delle specie di novelli corsari. Come sappiamo i corsari erano delle specie di briganti di mare che agivano spartendosi il bottino con il Governo o con il Sovrano che dava loro legittimazione, la carta che li legittimava, pur agendo essi con metodi che erano gli stessi dei pirati e dei bucanieri. Ma a loro veniva riconosciuto uno stato di legittimità e d’altra parte non è che l’occidente sia vergine in questo senso, senza bisogno di andare all’epoca del colonialismo: i tempi più prossimi della storia della politica estera americana sono storie di errori, come saggiamente e provvidamente ha riconosciuto Biden, per esempio col finanziamento ad altri ‘corsari’ che hanno fatto il lavoro sporco, quando vi era l’enfasi sull’esportazione della democrazia e la lotta ai nemici giurati dell’Occidente, cioè coloro che avevano causato l’11 settembre e si pensava che facendo fuori Osama Bin Laden finisse tutto.
Guardate che razza di moltiplicazione del lombrico si è creata tagliandolo.
Perciò la vera cosa che va gelosamente custodita è questa intuizione di Biden che sembra dire: guardate che anche in politica estera vale quello che nei nostri Paesi cerchiamo di applicare, cioè un metodo per il quale il fine, che è la giustizia e la dignità della persona umana non giustifica i mezzi (ma cerca di determinarli positivamente).
Poi si può discutere di tutto a riguardo delle nostre società. Basta guardare come agisce la polizia americana, per carità, si può discutere di tutto, però in linea di principio il nostro mondo è un mondo civile dove si cerca di applicare una coerenza tra i principi e la pratica, cioè tra ciò che si tende a conseguire come ideale di società e il metodo che si applica per conseguirlo.
Se vi sono però dei Paesi che non riconoscono questa continuità, questa coerenza, se non in apparenza, e che scontano molta più evidente contraddittorietà per esempio nel campo dei diritti umani e civili, con questi soggetti bisogna comunque trattare.
E quindi per venire al dunque forse, quando si dovrà parlare di pace, la pace si dovrà fare magari non con Hamas che avrà vista segnata la sua fine con quello che ha fatto, ma con soggetti che non ci saranno stati certo simpatici e non avranno certo applicato metodi civili e umani in questa guerra.
La pace si fa con i nemici.

 

Ravenna, 27-10-’23

Spaziotempo notturno

Ho amato il tempo delle notti
lo spazio tra i sogni
l’immobilità del pendolo
e la furtività delle gatte

Ho ceduto al disordine
dei pensieri e delle cose
ai ricordi, al piacere
e alle preghiere

Ho chiesto compassione
e perdono – il breve tempo
di ricapitolare prima – prima delle ore
fatte per ricominciare

Ho considerato così un privilegio
questo favore delle tenebre,
non ho mai onorato tanto la circostanza –
lo spaziotempo tra le palpebre

 

Ravenna, 22-10-’23

Il tramonto del mondo

Fuori della navicella
andavano a braccetto
la rabbia e l’adorazione
Si incamminarono a piedi
tra le mine
l’una tenace
l’altra perspicace
Parlavano tra loro
fitto fitto
perché da poco
si erano ritrovate
Si sarebbero servite
avrebbero studiato veloci
le movenze l’una dell’altra
e non sarebbero più state
in scacco…
Ma non avrebbero
mai più chiuso
in un giudizio lapidario
in un gioco sadico
il tramonto del mondo
senza aspettare l’alba

 

 

Ravenna, 12-10-’23

LA LOURDES DI BARBIANO

Ho solcato le mie stanze e poco più
Ma so qualcosa della vita
Del dolore che non mi hai tolto tu
E dell’amore di una bambina

Oggi sbucando dalla via mi sei apparsa
a Barbiano
sai dicono sia una farsa
il nostro affidamento così strano

Il popolo cristiano
e lo stesso Francesco
che andò dal sultano
tutto questo è ridicolo o pazzesco?

Noi siamo terra a terra
siamo scaraventati
dalla guerra
in ogni dove spaventati

Dicono che l’Occidente
non conti quasi più nulla
nel Medioriente
che fu anche la nostra culla

Pregheremo dalla Lourdes di Barbiano
perché è solo una statua
e quel che conta è che piano
salga dai cuori non una Fatwa

ma un’offerta semplice
dei gesti
e dei rapporti complice
lo spirito diffuso dai palinsesti

un movimento spirituale
incontenibile per noi
la miglior epoca occidentale
per voi

belligeranti quanto ancora violenti (?)
ebrei e palestinesi entrambe perdenti
senza un miracolo di Maria
della pace regina

 

Barbiano di Romagna, prima di andare dal fruttivendolo

Soleado

Così finiscono le stagioni
con una condanna

A ritornare
senza speranza di cambiare
senza voglia di immaginare

Che possa dare Natale
una luce più estiva
di Ferragosto

In fondo gli uomini
conoscono due novità
la nascita e l’amore

E queste attraversano le stagioni
con una promessa
non di costellazioni
bensì di universi

Persi nel movimento eterno senza ritorni

Marina Romea, 13-09-’23

Qualcosa è cambiato

Disegna, settembre
un volo
a giorno
una costellazione

Che è canto
ed è miracolo
Il vigore
della brezza

– di mezzogiorno
Un altro mare
una nuova stagione

Forse per poco
non la vede,
se la contempla

 

Marina Romea, 11-09-’23

Sabbia

La mano sulla sabbia
e l’abbraccio della carne
toccano terra insieme

proprio nel loro essere
commozione
e in qualche modo perdizione

Marina Romea, 9-09-’23

Claudio e Giuliano

Ascolto Poster
e non riesco
a scappare
Voglio soltanto
non perdere
nessuno sguardo
Che storia
e credevo di
essere emotivo
Andare lontano
è abbracciare adesso
tutti quelli (che)

Ravenna, 8-09-’23

Il tempo spremuto

Silenziare il possibile
per sentire l’indicibile,
smetterla con l’utile
e risentire la tua inutile

insostituibile vocina
Come ricordare una regina
rifare storia
la nostra – così particolare –

oltre la crosta
non commestibile,
il frutto mitile

preservato nel tempo spremuto
dall’impossibile,
che posso dire?

Marina Romea, agosto 2023

Estati

E’ il nostro cosmo mare
o è il tuo corpo sole
che ci ha fatto innamorare?

Marina Romea, estate 2023

Cieli cupi

Certe giornate dimostrano
che son le nuvole a far vedere
a dispetto delle delizie del sole

Sono miglia marine
che si misurano in battiti di ciglia
e capanni scuri non più rarefatti

Son cieli cupi
come quelle persone che sanno…
e forse per questo sanno aspettare

Marina Romea, 27-08-’23

Afa di fine agosto

Stamane appare la fine
che dicono vera

di tutto, cioè del niente.

Nel riflesso che non brilla,
ma straborda

nella lattigine del cielo
che inganna

e forse l’ha fatto
per tutta la stagione

Nell’afa si chiude ogni poro della pelle

 

Marina Romea, 21-08-‘23

Correnti profonde

Accade sempre d’estate, ad est
che si compiano gli anni
che se ne veda
la sete
e la fonte
la speranza a se stante
La trasfigurazione,
le abbronzature
sopra le scottature
Le visioni
carnali e celestiali
che paiono compiere
il quadro dell’esistenza
Ma non te lo puoi portar via.
Ha la cornice dell’orizzonte
e il vetro smeriglio
delle correnti marine

 

Marina Romea, agosto 2023

Lealtà

Naufragi ce ne sono stati
nella nostra giovane compagnia
anche per la mia
inesperienza di padre
Non credere quindi
alla scienza delle company
Sii leale piuttosto
al tempo e all’intelligenza
che si consumano
senza morire mai
Prendi il timone tu
ma sappi fermarti
sulla soglia
di ogni cosa
E chiedere lumi da dentro
come alle trasparenze
di un antico tempio sommerso

 

Marina Romea, 13-08-’23

Il mattino di Chiara

C’è un’isola di luce al largo
spargi la vita attento
di lumini intermittenti
che portino a lei

Rischiara non solo il tuo cammino
di figlio
ma è il nome più chiaro
che si possa mettere – a una figlia

Sei tu piccola
che cerchi la casa del cuore?
La strada è tra mille conchiglie
di cui alcune fanno male

Non ti distrarre
mantieni il sorriso
il tuo bel viso
si orienta già nella calura

Ora voltati
quell’isola di luce al largo
è il tuo sguardo
al mondo che farete

 

Marina Romea, 11-08-’23

A Gemma

Fa’ in modo di non farti
dimenticare dalla vita
ma non tenerla stretta
come una sigaretta tra le dita

Sarà sempre lei a sedurti

Tu chiedile però
le briglie
del ritmo
di un sax

Che ti lascerà ballare libera

 

Marina Romea, 4-08-’23

Alleggerimenti

Alleggerirci
delle fisse
le strane eclissi
Le presunte offese
della ragione

E non andare
più a puttane
per difenderci
Come se noi fossimo
tutto questo strame

Mandare un bacio
a coloro che a modo loro
per noi hanno rischiato
Di mostrarci ciò che non vedevamo
e aprirci gli occhi un poco di più ancora

 

 

Ravenna, 3-08-’23

Il fucile

E’ docile
e preciso
come un fucile
ormai l’amor mio

Umile
fammi
come Te fino al limite
che tutto rendi possibile

 

Ravenna, agosto 2023

Enzo in sogno

Non avevi
non copiavi
scusami
la voce roca

Chiamavi
suadente
dai cieli
al telefono

ieri sera
in sogno:

‘Ho visto
che ti sei sciolto…’ Cosa?

E mi sembrasti una vittoria
sicuro di te, la favola mia…

 

Ravenna, 1° agosto 2023

L’uomo e lo squilibrato

E’ uno squilibrato amore del destino
che ricolma i rapporti
di una misura
di tenerezza

Senti il vento da dove arriva?
Ti indica soltanto una direzione
profumi d’oriente
e una nuova temperie

L’uomo sperimenta
L’uomo è il supremo giudice
di quella tenerezza
di quella temperie

Ma solo nella nuova terra
solo dopo essere stato strappato
solo al vaglio della linea dell’orizzonte
tra la terra che implora e il cielo che impone

 

Marina Romea, 31-07-’23

Il barchino

Si dice il mare
e si vedono le persone
si chiama Romagna

Il mare ci prova
nelle giornate di scirocco
a dire lo scopo infinito

di tutto questo brulichio
anche di quel barchino

che è il nostro cammino
tutto fisico

tra il conversare metafisico
e il cuore che abbraccia un mare di io

 

Marina Romea , 30-07-’23

‘Bar del tempo’

Al tornare delle vite
in questo locale
in questo bar del tempo
dove ci confondiamo da sempre,

erano altre case
ma è la stessa
e ci chiamavamo (dalla tua infanzia)
amico (a dispetto di Crepet)

Ora viviamo liberi
tu la mia
e noi eternamente uni
laschi come una vela che va

Qui non si crepa più
di ruoli rigidi e solitudini
ci si ama soltanto
quanto

Scoppia l’amore
per il mondo,
le ferite mortali subite
e subito pronti alle risalite

Che saranno letali per il male

 

Ravenna, 29-07-’23

Ispiratrice

Ascolto
e non so
se per te che sei
più viva che mai
senza poterti abbracciare
per un solo attimo
si spezzi il cuore

o se si spezzi di più il pane
dell’amicizia
per gli incontri di tutti i giorni

Tremo con te eterna
mia piccola ispiratrice
di essermi condannato
da me stesso
alla tua intangibilità

Non sarò mai grato abbastanza al candore
che mi hai regalato

 

Ravenna, 28-07-’23

Volti in spiaggia

I tuoi capelli biondi
arcuavano
come sacro oro
il cielo
nei colori
del sole

I tuoi occhi verdi
insieme fieri
e profondi
vedevano
senza guardarlo
il mare sincero di oggi

Il tuo giorno di festa
risplendeva
in te
levigata e sensuale
ai suggerimenti
degli elementi

 

Marina Romea, 27-07-’23

Il punto di vista del mare

Se vedessi con i miei occhi
distesa
la volta ancora accesa
su di me
compresa dall’orizzonte
non sapresti più dare
lo stesso valore allo spazio
Aperto d’ogni dove
amato a cielo aperto
scoperto
solo dove – l’onda rompe

Marina Romea, notte di Sant’Apollinare 2023

Guardia costiera

Scotta il metallo di questa bagnarola
sogni il destino di Balotelli
e hai ancora i coltelli
quelli del deserto
sotto i piedi

Gli occhi dell’aguzzino
la tua donna il tuo bambino
la Libia la fibbia
c’è posto piuttosto
per te in questo mondo?

Canto l’Italia che discute
ma dispiega la guardia costiera
getta una cima
ed un grido di aiuto
finalmente per te

Lampedusa
davvero non sei la più piccola
direbbe la Bibbia
tu sei la nuova Betlemme
dove rinasce a brandelli – l’umanità

 

Ravenna, luglio 2023

Veronica detta Vero

Hai l’iride negli occhi certe volte.
Renditi conto del perché
e di quanto tu sia bella
quelle volte

Io non so, di certo non so
quale sole
tra i rapporti talora aspri
ti si pari davanti

Ma soprattutto come in te possa restare
dominante il sole interiore
che seduce il cuore di chi ti vede

Ciò che vedo io con evidenza solare
è che questo luogo interiore, quello di ognuno
non è altro che il luogo creativo – di Dio assieme agli uomini

Ravenna, 9-07-‘23

L’aspettativa

Avevamo un appuntamento
forse
da molto o da poco, tempo…

Alcuni ho amato follemente
altri ho temuto
ma tutti

sono alle porte della vita
che non conosce il gioco
della selezione naturale

Ti aspetto amico,
amica giornata terrena
vivrò – contro i nuovi guru – nell’aspettativa

 

Ravenna, 8-07-’23

Ceffoni della vita

Furore
nel vedere
perdere ogni vicino

Allontanarsi
per fare non so quale gioco

Che da bambino
non ho potuto imparare

Perché ceffoni
a tradimento
ne ho presi poco o niente

 

Marina Romea, 3-07-’23

Luci di sbieco

Le sere qui
Paiono riaffacciarsi
Quelle luci di sbieco
Che mi fecero – trattenere il fiato
E crescere – con il cuore sospeso

 

 

Ravenna, 2-07-’23

Fiore che ho perso

Fiore
che ho perso
nel tuo altrove
Con te cresce
lo stelo
Mistero
servo
per cui le dita
ho aperto
Come i petali
da non cogliere,
astanti
in allegro
cerchio

Marina Romea, giugno ’23

Il cuore e la spiaggia

Certo Tu sei tutto
e tu sei tutto

ma nel brulicare
della spiaggia
e della passeggiata
non si disperde

l’essere uno (del cuore)
solo uno
nel sì ad ognuno

 

Marina Romea, giugno ’23

Scirocco buono

La plancia
di una lancia
pube amica
e lucente
ammainata
Al largo
ancorata
nel teso
promettere
da granelli
e gocce
Di portare
chissà dove
i pensieri
riordinati

Così quando
ti mostri
sul fianco
appari nuda
e trasparente

Lo scirocco
totale
e costante
rende veritiere
le promesse più strane

 

 

Marina Romea, 27-06-’23

Tiene la ginestra

Ho perso per te il senno
solo tra certi brevi declivi
di Gabicce e di Montepaolo. Vi sono
poi ritornato
per crederci di più
La Romagna
sa dare alle ginestre
al loro stringersi
verdi steli:
intrecciarsi
per esporsi
ai cieli blu
gialle
mediterranei
e amari
come le erbe intorno
nei giorni
di alluvione. Risorgerà
sulle frane
tra le disgrazie
la nostra età

 

Ravenna, 24-06-‘23

Mareggiata

Oggi il mare è confuso
e ogni onda è un sopruso
dell’idea precedente

delle chiare
bianche
tante risposte

che il cervello inutilmente
si dà

Niente resisterà
alla serpentina universale
al rumore di fondo
che abbaglia e travolge
la volta celeste
e il nostro piccolo
eppur
predestinato mondo

 

Marina Romea, 24-06-‘23

Assenza Presenza

E’ questa lontananza
senza speranza
è questo spacco
che si apre al sole
il pensiero acre
che non dà pace
e creando
ferisce tutto
Algoritmo guastafeste
della felicità

 

Marina Romea, 23-06-‘23

Frederick

Cosa ahi sentito (?)
colpisci
allora cosa hai sentito (?)
colpisci dunque
anche noi siamo
arrivati fin qua
con imbarcazioni di fortuna
la strada
e quasi la maggiore età

Tu Frederick fendenti e fiotti
fino a morirne
(Ora un destino si fa breve
e due chissà, se lunghi abbastanza)
Tu colpisci
Colpisci dunque
sia per ira, sia per accidia

Ma poi perché?
Un vagabondo?
Dicono ‘clochard’
Aveva viaggiato tanto però
per venire a morire qui
Cosa vale tutta questa strada?
Cristo,
povero cristo
il tuo diploma
il tuo essere umile
e servizievole

Cosa è questa sorte
quella che finisce qui
(finiscilo!)

Che finisce oggi in questo modo
in questo mondo
così, come, quanto? Lo sai solo tu
Ti sei infine –
solamente,
infinitamente
– sentito
tradito

 

Ravenna, 21-06-’23

Ritorno dal profondo?
Ah già
‘l’immenso’

la canzone di quando (ho sofferto)

che ti strattona
ti rimbambisce

come altrove dice

Come l’oceano
e il sommergibile

ci vorrebbe un’àncora

appesa in cielo
e un ritorno in superficie
(tu stavi anche allora – lucidando il pavimento)
Ravenna, 21-06-’23
Amato

Le sue grazie
non sono classiche
piuttosto straniano
e ritornano in sé
come le sue amicizie

Corrodono il livore
con l’amore
svaporato nel mattino
e restituito a pomeriggio
dalla lieve brezza del mare

che leviga
La pelle tua
amata piaggia

 

Marina Romea, 19-06-’23

Teatro a distanza

La seduzione
ci portò in un luogo
che fu rivelazione

La recitazione
rispose a un mugugno
del loggione

La primattrice
di pianto in incanto
ci fece stranamente amici

Tutto il teatro
a distanza
si interrogò sul carnale e sullo spirituale

Fuori copione
il nostro mondo reale
scoprì nuove battaglie

Il sipario sulla scena
– dicono –
non calò mai…

Marina Romea, 17-06-’23

L’onda bianca

Ho visto una sponda bianca
come di un’imbarcazione
ed era soltanto un’onda
ormai a riva senza pietà

Senza albero né vele
o motore, così
si è aperta davanti a noi
quella stiva di umanità

Chissà che ne sarà?…

Egeo-Adriatico, 17-06-’23

Vita fremente

E’ sempre lei
la stessa di sempre
Resa nuova
dagli incontri
Urla dentro
come un vulcano
Dalla sua bocca
estiva e fremente
Senza sosta
con ogni tempo
La vita
che chiameremo eterna

 

Ravenna, 8-06-’23

La parola sospesa

Vorremmo, vorremmo
aver studiato l’enciclopedia
come Fuschini

Non dover cavalcare
a vuoto i fogli
soffiati dal vento

delle parole
del Verbo
che noi chiamiamo mistero

Su cui è sospeso
ogni pensiero
e la sua ridicola formulazione

o perché presa alla lettera
o per la pretesa
di essere perfetta

Il pensiero vano
il pensiero vago
il pensiero umano

la parola frale
e sospesa come un caffé
Verrà un giorno sul Golfo

che tutti parleremo napoletano

Marina Romea, giugno 2023

Prime spiagge
Solo rotta la solitudine,
nell’impronta indelebile
degli amanti appartati,
si può dirottare lo sguardo
verso il mare
Marina Romea, maggio 2023
frammento

Travolto dai rimandi di volti unici
che sento amici
mi attrae
l’amore universale

 

Maggio 2023

26 maggio

Come uno schianto
del tempo
tra l’asfalto
e le nostre amate terre
fu il cielo in persona
ad irrompere
e non la tua auto a sbandare

Forse,
come non mai dolce,
dentro il groviglio di lamiere
quel materno abbraccio
che tanto e tanto desti:
ti rapì
fu così

Quando l’eterno fiume della vita
vuol far conoscere
una nuova fertilità
può incredibilmente rompere gli argini
in collina, in campagna e in città
Avremo perso foto irripetibili
non amici unici, non noi stessi

 

Ravenna, 26-05-’23

Il soffio

Abbiamo un Dio che fa le cose
gli uomini
la natura
e poi le lascia andare

Continuando a crearle
istante per istante
non più a dirigerle
a suo piacimento
lasciandoci –
lasciandole
– libere

Viscere
eviscerate
strazio
e strappi
urlo sordo
e terribile
a chi può gridare Dio?

Con chi parlerà Dio
al bar dell’eterno?

Chi noi preghiamo (?)
quando lo preghiamo
per le nostre terre
e vallate
e cantine
e piccoli ricordi

Noi preghiamo la forza di pregare
Noi respiriamo la forza di respirare
Noi gridiamo la forza di gridare
contro l’urlo dissennato
del cielo diventato tropicale
chiediamo a Dio
semplicemente
solamente
un soffio

 

Ravenna, 16-05-’23

Il sole

Scalda la mano
che scrive
all’ombra della mano

Scioglie il ghiaccio
nel bicchiere
e acqua tonica nel cuore

Qui lo sento lungo la schiena
lo immagino lontano
in giro per la Romagna

Posso solo fermare il tavolino
prima dicono
della burrasca

Si gode quel che può
astro più impotente
di noi

Una fetta di spiaggia
e il gusto dello spicchio
di limone

Che resiste,
resiste all’acqua
come vorrebbe fare il sole

 

Marina Romea, 15-05-’23

Controffensiva

CONTROFFENSIVA
Coglioni quelli che non capiscono
che la mente ha bisogno di riposo

Di farsi piccola
di chiarire
di attingere
di ripartire

E credono di sfondare i muri
senza prima e ogni volta trovare
almeno in fondo al cuore
almeno nell’intimo
riparo

Nella bellezza e nella Bellezza
e comunque la si voglia scrivere
e chiunque essa sia
e dovunque ti parli
nella Capitale magari

E credono ancora
di prendere i ponti
prima del segnale
della cavalleria

E non capiscono mai
quando Dio e i santi
dicono di fermarsi

Volodymyr, che Roma ti accompagni

 

Ravenna, maggio 2023

L’istante

Cosa si vede
adesso da qui (?)
se non l’escluso.
La finestra
e l’isolato
che non sono io.
Che è il presente
non il futuro
non il passato.
Così per esclusione
dobbiamo ammettere
che lo abbiamo trascurato.
Viziato o strapazzato
magari di noia
ma non vissuto.
Solo se Tu…Ne tieni le redini
a me si gonfiano di fiuto
le narici.
Le cicatrici che aprono
frasi tra sé e sé
ma guarda come, ma guarda un po’…

 

Ravenna, maggio 2023

Renaissance?

L’attacco di un ‘comico’ francese che non sa guardarsi allo specchio (Séjourné capo del partito di Macron) e che fa seguito a quello del Ministro Darmanin, attacchi rivolti alla nostra Presidente del Consiglio, esprime la triste decadenza della politica francese. Comico anche il fatto che il partito si chiami Renaissance, cioè Rinascimento, il nostro movimento culturale cinquecentesco cui tutta l’Europa è debitrice. La Presidenza francese è in crisi di consenso nei confronti della destra e in crisi di consenso per i suoi provvedimenti: chi semina vento – cioè è incapace di una vera integrazione e di vere politiche sociali – raccoglie tempesta e, per esempio, si ritrova con un popolo che non sa rassegnarsi ad andare in pensione a 64 anni. Ebbene i leader di Governo francese non sanno rivolgersi alla loro controparte di destra senza coinvolgere e senza capirne le differenze con la Meloni. Parlano di politica disumana – politica italiana colta sicuramente impreparata dall’ondata di decine di migliaia di sbarchi – ma encomiabile per la capacità di salvare vite e portare a terra i migranti.

La parte seria è la pars costruens.
Quell’iniziale manifestazione di dialogo costruttivo tra Governo italiano e opposizioni avutasi ieri sulle riforme è il metodo per una cosa nuova in Europa.
Lo sfaldamento culturale, sociale e politico dell’Europa camuffato dal tutti assieme appassionatamente per l’Ucraina ha bisogno di un’esempio di costruzione politica capace di legittimazione dell’avversario e di dialogo.
Non so se il 2024 segnerà un’alleanza nuova a guida dell’Europa tipo popolari-conservatori. Probabilmente sarebbe meglio un modello Grosse Koalition (epoca Merkel). Ma non è possibile, né conviene.
C’è bisogno però che si ricominci da un punto di unità vera. Fatta anche di maggioranza e opposizione. Che però sulle questioni fondamentali, che riguardano le scelte di politica estera, strategica e di umanità (migranti) si ritrovino. Per questo occorre che se oltralpe lavano i panni di casa guardando quelli del vicino, quindi non li lavano, da noi si inizi a estendere il dialogo costruttivo sul piano politico ad altri campi oltre le riforme. Non è possibile che un Paese che ha accolto più di 30000 migranti da inizio 2023 non vada, su questo, unito in Europa. Dialogo politico e dialogo sociale.
Il Paese dei 1000 comuni con la sua storia, anche oggi, in un auspicabile nuovo Rinascimento non vorrà avere niente da insegnare, ma potrà essere d’esempio ad altri Paesi europei.
Ma, in cauda venenum, la partita forse si gioca anche in Africa, dove il costruendo piano Mattei per l’Africa, si muove su una sana china di interessi leciti e ideali generosi, mentre l’azione della Francia, prima e dopo la sciagurata guerra alla Libia ha mostrato anche alla Cina e alla Russia il volto peggiore dell’Europa, colonialista, cieco, avido. Perché mai? Giudicherà la storia. Ma almeno ora occorrerebbe tra le due protagoniste delle strategie europee per l’Africa una collaborazione, senza il solito vizio della sindrome della primogenitura.

 

Ravenna, 10-05-’23

Qui e ora

Siamo qui e ora come la quercia

Siamo noi come le acque tiepide
ondivaghi come la nube

Scompariamo come le rondini
ci ritroviamo sotto i tetti

Senza clamore, al sole
come se tutto fosse, dentro
e prim’ancora tutto compreso

Come se fossimo già
nella dimensione che sempre
abbiamo creduto

Aquapartita, 6-05-’23

Una vita

Era andata sempre in salita
quella vita
era stata sempre una conquista
niente regali
e pochi orpelli in vista
Anche in piano
era andata così veloce
da ritrovarsi con l’affanno
e adesso che poteva
tirare i remi in coperta
insaziabile bruciava
ogni giornata
la voglia di scoperta
Maledetto pungiglione
che ronza su un fiore benedetto
spina della rosa di maggio
che poi ti fa aspettare ottobre
Amore
se così posso dire
vita e amore
stesso pungiglione
stesso petalo
stesso miele
stesso fiore
Ciao cara
dico a te
lo sai
amore stupendo
e amore universale

 

Ravenna, 4-05-’23

Gli aquiloni

Amare è una cosa libera tra quelle possibili

Ma il dolore
l’affetto
il trasporto
il farsi carico
forse che negano la libertà?

Bisogna attraversare tutte queste cose
per tornare a vivere liberi come aquiloni

Che si distaccano da terra
ma restano legati
a mani bambine

Accarezzando come cielo
le vere amicizie

Ravenna, 3-05-’23

Chiara

Chiara prima che il salto conosce gli ostacoli
Chiara, lo dissero i cieli, mendicava di esserci
se ne parlerà… Non poteva che essere lei

Chiara cavalca il suo destriero, Mendicante
perché ha capito tutto dell’onda
che quando il destino va
bisogna assecondarla
come in quell’attimo prima del salto
che è un ripasso
e poi è uno slancio
sulla cresta
sopra l’asticella
concentrati sulle zampe di richiamo
come un kilt
sul prato inglese
al suono festoso delle cornamuse

E quando il cavallo rincula
non c’è solo da fargli sentire gli stivali,
da sussurrargli qualcosa
o da affidarsi allo stellone
c’è tutto questo
ma c’è molto di più
c’è l’arte

Chiara, normalmente non c’è corona
per i mendicanti
per quelli che saltano gli ostacoli
e ripiombano giù,
sui cavalli si scommette in altri sport
la tua è roba da De Coubertin

Ma chi impara a condurre il destino
nel saliscendi di questa gioventù
saprà avere mani virtù e conoscenza
per il domani
per la coscienza e per il mondo

Hai capelli da fata
ma al tavolo le carte
le hai scelte bene tu

 

Ravenna, 5-05-’23

Le sirene

Ci fu un momento in cui capì che bene bene
non sapeva fare niente,
bene che andasse sapeva riconoscere
le sirene

Avevano da bambini svariate volte ad agosto
attese quelle del treno in fondo a via Dorese
(c’erano le more lungo i binari)

Aveva atteso incredulo con l’aplomb paradossale
di chi è abituato ad essere fottuto
quelle dei vari 118

Ma una spensierata perdizione
sempre troppo abissale
per smettere con ragione di ricercare
gli aveva detto infine che se la conta a terra
non era arrivata fino a dieci
ci si poteva ancora rialzare
e lo avrebbe rifatto
finché il cubo di Rubik
non si fosse chiuso a lapide sul nome e sul battesimo

Possibile che fosse questo lo strano destino di Pedro Pedreiro
il figlio del geometra il palazzinaro ingenuo
il seguace di Trasumanar Organizzar ritornato alle lettere
per non far danno?

Ascoltare le sirene una vita e sviarsi,
quelle del treno
quelle del 118
quelle delle guerre non guerreggiate,
delle navi che entravano in porto
del turno di fabbrica a mezzogiorno alla Callegari
del fargli credere sorrisi di ragazze comprati anche se regalati
dell’abbrivio di un discorso che prometteva e infine toglieva

Ora però le sirene sapeva distinguerle molto bene
le une dalle altre
anche il rimescolare delle carte

Solo che ora non c’era più tempo per cimentarsi in alcunché

C’era solo l’inesorabile spazio vuoto dell’ignoto
e finalmente la resa stremata
cui non importava più niente dei bilanci della vita
ma che chiedeva alla notte
là dove c’era l’alluvione
affetto, amicizia e soccorso

‘Succurre cadenti’
implorare salvezza per le vie contorte della vita
ora dunque veniva
semplice
da dentro

 

Ravenna, 3-05-’23

Notturno

Piove nel cuore
confonde per un momento
ma è il tempo

quello di questo buio esteriore
notturno
e quello del dolore
di sempre

dell’incompiuta di Schubert
di ciò che manca
alla passione

che la fa camminare
spedita, svogliata
tra le pozze
sotto gli ombrelli

 

 

Ravenna, 2-05-’23

I 1000 vestiti dell’eterno

Il mare a mezzogiorno
veste d’agosto
una giovane
timida
speranza
Estiva
festiva
fuori i gazebo

Trema l’aria
trepidi i piedi
affondano nella sabbia
Voci sicure
il tran tran delle comitive
ed il trambusto dei bambini

Solo occhi negli occhi
solo nel riflesso
e nel languore rapido
del sole asciugato
Si prega
e ci si lega
ineffabile catena
fino a sera

E non so se sia più
miracolo d’amore
questo
Stile balneare
anticipo di stagione

O quello che è consueto
solo per una svista abituale
Cioè il mare stesso
che proprio allo schiarirsi dell’alto
si tinge di tanto verde da eccedere il celestiale

 

Marina Romea, 30-04-’23

Rinascimento

I fiumi d’Europa
saranno una fisarmonica
dal Volga al Tamigi.

I confini passeranno
dal Reno o dalla Marna?
Suoneremo antico e moderno

Saremo chi siamo stati:
il cielo d’estate a Stoccolma
i fuochi artificiali al Maradona

La storia dei frugali
e dei mediterranei
sarà una questione tra amici

Nuovi arrivi
faranno crescere la famiglia,
che si squadernerà

Le regole le identità
chiederanno lumi
all’amore, che scenderà dall’empireo

Può un europeo
del nostro secolo credere ancora
alla divinità di Gesù Cristo?

Ravenna, aprile 2023

Colpo d’ala

Parte
se ne va dal porto
una ruggine

Il colpo d’ala
a chi si ama
farà bene

Ravenna, aprile 2023

Sublime ancoraggio

anche se tu sei stata
la doppia mandata
del destino,
poi sei stata mia.

Coraggio
e storia nostri

sublime ancoraggio

che ancora attrae
pinne argentee di delfini

come colonie di bambini

Ravenna, aprile 2023

Confidenza

Quando nel tempo speso insieme
a poco a poco
mi son reso conto
che io per te avrei dato la vita

C’è stata un’epoca tra noi
e poi un effetto domino

Che per ora è a ogni crocicchio
di sguardi
senza diventare esplicito

E questa è la mia croce

 

Ravenna, aprile 2023

Dentro le solite cose

Noiose son le cose non nuove
ma non è quando piove
è un maledetto bisogno di prove
perché tu poi lo sai che esplode
dentro le solite cose.
L’amore.

Ravenna, aprile 2023

Amerigo Vespucci

E mi ricordo di un bar
al mare
e di un campari

di una visita
di amici di Milano
che sapevano

delle strane volture
del mio tempo
e le avevano già abbracciate.

Oggi qui
sture e spurghi
di case al mare

rifugi
per tanti
in questo angolo di strada

tra una giocata
e un’innamorata
raccontata alla barista.

Un bar di paese
un’aria traspare
quale che fa la luce del faro

che non indica altro
che i posti e gli anni
spesi qui a cercarlo

tra occhiali a specchio
e code dell’occhio
date alle barche,

come ci fosse
un’ ultima improbabile cosa
da pensare di fare da sani.

Voltura
troppo strana
che noi liberi un bel giorno

ci sentissimo convinti –
sentissimo una convinzione
profonda e commossa

a tenere il rapporto – tra noi, tra tutti –
come un Amerigo Vespucci
che raccolga migranti

Guardare il porto
dentro gli occhi creoli e mondi
che fanno amare il mondo ed il viaggio – quali che essi siano…

 

Marina di Ravenna, 28-03-’23

Buona stagione!

Alle persone
assieme a cui
già grande
sono cresciuto

io timido
e loro solide

A tutte le altre (poche)
che sono sbocciate
a sorpresa,
come
la primavera
non fosse stata mai attesa

A quelli che compiono
gli anni d’estate
o il 2 giugno

A te bambina coraggio

nata nella festa di ferragosto
che poi hai preso a calci
il rimpianto e il rimorso

per cancellarli per sempre dal nostro viaggio

 

Ravenna, 25-03-’23

Pescatore

pescatore
di Mazara del Vallo

che salvi le vite
e peschi le plastiche

che a Ferragosto
porti il pesce più grosso

che le tonnare non si tingono di rosso,
ma la paga sì

da far schifo,
nostri statisti di confine

nemmeno davanti a Tunisi e agli scafisti
ai bimbi e ai vostri pasti frugali

loro – i Paesi frugali
si ricordano che il mare non si può arginare

e che la pesca è come una questua
che solo Dio può regolamentare

 

Mediterraneo, 23-03-’23

Vasco e il palco

Vasco non è come Blanco.
Fa saltare in aria
ma non scassa il palco

E dire che alla sua furia
fanno gola quei
decibel di milioni

che lui stesso ha messo lì. Sarebbe
la migliore delle occasioni
che potrebbe infrangere,

la sua andatura sballata
il suo caracollare forse
o ballare Generale

Tu non sei né il principe
della canzone italiana
né lo sberleffo della trap

in questo palco agorà
sembri già stanco all’inizio
e vai avanti ore tre

sembri Benigni –
Sally Beatrice
la canzone la Commedia – o forse la Costituzione

Lo spartito delle assi del palco
ha sempre per te
un ottava fuori posto

E riesci a essere per questo tempo
che poi è un’epoca, lucida e livida,
cantautore astratto e concreto

tumefatto dalla vita, che una cosa sì la sfascia
è quella per cui i tuoi fan
hanno sfasciato tutto

Tu non vuoi una vita spericolata
perché annoiata
tu hai voglia di vivere

al massimo e scanzonata
che sappia forzare e irridere
i righi della noia

 

Ravenna, 19-03-’23

Il gabbiano e il cormorano

Il vento era diventato incerto
e per una volta
il volo
dei gabbiani
aveva preso

benché più alto
benché più lento
e ampio,
l’andamento
e la sicumera
di quello dei cormorani

La necessità
del loro
vorticoso
agitarsi in volo

Che ne era di quello libero
appeso ad un raggio di sole
nell’attesa di un sospiro di brezza?

Della ressa sui fari
delle ciurmaglie dei marinai
delle traiettorie delle ali

Non ricordo la stagione dell’aprirsi al sole
sugli scogli
dei balli goffi
sui banchi di scuola

Ci folgorarono
i giovani e le giovani
le salite
e le loro picchiate

Ma ormai. Il nostro tempo
indaffarato a vuoto
è sordo,
al vento delle folate che sole,
ci possono rialzare in volo

Il cormorano ignaro
non ci sta
ad aspettare il vento

Ha rinunciato da tempo
al suo riflesso
chiaro

 

Casalborsetti, 16-03-’23

A1 – 1999

Ci son pensieri di cielo
dal parabrezza
ma ci son pensieri
che ci fanno sentire di terra

così mentre guido
già oltre Bologna
dove tu non sei
per una volta arrivato
e il cobalto strano
dei notturni

s’è accartocciato
ti ha stretto prima di schiantarsi
ti ha soccorso
mentre di soprassalto
ti arrendevi
definitivamente

come, come (?)
l’avranno visto i tuoi occhi
il dolce, dolente mistero
nelle nenie
e la processione
dei bimbi nell’amore
venire a prenderti
su quel fumigante asfalto
da cui tu inane hai spiccato il grande salto

 

Bologna, 9-03-’23

La locomotiva

Non c’è chi ne sa di più
non c’è chi sia dalla parte giusta

c’è la strada accidentata
e chissà cosa dietro l’angolo

ogni sera è un sipario
oltre la confusione

tra i problemi e le soluzioni
e niente tra le mani

anche i politici non sanno
ma vanno come a tentoni

e così l’anarchico
alla guida della locomotiva

è come il nostro fottuto superego
che non ricordi la forza vera

l’unico binario
che non va contro il muro

che si accorge di quello scambio
offerto dall’alto

 

Ravenna, 10-03-’23

Lo storico a lezione di storia

Ho imparato da Enzo
le tecniche di guerra
quelle che canta Mr Rain

ho imparato da Enzo
la sopravvivenza
come stringere i denti

in faccia alla malora
aprire le braccia
solo all’amore

E guardare avanti
un centimetro alla volta
con il cuore a tutto campo

come nel football
risorgere collettivamente
o essere annientati individualmente

Dicono non sia più tempo per simili cose
s’è fatta liquida la società

Ma noi vedremo addensarsi l’umano
nelle parole che restano e che arrivano

Perché a un certo punto, in un modo o nell’altro
la storia si riprende il tempo

Alla mia domanda rispondesti –
ricordo bene lo sguardo di sguincio –
che la storia è storia di miracolo

 

Ravenna, 8-03-‘23

Fidarsi

Qui davanti due finestre
e un oceano di cielo
si entra e si esce
come il pensiero
a cui tu sai fare bene

Sapere come se fosse per sempre
che se sono indifeso
posso ancora smettere
d’avere paura del peso
delle parole senza rete

E affidarmi
al sorriso
dei tanti
che mi vogliono vivo
con il cuore sperarci

Oltre i davanzali
solo col viso
guardare i passanti
e sentire il brulichio
di spalancati istanti

 

Ravenna, 7-03-’23

Il tempo del tu

Non chiamerò più amore
l’artefatto del cuore

Ah l’usignolo
facile
che canta la primavera…

Non conosco
che l’incanto laborioso
del pettirosso nel bosco,
che mi parla muto
Le carinerie sincere
di ramoscelli che si spezzano per finta
e io che ci casco sempre…

Amo solo il tempo del tu
e quello affettuoso
di quelli che sai tu
A malapena sopporto
il mio controtempo
Figuriamoci quando provo io
a  incominciare…

Poi accade
le nuvole addosso
io rosso di non so che
Per brevi tratti in volo
di albero in albero
fattorino divertito,
infreddolito…

Portare niente
con la punteggiatura di una corrispondenza

 

Ravenna, 28-02-’23

24 febbraio

Ameremo un giorno
con ampiezza campale

Ma sarà solo un preparativo
perché il respiro
si fermerà sempre più spesso
al singhiozzare della storia

Che sia il nascere alla vita
o il fallire dei progetti
l’entrata
a gamba tesa
del destino – la contesa
e il futuro dei Paesi –
per cosa?

Odieremo e ameremo in modo reale
L’avremo fatto
e lo rifaremo
sapendo –
che l’unica chiamata
è il cambiamento

Come un singulto di guerra
mutato di segno
e il suo controcanto che ricrea

 

 

Ravenna, 24-02-’23

Trincea

Ho pianto per la guerra
grandi e piccole
risse
vicine e lontane

Ma mi son steso a terra
in trincea
solo
per i figli e per le figlie

 

Ravenna, 22-02-’23

Halley

Le comete
ci hanno spesso
girato intorno
ci sono piovute vicino
così meccaniche
così belle e celesti
ronzano ora nuovamente
attorno alle nostre
più umane mete
così farraginose
così incerte

E vien da pensare
che sia tutto per noi
il vostro
scodinzolare
svolazzare
negli abiti delle feste
per noi che ci
abbiamo messo
50000 anni
ad inventare
un telescopio
mentre soffrivamo –
50000 anni di pene
di noi umani
Halley lo sai
cosa vuol dire (?)
è una vicenda
meno semplice
del tuo tornare
del tuo farti bella

E oggi
che forse
vi sapremo non solo
guardare
ma venirvi in groppa
con le nostre sonde
sapete, comete
noi, noi altri
di Neanderthal
non rinunciamo a sentirvi
nostre
create o evolute
comunque volute
almeno dal nostro
piccolo cuore
in fondo donate
al nostro sguardo
con cosmica rivelazione
e consolazione

E al grande cuore – se c’è –
sappiamo, sapremo dire insieme solo Grazie

 

 

Ravenna, 31-01-‘23

La fine?

Aveva sentito parlare di un posto
e se ne ricordava ora
nel bosco

Non conosceva la strada
né  se occorresse un giorno
o una settimana

Nel bosco da piccoli ridevano
da grandi godevano
delle risa delle ragazze

Scoscese sorprese radici
di cui cibarsi
e sbucciarsi le ginocchia

Una volta almeno tutti riversarono
il segreto delle lacrime
giù dal greto del torrentello

Che se ne fece bello

Ma ora loro, quelli della compagnia
erano grandi
non si poteva tornare a casa

Bisognava andare avanti

Raramente anche nei pianti
la stella li aveva abbandonati
ora c’era il bosco e l’oscurità

Si poteva solo ricordare

Non c’era sentiero
non c’era mappa
non c’era appuntamento

Nel bosco prendono forma i fantasmi
ma nel cuore prendono forma i desideri
che come una brezza già volavano

oltre le chiome sopra la piana
(che a volte è pace a perdita d’occhio)

Mormoravano che forse,
al termine del bosco,
sarebbero caduti in uno strapiombo
oppure no

Si sentivano nelle mani,
nelle grandi mani del cielo
che non vedevano

Sarebbe finita dunque?
Avrebbero trovato la fine?
In fondo non era quello che cercavano?

A un certo punto
ad impensate coordinate della foresta
un raggio di sole penetrò

E ci sorprese ci arrese
ci rivelò non la destinazione
ma la forza

Rinnovammo là per sempre tutti riuniti
da un’eco del passato
il patto degli umani

Che sanno di essere ognuno
a tu per tu con il destino
ma che conoscono il linguaggio della pietà

Così andammo avanti
lottando ancora con le sterpaglie
sempre alla cieca –
ma con più fiducia

Immaginando che la piana potesse assomigliare al cuore di Dio

 

Ravenna, 30-01-’23

La fascia

E così ragazzo mio
vuoi smentire Churchill
non ci sono specchi
tra noi
tu sei un’altra cosa
infinito

Come quando riportavi
su la squadra
col pallone tra i piedi
lungo tutta la fascia
e la fascia sul braccio
che dopo la cavalcata
a saltar gambe
ti colavano
il fango ed il fiato

Ho sempre pensato
che avesse ragione
quel capo di Stato
che per noi italiani
fossero guerre
che fosse necessario
quel contrasto arrischiato
a farmi credere
sconclusionato – io –
che quello
fosse un po’ vincere la nostra guerra

Tanto poi
dal lunedì al venerdì
avrei perso tutte le altre.
Tu sapevi già che le guerre
non erano quelle
per questo sapevi
far spogliatoio
Oggi amico ti è rimasto
tutto di quella fascia
e forse in moto
tiri su anche qualche schizzo
di fango sul vestito blu
Voglio dire che tu
hai più senso del reale
E se andrai sulla luna
ci andrai per davvero

Stanne certo io ci sarò almeno in tribuna

 

Ravenna, 28-01-’23

Shoah

A cosa si àncora
il mondo sulla superficie dell’abisso
che tra l’altro riaffiora?

Appunto, meglio non farlo
non faremo tre tende
nemmeno per la trasfigurazione

E allora a che sarà valso,
sarà stato un dolore vano
come una visione?

Tra la shoah ed il Tabor
si può solo navigare
saremo tutti insieme il cargo della stella polare

stella che avremo imparato
a riconoscere
nelle maglie custodite dei nostri cuori

…punto e croce…
…dolente e lucente…
non conosco dolore che non sia anche amore

 

Ravenna, 27-01-‘23

Notturno nubifragio

Scenderebbe la pioggia
se non fosse per il vento
e per i cieli immensi
anche così
rintanato al nubifragio
solo ascoltato
e temuto

Non mi sono mai sentito
al mio posto
come in questo abbraccio corrisposto
e non capisco
cosa possa dare io
talmente è vano
il pensier mio

Dimmi Dio
basterà dopo
quando mi sarò addormentato
dopo gli anni in cui ti maledissi
invocare che finalmente abbia
riconosciuto
di amarti, e magari

qualche volta rendermi conto
di stare trasparente
alla mercè
di quel bambino
che pregava
sul cuscino:
Te amo!

Crescere ha voluto dire
tradire
anche senza sbagliare,
affinare i sensi,
ardire
di guardarti al camino
dei giorni dispersi

Finché tu, indissolubile
amore
con cui condivido
Dio dentro il vicino –
parlare dei destini ogni mattino
della guerra lontano
che è ormai parte di noi

Visione dunque amorosa
amicizia di mondo
come una storia in erba…
Moltiplicarsi indiviso e in piccole parti
di affetto e di dialogo
che al cielo chiedono solo
una sempre nuova – strada davanti

 

Ravenna, 22-01-‘23

Fuori delle mura di Vienna

Non ci saranno i turchi
alle mura di Vienna
non dovremo parare i muri
catapultare le pietre
e colare olio bollente

La cristianità da tempo
non presenta questo tipo
di difficoltà

L’arte del cominciamento invero
sarà sempre la sua

Quella di accordare la redenzione
con la creazione

Saremo appesi
non al ponte levatoio
ma alla levatrice
di bimbi scivolatile
stranamente via
come non le era mai successo

Non era mai successo
alla levatrice
degli uomini delle donne
di far scappare qualcuno alle doglie
E così la madre essere gratificata
dalla sua nascita
dalla sua dipartita
come da quella di un eroe non violento

Ma si sa
chessenefa il mondo
di un amore non violento?

E invece no – questa volta –
stavolta no
co sto cristianesimo di mezzo
sarà tutta un’altra storia
Storia appunto che nasce e che rinasce
nei grandi e nei piccoli
che hanno cuore da reggere
il cambio di passo

dell’evoluzione,
dei salti qualitativi
delle prese di Dio
sul cuore dei pazzi
che poi saranno tutti
catechizzati
dai suoni
e dai suoi ultrasuoni

Utilizzerà
la coscienza dei semplici
di quelli
che avranno cercato
come complici
quelli e solo quelli
fottuti dentro –
dalle giustizie violente dei giusti

 

Ravenna, 22-01-‘23

La corda

a un certo punto poi
a un certo probabile punto
ma forse lo stiamo già facendo

cammineremo sulla corda
salteremo la corda
terremo un dietro l’altro la corda della fiducia

certo  sarà un’escursione
fuori mano
e saremo incalzati dall’abisso

ma verrà dall’oltre un altro abisso
un’attrazione totale
che reale ci attaccherà alla sua parete di carezza

ci calerà né su né giù
solo avanti
oltre la ciclicità e le dannazioni della storia

 

Ravenna, 21-01-’23

Il bacio del buongiorno

Mentre tu sussurri
quella canzone
che tanto ho amato
mi ricordi i baci

Poi ti scaldi
e butti fuori la voce
di versi maturi di Battiato

Di fuori la pioggia
batte un ritmo regolare
sul selciato

Arriva dai vetri
l’alone lontano
dei cumuli di neve
al primo inverno

 

 

Ravenna, 20-01-’23

Le tue acque sanno di terra

tu sai di terra e di mare
anche se il cielo con voi
ci ebbe a che fare
e fu cosmica unione

le tue acque sanno di terra
riviera e stilla
che tu sia gaudente
o partoriente
pupilla o ciglia
greto ridente
o silente segreto

Cuore e cosce
mistero tutto
…di donna
che nessuno conosce

 

Ravenna, 18-01-’23

L’unico candore

I nostri pensieri
catturati al volo
se pensano bene
aiutano la vita

Come certe donne
delicate ed audaci
che sono sempre da scoprire
ed è grazia impossibile

Con la meraviglia
di un bambino
che le logiche spariglia
le avrai tue amiche

Conoscere così
colpiti da stupore:
l’unico candore è correre il rischio
di diventare grandi – restando buoni

 

Ravenna, 18-01-’23

Amore nuovo

Amore di cielo
che qui perde smalto
e risorge nei vostri occhi

La forza di tremare dentro
e tenervi le mani
non vi manca

Eccovi decisi ad
essere viandanti della vita
e abitanti di un altro mondo

Lasciateci messaggi ad ogni pietra miliare

 

Ravenna, 16-01-’23

Il tempo della pietà

Ho sempre chiesto di capire
quello che anche l’amore più grande
non poteva spiegarmi

ma mai ho potuto chiedere pietà

Sembrava inutile
forse dannoso
a quel tempo

finché l’amore ha gemmato – il tempo della pietà

 

Ravenna, 15-01-’23

La lancia

Cosa conosce la notte
segreta nella stanza
come una lancia
se non il mare
e il litorale in lontananza?

Soltanto che si conficca
nell’attesa insonne
del cielo
di voi e del mondo
del bene e del domani

I pensieri del passato
non amareggiano più la bocca
assetata
mentre la mente dello scandalo
lavora come se fosse giorno

Pungente un pensiero incompiuto
sente
il brivido e la passione
del viaggio insieme
– e di viverlo – senza la paura di perdersi

 

Ravenna, 15-01-‘23

Nebbia sorda così latente

Nel buio fessurato dell’alba
la speranza del giorno prima –
il sorriso – del calare giovane
del sole

Risorge soffuso come un riso,
dal cappello di canapa
della lampada,
e di fuori inesorabile si fa nebbia

Sorda così latente a gennaio
la luce del mattino
come ogni inizio
confuso

Sconvolge i contorni,
confonde
i ritorni dei pensieri,
rovescia i troni dei programmi

Lascia soli
o soli in buona compagnia
mentre tenta, piano,
di detronizzare anche il sole

Ci induce
a disperare
di avanscoperte
e di pensieri arditi

Non opprime,
comprime l’animo,
che aspettava questo giorno
per dilatarsi, per dilaniarsi sorpreso

Negli squarci possibili e reali
di spazi
da pensare fertili
e da donarsi utili – finalmente

 

Ravenna, 15-01-‘23

Andare avanti

Andare avanti…
più volte
a più svolte
sempre
è ora il mio mantra –
pensare non ripensare

Non sarebbe coscienza –
triste indecenza
dei sensi di colpa
al tribunale
da noi inventato –
e da Dio disertato…

Amante che non si stanca
cerca ti parla brama
ti incontra – tocca anche la mente
E poi si gioca tutto
nell’utilità del nostro mutamento
istantaneo o diuturno che sia così

 

Ravenna, 12-01-’23

Gli amici del sole

Ridendo
alle spalle
delle nubi
e dei monti
il sole d’inverno
avvera
con la sua sorpresa
all’alba e alla sera
un mio sogno
che non gli confesso
che non gli rivelo
per non spaventarlo
per non mandarlo via
come ormai
ho fatto con tutti…
Che lui resti
mio unico calore
che lui accenda
mio unico ardore
che lui mi faccia compagnia
come il cuore amante
delle persone che per sempre ci sono

 

Forlì, 11-01-’23

Nomade

Alle oasi dei tuoi occhi
arriverò
tra dune e canneti

Avrò vagato a lungo
sull’immortale uniforme ovale
del tuo volto levigato

Lieve tenerezza
come da impossibile brezza
del deserto

Al centro
delle gote di porcellana
un bacio mai dato

Che risveglierà
tra ciglia e labbra
canti di nomadi da te immortalati

 

Ravenna, 10-01-’23

Acquapartita

Si distendono a momenti
anche sui verdi declivi
di un caldo gennaio
i torrenti

Pensieri di te
non ricordi ma accordi
del mondo
e del cielo profondo

Inverecondo coraggio
di cominciare anni nuovi,
come quando riprendemmo
le nostre esistenze, daccapo

Acquapartita, 7-01-’23

Il secolo di chi osa (integrale)

Come se il tempo si fosse fatto breve, il secolo che stiamo vivendo sarà il secolo caratterizzato dal fatto di osare, di chi osa.
Il rischio da Elon Musk a Volodymyr Zelens’kyj, dalle ragazze iraniane, attraverso i migranti a una giovane generazione italiana che muove i primi passi nella società tra bene e male, tra baby gang e storie di sacrificio e volontariato, molto oltre la narrazione sui bamboccioni o su un uso sbagliato del reddito di cittadinanza: la capacità di rischio definisce l’epoca.
Questa generazione non è – direbbe, credo, Pasolini – figlia di papà perché i papà hanno conosciuto la forza determinante e deprimente della crisi economica. Per questi giovani si sa che la vita ti può ridurre in qualsiasi momento ad uno stato di sopravvivenza. Lo sanno bene i giovani delle periferie ma lo sanno forse altrettanto bene, dietro camicia e pullover, i talenti rubati al sud da una Milano che dà loro un misero stipendio e se lo ringoia tra affitto e servizi.
No, stare al mondo non si fa sul divano. Mentalmente innanzitutto, intendo. Stare al mondo oggi inizia stando allerta.
Ma non è un’epoca da duri. L’immagine dei film anni ‘50/’60, all’americana, che in Italia furono quelli del miracolo economico. Il ‘duro’ normalmente fa affidamento sulle forze. Che sono le sue. Noi siamo in un’epoca di gente che si sente povera e debole. Però rischia. E in tal senso ha un potere. Che però non è nemmeno il potere di un supereroe. E’ il potere che può essere di un popolo. Quello di crederci. E’ l’epoca di chi rischia la sua piccola idea, la sua debole consapevolezza, i suoi teneri affetti, le sue storiche amicizie, i suoi soliti errori. Ma osa. E in tal senso sposa il futuro. Non il futuro del suo sogno, non il suo futuro. Certo indirizzandolo a quelli. Ma sposa e osa il futuro imprevedibile, il futuro diverso, il futuro che sarà realmente e dentro cui si giocherà come verifica l’ipotesi del sogno e dell’idea.
Osare è prima che un calcolo un sentimento. In tal senso ha ragione Oscar Farinetti a dire che il nostro mondo ha bisogno soprattutto dei nostri sentimenti. Intendendo per sentimento un atteggiamento nei confronti della vita. Di tutte le soft skills, di tutte le character skills la più importante – che però non si impara – ma si assume come un cibo rubato e consumato frugalmente in assenza di quello materno è la capacità di rischio.
Non bisogna schiacciare l’idea di rischio sulle imprese di natura economico imprenditoriale. Certo anche. Ma un prete che magari decide di andare a lavorare nelle carceri osa e molto, solo per fare un esempio.
Wystan Hugh Auden, poeta britannico, parlò del secondo dopoguerra come di una ‘età dell’ansia’. Si capisce bene dopo la tragica e sanguinosa dilacerazione che aveva subito l’Europa e non solo.
Oggi noi a causa della crisi economica, della pandemia, della nuova guerra nel cuore dell’Europa, attraversiamo una fase di grande incertezza. E ciò di cui sto parlando, identificando un’età di chi osa, sono proprio gli anticorpi che si sono creati a questa situazione.
Ma non si fraintenda. La peculiarità di quest’epoca non sta negli sconvolgimenti geopolitici, migratori, pandemici, economici. La peculiarità di quest’epoca rispetto al primo novecento (periodo di grandi migrazioni anche dall’Italia) rispetto al secondo dopoguerra, o età dell’ansia, rispetto al trentennio neoliberista del consumismo sfrenato che si conclude idealmente con la crisi economica del 2008, il proprium della nostra epoca sta in qualcosa di spirituale, in un atteggiamento spirituale, in cui semmai lo stratificarsi di tutti gli avvenimenti sociali summenzionati provoca la percezione emotiva che il tempo si sia fatto breve. E così la disponibilità più aperta a rischiare qualcosa se non tutto di sé.
Per rischiare prima del coraggio occorre un’intuizione.
L’intuizione non è una stravaganza della mente. Ma più o meno latamente consiste del significato profondissimo ed espresso in maniera insuperabile da Dante nel paradiso: “S’io mi intuassi come tu ti immii” (Cfr. Paradiso IX,81).
Ogni intuizione, come ogni conoscenza che determina l’idea per la quale si rischia non nasce da un iperuranio platonico. Molto spesso una sana induzione dalla pratica, dalla concretezza dell’esperienza può avvicinare attraverso l’elaborazione creativa all’identificazione dello scopo.
Ma l’esperienza ci dice che né induzione né deduzione sono sufficienti.
Occorre quella che Aristotele chiamava meraviglia perché l’uomo si inoltri nella conoscenza vera, in una nuova conoscenza, che possa trascinare con sé il sentimento e l’azione.
E’ la conoscenza amorosa o – utilizzando un sintagma più alla moda – è l’intelligenza emotiva.
All’origine c’è l’incontro tra il nostro protenderci in uno sforzo immaginativo (intuarsi) e l’attimo (attimo fuggente?) di una rivelazione che ha sempre i connotati di qualcosa di imprevisto e assolutamente non conosciuto.
Normalmente, anche se in una sorta di trasfigurazione che solo la passione dei nostri giovani imprenditori e in generale il genio del made in Italy conosce, questo incontro tra l’io che ricerca e il tu della realtà – vissuta come alterità che sorprende – rivela un aspetto nuovo del proprio lavoro, del proprio compito, della propria missione. In certo senso una dimensione nuova. Passi e metodi nuovi, che ridefiniscono la meta.
Osare non è un’azione solipsistica. Non è ‘Memento audere semper’.
In realtà non conosco esempio migliore della capacità di osare di chi ha ricostruito la civiltà nell’alto medioevo fondandola sulla regola ‘ora et labora’. ‘Era necessario che l’eroico diventasse normale, quotidiano, e che il normale, quotidiano diventasse eroico’ ebbe a dire parlando di San Benedetto papa Wojtyla.
In un certo senso l’intuizione ti attacca alla meta e ti ci attacca per tutta la vita. Il punto è che l’obiezione che non si fa alla meta non la si faccia poi alla strada nei momenti in cui diventa  accidentata o perché dall’inizio ti pare troppo difficile.
Un altro poeta polacco, Cyprian Norwid scrisse ‘la bellezza è per entusiasmare al lavoro, il lavoro è per risorgere’.
Come è risorta sull’esempio di San Benedetto da Norcia l’Europa!
Che senso aveva fare un abbazia in mezzo alle paludi piene di animali feroci ed esposte alle razzie? Eppure attorno ad esse e ai primi monaci cominciarono a radunarsi persone e gruppi per poter essere protetti e lavorare.
Occorrono tre cose per osare:
– L’intuizione;
– i legami;
– l’offerta della propria vita proporzionata al raggiungimento della meta. Che spesso si prende più di quanto avessimo pianificato. Forse nel nuovo tempo, per osare, occorre proprio un’ultima disponibilità bambina (oserei dire) a questa ‘svista’ (Adrienne Von Speyr).

Ravenna, 2-01-’23

Il secolo di chi osa (3)

Osare non è un’azione solipsistica. Non è ‘Memento audere semper’.
In realtà non conosco esempio migliore della capacità di osare di chi ha ricostruito la civiltà nell’alto medioevo fondandola sulla regola ‘ora et labora’. ‘Era necessario che l’eroico diventasse normale, quotidiano, e che il normale, quotidiano diventasse eroico’ ebbe a dire parlando di San Benedetto papa Wojtyla.
In un certo senso l’intuizione ti attacca alla meta e ti ci attacca per tutta la vita. Il punto è che l’obiezione che non si fa alla meta non la si faccia poi alla strada nei momenti in cui diventa  accidentata o perché dall’inizio ti pare troppo difficile.
Un altro poeta polacco, Cyprian Norwid scrisse ‘la bellezza è per entusiasmare al lavoro, il lavoro è per risorgere’.
Come è risorta sull’esempio di San Benedetto da Norcia l’Europa!
Che senso aveva fare un abbazia in mezzo alle paludi piene di animali feroci ed esposte alle razzie? Eppure attorno ad esse e ai primi monaci cominciarono a radunarsi persone e gruppi per poter essere protetti e lavorare.
Occorrono tre cose per osare:
– L’intuizione;
– i legami;
– l’offerta della propria vita proporzionata al raggiungimento della meta. Che spesso si prende più di quanto avessimo pianificato. Forse nel nuovo tempo per osare occorre proprio un’ultima disponibilità bambina (oserei dire) a questa ‘svista’ (Adrienne Von Speyr).

 

Ravenna, 2-01-’23

Isolamento forzato

Così galleggiano
natanti nel porto
ed io tra la brezza nuova
e la stasi –

Non anima viva
intorno a noi
solo cormorani
e presagi –

Quelli si muovono
in stormo
ed io senza
un solo amico –

I miei scritti invece
sanno di quel pesce
lì sulla banchina
con la testa mozzata.

 

Marina di Ravenna, 29-12-’22

La parola

Ho impiegato la parola
l’ho piegata
ché mi dicesse l’indicibile
finché l’ho pregata

 

Ravenna, 29-12-’22

Il secolo di chi osa (2)

Per rischiare prima del coraggio occorre un’intuizione.
L’intuizione non è una stravaganza della mente. Ma più o meno latamente consiste del significato profondissimo ed espresso in maniera insuperabile da Dante nel paradiso: “S’io mi intuassi come tu ti immii” (Cfr Paradiso IX,81).
Ogni intuizione, come ogni conoscenza che determina l’idea per la quale si rischia non nasce da un iperuranio platonico. Molto spesso una sana induzione dalla pratica, dalla concretezza dell’esperienza può avvicinare attraverso l’elaborazione creativa all’identificazione dello scopo.
Ma l’esperienza ci dice che né induzione né deduzione sono sufficienti.
Occorre quella che Aristotele chiamava meraviglia perché l’uomo si inoltri nella conoscenza vera, in una nuova conoscenza, che possa trascinare con sé il sentimento e l’azione.
E’ la conoscenza amorosa o – utilizzando un sintagma più alla moda – è l’intelligenza emotiva.
All’origine c’è l’incontro tra il nostro protenderci in uno sforzo immaginativo (intuarsi) e l’attimo (attimo fuggente?) di una rivelazione che ha sempre i connotati di qualcosa di imprevisto e assolutamente non conosciuto.
Normalmente, anche se in una sorta di trasfigurazione che solo la passione dei nostri giovani imprenditori e in generale il genio del made in Italy conosce, questo incontro tra l’io che ricerca e il tu della realtà – vissuta come alterità che sorprende – rivela un aspetto nuovo del proprio lavoro, del proprio compito, della propria missione. In certo senso una dimensione nuova. Passi e metodi nuovi, che ridefiniscono la meta.
Segue…

 

Ravenna, 29-12-’22

Il secolo di chi osa

Come se il tempo si fosse fatto breve, il secolo che stiamo vivendo sarà il secolo caratterizzato dal fatto di osare, di chi osa.
Il rischio da Elon Musk a Volodymyr Zelens’kyj, dalle ragazze iraniane, attraverso i migranti a una giovane generazione italiana che muove i primi passi nella società tra bene e male, tra baby gang e storie di sacrificio e volontariato, molto oltre la narrazione sui bamboccioni o su un uso sbagliato del reddito di cittadinanza: la capacità di rischio definisce l’epoca.
Questa generazione non è – direbbe, credo, Pasolini – figlia di papà perché i papà hanno conosciuto la forza determinante e deprimente della crisi economica. Per questi giovani si sa che la vita ti può ridurre in qualsiasi momento ad uno stato di sopravvivenza. Lo sanno bene i giovani delle periferie ma lo sanno forse altrettanto bene, dietro camicia e pullover, i talenti rubati al sud da una Milano che dà loro un misero stipendio e se lo ringoia tra affitto e servizi.
No, stare al mondo non si fa sul divano. Mentalmente innanzitutto, intendo. Stare al mondo oggi inizia stando allerta.
Ma non è un’epoca da duri. L’immagine dei film anni ‘50/’60, all’americana, che in Italia furono quelli del miracolo economico. Il ‘duro’ normalmente fa affidamento sulle forze. Che sono le sue. Noi siamo in un’epoca di gente che si sente povera e debole. Però rischia. E in tal senso ha un potere. Che però non è nemmeno il potere di un supereroe. E’ il potere che può essere di un popolo. Quello di crederci. E’ l’epoca di chi rischia la sua piccola idea, la sua debole consapevolezza, i suoi teneri affetti, le sue storiche amicizie, i suoi soliti errori. Ma osa. E in tal senso sposa il futuro. Non il futuro del suo sogno, non il suo futuro. Certo indirizzandolo a quelli. Ma sposa e osa il futuro imprevedibile, il futuro diverso, il futuro che sarà realmente e dentro cui si giocherà come verifica l’ipotesi del sogno e dell’idea.
Osare è prima che un calcolo un sentimento. In tal senso ha ragione Oscar Farinetti a dire che il nostro mondo ha bisogno soprattutto dei nostri sentimenti. Intendendo per sentimento un atteggiamento nei confronti della vita. Di tutte le soft skills, di tutte le character skills la più importante – che però non si impara – ma si assume come un cibo rubato e consumato frugalmente in assenza di quello materno è la capacità di rischio.
Non bisogna schiacciare l’idea di rischio sulle imprese di natura economico imprenditoriale. Certo anche. Ma un prete che magari decide di andare a lavorare nelle carceri osa e molto, solo per fare un esempio.
Wystan Hugh Auden, poeta britannico, parlò del secondo dopoguerra come di una ‘età dell’ansia’. Si capisce bene dopo la tragica e sanguinosa dilacerazione che aveva subito l’Europa e non solo.
Oggi noi a causa della crisi economica, della pandemia, della nuova guerra nel cuore dell’Europa, attraversiamo una fase di grande incertezza. E ciò di cui sto parlando, identificando un’età di chi osa, sono proprio gli anticorpi che si sono creati a questa situazione.
Ma non si fraintenda. La peculiarità di quest’epoca non sta negli sconvolgimenti geopolitici, migratori, pandemici, economici. La peculiarità di quest’epoca rispetto al primo novecento (periodo di grandi migrazioni anche dall’Italia) rispetto al secondo dopoguerra, o età dell’ansia, rispetto al trentennio neoliberista del consumismo sfrenato che si conclude idealmente con la crisi economica del 2008, il proprium della nostra epoca sta in qualcosa di spirituale, in un atteggiamento spirituale, in cui semmai lo stratificarsi di tutti gli avvenimenti sociali summenzionati provoca la percezione emotiva che il tempo si sia fatto breve. E così la disponibilità più aperta a rischiare qualcosa se non tutto di sé.
Segue…

 

Ravenna, 28-12-’22

Adriana

L’avevi capito tu
che a un millimetro
di nevischio
si affidò

Dio
ed al sì di Giuseppe

Che bussava
a tutte le porte

Chi Egli fosse
sentivano
e non sapevano

Ma la musica sempre precede la storia

 

 

Ravenna, 22-12-’22

Te lo dicono i tetti

A volte
la nebbia sembra sincera
– ti trincera –
apparente tregua

poi si fa ora
da qua in alto

E te lo dicono i tetti che c’è il sole

 

Ravenna, 21-12-’22

Beatrice e il mondo

E forse i bambini
si ritroveranno genitori
si volgeranno avanti
e li vedranno
non troveranno altro
che il benedetto fango
del quale sono impastati
i campi a perdifiato
e guarda come ti sei ridotto

Più che del Mar Nero
il notiziario dirà
del nostro solito umor nero
e nessuna risata
seppellirà niente
ma sorrideremo dell’apocalisse
perché i figli creeranno
figli sani
ed indenni

Come non sappiamo, ma un principe,
il principio di ciò che è buono
giusto e carnale si riavrà…

Beatrice non è altro che il nostro mondo.
Tanto gentile e tanto onesto
pare che tutti quanti ci scopriremo amici

 

Ravenna, 22-12-’22

Milano Amo e J’accuse

Il nuovo stadio di Milano
si chiamerebbe voi.
Si apre ogni mattina
col vostro petto aperto

Sui tetti e sulle ali dei colombi
dalle finestre
che non vi vedo su ista,
ma ben sovrapposti su un sentimento diverso

Che ha sta gente
che combatte ogni giorno e rende conto
Per un piccolo perché
sapendo a chi

E ha sentimenti e monumenti
carezze per i poveri
Crede nella provvidenza
mentre lavora a testa bassa

Ora si chiede perché
solo la Madunina veda le periferie
Il milanese sa cosa cova
– nei giorni umidi e freddi – il tepore della nebbia

Stupore per i laghi e per i monti
perciò sa essere sopra
e sopra con l’animo guarda.
Alta morale che neanche tangentopoli…

Piuttosto Milano ha risorse
che non custodisce
che usa
ma non investe
I ragazzini possono perdersi
nelle gang e non ritrovarsi negli oratori.
Milano… Non sei più cattolica
attrai giovani talenti
e gli fai far la fame
Pretendi autonomia
sarcastico parossismo
di una storia secolare di isolamento

Romagna, 20-12-’22

Si ridisegna

Consolati anima mia

In ogni mattinata fredda
e la nebbia
come un mare in burrasca
fa la schiuma
dopo l’onda
si ridisegna

Soltanto di noi
si è occupato il migliore
degli artisti di strada,
del nostro destino
ha affrescato il selciato
e capito il cammino

L’unico Dio bambino
è qui con noi
un cuore che pulsa,
dentro l’espandersi
apparentemente lento
del tempo e dello spazio

Ritornerà profondo
come i ritorni dello sguardo
sulla volta stellare del cielo,
ne saremo attorniati e pervasi,
ci porteremo ancora addosso
le amate essenze lignee di lei

Crollerà la necessità indotta
di prevalere per esistere
e vivere sarà chissà come –
comunque libero –
la poesia cederà le ultime regole
oppure non so

Il suo velo si strapperà e il vero rivelerà

 

Ravenna, 19-12-‘22

Come potevamo credere alla meta?

Finalmente sei a bordo
e rappresenti il mondo
che un capitano bambino
e marinai grandi
in una pubblicità rovesciata
amano

Abbiamo attraversato consapevolezze
come carezze e dipendenze
in questa estate di scoperte
accolti disinvolti
in fondo impauriti
come potevamo credere alla meta?

Ci ha liberato
il nuovo Innominato
in un mondo ormai rovesciato.
C’è un focolare dove sempre ritrovarsi
cammineremo senza tende
in questo lungo inverno

Ameremo il cammino
come solo le donne
sanno amare i particolari
e gli uomini i camini – fochisti
meno arrabbiati del solito,
visi asciugati dalla fuliggine

Dove allora? Non l’avevo capito mica
che l’essere in viaggio così
ritrovare a sera la luce del mattino amica
come se si trattasse di riorganizzare il mondo
con i soliti disegni dei bambini fosse –
l’unico gioco che Dio prenderà sul serio

 

Ravenna, 18-12-‘22

Incompiuti?

E così ho amato
questo venire al dunque

La resistenza dell’inverno
i cachi e le melagrane

Ho necessariamente accettato
questa morte lenta

Le seduzioni della natura
non mai credendole

Che chicchi vermigli lucenti
e polpe arancio dissetanti

Amore di ciò che è dolce
e del frapposto velo

Sapendo che assaporarli
non è che una questione terribile
di controluce

Non bestemmiando condanna
perché ci ritroveremo
spanna a spanna

Nello sguardo
preso
e subito perso

Delle persone nella nebbia
di ciò che non inganna più

Ravenna, 16-12-’22

Epoche e mondi

Lillà date – agli ayatollah

Mai i vostri capelli
di raso e sasso

Siate da svegli
il sogno che ritorna
l’altrove ancora
del mahatma e di mandela

 

Ravenna, 14-12-’22

Tutte le volte

E rasentare
e risentire oltre
il molo

E rivedere a
visibilità netta

Le draghe, le anatre
sul canale
le giornate –
di mare invernale
come se fosse estate

Che qui dice sempre di sì
al chiedere
perché. Niente si chiude
tutto si apre
in un vorticoso e improvviso rigirarsi
del viso
contro la brezza da Est

Carghi
e navi pilota, tra il
faro
e il pensiero di casa
vengono accolti
con un buon pescaggio
e ripartono sollevati

A Marina
sul facile Adriatico
non c’è cercar la direzione
già note sono le mappe

ma da darsi appuntamento
tra il largo cielo
e il profondo mare
quando e dove – loro vorranno

 

 

Baretto, 12-12-’22

Il rischio fa del tempo una storia

E allora?
all’inizio di ogni azione
il motivo traballa
come se si dovesse andare
al bandiera gialla

Con la testa rivolta a tempi
seducenti
si va per strade
normali e amate
le tue carte, amanti e persone

E non si butta mai via
il bambino con l’acqua di placenta
che poi sporca non è
Questo, senza questo seducente
muoversi tra il colore e la tavolozza

quale scoperta, quale scoperta
ci saremmo giocati
pensa (?)
Ognuno ne ha più di una
che lo sorprenderà per tutta la vita

E sentire irremidiabilmente più amata
la vita usuale
e quella che ancora deve essere,
il tempo le passioni
e questo cielo grigio

Tutto ciò amico mio ha un nome
che io – lo ammetto – ho conosciuto giusto giusto
per dare storia al mio tempo. E’ il rischio.

Rischiamo insieme sul seme adatto,
che tirerà giù la pioggia e piantagioni sconfinate

 

Ravenna, 10-12-’22

La nuova storia dei marinai

I marinai avevano una donna
in ogni porto

Era un’epoca romantica
di viaggi
addii e ritorni

Sfruttando tutto ciò i mercanti
facevano affari
finché prevalsero i guerrafondai

E’ così che i poeti hanno dovuto scrivere
un’altra storia

Avere il grano da portare è diventato il sogno

E poi raggiungere il porto
come la ricerca
di utopia

Così loro, i marinai hanno ancora cercato
la vampa del faro e urlato: Terra!
Guardato ancora i cieli
e infine studiato daccapo – quella stella sola là

 

Ravenna, 9-12-‘22

Buia l’Ucraina

Kiev sarà (?)
nella notte
delle vie
viste dai fari – delle auto
come quando
dentro ci si vive

E le campagne
poche cantine cerulee
del mosto solo
l’odore ai muri
meglio delle trincee

Sarà
ventre materno
di un popolo?
E un giorno
campo aperto –
di pacificazione
tra molti?

 

Ravenna, novembre ’22

Leggenda popolare

Certe vicende
condivise in modo quasi tangibile
inevitabili hanno un termine

Ma non ci sentiamo in realtà
(lo spirito è realtà)
allontanati

Non siamo senza
quel nostro noi
che è di tutti

Verrà meno la consuetudine
ma non l’amicizia
comunque spirituale

Che è di voler bene
sempre
carica

E alfine si assicura
con fiducia
al cuore

delle vicende di ciascuno
– più di quanto non fosse all’inizio –
alla gente, ad una sorta di canzone popolare

 

 

Ravenna, 9-12-’22

Maria immacolata perché nata nella gioia
Anche il sesso nell’epoca del sex cam subisce sempre più derive animali o quanto meno parallele (a causa delle sostanze che vengono utilizzate) all’umano.
Fortunatamente ancora oggi e basta poi andar dietro di poco tempo è ed era dominante una condivisione del sesso col partner piena di gratuità e anche di apertura alla vita.
Che c’entra la festa dell’immacolata concezione? Vien da immaginare che quello tra Gioacchino e Anna debba essere stato un concepimento e un parto pieno di gioia. Ma occorre provare a togliere un po’ di patina moralistica.
Un concepimento immacolato, che vuol dire? In realtà non ci sarebbe dato pensarlo.
Si dice che nella sua preveggenza Dio abbia preservato Maria dal peccato in vista dell’incarnazione in lei del Figlio di Dio.
Ma insomma, Dio decide di entrare direttamente nella storia degli uomini per condurre l’uomo al suo destino di felicità definitiva vincendo la morte e di cosa si preoccupa? Che Maria nasca senza peccato. Non per dirla malamente, ma perché sennò il Gesù che avrebbe curato i lebbrosi di cosa avrebbe avuto paura? Forse una madre maculata – dico con pudore – avrebbe stimolato qualche anticorpo in più.
Naturalmente sono miei dubbi personali che non mi impediscono di andar fiero di questo dogma e di questa festa cristiani.
In che senso Maria è non macchiata, è pulita? Perché nasce senza la possibilità di sbagliare, di peccare?
In realtà il peccato è qualcosa che Dio permette nella storia cristiana per insegnare l’umiltà, cioè che tutto, ogni dono di grazia, viene da Dio anche nella distrazione di ogni giorno.
Io mi inchino al dogma di Maria nata priva di peccato. Francamente però la cosa in questi termini da educanda non mi appassiona, mi appassiona di lei – potrei dire tante cose – l’essere intermediaria per l’uomo con Gesù, per come sa dirgli le cose. Fu così a Cana, alle nozze, quando gli chiese il miracolo, è così per ognuno di noi quando – e non è una questione di modi – siamo così arrabbiati che non sappiamo da che parte cominciare. Siamo annebbiati e Maria ci aiuta, perché lei lo ha accompagnato senza macchia e senza paura. L’essere senza macchia di Maria è una fonte eterna di positività, che non dimentica mai, anche nella situazione più ottenebrata, la possibilità della gioia. MARIA E’ IMMACOLATA PERCHE’ FEDELE AL DESTINO UMANO ALLA GIOIA.
Ravenna, 8-12-’22
Frammento

Le roccaforti
resisteranno
al nemico
che si sarà annidato dentro

Estate 2022

Un sorriso sopra il sasso

Su un sasso
avrà il sorriso
di un gatto addormentato
il mio viso

Anche quando
sparirà il sole
avrà la meglio
di ogni brusco risveglio

Saprà cullare i gorghi
gli odori del fiume
e vedere volare via
aironi verso il caldo

 

 

Ravenna, 4-12-’22

Quando riconobbi il mio ideale

Sono i miei eroi
magari Angelo e Romano
che liberarono subito in me
un grido – amicizia
inconsapevole Amicizia
eccome vibrare l’uno per l’altro

Così andarono le cose:
mi invitò Donatella nell’intervallo
in quarta ginnasio
prese la parola Angelo
eravamo un’ottantina
che ci facevo lì (?)
a fare l’alternativa
il più bravo della classe

Mi prese in controtempo
come tutti i colpi che vanno a segno
che eravamo lì
non per uno studio nuovo
(e chi se ne sarebbe fregato)
ma per una vita nuova
Allora sì
parlare di America latina
Giovanna cantò Que linda es Cuba
Giampaolo, l’amico venuto da Cesena –
sembrava lontano Cesena –
la sua relazione
su sviluppo e sottosviluppo

Un insegnante sulla sessantina
come tutti noi
in un afflato inaspettato
si presentò dicendo mi chiamo Pierina
ma se mi chiamate Professoressa
va bene lo stesso
Irreversibile amicizia
che poi avrei scoperto inesauribile
Assemblea poetica
in una spoglia aula del liceo classico
Dante Alighieri (non ridere Sommo poeta)
di Ravenna

Dove io ritornato oltre la sessantina
e svezzato al mondo
non ho pensieri
né cuore (non so quanto puro)
che non desideri amicizia

Inno alla dolcezza

Se questa notte
di petto
ma non di getto
tutte le forze
dell’animo nostro
e della natura
si riunissero
in una poesia sola
inno di un’isola
in abbandono

E se i migratori almeno
rimanessero sulla nostra frana
il tuo volo passerebbe
nuovamente dai nostri sguardi?
Quando darai
alle fiamme la giustizia?
Dolce
fiato
sospiro creatore
dell’universo

Il nostro cuore è insensibile
ti misconosciamo
tra le angustie del mondo
ci sembra impossibile combattere
e difenderti
dolcezza d’amore
crepuscolare e stellare
alba e madre
noi eroi bambini
irreversibile turgore che desti i natali al mondo

 

Ravenna, 29-11-’22

Ischia 2022

Casamicciola non sei la più piccola
La tua caduta
Cerca del Natale la prossima venuta

Ma s’impone
Alle mani del cuore
Alle mani della mente

Che scavano
Aldilà di chi non vanga
Di chi mesta e rivanga

La ricerca di possibilità nuove
Per la nostra terra che duole
Dal monte – al mare

 

Ravenna, 27-11-’22

Giornata di speranze

Sbranarsi la testa
e la speranza nel buio
dove si arriva sul punto di crederla triste

Come se fosse
la solita fine
di un nodo gordiano

E invece uscire
nel lieve sgomitolarsi
del crine materno

Aiutato e consapevole
ad andare più aperto
tra le speranze – fragili del mondo

 

Ravenna, 28-11-’22

L’inutilità è la più grande umiliazione

Ho impiegato il tempo
da impiegato
a cercare di renderlo utile

E nei corridoi
si diceva che era futile
ogni cosa che mi fosse affidata

Così tanto per impiegarlo
per piegarla
la mia testa al capo

Non ho mai trovato
il bandolo della matassa
e l’unica cosa che salvo

Sono l’amore
la casa
il pane per cui l’ho fatto

E mi dico
e mi dico
dovevo – prima o poi dirlo

 

Ravenna, 28-11-’22

Per una civiltà più umana
Maritain ha ben distinto da un punto di vista cattolico della storia tra l’avventura verticale – il cammino di vita di ciascuno che si conclude su questa terra con la morte – e l’avventura orizzontale – che rappresenta il cammino storico, appunto, dell’uomo e delle società verso l’avvenire.
Una vicenda singolare che va incontro per chi ci crede a un giudizio e – io credo – comunque ad un abbraccio. E una vicenda comunitaria che si presenta come un progresso – con anche battute d’arresto – verso un nostro miglioramento come civiltà.
Qual è il nesso tra i due momenti?
L’amore: l’amore su cui saremo giudicati (vedi parabola evangelica: quando Signore non ti ho accolto? Ecc.), e l’amore che è la radice di quell’amicizia civile, di quella società tendenzialmente sempre più umana, che è il nostro destino come popolo/popoli.
E’ la speranza della storia del popolo ebraico (la terra promessa), è la speranza delle beatitudini o dell’inno alla carità di Paolo, questi sì che ci crocifiggono, se ripensiamo stando in superficie, alla nostra faziosità nelle discussioni, nei bar, sui social, nei dibattiti tra politici, o – andando più a fondo – alla violenza che c’è sulle donne, nelle nostre periferie, nella società. Per non parlare della guerra.
Dunque, poiché nessuno si salva da solo e saremo giudicati sul comandamento dell’amore, occorre mai dimenticare che ogni nostra azione può collaborare a far strada ad una società più umana o ad una più disumana.
Ravenna, 23-11-’22
Cristo re perché salvezza per tutti noi

Domenica si festeggia Cristo re: un breve commento ascoltando la Messa dell’incoronazione composta da Mozart. In realtà il titolo – secondo tradizione – è dovuto al fatto che questa Messa sarebbe stata composta ed eseguita per la commemorazione dell’incoronazione dell’immagine sacra di Maria conservata nel santuario di Maria Plain a Bergheim (Austria) nei pressi di Salisburgo.
Ma dal momento che mi soffermo sull’Agnus dei mi è venuto spontaneo riferirla anche alla regalità di Cristo.
Di solito il re è chi premia e castiga. Il re che i cristiani festeggiano ancora 2000 anni dopo è un re che salva. L’ho accusato in modo evocativo e plastico guardando e ascoltando questa Messa. Nella versione diretta dal maestro Herbert von Karajan, all’Agnus Dei c’è la voce inizialmente solista della soprano Kathleen Battle, in cui io avverto una fascinosa e misteriosa nota che emerge cristallina dalla notte buia di ogni tempo. A un certo punto si aggiungono il tenore, la contralto, il basso. E così quella voce si differenzia e si arricchisce, inizia a moltiplicarsi, insieme. La cosa sconvolgente in quest’opera è che l’Agnus dei si chiude con una corale trionfale, impossibile senza la preesistente coscienza del male, senza l’assurdo, cioè la negazione del fratello.
E così alla musica riesce il miracolo di Cristo re. L’uomo canta, anzi esulta insieme, in coro. Il coro finale nel cantare a Cristo porta in trionfo l’uomo, l’umanità ferita e salvata dall’obbedienza dell’agnello. Senza questo trionfo il sacrificio di Cristo sarebbe stato vano. Per questo non ci si salva in solitaria. Cristo non è – lo sapevamo – venuto a salvare i sani. Certo è venuto a perdonare i peccatori. Ma non perché se ne andassero semplicemente con la coscienza a posto. Cristo – obbedendo al Padre – non si è giocato tutto per delle anime da sacrestia. Ma per un’umanità, tu, io, lei, lui, riconquistate dall’ottenebramento alla gioia. Alla chiarezza di un canto. Cristo perdona l’inimicizia e libera l’amicizia. Il suo esprimersi, che sia il canto o il lavoro, attraverso la fatica umana e la riconciliazione, porta all’esultanza che fu di Maria. La misericordia non è solo togliere i peccati, ma etimologicamente: dare un cuore ai miseri. Non diciamo che sia impossibile. Pensiamo alle nostre vite e alle vicende del mondo come ad un cammino. Al cammino di uomini e popoli destinati a conoscere la gioia e la pace.

Ravenna, 18-11-’22

Nude spalline

Loro sono vita
meglio
delle ali del cielo

Nude spalline
che riscaldano
di più

E dire che il sole
asciuga le vele
ed i gabbiani

Ma è su quelle giovani
baciate
che rifà estate

 

 

Marina di Ravenna, 7-11-’22

Il miracolo che si vede è l’amicizia

Il miracolo sai non lo conosco
io sempre lo scopro
melagrana in grama stagione

O forse filagrana
vagamente discinta
del discorso

Come un’amica
strana e distinta
da quel giorno – preciso – d’agosto

Ravenna, 27-10-’22

Cieli vuoti

Ottobrata
ma i cieli
sono già vuoti

Dopo i migratori
anche il sole
se ne andrà

 

Ravenna, 24-10-’22

L’urlo e il grido

E così riconosciuto il mistero del male
terribile e trasversale come un uragano
sottile e letale come un sottomarino

Il mondo non più si dividerà
come mai del resto è stato
in buoni e cattivi

Ma tra chi griderà
e tra chi urlerà
tra il grido e l’urlo

Perché il primo sarà rivolto-
e forse ascoltato –
il secondo sarà vago e dissolto

Ma ci sarà un urlo
benché non rivolto
ma disperso agli altri uomini

Che sarà un avvertimento
trapelato a forza come nella tela di Munch
che griderà ai propri simili

Oltre il limite non del morire
ma dell’odiare
ci sarà – non solo alle spalle:  il niente

Sarà uno strano grido
flebile e forte
che non saprà dove prendere respiro

Non dalla gola strozzata
non dal petto intimidito
non dal ventre fiaccato

Ma da una strana zona del cuore
da un tarlo della mente
che non conosceranno filo spinato

 

 

Ravenna, 5-10-’22

Mistero

Tra la grata della libertà
e il virgulto della gratitudine
il tempo si fa spazio

Ravenna, 21-08-’22

Lampi d’estate

Sono lampi
sono stati lampi
ora che cede
l’estate stanca
al temporale

Ne sento ancora
scavi
gli occhi di fede,
di sale
e di lucore

 

Marina Romea, 18-08-’22

La madre e la figlia che non si abbracciarono

Tu credi fermamente
certamente
che io non ti abbia avuta
se non in seno
ma mai in braccio

Lasciati credere, ti prego
che non sia così…
Ti ho sostenuta
ogni volta
che il mortale veleno

L’anima te la voleva volare via.
E in quei momenti l’ho presa io
sono riuscita ad essere
fiero abbraccio
della tua irriducibile verità

Ero dietro di te
ci sono sempre stata
quando la tua anima cercava riparo
e te l’ho ridata dilatata alla vita.
Come nel giorno mistero del nostro parto

 

 

Ravenna, 29-07-’22

Biancore

Che festeggiano (?)
si direbbe allegre
se fossero umane
lo capiscono
solo loro stesse
le gabbianelle
che sorvolano
basse
e precise
il limitare
il crepitare
delle bianche
ali di schiuma
sulle rive

Sembrano
entusiaste
prese
più dai destrieri
bianchi
in infinite
file
che non dalle
piccole prede
rimaste
travolte
che le avrebbe
raccolte
anche un bambino

Non di appetiti
ma di candidi
vestiti
si empie oggi
il copione del mare
alcuni fogli
bianchi
ancora da scrivere.
Ora che credo di aver finito
una grande
vela bianca
laggiù
solca l’orizzonte
e riapre lo sguardo

 

Marina Romea, 17-07-’22

Social di spiaggia

Si spazia
la spiaggia
si crea come un’area
di rispetto
chi al cospetto del sole
chi al cospetto del mare

Amare qui è naturale
solare
si scrive una nuova storia
dei sessi
meglio il sapore verginale
che il sudore degli amplessi

Come se il sole cadesse giù
non solo ad adorare il mare
ma a rendere adorabile
lo spazio estasiato della spiaggia
– in ogni presenza – in ogni corpo
in ogni faccia, di questo social dai mille likes

 

 

Marina Romea, 16-07-’22

Ritmo

Andirivieni come le notti in ardore
s’impone vasto un ritmo esteriore

Tempi e suoni di natura
soffia il mare sulla calura

Adorare quanto uno sguardo dura
si sottrae. Battito libero di commozione

 

Marina Romea, 16-07-’22

Azzurra volta

Ho amato questo cielo
quasi senza mai vederlo,
senza il coraggio di guardarlo

nella sua incombenza

proteggere il mondo dalla morte,
promettere sin da ora
che gli innamorati non si arrenderanno

 

Marina Romea, 14-07-‘22

Mareggiata insperata

Canta e danza
– voluttuosamente –
come si fa solamente,
devotamente
per il niente
o per il tutto

 

 

Marina Romea, 8-07-’22

Lo smeraldo

Oriente
trasuda
la tua pelle
bruna

Le onde
echeggiano
voci
di madre

Bronzi
lavorati
e bagnati
al sole

Uno smeraldo
brillava
che mi pareva grande
ed importante sulla tua mano

Non finirà
tanto facilmente
questo canto
e quell’incanto

 

 

Marina Romea, 8-07-’22

Bicchiere

S’alterna
lo sfondo del presente
a fondi sfaccettati di ricordi

e li bevo tutti
in questo orizzonte
concavo di cielo

 

 

Marina Romea, 5-07-’22

Ricevere gratis

Come un cielo
come una corolla
che il sole bagna
di trasparenze dorate
di giornate donate
che non sanno chiedere
ma ricevono gratis

Con un’insistenza
che si ripete
ad ogni alba
con la magnificenza
che solo l’amore gratuito
e costruito insieme
conosce

Ravenna, 4-07-’22

Decisione

Non so darmi un tempo
anche se vorrei  sempre
ringraziarti subito
all’infinito
per il dono della tua vita

Mentre accade
e non ci sono.
Quando ti incontro
e non so dire
che sono commosso

Si chiude la gola
si ferma il cuore
arretra la parola
e vorrei dire
che è importante per il mondo

Forse sai
dovrei imparare
a dirti più spesso
semplicemente
che sono contento

Una breve poesia
che non va via
il soffio
d’estate
del vento

 

Pianoro, 3-07-’22

Stoppie

Quando raccoglieranno il grano
sulle stoppie sarà stupore
accanto alla terra bruna
e al loro contrasto

L’una sembrerà percorsa
da un vento leggero
l’altra ancora fumante
come non d’aratro

Entrambe ferite
tremeranno di calore
lungo la piana
fino alle colline

 

 

Stradelli, 27-06-’22

Innamorarsi a Marina

Innamorarsi
come il primo giorno
risposarsi
grazie al disegno
che fa ora la gente del primo tratto
di una matita che non nascose la fatica
e mi catturò

Poi il mare si sa
muove le acque
mentre ti dà
frutti infiniti
che solcano i flutti
e presto si fan maturi
il tempo che tu li curi

Quando con la prima calma si placa
e la bonaccia dice chissà
da riva al largo ormai è chiaro
il mistero che  siamo insieme
noi e la gente semplicemente
un poco ma davvero
figli amici – amanti del mare universo

 

Modena, 27-06-’22

Il catamarano

Guarda il catamarano:
lo dici forse ora
perché lo diceva lui allora?

E io vedo che è l’ideale
quel vento teso e costante
senza folate

Quante stagioni sono andate
a ogni estate
tra vele sventate e pericoli

Scruteremo così
anche il nuovo tempo
– che si dilaterà

 

Marina Romea, 25-06-’22

Due o forse tre

Aspetti
qualcuno

di un corpo e un’anima
gli occhi
e il cuore

Nel primo
semplice sguardo
di ogni giorno

dal sole sorto
aspettavamo per nascere
il sì dell’altro

 

Ravenna, 25-06-’22

Anniversario

Quando gli astri ci iniziarono
rileggemmo
i nostri romanzi

Poi scrivemmo
il nostro cielo
sulla terra della fortuna

Ora per tutta la terra
e in questo tempo
chiederemo la luna

 

Giugno 2022

A Coccolia una cappella che coccola la speranza

La cattedrale degli gnomi
sta tra il cipresso
e gli altri
normale
alla strada principale
tra l’erba persa
ma non arsa
senza via d’accesso
che non si ricorda
l’ultimo ingresso

Tu sei la speranza
degli uomini
senza via
in periferia
a Coccolia

Tu saresti la Chiesa
e noi uomini gnomi
la nutriremmo
a povere semine
e mietiture del cielo

Non è così. Talvolta però
quando la campagna
fa estate
e la fa reale sulla pelle
di chi passa,
gli alti cipressi
che la contornano
stormiscono in cima
intonando per il mondo
un inno a cappella,
che sa di campane e di brezza

 

 

Romagna, solstizio d’estate 2022

Disin-canto

E sulla soglia di tutte le incertezze
non ho chiarezze
non ho le forze

Allora dove sono
le certezze
allora dov’è finito il sogno (?)

Addirittura del concerto
aperto
nel mondo deserto

Se non so vivere questo momento
se non so vivere la distinzione
e il necessario tradimento della fusione

Come potrò partecipare
a cambiare la storia piccola e grande
di un’epoca nuova?

 

 

Ravenna, 20-06-’22

Angoli provenzali

Solo qui
a questa altezza di spiaggia
si fanno vedere in Romagna
angoli di mare provenzali
e specchi d’acqua rari

Aspettarvi mentre scrivo
è come attendere
non già il ripetersi
ma l’eterno compimento
di qualcosa

Che di getto è
riflesso sui vostri visi
dal sole di mezzogiorno
il piacere mediterraneo
del rispetto di tutto

 

 

Marina Romea, 18-06-’22

Dilatare lo sguardo

Ritornare
amando
ogni riviera
di costa
e di schiuma
sovrapposta

Andare
al capanno
sulla scogliera
che si sposta
apparentemente sfuma
e ogni passo affonda

Passare
dal ponte
sul fiume Lamone
che porta
piccola carnale aorta
esangui acque

Arrivare
a colpo d’occhio
in ogni ora e stagione
all’immenso orizzonte
di cielo e di mare
che sorprende anche la foce

 

 

Marina Romea, 18-06-’22

Il quadro mosso dell’estate

Perdere il pensiero
scordare i tempi
e i modi
è un disegno
sulla sabbia
è un cielo
da cui regolarmente
si sposta e cambia
quella nube
è un discorso scritto
e dimenticato a casa
è  il riaffacciarsi
di una speranza
ignota
è un amico
poi un altro
ognuno nei suoi pensieri
ognuno con i suoi tempi
ognuno con i suoi modi
è una stagione in cui i cuori
vanno oltre gli occhi
e si ritrovano…

Nel bianco rapito sorriso
nel bianco frugato seno
di una ragazza
che firma con sicurtà
in un istante
il quadro mosso della celestialità

 

Marina Romea, 17-06-’22

Dalla valle al mare

Quasi nello stesso momento
una svolta
un cormorano
un tormento

Che vola
dalla valle
a perdita d’occhio
chiusa
e cheta

E s’apre
al mare
furibondo
dello stesso colore
ma sconvolto
dalle urla

Il cavaliere bianco
e il destriero pezzato
vanno a fine corsa
stamane dicono
qui non scherzassero affatto

 

Marina Romea, 14-06-’22

La seduzione del mare

Mattinale riflesso dinnanzi

Mare che dice luci
come tremanti parole
vere e strane

Seduce per sempre
la tua esistenza
quasi non si potesse
far altro
che guardare avanti

 

 

Marina Romea, 12-06-’22

Ricomincerei

Ricomincerei
sai
con i giochi e con i tuffi
se tu fossi come lui
di nuovo piccino

Non smetteremo
sai
di giocare insieme
con la grande speranza
piccina

 

 

Marina Romea, 11-06-’22

Storia

L’umanità
quella precisa
fatta di mondi e di epoche

Dopo i fuggevoli riverberi

Si frange
senza sole
a riva

E non ne ricorda
il riflesso

 

 

Marina Romea, 11-06-’22

Nuvole

Nuvole
rubano
lo sguardo
e te lo ridanno

L’amore
è salvo
sulla terra
a cumuli

 

 

Ravegnana, 9-06-’22

A te

Da qui ferisce
nel mezzo
un raggio un volo
Lo sconfinato cielo

 

Ravenna, 9-06-’22

Mare preghiera

Ti riserva
Marina Romea
dopo il mare preghiera
la vela ferma la sera

la valle
fiammante
che appare
pedecollinare

e io non so che dire
se non sorpreso finire
le ore divine
e a casa ogni tetto benedire

 

Marina Romea – Ravenna, 8/06/’22

Gli irregolari

I ragazzi irregolari
ormai
meno rari
si sentono casuali
ma anche normali
e non hanno quasi
da dirsi strani

a modo loro sono soldati

Sono precari
lavori saltuari
nuovi scenari
temerari
non gregari
non paralisi
incerto domani

a modo loro sono soldati

 

Ravenna, giugno 2022

Baiona

Oggi la valle
da cui la cappa
non si svelle
non sembra
uno di quei dì
dipinti
nella pittura
ma un’inquadratura
della fotografia

Di quelle
dai colori distinti
dal resto del vero

E anche il rosa
dei fenicotteri
volato qui per caso
da mondi esotici
ormai
ne fa parte

 

 

Marina Romea, 3-06-’22

2 giugno, 25 anni di Simone!

Non abbiamo più una sola città
Non abbiamo più una sola famiglia
Oramai anche noi

Ti seguiamo col pensiero e col calore
in questa nostra seconda e unica
gioventù

Sulle dune e nei bagnasciuga
dove la sabbia è pia
e la calura s’innalza a giugno

Mese giorno e ora
il nostro orologio si è fermato lì
proprio quando prese a battere il cuore

Ci ha lasciato sulla riva l’emozione
poi è ripreso insieme il cammino
ardito e preciso

Chiede così la tua fiorita
umanità
come un’imbarcazione solida

non di farti da pilota
ma di incrociarti qualche volta
sulla riva della gioia

 

Bologna, 2 giugno 2022

Hi Hi

Io guardavo a occhi spalancati Jolie
il gatto che, predatore da divano un po’ così
fissava Ada che leggeva proprio lì,
con i riflessi negli occhi, il suo libro thriller,
quello di chi, come noi tre, sta sempre sul chi vive

 

Ravenna, 1° giugno ’22

Madonna Poverta’

Sei passata anche oggi
come una principessa
madonna povertà
‘nbuondì signora
qui tra i vicoli,
delle grandi città

Maleodoranti
sotto i foyer
e i riflettori
della bella gente

Nonostante la beneficienza
nonostante i posti nel loggione
quando mai (?)
la ricchezza potrà condividersi
veramente

 

Ravenna, maggio ’22

Voce lontana

Non sei prevista
stasera
intrusa
eppure sei
la mia difesa
dall’annullamento
poesia

Dà costrutto
allora alla vita
e suona l’arpa
melodiosa
avvicina
la voce liuto
al mio cuore duro

 

Ravenna, maggio ’22

Bambina eterna

Vorrei dondolando
Vorrei a tuo comando

Piccina sull’altalena
E una nenia

Al cigolare del pesco
Che nonno Francesco

Mentre ti spingeva
Mentre il riso e il pianto tratteneva

Ti avesse visto con questo tuo splendore
baciato d’amore

Che ora luccica
Argenteo spicca

Lui che già sapeva che non un’ eterna bambina…
Tu saresti stata una bambina eterna

 

 

 

Dovadola, da sempre e per sempre.

Valleverde
Le nubi accendono
opache la valle

che sfuma agli occhi

La modellano con lacche
dai colori struggenti

e si ribellano alla sua bellezza

Marina Romea, 28-05-’22
Controtempo

Certo nuovi rapporti
libero da scadenze
vero godere e mutare
dei giorni e delle stagioni

Ecco appunto il signore
è sempre lui che passa
a riscuotere i giorni
ed è il nemico di molti

Da giovani si diceva
agli ignari che fosse amico.
Oh tempo signore
dei nostri momenti

Perfino i nostri pensieri
che a volte si credono
assoluti s’inchinano
infine alla tua variabile

Forse è bello che niente
ci sia di statico e che tutto
muti, potrebbe anche
migliorare…Per poi finire

Tempo che dai senso
e che poni termine
alla vita: io ti vomito
io non ti credo

Io non spero
io non ti aspetterò
io darò la vita diuturna
per il suo senso

 

Ravenna, 27-05-’22

 

Acquamarina 2022

Ritrovami dalle rive
dai ricordi se vuoi
dal rinverdire tra noi
di vicine acque marine

Non ci saranno giorni
più belli di quelle mattine
in cui vedremo scintille
nel mare riflesso a bagliori

Sapranno di eterno
ma non saranno gli ultimi

 

Marina Romea, 21-05-’22

Il gatto

Il gatto
quando ti sta
addosso
disteso
con quella zampa
che penzola
dalle tue ginocchia
vuole stare
in una pace
che noi non conosciamo
e che non è solo animale
abbandonarsi e lasciarsi andare

Così non tollera
una carezza
quel cazzo di carezza
che turba
il suo distacco
che in fondo è perversa
meglio trattenerla
dopodiché solleva
il musino
stupito
ti guarda
e si rimette giù

E mentre lei continua a dormire
io mi stupisco
che ci siamo
capiti
così

 

Ravenna, 8-05-’22

Coop

Ormai m’ha preso
dove ero

non so
forse alla coop

un agognato amore
di qualcosa

che testardo accade
ai bordi del cuore

al capezzale delle persone
dentro la strage

 

 

Ravenna, 29-04-‘22

L’aria basta
Certe giornate
di quasi estate

che c’è vociare

E come nevischio
allucinato di mattino

coriandoli per le stanze

Come fan le tende rade

che filtrano le case

E quasi l’aria basta
stupefatta

e vibrante di grazia

Che si riapre

alla prima ventata

A tutto lo spazio eterno
nei tempi di disgrazia
Ravenna, 29-04-’22
Il gabbiano

Vi sono – qua e là per le perdute
vicine
campagne

Campi – già assolati e vedute
non pare seminati
ai primi soli (e nuovi)

Che aspettano…

Vi sono – qua e là per le perdute
spiagge
e rocce del porto

Ormai – robusti gabbiani
che volano oltre
prima dei piccoli loro

Alla terra novella
a cercare tra mille
la propria zolla

Con la sapienza delle anguille –

Spande
sale di mare
l’ala audace quando si posano

E anche la terra è madre a loro –

Come Romagna sa
che le sere d’estate
saranno – le loro terre

 

 

Pasqua 2022

La camelia

Tu aria
Tiepida
Di primavera

Osservatore inavveduto
Ora ti vede
Colui che scrive

E io forte Camelia
Senza di lei
Nulla potrei

Farmi giocondo
Fiore
Gioioso di colore

India morosa
Dell’aere amato
Nel cuor di lei

Senza mi sfiorirei
E invece
ne son la gloria

Come vertigine
Del vento
Che diventa pace

 

 

Ravenna, 9-04-’22

La carena fraterna

E così
oltre l’incostanza
dubbiosa
della speranza

C’è il legame certo
della carità fraterna
sicura come la carena
di un peschereccio

Che arriva
nel mare fuori del porto
a volte arrancando
a volte spavaldo.

Ora che è partenza
tra i riflessi del faro amore
anche l’amaro dei pescatori
non dubiterà

Della barca
dell’equipaggio
sicuro – il viaggio soave
perché leale

Come le luci di riva
aspettate
e riavvistate al ritorno…
Per ripartire poi

 

Ravenna, 7-04-’22

Ah beffardo sole!

Ah beffardo sole
allora non sorgi
sui buoni e sui tetti

mentre la nebbia
che meglio
custodisce gli uomini

dentro
li fa leggere
nei tempi stretti

e vedere
che tutti siamo
un po’ buoni

e abbandonati
di perdono
desiderosi

 

 

Ravenna, 1/04/’22

Cielo di guerra

Stringe la finestra il cielo
stamane stinge
e non convince…
Il suo azzurro raso
dove subisce ogni contagio

soltanto in alto
e nel profondo
di questa scena
– opaca
– traluce

 

 

Ravenna, 24-03-’22

Impressioni di primavera
La fioritura…
Le chiome varie
mentre viaggiamo
che il parabrezza
tante

se ne fa scappare

Un albero e poi un altro
è andato perso…
Le impressioni
le sfogliamo nel mentre,
sono quelle che vanno

i colori nel ventre

Sul manto
verde scuro
non sull’asfalto…
A perdifiato vorremmo andare
verso Dovadola portati
dalla brezza del verde cobalto

Che ruzzola
sulle fiancate
della vita larghe
di ogni metà di questa valle…
ha la misura degli occhi
il naturale
Castrocaro, 19-03-’22
il grembiule la toga
Un pensiero talvolta
la tavola è data
già incorniciata
quasi che sia velleitario

Ma stavolta rivivo – il tuo sperdimento
quello che scrivo è un sudario
semplicemente il tuo grembiule
da scolaro e da universitario

La vita mai disertata
discesa –
come di una scalata
agli appigli hai obbedito
Ravenna, 10-03-’22
Mordano
Ieri non era ieri
ieri eri lo stesso
stile piglio e riflesso
degli anni infanti (quasi)
e fieri, mai lievi

sempre battaglieri

Ieri su quella linea difensiva
pronta a salire
e poi scappare
te l’ho già detto
non sei passato via (mai)
perché tu mi hai insegnato a guardare
Ravenna, 28-02-’22
mosso e fermo

Chi non sta mai fermo
all’interno

Chi per capire
chi per amare attraverso

prende spesso il vento
di bolina

quando poi non sibila più e la vela sventa
si perde

come se l’avesse fatta grossa
come fosse

un castigo del cielo
e viene su qualcosa che spaura il cuore

Occorre allora un sentire paterno
la tua voce baritonale

con cui stasera mi parlavi d’altro
scommetto sul tavolo

un buon fermo soave
del tuo Friuli

che raffredda il freddo del bicchiere
e scalda le mucose

così che noi povera voce
ritroviamo il coraggio – di chiedere

 

 

Ravenna, 21-02-’22

Affettuosità sociale, caos creativo

Svenni da piccolo per un prelievo
da allora so
che non devo guardare,
ma, ma affidare
la vraie charité ouvre les bras et ferme les yeux
ardita citazione di un cartiglio
che regalai a mia madre…

Nei prelievi del sangue lo capisco
percepisco
la vena ben presa
e un bic insensibile
sensibilissima tu
professionale
raccontarti stranezze
per non guardare
attimi brevi
come se fosse importante
le somiglianze
tra l’accettatore
e Paul McCartney

Non sono matto
amico
è l’altra dimensione
quella dei sospiri
l’aldilà che comincia
del mondo il destino
per gli uomini che si affidano
per quelli
che a loro si aggrappano
in un cammino che è
affettuosità sociale

 

 

Ravenna, novembre 2021

Rifrazioni

Sento crepitare il mare
come se la duna
fosse un alare

La rifrazione
volteggiare nelle ali –
ondeggiare nelle creste

Come faville
che sole – e risacca
bianca – rendono vermiglie

Da un unico manto
avvolte celeste
all’orizzonte dove si fonde

 

 

Ravenna, 16-02-’22

Citazioni

Ogni volta –
accompagnar trasumanar
la vita nuova

Da quando scrissi
del mio sogno – d’amore normale
tra la gente

Ora che l’organizzazione non ha spente
– le emozioni e le ragioni –
il tempo crepiterà

Ravenna, 8-02-’22

La maggioranza Draghi non deve lasciare, ma raddoppiare

A questo punto di frammentazione intrapartitica, chi, più di Mario Draghi se eletto (con uno scatto di unità e determinazione) alla Presidenza della Repubblica, può dare qualche chance di tenuta della legislatura fino a scadenza naturale?
Il sostituto alla Presidenza del Consiglio lo nominerà lui e i partiti di tempo per mettersi d’accordo sui Ministeri ne hanno avuto…
Sarebbe il migliore investimento nel breve per il Paese e, in chiave internazionale per i prossimi sette anni…

 

 

Ravenna, 28-01-’22

L’America paghi la bolletta energetica dell’Europa!

Ma su quale base di ragionevolezza l’Ucraina dovrebbe entrare nella Nato?
Si è dissolta l’intuizione unificante di Pratica di Mare e non certo solo per responsabilità della Russia.
Così la Russia da alleato è diventato nemico. Le società dei Paesi di confine tipo l’Ucraina sono gravemente divise e almeno questo dovrebbe far capire che non si può annettere militarmente questo Paese, col rischio di scatenare una guerra. Senza contare che l’Europa, priva di forza militare di difesa comune, e prona nella Nato ai voleri dell’America, sta subendo da queste “esercitazioni militari” un danno economico colossale a causa dell’aumento esponenziale del costo dell’approvvigionamento di gas.

https://www.pietrolorenzetti.com/gli-errori-degli-usa-su-russia-cina-e-ucraina-un-articolo-di-antonio-socci/

 

 

 

Ravenna, 21-01-’22

Sono uomo, niente di ciò che è umano mi è estraneo

Quando dirigevo il Consorzio interuniversitario di sette Università “Nova Universitas” cercammo una frase icastica che potesse significarne lo spirito.
Fu Davide Rondoni a suggerirmi la frase di Publio Terenzio Afro: “Homo sum, humani nihil a me alienum puto” (da uomo non posso considerare estraneo a me niente di ciò che è umano). E in effetti ci occupammo di promuovere attività interdisciplinari di alta formazione che attraversarono interessi diversi. La stessa Ministra dell’Università, Maria Stella Gelmini scrisse che era un contributo innovativo e di qualità all’università italiana.
Lo strumento giuridico del Consorzio fece il suo tempo, ma quella frase, quell’idea, che già prima conoscevo, ma che nel corso di quel lavoro fu verificata, continuò a baluginare nella mia mente come pulviscolo in un occhio che non riesci a toglierti.
E’ una suggestione che chiede quell’allargamento della ragione di cui parlò Benedetto XVI. E di qui si capisce che la Chiesa è Magistra vitae.
Questa suggestione ha guidato il mio lavoro di ricerca e scrittura poetiche e non solo.
E’ stata anche un orientamento morale e spirituale.
Perché per dirla in termini laici, l’umanità si capisce da quanto non ha paura di confrontarsi con tutto,
niente di ciò che è umano mi è estraneo, vuol dire non un’idea di uomo, ma l’uomo concreto non mi è estraneo, con tutte le sue devianze e contraddizioni, imperfezioni.
Forme d’arte che non consideravo, le prese di posizione che non si capiscono, l’affetto per gli animali di cui avevo paura, la tenerezza verso persone di altre tendenze sessuali, il riconoscimento che i migranti vanno innanzitutto accolti, mettermi in discussione di fronte a persone che consideravo antipatiche. Sono uomo, niente di ciò che è umano reputo estraneo. Fobie, antipatie vengono corrette e anche superate dal lavoro del giudizio e dell’affetto, l’altro non mi è estraneo, siamo creature, ci apparteniamo.
Accettare questa sfida può mettere in ginocchio, il premio però non è solo una ragione che si allarga, ma anche un cuore che si spalanca.  Il peccato, anche in senso laico, è il limite posto a questo spalancamento, ed è inevitabile: quel che conta è la semplicità di riconoscerlo.
Il tempo farà il resto.

 

Ravenna, 8/01/’22

La politica italiana e il realismo di Tommaso Moro

Dicevamo ieri che se è auspicabile che a Mario Draghi si aprano le porte del Quirinale, più incerto si presenti il quadro politico, quindi la formazione di un eventuale nuovo Governo e il comporsi delle aggregazioni politiche.
L’Italia, lo dimostra l’attuale esperienza di Governo ha bisogno di una politica di centro, ha bisogno che si riformi una classe dirigente, ha bisogno che si prenda atto del fatto che ormai non esiste più un ceto medio. Ha bisogno che si ricostruisca un equilibrio sociale e quindi politico su basi nuove.
L’esperienza di Governo condotta da Mario Draghi ha rappresentato finora il tentativo, per una società frammentata (anche dai precedenti due Governi), e tenendo conto di una politica che, nel migliore dei casi, sa solo cosa non vuole essere, di imboccare una direzione per il bene del Paese.
Ci si sta riuscendo? Difficile a dirsi. Sicuramente i dati della campagna vaccinale, le premesse del Pnrr, i dati della ripresa economica sono indicatori che incoraggiano.
Ora si svolta. L’eredità politica di questo Governo non potrà essere solo – augurandomelo – Draghi al Quirinale. Noi abbiamo un quadro politico dove conservatorismo e riformismo attraversano i due schieramenti oggi esistenti in modo trasversale. Senza avere però una visione di società. L’emergenza fin qui ha dettato l’agenda.
Ma poi occorrerà guardare oltre. Forse di questo abbiamo paura. Occorrerà tenere la bussola della dignità della persona  e il metodo del realismo, che compendia conservatorismo e riformismo. Il vuoto psicosociale, che la pandemia lascerà, costringerà a dire chi siamo e cosa vogliamo per noi, per i nostri figli, per il nostro Paese. Andranno messe in campo l’umanità e le visioni di uomo. Non si potranno più subire i ricatti degli schemi politici, le gabbie degli schieramenti. Se a Giorgetti piace più la Carfagna che la Meloni può darsi che sia un’affinità tra Nord produttivo, Sud che vuole uscire dall’assistenzialismo e centro politico che abbia un senso. Se Franceschini lavora bene con i Governatori leghisti come con i Sindaci del PD, questo cosa c’entra con gli ostracismi che ci si lancia da opposte sponde in altre sedi?  Oppure le anime belle del Governo Draghi hanno intenzione di cancellare tutto e tornare ostaggio di un bipolarismo becero, che nei vent’anni della seconda repubblica ha prodotto meno risultati, al netto di quanto si è distrutto, di quanti ne abbia prodotti il Governo Draghi in uno?
“Che io possa avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare, che io possa avere la pazienza di accettare le cose che non posso cambiare, che io possa avere soprattutto l’intelligenza di saperle distinguere.” (T. Moro)

 

 

Ravenna, 7-01-’21

L’Italia è la più europea delle Nazioni

Il Decreto del Consiglio dei Ministri di ieri, sollecitato dall’esplodere della variante Omicron, giunto in un iniziale momento di logoramento della coesione dell’esecutivo a causa delle imminenti elezioni del Capo dello Stato e presumibilmente non lontane quelle politiche, segna paradossalmente un nuovo punto a favore dell’opera di coesione politica e sociale (in tempi impossibili) da parte di politici che non hanno fatto prevalere l’interesse di parte e del Presidente del Consiglio che ha mostrato sul campo e non curriculum alla mano il suo non comune valore.
Mi permetto tre note da non sempre provveduto osservatore.
1) L’Italia manda un messaggio all’Europa: “il rischio ragionato”, l’argine vaccinale al virus per permettere di riaprire e ricostruire, è l’unica via possibile come lo fu “whatever it takes” per la politica economica nel 2012.
Certo, forse si poteva osare di più e prima.
Ma non dimentichiamo che la coalizione di Governo è improvvisata.
C’è un messaggio sottotraccia: solo la coesione sociale, solo “l’amicizia civile” – amo dire io, permette di affrontare le nuove sfide. Delle quali non saremo mai all’altezza. Però l’amicizia civile, madre Europa, è il metodo per affrontare il tema del nucleare o dei migranti. L’amicizia civile riconosce il desiderio umano come legge, perciò come ha fatto in modo esemplare Draghi non bypassa le istanze particolari, le ascolta, ne cerca radici, offre punti di fuga e sintesi.
2) Mario Draghi è la bandiera di tutto ciò e gli va offerta la postazione istituzionale più congeniale per continuare con efficacia e risonanza mondiale a svolgere quella che, per come l’ha impersonata, sembra essere per lui (e per noi) una missione oltre che un servizio.
3) Non è dato capire invece quanto il quadro politico abbia avuto il tempo di metabolizzare finora l’esperienza di Governo, riorientando in senso meno radicale e sovranista le politiche dei due principali poli. Ma un anno in più, per di più di clima elettorale, probabilmente non cambierebbe molto.

 

 

Ravenna, 6-01-’22

Dalle stalle alle stelle

Francesco, nel discorso pronunciato al primo Angelus dell’anno, ha detto che occorre accogliere Gesù nelle nostre “stalle interiori”,  quei meandri del nostro cuore che noi riterremmo troppo oscuri, inospitali e inabitabili.
Sono rimasto colpito da questa che trovo una felicissima e finissima espressione di quella che spesso è la nostra condizione.
Eppure il nostro cuore è desiderio, de-sidera, attratto dalle stelle.
Le nostre stalle interiori, come nella notte di Betlemme, in tutte le notti insonni, o nelle giornate indaffarate, de-siderano.
Ma soltanto quel giorno in cui la sorpresa di colui che scende dalle stelle, la sorpresa che ha preso dimora, che abita il nostro cuore proprio attraverso l’impronta unica e comune ad ogni uomo del desiderio, soltanto quel giorno il dolore, l’amore, il cuore si ricompongono.
Una trafittura passa dal nostro cuore, come in un’invocazione potente e unisce il cielo e la terra, la profondità della terra, accade allora un cambiamento di corpo e mente, una rinascita, che primariamente si esprime attraverso la voce, che può essere anche logos interiore, “povera voce”, che è povera, ma canta, che non può morire, che grida, che non ha più un perché, ma – appunto – canta con un perché.
Una stalla, la nostra interiorità, che sarebbe desolata se, pur desiderandolo, rifiutasse di essere abitata – da sempre – dalle stelle.

 

Ravenna, 4-12-’21

Un prete del combattimento d’amore

Se ne va il 2021 offrendo al nuovo anno il ricordo commosso di Don Luigi Negri, scomparso ieri da uomo vero, lo sguardo fiso e chiaro alla meta come lanterna.
E quante volte ci ha ricordato che la lanterna va posta sopra il moggio!
Un uomo che ha conosciuto, come se fossero stati un’unica cosa, il combattimento interiore e quello esteriore, risultando non sempre facile a se stesso e agli altri, ma sempre testimone e costruttore.
Nel suo ultimo video parla, egli stesso dice in modo nuovo, di una dimensione del tempo e della conoscenza piena di senso e incipiente di eternità, “il tempo passa, perché passi il tempo”, nell’attesa del ritorno di Cristo.
E’ in questa prospettiva che si spiega ultimamente il suo invito a “vivere lietamente le iniziative di Dio nella nostra vita”.
Ancora una volta vibrante consegna interiore e passione per il mondo si ritrovano intrecciate e pacificate.

 

 

Portovenere, 1°-01-’22

La sera di Portovenere (riedizione d’inverno vera)

Che ha la bellezza di così eterno e momentaneo
che se ne va col sole e il cielo rimane appeso
i paesi erti sul versante opposto della terrazza
e gli rimane addosso una luce impossibile?

La rada ampia
le barche alla fonda
al centro il torrione
persa la sera
nel golfo dei poeti
inizia l’ora

Che trascorre senza voce la notte di Portovenere

 

 

Portovenere, 30-04-’19

Non si vive se non di miracoli

Perché il Natale pur così miracoloso come avvenimento lo sentiamo anche necessario, come un sospirone dato tirandosi su dopo un lungo anno in apnea?
Dal momento che la vita nasce come miracolo, può procedere solo per miracoli.
Il miracolo del primo pianto, del primo respiro, delle prime sillabe, dei primi passi, del primo…del primo…del Natale che ad ogni età è sempre il primo della vita…
La vita è un continuo eterno miracoloso cominciare.
La natura irriducibile del cristianesimo rende per grazia vivibile anche il dolore.

 

Ravenna, 22-12-’21

Non si può cantare che insieme

Radunare corali
rinnovare spartiti persi
nell’epoca dei legami artificiali
sarà come perdersi
sarà come farsi dilaniare
dai latrati dei cani
azzannati dalla morte dentro
prima che dal suo pulviscolare
come nera neve

Crederemo che non
ne sia valsa la pena
e forse pregare
con un sibilo
per respirare irrimediabile
l’alito di vita
della tua bocca
e non per cantare
perché non si può cantare che insieme

Quando allora (?)
non lo deciderà
il padrone del mondo
ma ci arriverà incontro
al dolce guaire di husky dagli occhi blu
quando il sibilo dei morenti
avrà resistito
alle più lusinghiere scommesse
delle sere segrete di nuovi Don Rodrigo

Anch’essi dai loro schermi
assisteranno al riunirsi
strano ed inermi
di direttori e soprano
forte l’entrata in scena dei bassi
all’attacco divino
del primo violino
che sarà il pianto eterno di gioia
di un neonato

 

 

Ravenna, 18-12-’21

“GLI ERRORI DEGLI USA SU RUSSIA, CINA E UCRAINA…” Un articolo di Antonio Socci

Un vecchio leader democristiano, Pierluigi Castagnetti, che i media ritengono molto vicino al presidente Mattarella, nei giorni scorsi – considerando la tensione fra Usa e Russia – ha scritto un tweet alquanto saggio:

Non scherzare col fuoco. Va bene la reazione USA alla minaccia russa di invadere l’Ucraina con 175000 uomini. Va bene la vicinanza UE all’Ucraina. Ma che facciamo per evitare che? Forse è ora di dire che la pretesa russa che l’Ucraina non entri nella Nato ha qualche senso”.

Parole di realismo andreottiano. Infatti l’ingresso dell’Ucraina nella Nato – peraltro in violazione degli impegni presi con Mosca dai presidenti americani – non è solo una questione diplomatica fra Usa e Russia, ma è un rischio colossale per tutti noi: potrebbe essere la scintilla che rischia di trascinarci in un conflitto, prima economico, con disastrose sanzioni e grossi problemi per le forniture di gas, ma forse poi anche militare.

Una vera guerra mondiale? Il motivo per cui, dal 1945 in poi, le grandi potenze hanno sempre scartato l’opzione nucleare – preferendo restare nell’equilibrio del terrore – risiede nel fatto che nessuno avrebbe potuto vincere quella guerra, essendo certo che – mentre colpiva per primo – avrebbe sicuramente subìto un’eguale risposta.

Invece, nel caso in cui l’Ucraina – storicamente parte della Russia – entrasse nella Nato (dispiegando al confine russo missili capaci di colpire Mosca), quell’equilibrio di colpo verrebbe meno. Di fatto la Russia si troverebbe minacciata e disarmata. Uno squilibrio pericolosissimoper il mondo.

Purtroppo l’Occidente continua da anni a sbagliare tutto. Due anniversari, che ricorrono in questi giorni, ci fanno capire i suoi errori: un trentennale e un ventennale.

Trent’anni fa, nel dicembre 1991, l’Urss fu dichiarata morta e la bandiera rossa veniva ammainata dal Cremlino. Venti anni fa, l’11 dicembre 2001, la Cina comunista fu ammessa, senza condizioni, nell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) per diventare “la fabbrica del mondo”, con effetti colossali sulla vita di tutti noi.

Così l’Occidente ha vinto pacificamente la guerra fredda contro il comunismo sovietico, ma, poiché ha voluto stravincere, ha trasformato quella vittoria in una sconfitta storica, resuscitando un comunismo peggiore (e vincente), quello cinese. Operazione le cui conseguenze stiamo pagando già ora, ma il conto, salatissimo, arriverà nel futuro. E potrebbe essere tragico.

L’Occidente infatti favorì lo spappolamento non solo dell’ex Patto di Varsavia, ma anche della Russia storica, pagato da quei popoli, negli anni Novanta, con grandi sofferenze.

Invece di aiutare la costruzione in Russia di una democrazia rispettosa della loro cultura nazionale e della loro storia, si cercò l’annientamento di quel Paese.

Invece di una nuova Yalta o un nuovo Congresso di Vienna, i presidenti americani “fecero tutto il contrario” ha scritto Giulio Sapelli “nella follia del sogno unipolarista”. Quello cioè che decretava “la fine della storia” e il definitivo trionfo americano sul mondo.

L’Occidente poi non comprese l’opportunità che si presentò, nel 2000, con l’arrivo al potere di Vladimir Putin, il quale stabilizzò un paese alla deriva, ridandogli dignità e ordine.

Certo, con delle criticità, ma cercando rapporti di amicizia con l’Europa e gli Stati Uniti, al punto che – come ha rivelato George Robertson, segretario generale dell’Alleanza atlantica dal 1999 al 2003 – Putin, appena arrivato al Cremlino, espresse addirittura il desiderio di far entrare la Russia stessa nell’Alleanza atlantica. Questo avrebbe significato la fine della contrapposizione Est-Ovest e un’era di pace e di democrazia.

Fu un presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, a intuire l’eccezionale occasione storica quando organizzò, nel maggio 2002, l’incontro di Pratica di Mare in cui fu firmato un documento di collaborazione fra Nato e Russia, dai due presidenti George W. Bush e Vladimir Putin, per  “costruire insieme una pace duratura e inclusiva nell’area euro-atlantica in base ai principi di democrazia, sicurezza cooperativa e all’asserto che la sicurezza di tutta la comunità euro-atlantica sia indivisibile”.

Ma l’establishment americano cambiò avviso e ritenne che era meglio non permettere alla nuova Russia di rialzarsi.

E’ l’establishment che, nel frattempo, aveva puntato sulla Cina, facendone “la fabbrica del mondo” a discapito dei lavoratori e del ceto medio occidentali, impoveriti dalla deindustrializzazione, a scapito della nostra manifattura e dell’ambiente, ma in favore di una finanziarizzazione dell’economia che avrebbe arricchito le élite e avrebbe portato alla crisi del 2008, pagata dagli Stati e dai popoli.

Così la Cina è diventata in due decenni il gigante economico che oggi contende il primato mondiale agli Stati Uniti e – come sistema totalitario imperiale – rappresenta una vera minaccia planetaria.

L’Occidente non ha neppure compreso che continuare ad isolare e umiliare la Russia, allargando la Nato ai paesi dell’ex Patto di Varsavia (cosa che la Nato si era impegnata a non fare), significava costringere la Russia ad allearsi proprio con la Cina. E qui c’entra la gestione della crisi Ucraina soprattutto da parte della leadership Dem a Washington.

Lucio Caracciolo, analista geopolitico e fondatore di “Limes”, ha scritto sulla “Stampa” nei giorni scorsi: “Nel 2014 gli Stati Uniti spinsero la Russia nelle braccia della Cina appoggiando il rovesciamento del regime ucraino, considerato marionetta del Cremlino, e stroncando la mediazione franco-tedesca. In questo modo riuscirono a costruire un’improbabile, ma effettiva coppia sino-russa, a tutto vantaggio della Cina. Mettere insieme il Numero Due e il Numero Tre non è esattamente il compito del Numero Uno. Eppure è accaduto e resta un fatto. Ma non occorre leggere Clausewitz per stabilire che rafforzare il proprio avversario principale (Pechino) offrendogli le notevoli risorse militari, energetiche e tecnologiche dell’avversario secondario (Mosca) non è mossa da manuale”.

Adesso “qualcuno a Washington comincia a chiedersi se aver strappato Kiev a Mosca, con ciò regalando Mosca a Pechino, sia stato un affare”.

La presidenza Biden potrebbe decidere un ripensamento strategico, anche perché Putin non è affatto felice di un’alleanza stretta con la Cina. Lui sa bene, e ripete, che la Russia è parte della storia europea e proprio l’Unione Europea potrebbe favorire un cambio di strategia americana.

Come pure la Chiesa che – sulla base dell’insegnamento di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI – sa bene che l’est europeo è l’altro polmone cristiano dell’Europa.

Anche la disponibilità recentemente manifestata dal papa ad andare a Mosca per incontrare il patriarca Kirill potrebbe essere un concreto aiuto alla pace in Europa e nel mondo. È il momento di costruire ponti.

 

(‘E così sia’ n.d.r. Ravenna 18-12-’21)

Come lanterne?

Nella notte dei tempi Dio creò l’uomo. Dio aveva già, azzarda l’iconografia medievale (Chartres), il volto di Cristo. L’uomo fin dall’inizio era pensato in funzione della redenzione di Cristo, dell’uomo nuovo. Non è il peccato originale (felix culpa per Agostino) che motiva l’intervento di Dio nella storia. Dio non ripara una  colpa. Non si mette una toppa in un vestito vecchio, o vino nuovo in otri vecchi. Dio manda il figlio perché l’astinenza è durata troppo. L’astinenza dalla familiarità. La famiglia di Dio, la trinità, fin dall’inizio plasma l’uomo ad immagine del figlio unigenito. Tutta la storia è la storia di questo grande amore. Che nel Natale di Betlemme si compie. E’ l’amicizia di Dio con l’uomo (‘non più servi, vi ho chiamato amici’). La compagnia dei cristiani vive solo di questa eredità e del compito di indicare che essa è destino per ogni uomo. Per questo noi sappiamo quando vediamo il telegiornale che c’è un movimento di superficie orchestrato dai potenti e che c’è un invisibile movimento di profondità che è il sale che si scioglie, che è il lievito che si impasta. E’ il Regno di Dio, che viene incontro alla fiumana umana attraverso i nostri gesti più semplici, coraggiosi e gentili (Carofiglio), offerti inconsapevolmente sull’altare di un bancone da bar ringraziando per un cappuccino. Sale, lievito, le grandi metafore evangeliche del Regno. Ma ce n’è un’altra. Quella della lanterna. La lanterna non è fatta per stare sotto il moggio, ma sopra il moggio. Cosa è questa lanterna? Cosa non é? Non è una verità usata come clava, non è una verità senza misericordia, non è una verità affermata senza che essa rappresenti prima di tutto un giudizio su colui che la afferma. La scienza dice che pochi micromillesimali di tempo dopo il big bang l’universo aveva la grandezza di un melone. E la ricerca tenterà ora di fermare le immagini prima.
Allora scienza e amore si incontreranno! La lanterna non è, nella metafora, qualcosa fuori di noi. Ma è qualcosa che è dentro di noi come l’universo nel grembo di Dio. La lanterna è il desiderio messo come stigmate (se non accettato e riconosciuto dissangua) nel cuore di OGNI uomo. Ed è grande, in finito, creativo. Che la lanterna vada messa sopra il moggio vuol dire che il desiderio umano, di bellezza, verità, giustizia, è insopprimibile e deve combattere e orientare  dal profondo la superficie della storia. Ecco la lanterna del profondo va portata in superficie. Perché il profondo è buono. Perché Gesù ha già vinto l’epica battaglia degli abissi, perché già nella creazione l’universo usciva dal grembo di Dio e noi venivamo plasmati dalle mani di Cristo.
La semplicità di cuore consente di portare il desiderio profondo alla luce della giornata terrena. Il desiderio di ogni uomo contiene tutti gli elementi della sua vocazione nel mondo (Recalcati). Dalla semplicità, libera nasce la creatività di ogni giorno, del politico come della casalinga (Giussani). Anche il limite e il peccato – l’uomo semplice lo sa – sono permessi per farci ricordare ‘anche nella distrazione di ogni giorno che tutto viene da Lui’;  ‘attraverso il peccato che è l’infermità più amara, più mordace, più avvilente, l’uomo trova se stesso, la verità di se stesso: l’essere creatura, figlio di Dio, fatto da Dio, istante per istante il polpastrello delle sue mani modula la nostra cera, così molle, così sottile, che dal nulla nasce e al nulla ritornerebbe. Perciò neanche l’obiezione che la menzogna pone davanti ai nostri occhi, neanche questa obiezione valga a fermarvi. La vostra convivenza, che proprio nella fatica trova la sua prova – la sua prova, il gusto di diventare vostra, la vostra unità. Il gusto della collaborazione.’ (Giussani, omelia ad un matrimonio).

 

Ravenna, 16-12-’21

Non l’apertura alare dei rapaci

So forse so
dolce forte
quanto è stronza
sta sensazione
che si diradi la foresta
di alberi distanti

era un gioco era giocoforza
correre dall’uno all’altro
a nascondersi bambini

ora non più
ci si nasconde,
dietro gli alberi occhi

che  se ne stanno ben lontani
a guardare te
non sapere dove e come ‘volare’

Non però l’apertura alare dei rapaci…
ma fiammate di frasi
cammini interiori
cuori come camini
sarai tu per il mondo
un alare che custodisce le braci

 

 

Ravenna, 14-12-’21

I pastori e i magi

Si cercano da sempre
l’amore e la scienza
ma da allora
non più senza
barlume di un focolare

 

Ravenna, 7-12-’21

La realtà nasce ora. Dal Natale il vero progresso

“Guarda che bella giornata!” Alle sette di questo già freddo inverno mi dice dalla finestra lo sguardo di colei, che sempre rende più chiaro il mio pensiero. Anche quello sorto confuso poco fa davanti alla tele.
La critica del papa alla Ue per il tentativo di oscurare, in nome di uno sbagliato concetto di inclusione, il Natale. L’intervista all’Arcivescovo di Milano per Sant’Ambrogio, una città che ha ripreso a correre con
istinto vitale, ma anche con la frenesia di chi non sa se su una strada o verso un abisso.
E allora mi rendo conto che nasce a Natale questo fiore del cielo, eredità e destino, presenza entrata nella storia allora e presenza che fa nascere l’ora, che non è dunque un avvenimento del passato, ma proprio una finestra che sorprende il presente e dà una prospettiva sul futuro.
Che dona agli uomini e alle donne di oggi la possibilità di rinascere e di orientarsi ad un vero progresso, collaborando realmente tra loro.
Che può fare della caduca vita un inarrestabile cammino.

 

Ravenna, 7-12-’21

Ravenna, lì

Questo cielo terribile
in cui lo sguardo sperduto
non si è
insolitamente perso

è il più amabile
e libero

Che io abbia mai conosciuto

 

Ravenna, 3-12-’21

Hannah Arendt sull’amicizia
“Per i Greci l’essenza dell’amicizia consisteva nel discorso. Essi sostenevano che solo un costante scambio di parole poteva unire i cittadini in una polis. Chiamavano filantropia questa umanità che si realizza nel dialogo dell’amicizia, poiché essa si manifesta nella disponibilità a condividere il mondo con altri uomini”.
“Oggi siamo abituati a vedere nell’amico solo un fenomeno di intimità, in cui gli amici aprono la loro anima senza tener conto del mondo e delle sue esigenze. Invece il colloquio intimo in cui gli individui parlano di se stessi deve aprirsi al dialogo, che per quanto intriso del piacere relativo alla presenza dell’amico si occupa del mondo comune, che rimane ‘inumano’ in un senso del tutto letterale finché delle persone non ne fanno costantemente un argomento di discorso tra loro”.
(Amicizia è..) “… non generica immedesimazione, né accattivante empatia, ma dal sé fare spazio all’altro, con il proprio concreto esistere intraprendere il viaggio politico e pubblico verso la diversità in me e fuori di me, accettando il cambiamento di ciascuno che ne deriverà”.
“Questo modo di concepire la nostra ‘umanità’ ci permette di dialogare con un maomettano convinto, un ebreo pio o un cristiano credente”.
“Agire nel mondo ognuno nel proprio ambito e nelle proprie possibilità, facendoci uscire da una posizione di indignazione passiva, ci immunizza da quell’atteggiamento che ci fa sentire impotenti e lascia quindi libera strada proprio a chi vorremmo combattere”.
(Hannah Arendt, L’umanità in tempi bui, 1959)
Ravenna, 2-12-’21
22° JUBILATE DEO AL ‘POLIVALENTE’ DI RUSSI

COMUNICATO STAMPA
Lo spettacolo poetico-musicale, in programma venerdì 10 dicembre alle 20.45, si svolgerà a favore delle popolazioni di Haiti, provate dal terremoto del 14 agosto.
La ventiduesima edizione di “Jubilate Deo. Il Mistero del Natale. Parole e note per la pace”, manifestazione culturale di beneficenza promossa da associazione culturale Ettore Masoni Aps di Russi e Amici della Capit Aps Ravenna, in collaborazione con l’assessorato alla Cultura di Russi, La Bcc ravennate forlivese e imolese e Ferruzzi Franco asrl, è in programma venerdì 10 dicembre 2021 (ore 20.45) alla sala “Pier Francesco Ravaglia” del Centro Culturale Polivalente (via Cavour, 21), nel rispetto della normativa anti-Covid vigente. L’iniziativa si svolgerà a favore del progetto “Haiti. Il coraggio di un nuovo inizio” (Tende di Natale Avsi 2021-2022: “Lo sviluppo sei tu. Il tempo del coraggio”), per contribuire al sostegno delle famiglie colpite e alla ricostruzione dei villaggi e delle strutture educative distrutte del terribile terremoto che il 14 agosto scorso ha provocato nell’isola caraibica oltre 2.500 vittime e più di 12.000 feriti.
“Jubilate Deo” propone l’esecuzione di canti e brani musicali della tradizione natalizia italiana ed europea, da parte del coro “San Pier Damiani” dell’associazione musicale “Antonio Contarini” di Russi, diretto da Daniela Peroni, e la lettura di poesie di Maria Giovanna De Pasquale, Pietro Lorenzetti e Elio Pezzi.

 

Tre poesie per Enzo Piccinini dalla mia storia

Con Enzo sulla mongolfiera

E da qui e da qui, qui non arrivano gli ordini
e da qui e da qui infiniti mondi
una certezza, un maestro, un amico
di vita
era così,
ora l’hai data via
e da lì, e da lì, se ne vedon delle belle
mi inginocchio col cuore
guarda noi figli
e i nostri figli.

Bologna, 3-02-’14

Santa Caterina Valfurva

Mi portasti, amico, in disparte
e dicesti quelle parole alle stelle,
come un notturno di montagna,
come un tragico segreto.

Non ne ricordo se non l’accento
ed il senso, profondo,
di strappare
il mio destino al destino.

Ho vissuto giornate senza luce,
temendo che questa fame mi avrebbe fatto a morsi,
finito in poche ore,
prima del tramonto.

Quante altre volte ho preso a morsi la sorte,
recondita la notte,
per conoscere un nome, il suo,
per avere un nome, il mio.

Quando ti ho riconosciuta,
ho capito cosa avessi strappato al destino:
il primo passo, il suo,
nella nostra storia d’amore.

Bologna, 16-04-’15

Testimone di matrimonio

Un’icona viva
il tuo bel volto grave
con la barba rame
quasi cristica
a margine
degli inginocchiatoi
e di noi
sopraffatti

Tu testimone in piedi
del nostro prometterci unità e storia

Tu sentinella in piedi
non di un’idea
ma di una possibilità…
Interessante – come amavi dire tu –
e c’era lì a benedirla l’omelia profezia…
Eppure dagli elementi dati
(abituato per mestiere a considerarli tutti)
improbabile in sé

Ma tu sicuro ed accorato
ci desti poi
un bigliettino per il viaggio –
la nostra compagnia
è la certezza di speranza
per la nuova storia
che oggi cominciate…

San Lazzaro, 29-05-’21

Rosa mistica

E’ un incarnato
dissi

di che rosa vestisse
il fiore

di quelle petalose
discinte

come in piscina
nel largo vaso.

Adesso
me ne sono appoggiata
una sul petto

per annusarne umido
il profumo,
uso animale

La rosa non deflorata
appariva
lasciva e spirituale

una risorgiva e la sua frescura
una rinascita abissale di certi cuori
una fioritura recisa per non mai sfiorire più

 

Ravenna, 27-11-’21

‘Nella terra dell’apparente niente’ (P.L.) – recensione di Davide Rondoni

https://www.rivistaclandestino.com/nella-terra-dellapparente-niente-pietro-lorenzetti-bonomo/

Il diario spoglio di Pietro Lorenzetti

di Davide Rondoni

Nel suo “Nella terra dell’apparente niente” (Bonomo 2019) Pietro Lorenzetti continua la sua opera di scavo esistenziale in versi, che nel tempo mi pare stia raggiungendo una maturità dove forza di evocazione e forma tendono a raggiungersi. Sono testi con un linguaggio ricco ma spoglio (solo qua e là occhieggiano certi giochi) abitati da una tensione sincera a indagare tra sperdimenti di riflessione e immagini del quotidiano quale sia la posta in gioco dell’esistenza.

“Al mio processo ho patteggiato
un ergastolo d’amore
alla vita e alle sue condizioni”

scrive in un breve testo, fulminante, che solo una lettura superficiale potrebbe scambiare per un testo amoroso, e invece rivela, nella sua durezza, una vicenda ben più vasta e drammatica. La vita e le “sue condizioni” sono del resto un tema ricorrente nel libro e declinato in vario modo. Tali “condizioni” infatti sono indagate e rappresentate, sorprese nelle immagini del figlio che esce dal campo di gioco, nelle foto sfogliate del padre, nella “paura del vento” che vorrebbe “levare dagli occhi”, in una libertà amata, terribilmente, “più della speranza”.
Leggere questi testi con attenzione alle faglie che si aprono, alle ombre che nel nitore del dettato affiorano, significa rendere giustizia al lavoro del poeta e ottenere il massimo che essi possono offrire. E anche laddove il tono si fa pensoso, dichiarativo, a tratti asseverativo, si coglie ovunque un grande tremore, una qualità di ritmo interiore che sostiene anche i momenti più caduchi. Ne risaltano alcuni testi e momenti sfolgoranti, come quello del selfie in cui l’autore vede la solitudine di una persona e questa, forse, risulta come una pugnalata all’osservatore:

Ti sei fatta un selfie
e solo
allora
ho notato
che eri da sola
coi tuoi capelli rossi
al sole, al vento che portavano via
la gonna,
il cappello,
l’anima.

Lorenzetti non devia da una sorta di percorso e di tono diaristico, ma ne sta facendo, per spogliazione e acquisizione, una sua cifra stilistica e non un limite.
In una progressione che è al tempo stesso concentrazione nella scoperta dell’amore come dismisura attuale e presente del tempo che corre e va, e a volte sembra regnare in una terra che rende “niente” la vita. A questa vittoria apparente lo sguardo del poeta, mai indenne, si oppone.

 

‘Lanterne nella notte d’Europa’ – da ‘La versione di Banfi’

È difficile commentare la notizia sconvolgente di un bambino siriano di neanche due anni morto al confine tra Polonia e Bielorussia. È stato raccolto ieri dai volontari di una Ong che hanno ritrovato il piccolo, ormai senza vita, insieme ai suoi genitori, entrambi feriti, che cercavano riparo dal freddo sotto un cumulo di foglie, nella foresta a ridosso del confine con la Polonia. È probabilmente la tredicesima vittima fra i migranti di questi giorni vergognosi e terribili per tutti gli europei. La tragedia fa riflettere di come sia possibile, ancora oggi, cancellare l’umanità dei nostri simili. Alla ricerca di una possibile speranza, mi è tornato alla mente il finale del capitolo “I fatti dell’estate” del libro di Primo Levi Se questo è un uomo, il diario della sua prigionia ad Auschwitz. In esso Levi racconta uno dei motivi della sua sopravvivenza: l’incontro e l’amicizia con un altro uomo, che si chiamava Lorenzo.

«La storia della mia relazione con Lorenzo», scrive Levi, «è insieme lunga e breve, piana ed enigmatica; essa è una storia di un tempo e di una condizione ormai cancellati da ogni realtà presente, e perciò non credo che potrà essere compresa altrimenti di come si comprendono oggi i fatti della leggenda e della storia più remota. In termini concreti, essa si riduce a poca cosa: un operaio civile italiano mi portò un pezzo di pane e gli avanzi del suo rancio ogni giorno per sei mesi; mi donò una sua maglia piena di toppe; scrisse per me in Italia una cartolina, e mi fece avere la risposta. Per tutto questo, non chiese né accettò alcun compenso, perché era buono e semplice, e non pensava che si dovesse fare il bene per un compenso. (…) Io credo che proprio a Lorenzo debbo di essere vivo oggi; e non tanto per il suo aiuto materiale, quanto per avermi costantemente rammentato, con la sua presenza, col suo modo così piano e facile di essere buono, che ancora esisteva un mondo giusto al di fuori del nostro, qualcosa e qualcuno di ancora puro e intero, di non corrotto e non selvaggio, estraneo all’odio e alla paura; qualcosa di assai mal definibile, una remota possibilità di bene, per cui tuttavia metteva conto di conservarsi. I personaggi di queste pagine non sono uomini. La loro umanità è sepolta, o essi stessi l’hanno sepolta, sotto l’offesa subita o inflitta altrui. (…)  Ma Lorenzo era un uomo; la sua umanità era pura e incontaminata, egli era al di fuori di questo mondo di negazione. Grazie a Lorenzo mi è accaduto di non dimenticare di essere io stesso un uomo».

Ottant’anni dopo Auschwitz nella Polonia di oggi si torna ad un “mondo di negazione” dell’umanità. Anche i migranti siriani, iracheni, afghani che affollano i boschi a ridosso del filo spinato europeo non sono uomini. Né per il governo e la polizia polacchi, né per il dittatore Lukashenko che li usa come strumento di ricatto. E tuttavia, anche là ci sono dei Lorenzo. Degli uomini che coltivano una “remota possibilità di bene” nell’inferno dell’egoismo e della morte. Uomini che fanno del bene, volontari che rischiano di essere colpiti perché per i loro Stati, Polonia e Bielorussia, commettono “reati” aiutando i migranti. Le Ong polacche accendono “lanterne verdi” la sera per attirare i migranti e offrire loro un aiuto. Sono le luci della speranza per i profughi nella notte più buia dell’Europa. Una speranza che è anche la nostra. Accendiamo la nostra lanterna verde sui social, con gli hashtag  #greenlight e #lanterneverdi e taggando su Twitter @luigidimaio @Palazzo_ Chigi @EUCouncil @EU_Commission. (19/11/’21)

 

L’amore non è virtuale! Vorrei correre coi miei 110 Kg….

dicevo di non cercare l’amore
e tu mi hai raggirato,
l’uomo a volte non sa
cosa chiedere al destino
sta solo cercando sé

quando ho riconosciuto Dio
riflesso nelle tue pupille,
ferragosto di bambina e di donna,
era già troppo tardi per scappare
e sudando ho corso verso di noi

così vorrei correre verso di te, amico

 

 

Luogo e data: sempre e ovunque vera.

Europa: ogni uomo ha un perché che vede oltre le crisi

Putin dice che l’Europa sta usando la crisi umanitaria contro Minsk. Come a dire, guardate che è un flusso normale, vogliono andare in Germania, il problema è la Polonia che ha messo il filo spinato.
Ha torto? Certamente la Bielorussia ci ha messo del suo. Ma del vero c’è, quella è una rotta che è sempre stata praticata dai migranti.
La Merkel che non può accettare, dopo averne viste di ogni, questa situazione (ieri un bambino è morto di freddo e sono più di una decina i morti complessivi) nel cuore dell’Europa prova a trattare con Minsk per un certo numero di rimpatri e corridoi umanitari verso la Germania. Ragionevole.
Alzata di scudi da Bruxelles e Varsavia (i polacchi che fino a ieri hanno messo in discussione l’autorità normativa della UE): non si tratta con Minsk.
E’ ora di dire che essere europei è una dimensione dello spirito prima che un confine (tra l’altro nemmeno suggellato da storia e cultura, ma dall’adesione  a trattati, tirati puntualmente a proprio piacimento).
Per esempio fa parte di questo spirito, almeno dal 1989, non erigere muri e fili spinati.
Il bimbo morto di freddo, le persone ridotte in porcilaie tra due schiere di camionette delle rispettive polizie, sono la povera umile e forte voce della speranza di ognuno di noi che “non può morire, non può finire, la nostra voce che la vita chiede all’amor, non è povera voce, la nostra voce canta con un perché”.

 

Ravenna, 19-11-’21

L’amicizia come fortezza morale e materiale

C’erano i villaggi e c’erano le fortezze.
C’erano le paludi e c’erano i conventi.
C’erano le prime città e c’erano le cattedrali.
Erano braccia forti, tant’è che molte di esse ci sono ancora.
E’ stato detto con poesia ineguagliabile che lo slancio di quelle arcate, l’eco di quei canti oggi può rivivere solo nella nostra compagnia di uomini che sanno di avere un destino comune.
Ma come si fa ad affidare il nostro destino ad un’amicizia? Le cattedrali erano solide, visibili, vi ci si trovava riparo.
Perché solo delle persone, né dei muri, né dei tweet possono soccorrere, magari con coperte termiche e tende e generi di prima necessità i migranti siriani, afghani, yemeniti spediti come carne da macello al confine bielorusso- polacco dove l’Europa sta morendo. Per fare un caso concreto.
Le Ong, ma anche i gruppi di famiglie improvvisati, che stanno prestando questo soccorso, mentre prendono, come fanno le mani dei nostri pescatori con quelle dei fuggitivi dalla Libia, le mani dei profughi al confine polacco tra le loro, trasmettono accoglienza, tenerezza, speranza, ma trasmettono una realtà spirituale che è anche una virtù cristiana: la fortezza. L’amicizia civile contagia da persona a persona, di mano in mano, fortezza. Un poco scende negli animi.
L’ex rettore dell’Università di Monaco e fondatore dell’Università di Eichstatt, il professore Nikolaus Lobkowicz, ha scritto che incontrando Comunione e Liberazione ha scoperto l’amicizia come “virtù”. Bene questa virtù primariamente ha il connotato della fortezza, cioè presuppone idealmente due soggetti autonomi e responsabili che entrano in relazione. C’è una sproporzione fattuale tra il soccoritore della Ong e il profugo, ma è la mano stessa che soccorre a dare, proprio perché solleva e sostiene, fortezza.
Questa amicizia che segue il cuore di ognuno e di chi più testimonia il perseguimento del bene, è oggi di fronte a sfide e cambiamenti epocali. Essa è l’unica vera fortezza dove trovare riparo e imparare a essere forti nella responsabilità.

 

Ravenna, 18-11-’21

‘Sere d’estate’

Mi ricordo sere d’estate,
l’amore dei bagliori ultimi,
sulle montagne gli amici
e scendere per mano

Poi siamo diventati destini senza,
lentamente ci siamo allontanati,
amare e andare
è impossibile agli adulti

Contare gli anni e ricordare i morti,
solo i figli hanno avvenire,
facciamo pure come gli stregoni,
ma il sole non è dei buoni

Ora i cuori non fanno più scorribande,
lentamente ci siamo allontanati
ognuno è diventato grande
ed è rimasto indietro

 

Bologna, 12-10-’18

Tra filosofia, politica e buon senso…

Il filosofo Massimo Cacciari – che gode della mia irrilevante stima – si batte contro il green pass.

Sostiene che in Europa dove vi è il massimo di contagi (è l’epicentro dell’epidemia n.d.r.) si è fatto il maggior numero di vaccini. Ergo bisogna interrogarsi sull’utilità dei vaccini (finora cosa hanno fatto gli scienziati? n.d.r.). Il Prof. (facendo un torto alla sua onestà intellettuale n.d.r.) non spende una parola sul fatto che il vaccino riduce di circa 8 volte l’ospedalizzazione dei contagiati.

Non è piuttosto vero il fatto che chi non si vaccina contagiandosi e finendo dritto in ospedale compromette di fatto il funzionamento del sistema sanitario per quel che riguarda terapie relative ad altre patologie? Per non dire dei risvolti sul sistema produttivo ed economico.

Cacciari onestamente e acutamente, direi candidamente, dichiara il punto: il rapporto Stato cittadino che toccherebbe l’acme di un processo lesivo della dignità della persona. Dice Cacciari: si sta arrivando a una centralizzazione di tutto , di ogni decisione, non c’è più alcun pensiero critico. E la vèrve del Filosofo coglie un problema vero, ma decontestualizzato, quasi con tempi sbagliati, lui anche fine politico.

Non è forse la globalizzazione che per certe problematiche impone decisioni centralizzate?
Da un certo punto di vista anzi mancano luoghi in grado di prendere tali decisioni con la necessaria autorevolezza.

Queste emergenze segnalano che ognuno ha la responsabilità della salvezza (anche terrena) dell’altro, cioè in un certo senso si può dire che ci si salva collettivamente… mentre allo stesso tempo pochi possono compromettere l’esistenza di tutti.

 

Ravenna, 18-11-’21

E’ l’ora di chi ha ritrovato fiducia nel proprio cuore

C’è un’emergenza vitale.
Prima della solidarietà, prima della fraternità, prima della generatività.
Che sono quanto mai necessarie alle nostre società di oggi.
E’ la condizione perché tutto questo possa esistere.
E’ un uomo, ‘Ciò che occorre è un uomo’, direbbe il poeta Carlo Betocchi.
Ciò che occorre sei tu, non so quanti, tutti sono fatti per essere questo uomo e questa donna.
Questi uomini e queste donne che sanno dare, su spalle sufficientemente larghe, fiducia.
Fiducia ai malati, fiducia ai giovani, fiducia in ogni ambiente in cui si può decidere se guardarsi in cagnesco oppure con un arabesco sul viso.
Chi sono costoro? Degli imbonitori, dei venditori di illusioni?
Questa è la domanda cruciale, fiducia…sì poi tanto…al massimo ognuno per la sua strada…
Beh intanto c’è la testimonianza dei tanti corpi intermedi caritativi, assistenziali e culturali che, mentre si parla solo di no-vax contrapposti alle principali Istituzioni – e al massimo di sindacati – continuano a costruire il tessuto sociale persona per persona in modo silenzioso e commovente.
Tornando alla domanda, costoro sono uomini e donne semplicemente: per meno di uno sguardo fiducioso sul futuro che sappia farsi carico anche di chi è sopraffatto dalle circostanze e dalle difficoltà, che sappia farsi carico di chi è più giovane, non c’è umanità, non c’è umano.
Certo deve essere una fiducia che responsabilizza, che apre alla realtà, ai suoi inviti e alle sue condizioni.
La capacità di fiducia nasce dalla scoperta e dall’evidenza di non essere soli.
Fiducia in latino significa corda. Fides: era la corda del liuto che doveva essere ben tesa perché potesse suonare. La fiducia è una corda ben tesa tra uomo e uomo. Qui tutto si tiene col tema delle comunità, a condizione che non siano intese in modo statico, perché si può far comunità mentre si è in fila alle poste. Non sono le comunità in senso canonico.
Corda, cordata, ognuno trasmette all’altro fiducia e chi fa più fatica si assicura a chi è più sicuro.
O ritroviamo la dimensione di questa impresa eroica perché quotidiana e quotidiana perché eroica (Giovanni Paolo II) o sarà sempre più difficile conservare tutte le dimensioni dell’umano di fronte alle sfide che il XXI secolo ci sta riservando.
Sempre il destino dona la fedeltà di qualche persona che a ciascuno (anche al più ottenebrato, ma leale) potrà far riscoprire fiducia. Nel proprio cuore innanzitutto.

 

 

Ravenna, 15-10-’21

Memorie di un giorno

Comprendere
nelle sere
le anime
e le contingenze

Per tenere
e stringere
ancora un po’ dentro di sé
le eterne risonanze
delle giornate
rese
al cielo come ginestre

Date dal creatore diuturne
ed offerte
dalla terra al vento
che accarezza
e passa
come noi oggi
in città con il giallo

Amare e fare
disorientando il pensiero
tra i prati e le rupi
dei rapporti

Seguire canti interiori
ricordati a stento
riemersi memori
ma portati fuori
tutto il santo giorno

Infine
sentire
rincasare i cuori

 

Ravenna, 29-10-’21

Obbligo vaccinale

‘Ce lo chiede l’Europa.’
Questa volta di indicargli la strada.
I 40.000 – almeno – contagiati inglesi. I 1000 – e più – morti in Russia. Che Europa sono.
Forse questa finanziaria scontenterà molti, forse segnerà il limite del premierato di Mario Draghi.
Ma si faccia prima una cosa i cui effetti risolutivi – di tutela della salute e di rilancio economico – almeno con ampia approssimazione diversamente non si otterranno: si determini per legge l’obbligo vaccinale.
Quando nella santa ridda delle differenze di opinione si insinua una minoranza che rischia di compromettere l’umile dignitosa obbedienza dei più, quando una minoranza, le cui idee sono intellettualmente ammissibili, ma scientificamente, clinicamente e statisticamente si pongono contro l’evidenza, allora occorre che la politica (potendo in base alla Costituzione) imponga per legge ciò che un’idea individualistica di libertà non vuole. Con il convincimento si è fatto il possibile. L’individualismo (quando invece ci si salva tutti assieme) e la negazione dell’evidenza (che è invece faro della vita personale e sociale) sono la vera malattia che il destino, attraverso questo virus, vuole snidare.
Come l’emergenza climatica, più dell’emergenza climatica, chiama le persone e i popoli ad una capacità immediata di collaborazione.

 

Ravenna, 27-10-’21

tu, viso destino

Annebbiato dal pianto più che dalla nebbia
come negli anni a Milano
ti vedo alto e ti parlo piano

Come quella volta a far progetti tanto per fare
sapendo che quel che conta
è il nostro essere vitale

Il nostro essere mortale…

Sai amico stamane ti ho cercato lassù
ma ti ho visto solo nelle mie mani bagnate

E quella volta, eravamo giovani
tu cantavi e suonavi la canzone del sole
come se un’équipe fosse una spiaggia,
nell’altra sala io ero malinconia

Poi nel tempo abbiamo gettato radici a croci
e fiorito nel cielo fronde gioiose

Ecco cosa sei ora
ecco cosa eri già allora
per le corde del mio cuore
nelle corde della tua chitarra

Il viso destino di gioia senza più malinconia
Il viso destino per tanti eternamente giovane

 

Ravenna, 23-10-’21

Per realismo e idealismo

Il Premier Draghi ieri in Parlamento, a proposito della presa di posizione della Polonia che rivendica la primazia della legislazione nazionale su quella europea, quindi una Comunità europea limitata a difesa comune e tutele economiche, ha detto che non si può stare in Europa solo per bisogno, ma vi si sta per realismo e idealismo.
Non è un dibattito ozioso, anzi è utile che non vi sia un pensiero unico.
Ma cosa c’entra la visione di Draghi con il fare quotidiano di ciascuno di noi?
E’ solo la voce delle élite e delle banche?
Libero, chi lo crede, ovviamente di pensarlo.
Io credo che Draghi da uomo che ha vissuto con attenzione le crisi dal 2008 in poi, che tra le mille frequentazioni ha conservato anzi affinato una solida lettura cristiana del reale, ci stia dicendo con realismo appunto, che non ci si salva da soli dalle crisi contemporanee, che solo la collaborazione è un metodo  adeguato alle sfide che abbiamo davanti.
Noi non siamo fatti per vivere di emergenze, siamo fatti per camminare e non si cammina passo dopo passo tra i ciottoli della storia senza una meta grande (idealismo: ideali che si sottopongono alla verifica della realtà).
Soprattutto si cammina insieme. Famiglie e comunità.
Le famiglie  e le comunità nascono e si alimentano di realismo e idealismo.
In questo sta la corrispondenza tra il realismo e l’idealismo  che talvolta illuminano la politica e quelli che animano e sostengono la vita quotidiana.

 

Ravenna, 21-10-’21

Ripubblico

‘IL REGALO PIU’ GRANDE’
In una società liquida ci vuole qualcosa di indissolubile.
Solo da lì si può ricominciare.
Dove Cristo ha fatto il primo miracolo, a un matrimonio, quel vino buono in dialetto milanese che Dario Fo cantava mirabilmente nel suo ‘Mistero buffo’.
Il dono di quel vino stava a significare per tutti gli amori del mondo che una volta che non ne avessero avuto più, sarebbe arrivato quello più buono. ‘Il regalo più grande’ che il cristianesimo ha fatto all’umanità, anche a chi non ce la fa, anche a chi ha altre tendenze è l’indissolubilità del matrimonio cristiano.
Era costume, fu spesso anche ipocrisia. Sarebbe ipocrisia, tanto è negato il desiderio di fondersi se non in alcuni momenti, che non sempre si può dire tutto, sarebbe ipocrisia nella sua pretesa di eternità, sarebbe ipocrisia l’eternità del legame che il cuore dell’uomo desidera, se non ci fosse la consapevolezza del divino nel rapporto.
Ho sempre detto che per quanto avessi avuto dal primo momento la consapevolezza che il rapporto con mia moglie fosse l’avventura col nostro-mio destino, mai le avrei detto ‘ti amo perché c’è Cristo’ (il rischio di ridurre l’altro a pretesto, illudendosi che la vita cristiana possa tenere in piedi una vita di coppia che non si voglia affrontare).
Ma il punto è un altro. Non è la famiglia tribù come qualcuno ha detto, che appunto aggira il problema, e tantomeno la famiglia borghese  causa di tante nevrosi.
Il punto è se sia possibile una famiglia destino, dove marito e moglie – prima che padre e madre – inizino un cammino, presentito e avvertito come possibilità dall’inizio, di redenzione del loro passato, di amore nel presente e di apertura al futuro. La famiglia destino non finisce mai di lottare, con dentro la promessa di significato e di eternità del proprio legame. Il cielo che tocca la terra all’orizzonte è là dove i corruttibili legami umani si fanno eterni.
Gesù conosceva bene questo tipo di rapporto tra l’uomo e la donna, il sonno travagliato di Giuseppe e il travaglio di Maria e sapeva che se l’Onnipotente aveva affidato la storia della salvezza a questa storia tanto umana, avrebbe continuato a farlo.
Molti nuovi diritti vengono rivendicati. Bene. Non c’è nessun modello da difendere. Con tutti varrà la legge della fraternità e dell’amicizia sociale, come richiama papa Francesco.
Un’amicizia che abbraccia tutto e tutti e che diventa responsabilità civile.
Essa però non ce la fa senza l’intervento di Dio che avviene nel legame basico e primario, come per Adamo ed Eva. Uomini e donne uniti dal sacro, per sempre, che scommessa, che bellezza all’orizzonte, dove cielo e terra si toccano!
Così avranno più forza anche quei tanti che stanno insieme una vita, per i figli, per il loro avvenire, per una certa forma di solidarietà. Per un senso di responsabilità verso il destino e la società che in qualche modo fa parte del rapporto.

 

 

Ravenna, 18-10-’21

Grazie don Giussani e auguri!!!

‘…ricordo ora
come allora, i suoi occhi verdi, come questo mare a 10
centimetri dal muso. Stupiti, vivi, coraggiosi, senza paura
alcuna, dolci, aperti, dolci e ancora dolci, di salsedine e di
pioggia, di lacrima ridente e commossa, sì praticamente
commossa come davanti a un evento da seguire, da
capire, da accompagnare. L’infinito che cercavo mi
guardava in un uomo e non aveva paura, i suoi due occhi
incuriositi come una plaga accarezzata da increspature di
vento leggero…’ (Da ‘LE DUE FOTO Racconti autobiografici estivi’ 2014 –
in pietrolorenzetti.com)

 

Ravenna, 15-10-’21

Dominante cielo

Qui passa la scena che normalmente
non si guarda o non si mostra per niente
che le nuvole ti sfiorano di lato
e il cielo si disegna come l’essere
tremendo da una tenda di montagna

E quando non urla,
col suo solo passare
lo si sente raccontare,
di altri luoghi
di altri occhi

 

 

Ravenna, 13-10-’21

Nel mondo senza tempo

Le cose antiche
e le basiliche…

I baci dalle mansarde
sognando la pace
alle coccarde,
ma quando?

Sapere amaro
che la guerra è dentro
in ogni tempo

Così fuggire o ritornare
per le strade
dove campeggia il pino – di mare
almeno quanto la sagoma
inconfondibile – di San Vitale

Vedi conosco il luogo
– come se fosse il mondo –
del ritorno

solo, giovane, soldato,
che hai combattuto –
non ti so dire il giorno

 

Ravenna, 3-10-’21

Terapia della gente

Un giorno solo chiedo
di cura delle lettere
preso come sono
da tante cose

E poi mi dico in fondo
di curare come una terapia
tra tutto questo dire e fare
l’essere tra l’altra gente

 

 

Ravenna, 30-09-’21

‘Il regalo più grande’

In una società liquida ci vuole qualcosa di indissolubile.
Solo da lì si può ricominciare.
Dove Cristo ha fatto il primo miracolo, a un matrimonio, quel vino buono in dialetto milanese che Dario Fo cantava mirabilmente nel suo ‘Mistero buffo’.
Il dono di quel vino stava a significare per tutti gli amori del mondo che una volta che non ne avessero avuto più, sarebbe arrivato quello più buono. ‘Il regalo più grande’ che il cristianesimo ha fatto all’umanità, anche a chi non ce la fa, anche a chi ha altre tendenze è l’indissolubilità del matrimonio cristiano.
Era costume, fu spesso anche ipocrisia. Sarebbe ipocrisia, tanto è negato il desiderio di fondersi se non in alcuni momenti, che non sempre si può dire tutto, sarebbe ipocrisia nella sua pretesa di eternità, sarebbe ipocrisia l’eternità del legame che il cuore dell’uomo desidera, se non ci fosse la consapevolezza del divino nel rapporto.
Ho sempre detto che per quanto avessi avuto dal primo momento la consapevolezza che il rapporto con mia moglie fosse l’avventura col nostro-mio destino, mai le avrei detto ‘ti amo perché c’è Cristo’ (il rischio di ridurre l’altro a pretesto, illudendosi che la vita cristiana possa tenere in piedi una vita di coppia che non si voglia affrontare).
Ma il punto è un altro. Non è la famiglia tribù come qualcuno ha detto, che appunto aggira il problema, e tantomeno la famiglia borghese  causa di tante nevrosi.
Il punto è se sia possibile una famiglia destino, dove marito e moglie – prima che padre e madre – inizino un cammino, presentito e avvertito come possibilità dall’inizio, di redenzione del loro passato, di amore nel presente e di apertura al futuro. La famiglia destino non finisce mai di lottare, con dentro la promessa di significato e di eternità del proprio legame. Il cielo che tocca la terra all’orizzonte è là dove i corruttibili legami umani si fanno eterni.
Gesù conosceva bene questo tipo di rapporto tra l’uomo e la donna, il sonno travagliato di Giuseppe e il travaglio di Maria e sapeva che se l’Onnipotente aveva affidato la storia della salvezza a questa storia tanto umana, avrebbe continuato a farlo.
Molti nuovi diritti vengono rivendicati. Bene. Non c’è nessun modello da difendere. Con tutti varrà la legge della fraternità e dell’amicizia sociale, come richiama papa Francesco.
Un’amicizia che abbraccia tutto e tutti e che diventa responsabilità civile.
Essa però non ce la fa senza l’intervento di Dio che avviene nel legame basico e primario, come per Adamo ed Eva. Uomini e donne uniti dal sacro, per sempre, che scommessa, che bellezza all’orizzonte, dove cielo e terra si toccano!
Così avranno più forza anche quei tanti che stanno insieme una vita, per i figli, per il loro avvenire, per una certa forma di solidarietà. Per un senso di responsabilità verso il destino e la società che in qualche modo fa parte del rapporto.

 

 

Marina Romea 9-09-’21

‘Nulla di nuovo sotto il sole’

La situazione tragica ed esplosiva dell’Afghanistan, che non si risolverà con le vendette sanguinarie (come se la storia non l’avesse insegnato…), impone da un punto di vista politico un sussulto (se non ora quando?) all’Europa che se ne sta facendo carico grazie alla sempre più stupefacente leadership di Mario Draghi, alle prese con l’organizzazione di un difficilissimo G20 straordinario.
Certamente la responsabilità storica rinnovata dell’Europa è quanto mai all’ordine del giorno, una responsabilità che superi e non abbia complessi nei confronti di come ha interpretato in passato questa leadership del mondo occidentale (e non solo) l’America.
Ora tocca all’Europa, una dall’Atlantico agli Urali, come scriveva San Giovanni Paolo II (proprio lui che della deriva sovietica della terra di Russia aveva sofferto per il suo Paese, la Polonia, tutto il peso – fino alla liberazione).
Occorre che l’Europa da un lato surclassi culturalmente e politicamente la china del liberalismo americano che non sa interpretare la politica estera se non come politica di potenza e la politica interna non rimuovendo il macigno di enormi diseguaglianze (sistema sanitario) che rendono non credibile la sua difesa dei diritti dell’uomo per il mondo. Dall’altro lato che cerchi di rendere più fluido il rapporto tra le società, soprattutto a Est dove le ferite dell’epoca del blocco sovietico hanno creato contrapposizioni viscerali tra molti Paesi e la Russia.
Già la Russia. Come ha intuito al volo il nostro Premier non se ne potrà più fare a meno.
Hanno fatto più male all’Europa le ideologie delle guerre, anche se le due cose ovviamente sono collegate. Ora il governo autocratico di Vladimir Putin sembra mal conciliarsi, anche alla luce delle accuse di influenze indebite e fraudolente su competizioni elettorali americane ed europee, con i sistemi democratici della parte occidentale dell’Europa.
Ma bisogna provarci. Inutile citare le epoche in cui gli intellettuali e gli artisti per esempio francesi erano di casa a Mosca e a San Pietroburgo. Era l’Europa.
Francis Fukuyama si sbagliava, all’indomani della caduta del muro di Berlino, col suo “Fine della storia”.
Non ci son solo gli Americani, non c’è solo il capitalismo, non era il trionfo del liberalismo.
Aldilà della crisi afghana, ci sono miliardi di persone nel mondo, sotto la soglia della povertà, quattro miliardi non hanno avuto la prima dose di vaccino anti-covid19.
Ma su una cosa aveva ragione Fukuyama, anche se forse non intendeva dire proprio quello, lo scriveva  millenni fa l’Ecclesiaste “nulla di nuovo sotto il sole”, senza l’intervento del divino nella storia l’uomo ripete sé stesso, le sue meschinità, i suoi errori.
«Ma sembra che qualcosa sia accaduto che non è mai accaduto prima:
sebbene non si sappia quando, o perché, o come, o dove.
Gli uomini hanno abbandonato Dio non per altri dei, dicono, ma per nessun dio; e questo
non era mai accaduto prima.
Che gli uomini negassero gli dei e adorassero gli dei, professando innanzitutto la Ragione
E poi il Denaro, il Potere, e ciò che chiamano Vita, o Razza, o Dialettica.
La Chiesa ripudiata, la torre abbattuta, le campane capovolte, cosa possiamo fare
Se non restare con le mani vuote e le palme aperte rivolte verso l’alto
In un’età che avanza all’indietro, progressivamente?” T. S. Eliot, Cori della Rocca.
Certamente sarà fondamentale che l’Europa ritrovi unità, iniziativa e leadership, facendo leva sulla propria ineguagliabile storia e cultura; ma la rinascita o sarà spirituale o non sarà.
In tal senso ciò che sta accadendo è una sfida storica impellente di carattere ecumenico alle chiese protestanti, ortodosse e cattolica perché rendano più spedito il cammino verso una piena unità tra loro.
Da ciò – credo – dipenda, più che da ogni altra cosa, in questo momento, il futuro di noi uomini del XXI secolo.
E’ da farisei scaricare a parole e nei fatti sulla politica le responsabilità della costruzione dell’unità e non far nulla o lavorare sotto contro l’unità.

 

San Lazzaro, 28-08-’21

Avviso

Domenica 29 agosto 2021 nel corso della Santa Messa delle 10,30 nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Ravenna verranno ricordati i compianti Adriano Lorenzetti e Graziella Fabbri nel 65° anniversario del loro matrimonio.

Sotto un mio ricordo di 9 anni fa nella stessa circostanza:

Anniversario di nozze
So solo che dialogare con lei aveva per te il sapore dell’aria.
Dovresti prestarmi tu le parole babbo
per dire la compagnia di anni e anni
che io ho conosciuto solo da figlio
e gli anni e gli anni della tua solitudine.
Mi basta la tua persona eretta
la speranza che sopravanza lo sconforto
e quella forza sconosciuta che aspetta
come una conoscenza nuova
il sussurrìo sempre più chiaro di lei…

Bologna 29-08-2012

60 anni …

Ada è una vittoria
sulla crudeltà e l’avarizia
di cui a volte è capace il destino

A Montepaolo d’estate
su dirupi nascosti alla strada
le ginestre si prendono l’amicizia del cielo

 

Dovadola, 15-08-’21

La vena

Non devo
perdere la vena
delle strette al cuore
che mi procurano
le bellezze di donna

Pulsa quasi costante
il sangue va alla testa
che fa da betabloccante

E nel suo fluire andante
finalmente vivibile
questo sentire
ricevuto e liberato
si fa dono

 

Marina Romea, 11-08-’21

Il getto

Il tempo di prendere un respiro grazie ai vaccini, il tempo di un’armonia breve nella politica del Paese più litigioso del mondo, che richiama l’attenzione su questa ritrovata unità anche grazie alle vittorie sportive. E un controtempo devastante di alluvioni e roghi, i Paesi senza vaccini martoriati dalla pandemia, la follia del fondamentalismo e il suo ritorno in Paesi come l’Afghanistan, dopo 20 anni di guerra ancor più folle e un ritiro drammatico.
C’è del metodo e anche della reiterazione in questa follia.
Al confronto gli spiragli di ricostruzione che dicevo sono estemporanei.
Certamente occorrerà che il metodo dell’unità diventi sistematico, pur preservando le differenze, anzi arricchendosene.
Ma occorre sorprendere il getto per proteggerlo.
La questione è vitale per la sua rilevanza personale e sociale.
Qual è infatti la caratteristica del getto?
Rompere il guscio del seme restando attaccato, portando dentro la sua sostanza.
E’ la persona che vive le relazioni in modo costruttivo, quindi necessariamente autonomo.
E’ la persona che coltiva in modo originale e adulto il patrimonio genetico della propria tradizione  e del proprio essere figlio.
Essere figli è l’esperienza che più ci segna e ci forma, nella famiglia, nelle relazioni amorose ed amicali (sì perché anche in esse c’è la dimensione dell’essere figli).
Occorre coraggio perché questa esperienza che inizialmente e normalmente si dà sottilmente anche come dipendenza psicologica, diventi libera e consapevole.
Il getto rompe la membrana di questa placenta, tutto ciò che in quel guscio è dinamica automatica viene messo in discussione ed è il momento più delicato, che lo sviluppo salva solo andando avanti, dando una corteccia al getto.
Negli esseri umani ovviamente c’è un salto qualitativo che rende la metafora avvincente.
L’io non è solo materia biologica, ma anche coscienza.
E’ la coscienza che rappresenta il luogo del rapporto del soggetto con un patrimonio non più solo ereditario, ma vivente.
E’ il vivente, la coscienza è il luogo del rapporto creaturale e creativo con ciò che vive e che dà senso.
E’ questo che l’uomo adulto non è più disposto a barattare con nulla.
E’ c’è al mondo chi ne muore martire.
Così la persona esprime la sua natura, unica ed irripetibile, tentando di dar continuamente forma alle relazioni umane in modo che il mondo sia il più vivibile possibile.

 

 

San Lazzaro, 12-08-’21

Il cielo fu un ritocco

Il cielo fu un ritocco
si ispirò ai campi come a Beatrice

E fece fascine di nubi
lievi
come veli

Come se il crescere
il marcire e il rifiorire
ne fosse l’unica legge creatrice

 

Marina Romea, 7-08-’21

sulle due

E’ ora
che non c’è gente
è ora
che i pensieri scollinano
è ora
che la calura s’incontra
con la sceneggiatura del pomeriggio
è ora
che lo sguardo va più lontano

 

Marina Romea, 7-08-’21

Blu

Toccheranno il fondo
le anime
le croci

Ma quel giorno
di scirocco
doppieranno
la boa del dolore

Miracolo del vento
e silenzio dello stupore

 

Marina Romea, 7-08-’21

Quel sentimento che si arraffa un po’ da tutti

E’ difficile dire quando
si inizi a capire la vita,
di certo non grazie agli studi

Forse col tempo, anzi di certo
si impara a stare al mondo
ma credo – e questo non si impara
si arraffa –
come un bambino
quel sentimento positivo
che tiene tutto
il momento che finisce dappertutto
ma va in cielo

 

Marina Romea, 7-08-’21

Il telo sull’ombrellone

Primo mare
che fu
primo amore

con i fratelli
con i cugini
e la caciara

fino a che la mamma
dava il segnale
con il telo da mare

e si tornava su
sempre un po’ più tardi
stancamente

Com’era com’era
la fine di ogni allegrezza
malinconica nella giovinezza

come già si doveva sudare
quella domenica pomeriggio
per non affogare nella tristezza

 

Marina Romea, 6-08-’21

Ogm

Amica di sempre
mattina
nel silenzio e nella penombra
vedo
mentre a fatica prego
la scultura
che mi fu regalata
come non sapendo
non sapendo

La titolarono ‘Folata’,
eh già noi genitori
ci auguriamo sempre
che passi in fretta

E invece i figli devono conoscere.
Fu uragano, tempesta nucleare:
solo nel rifugio la vita crebbe –
povero alveare –
miele e sale per nutrimento.
Passarono decenni
alla faccia della folata
e degli inganni

Ora in lande desolate dai cuori
fiori sul rifugio
piccoli petali periscopio
quasi ogm
provano il terreno dove attecchire

 

San Lazzaro, 1°-08-’21

Elba, alba

L’Elba giorni fa era stranamente fresca
non si gustava appieno la Fetovaia

Arriva però sul punto dell’ansia
quella balorda di questo tempo
una call che potrebbe può aprire
una tesi un lavoro una porta

Se la vita si decide nella sofferenza
l’avrai gustato oggi alla Biodola
dopo giorni di lavoro in vacanza
che la sorte si svela e certo si svelerà
in momenti di luce trasparenti

 

 

San Lazzaro, 31-07-’21

Vento teso

Infinito mare
infinito sognare
che esisti veramente
tu sei
che mi fai amare
e mi fai sognare

Eppoi ritorni
come un volo
come una vela
a vibrare sbuffi di luce
sui bambini
sui loro tuffi

Proprio lì
a poco tempo
a tanto vento
dalla riva
la libertà dei desidèri
toglie l’àncora

 

Marina Romea, 21-07-’21

La ferita della bellezza

Mi dico che proprio
il farsi imprimere
dalle emozioni sia
da rifuggere

E poi vedo
mentre non batto ciglio
alla tua inquietante bellezza
e pronto tiro avanti
che in realtà è solo da proteggere

E’ una ferita da amare
credere e sapere
senza dissanguare

 

 

Monterenzio, 12-07-’21

Specchi

Come lumini
in un pellegrinaggio notturno
che la preghiera
illumini
ti conducono
dall’ombrellone
alle vele
alle piattaforme
alle navi fumanti
ed entranti
come poppanti
tra le braccia del porto

Sono i riflessi
così tanto amati
dagli uomini che sanno
di essere solo
specchi
quelli delle mattine
di questa riviera
del colore del latte
che però luccicano

Come gli occhi delle giovani madri
che dimenticati i rimpianti
amano i pianti
di chi hanno davanti

E questi riflessi per loro si faranno diamanti

 

 

Marina Romea, giugno ’21

Orecchini

Come i tuoi bei coralli
e i capelli argentei
le onde recano a riva
i riflessi metalli

E’ scoperta di fine giugno
in cui ognuno
non fa che aspettare
un’estate per futuro

 

Marina Romea, Giugno ’21

Immensa parata a Pechino per il centenario del partito

La prendo con un ricordo personale. Augusto Del Noce, il più grande filosofo politico del ‘900, in un pour parler a fine anni ’80 a proposito della decisione su una manifestazione di un Movimento, da farsi o meno, diceva: “un Movimento per sua natura deve mostrare di essere socialmente forte”.
Le scelte del PC cinese in questi ultimi anni (con la leadership XI) hanno da un lato potenziato al massimo il capitalismo cinese anche nella sua capacità interna di garantire il pane a tutta la popolazione, ma lo hanno anche posto in una posizione di sostanziale scontro di potenza con altre superpotenze. Molti Paesi, perfino la Germania dipendono quasi totalmente dalle importazioni dalla Cina (proprio da zone dove i diritti umani sono conculcati, senza che venga data alla comunità internazionale alcuna possibilità di verificare in loco) in settori strategici dell’economia green (pannelli solari).
Salvo un miracolo questa politica di potenza della PRC si cristallizzerà. L’appello del G7 al ruolo delle Democrazie rischierà a sua volta di trasformarsi (come è stato sotto le precedenti presidenze americane) in una sorta di verità agitata come ascia. Pochi (Fondazione per la Sussidiarietà per es.) hanno avviato un dibattito culturale significativo sul tema della democrazia (che titola: “L’amica fragile”).
Io credo ci sia un primo problema per gli uomini e per il pianeta che riguarda la sopravvivenza, ma mi vien da dire che anche in Cina il capitalismo ha potuto dove non ha potuto un comunismo centenario. Restano ciononostante, in Oriente come in Occidente, esasperate diseguaglianze.
‘Non di solo pane vive l’uomo’. Sulla sopravvivenza, sull’eguaglianza, sulla speranza viene il confronto di metodo tra la politica di potenza e l’amica fragile. La nostra cultura è debitrice di un evento in cui un uomo è andato in croce perché ad ognuno fosse data la possibilità di un cammino e di una verifica nella libertà. Le persone possono stare insieme a lungo soltanto o nella libera adesione (popolo) o nella prevaricazione sistematica.
Ciò che viene da Oriente non provoca l’Occidente a una tonnara, ma a una pesca miracolosa.

 

 

San Lazzaro, 2-07-’21

Le democrazie e le sfide del futuro

“L’America è tornata e le democrazie sono unite per affrontare le sfide del futuro”: Joe Biden, nel suo primo discorso da Presidente in Europa.
Suona diverso dall’esportare la democrazia e anche dall’America first.
Implica che nella vita delle nostre democrazie ci sia ancora un potenziale che potrà rendere ragione di sé appunto di fronte alle sfide del futuro. Tutte. Tante.
C’è un tasso di consapevolezza storica superiore all’”esportare la democrazia” (non tutte le società sono pronte e non è detto lo saranno).
C’è un tasso di responsabilità storica superiore all’”America first” (per esempio Biden ha anche annunciato che si ridarà fiato agli accordi commerciali transatlantici).
Biden si fa forte, mentre impegna 500.000 mln di dosi per i Paesi poveri, della risposta dei Paesi occidentali alla pandemia e in effetti nessuno può negare trasparenza nel dichiarare i dati rispetto ad altre potenze mondiali, messa a punto di vaccini efficaci in tempi record, campagna vaccinale efficiente.
Ciò con tutte le convulsioni decisionali e di opinione tipiche dei sistemi democratici (alla vigilia del G7 in Cornovaglia, Biden sul punto della sospensione dei brevetti sembra essere frenato dalla Germania nonostante che il Parlamento europeo abbia votato in direzione opposta).
Ma hai ragione Joe, c’è del buono in queste democrazie.

 

San Lazzaro, 10-06-’21

Marecielo

Sono le 2
sotto l’ombrellone
trema da stamane
lo scirocco
ora è teso
olio
in rilievo

Il mare
si rifrange
e s’infrange
– laccato di ondine –
che provano a separare
lo smeraldo dal turchese
(gioie d’amante)

E così
vero
reclami
al vento…
Di capovolgerti al tuo cielo

 

Marina Romea, 28-06-’21

Quando passano le stagioni

Non ci sono ragioni
quando passano
come le rondini
le stagioni

E tu non sai nemmeno
se ci sarà un ritorno
ma godi giovane vecchio
il sole alto ed il cobalto

Stando con te
eterna bambina madre…
Noi siamo mare
nel ribaltamento del pomeriggio

Sappiamo diventar grandi
e dar la vita ai figli
ma impariamo anche ad essere piccoli
nel diventar vecchi

 

Marina Romea, 28-06-’21

petti girasole

Sono petti girasole
che guardano il cielo
ma non il mare

a fare delle spiagge
campagne
dai pozzi avvelenati

eppure quando tu passi
così carnale sulla riva
alzo il tettuccio del lettino

e vedo meglio te e dietro te
il colore profondo
di un pozzo di stupore

 

Marina Romea, 27-06-’21

L’estate i corpi vicini

Cuore
delle spiagge
che si riconosce nello stare vicini
come creati
per uno stato verginale

Tu che passi accanto
sei pienamente consapevole
del tuo ascendente
e di giorno non lo somministri
come in una balera

Questo caldo galera
lo esalta
e tutto abbevera
di te lo sguardo
finché il vento
al caldo
fa il solito sgarbo
e del giorno chiede conto
come se fosse l’unico della vita
fratelli come siamo di sudore
di odore e di colore

Abbacinato scempio
quasi che il tempo conosciuto
ci avesse lasciato
per un giorno eterno
nel deserto…

Ci incamminiamo così verso il tardo cielo

 

Marina Romea, 19-06-’21

Phon

Cade a riva il sole
piega i capelli come non so

Tuffi
di bimbi
come in un cinema muto
all’aperto
(sull’infanzia esaudita)

Il giorno di giugno
è un lungo sogno che si fa storia
nel conversare dei grandi

 

Marina Romea, 18-06-’21

Narciso

Narciso non è libero dalla maschera di se stesso e finisce nel suo stagno.
Narciso non conosce il riso e il pianto dei volti dei marinai.
E neanche l’aria verace del mare che libera i sensi e le menti.

 

 

San Lazzaro, 15-06-’21

fiori secchi

La luce bianca
che apre le chiome
dalla strada
d’estate rimane come fissa
in quelle sul tavolo

Piccoli fiori ormai secchi
steli sottilissimi e verdi
senz’acqua immersi
in una larga trasparenza
di vetri

Bianchi
vivaci
come freschi
miracolati e fitti in armonia
qua e là un lato imbiancato

Come non dire (?)
amato e alimentato
solo dalla luce
solo a questa ora
quando benedice

E dice al mondo
e dice a ognuno che passa
qui sotto l’angolo
tu sei amato
tu hai un destino d’amore

Ecco è già spenta
s’è persa
in un solo passante
ma non si perde il giorno
quando si vive il suo nascere

 

 

San Lazzaro, 15-06-’21

Auguri Simone

Canta  il cielo oggi
la felicità del giorno
instaura la giovane calura
un’ormai matura estate

Il fiume
arrivato in mare aperto
lo guardi dal molo deserto
– nessuno credi capisca –

Ma capirai
che una barca ci vuole
– non solo al viaggio –
ma anche al cuore

 

Marina Romea, 2 giugno 2021

Testimone di matrimonio

Un’icona viva
il tuo bel volto grave
con la barba rame
quasi cristica
a margine
degli inginocchiatoi
e di noi
sopraffatti

Tu testimone in piedi
del nostro prometterci unità e storia

Tu sentinella in piedi
non di un’idea
ma di una possibilità…
Interessante – come amavi dire tu –
e c’era lì a benedirla l’omelia profezia…
Eppure dagli elementi dati
(abituato per mestiere a considerarli tutti)
improbabile in sé

Ma tu sicuro ed accorato
ci desti poi
un bigliettino per il viaggio –
la nostra compagnia
è la certezza di speranza
per la nuova storia
che oggi cominciate…

 

 

San Lazzaro, 29-05-’21

Affettuosità sociale

Non ha lo scopo di ghermire
bensì di aprire
a te e a tutti
prospettive

Questo affetto gentile
che ci scambiamo
evadendo piccoli incombenti
nelle carrozzerie e nelle farmacie

Non sa altro che della folgore
del bene che prescinde
che mi raccoglie da terra
e che sorride

La nuova terra è la cipria della pietà

Tu – per esempio – sconosciuta
ma immortale infermiera
facendomi il prelievo del sangue

La chiamasti con uno strano nome
che non posso non ricordare
come una grazia che forse
sarà affettuosità sociale …

 

San Lazzaro, 26-05-’21

Pregando insieme per un amico

La nostra, cara Ada, non è solo una storia d’amore

E’ come un film
che non sarebbe molto senza contesto

Non si sa ancora se protagonista
de I Promessi Sposi siano Renzo e Lucia
o il Seicento o la Provvidenza

Io odio l’amore come pretesto

Anzi ho sempre cercato
di distinguere

fino a scoprire
la capacità della carne di redimere

Bruciammo le tappe senza spiegazioni
e capii che eri un’avventuriera come me

Ci ho sempre creduto
anche quando hai cominciato
ad addormentare il gioco…

Ma ora…
Fuoco, fuochino –
anche per un solo amico –
il nostro cammino
si apre sincero
al suo vasto destino

 

 

San Lazzaro, 11-05-’21

 

I regali di maggio

I regali di maggio
quando il cielo
di quell’altro cielo
dà un assaggio

Hanno occhi di madreperla
come i gatti

Che ci si specchiano
mentre tu ci giochi
facendomi uno dei tuoi regali
di questi anni di convivenza

 

San Lazzaro, 9-05-’21

Rilastil

Io amo le tue creme per le mani
la carta su cui scrivono le mie

Infatti è rugosa e ogni tua cosa
personale ha il potere del sale

quello quasi
di salvare la carne

quello quasi
di abitare la compiutezza del tempo

Vedi che la brucio la parola sulla carta
che è la mia carne, che è il mio tempo

Ma le mie narici logore
fin dal momento della nostra passione

conoscono il tuo odore
arrivato finalmente lì

come una benedizione
che non passa più…

San Lazzaro, 8-05-’21

Collaborazione

Ho colto una rosa immaginaria
al traverso di questa luce di maggio

E’ ancora l’alba
tra la terra e il mare

Non va, ritorna
chi ha levato l’àncora

Son le più belle
quelle
che vengono su tra l’argilla e la sabbia

Sanno di madre e di padre
e di collaborazione…

Sì,
povera parola
che elemosina l’altro
come se
non fossero possibili obiettivi comuni

E si impara alla scuola delle famiglie
Costituzione
della nazione

Collaborazione rosa di maggio
che sai di cuore e di coraggio
di un’anima nascosta che ci fa fratelli
fortunatamente non solo di fardelli

Collaborazione, mi disse un vecchio,
è parola che vola
quasi sempre insignificantemente
sulle nostre labbra
invece è l’unica che ha senso

ed io pinocchio, lentamente,
dal falegname e dalla fata,
ripresi vita

 

San Lazzaro, 2-05-’21

Cos’ha questo giorno?

Cos’ha questo giorno (?)
che di tutti gli altri
te ne stai meno tranquilla

Una forte aperta pace
inquieta sale
da dentro le anime

E son tutte belle (!)
le lavandaie di allora sul fiume
ancora limpido

Volti cambiati e il sentiero
che sotto l’albero
di radici è confuso

Figli affibbiati al fiume degli eventi
e come vada
vada

Ritornano. Stranamente assennati
dal tempo e dal candore
il fuoco ha provato il cuore

Basta meno di poco
alle anime belle
per riconoscersi

Forse è proprio questo sentimento
redento di vita – dalla stessa –
a farci ritrovare

Dove l’acqua del fiume è l’unica nel ricordo
e te ancora specchia,
la fierezza, mansueta, di un manto nuovo…

 

 

Dovadola, Pasqua 2021

Come e con un bambino

Complessa è la vita
che ti perdi
spesso

Un tempo
la credevi semplice
eppure solitario,
davanti al mare,
i pensieri non tornavano mai

L’imprevedibile
è insensibile…
ti disarciona
un cavalluccio marino

Sono stato così
come e con un bambino
per la mano
davanti al mare

Le sue domande
la sua legge

Il caldo piccolo sudato del suo palmo
il volo più bello
la vela più bella
un catamarano gagliardo
e l’immensa distesa…

Che lasciava il cuore inquieto
finalmente alla mercé
di una buona compagnia

 

 

San Lazzaro, 31-03-’21

S’apercevoir

La conoscenza amorosa
è una giornata aperta insieme
come se fosse la finestra

Accorgersi non di quella
ma della luce
che da ogni pensiero truce
libera e
da ogni nube
nel sentiero di scoperta del mattino

Cose da fare e nel mentre una canzone
dopo colazione lieve momento
grave di senso

Che fa innamorare della relazione
con chi c’è lì
e di ogni cosa che comporti
il cammino nella bellezza

Non c’è gioia della storia
nei passi inconsapevoli degli automi

Cambiare punto di osservazione
avere sentimento del mondo
dà al battito del minuto-secondo
un impercettibile suono di ciglia

 

 

San Lazzaro, 23-03-’21

Il passato e un incontro fugace

Mi venne in mente sulle strisce
quella lettura del Miguel Manara
il suo passato truce e l’abate
che gli disse queste cose non sono
‘queste cose non sono mai esistite’

Al passo successivo una Mercedes
si fermò come se fosse stata
una donna di Manara

Di riflesso
mandai allo sconosciuto un cenno
ed un sorriso dietro la mascherina
che ne rimasi sorpreso
io stesso

Mi  lasciò passare
in pace
come se fosse stato l’abate,
oltre il ricordo triste
del passato

 

 

San Lazzaro, 18-03-’21

Cuorenotte

Le mie vite
frantumate
muoiono
nei sensi di colpa
e nel rancore

Custodite
nel cuorenotte che ricorda,
unitamente
dolorosamente
gioiosamente…

Tutto è apertamente verità

Non scartare
il segreto della pace

Poi con l’alba
la storia sorge –
guarda
si ricompone

 

 

San Lazzaro, 12-03-’21

 

E’ la vita che ci viene incontro

La vita batterà un colpo
e sarà per sempre

E non sarà a morte

S’affaccerà:
ma basterà
un attimo

Aspetterai molto forse…
Smetterai di crederci
non di sperarla

Come sognare tu
l’orizzonte veliero
di una conchiglia prigioniero

Poi dalla chiesina prossima al mare
distesa di campane
e dalla riva levarsi di gabbiani
mani esultare di bambine

La primavera sospesa
non sarà quella di sempre, l’attenderemo
serenamente, laboriosamente, nuovamente

 

 

San Lazzaro, 2-3-’21

Certo!

Quando si risponde ‘certo!’ lo si fa sovrappensiero, che sia di persona o al telefono. Le persone sono abituate a porsi domande e a darsi risposte, gli uni gli altri. Quando mi sento dire ‘certo’, io mi sento rassicurato, tranquillizzato, ‘certo’ è una carezza, sarà che mia moglie lo dice spesso. Perché i nostri quesiti, le nostre attese spesso sono in qualche dose ansiose.
Noi possiamo sapere la risposta, ma non sapere/non credere il suo realizzarsi. E’ qui che interviene il ‘certo’, colui o colei che ti fa certo, che mette in campo la propria faccia, la propria persona, che mette in gioco la forza della relazione, della fiducia (in latino corda): da quel momento non sono più solo parole, ‘certo’ non è più solo una parola, ma una forza veicolata, assicurata e resa credibile dalla relazione, come qualcosa che posso vivere autonomamente.
Si può vivere tutto questo nel contesto più incerto che abbiamo conosciuto da decenni, la pandemia che rende tutto variabile, instabile e impossibile ai progetti?

San Lazzaro, 24-02-’21

Ho visto trafitto non vinto un sogno
Ho visto trafitto non vinto
un sogno
in quello stesso battito d’ala
che attraversa profondo
l’anima
di noi italiani
E vola per il mondo
per fama o per fame
sempre porta
sempre riporta
come il mare
un messaggio
Che la storia siamo noi
anche quando è grama
anche quando tradisce…
la gloria non solo infine
ma la speranza già,
diamante e giustizia,
tra i cercatori alla fame –
di diamanti
San Lazzaro, 23-02-’21
Ubaldo e Ada

A volte si trovano ricordi
in un cassetto dimenticato
cui anche il destino si dimenticò
di dare un futuro

Lui ne mugugna ancora sincero
il pensiero
lei volò in cielo –
ma intanto in terra…

Un canto di nozze
si riprendeva il tempo nel ritornello
del nome – volto lucente – di loro figlia

Lo stesso breve di sua mamma
da portare lungo il mondo
come una storia di gioia

 

Dovadola, 14-02-’21

Ho visto avverarsi un sogno

Ho visto avverarsi un sogno
in quello stesso battito d’ala
che attraversa profondo
l’anima
di noi italiani

E vola per il mondo
per fama o per fame
sempre porta
sempre riporta
come il mare
un messaggio

Che la storia siamo noi
anche quando è grama
anche chi non ci crede
la gloria non è alla fine
ma è la speranza –
che non cede


San Lazzaro, 13-02-’21

Mi sei venuto a cercare

A meno che tu
non mi venga a cercare, stamane
accanto al cuscino…

M’accascio bambino la sera,
le guance
sotto il piumino

Così ogni mattino ritorno di là
le stanze
dove andavo piccino curioso

E anche ora pesante
esitante
vado curioso e piccino di là

Ammetto che tu
mi sei venuto a cercare
in tutte le case, in tutte le strade

Nel mondo a cui ora il mio cuore si apre

 

 

San Lazzaro, 15-01-’21

Alba d’Italia

E poi ti trovi che non ami se non
l’Italia ed i suoi figli.

Tu che sei senza madre
ti è rimasta questa ladra qua
sotto il temporale.

Dalle cosce in su
con le galosce tirate giù
è sempre tutto per amore
di un suo guaglione
di un suo campione
magari lo chiamano
criminale.

E non sanno che vuol dire
essere madre, madri coraggio
e così amare
i nostri ragazzi
nel Paese che è
dei Grandi ma anche dei vigliacchi.

 

 

San Lazzaro, 27-12-’20

Contro ogni speranza

La speranza ti invita
come uno sguardo
piantato dentro il tuo

Sa di futuro
al tavolo del primo incontro
mentre lei ti fissa

In storie avvincenti di amicizia
hai conosciuto già del destino
lo stesso azzardo

E tu?
Transfert iniziale e totale…
Mascheri ridicolo il tuo nulla

Sai che una storia
sarà possibile – sarà sorpresa –
non sapresti mai – dire come

 

San Lazzaro, 24-12-’20

La gioia…Può essere?
Quartetto per archi n. 16 in fa maggiore op. 135.
Beethoven, pochi mesi prima di morire e dopo aver composto l’inno alla gioia, si domanda “Deve essere?”, cui fa seguire subito la risposta “Deve essere!”.
Me ne parlò appassionato il professore di musica delle medie inferiori che era cieco, dicendo che per lui l’oggetto di quella domanda, che ha poi appassionato tanti, fosse proprio la possibilità della gioia.
Da allora quella domanda non me la sono più cavata di dosso.
San Lazzaro, novembre ’20
Tra Giovanni Paolo II e Guccini

1984-1985 preparavo la tesi sulle encicliche di Giovanni Paolo II, per una loro analisi storico linguistica, dovevo dividere radice e desinenza in tutte le parole dei tre testi fino ad allora promulgati (in latino). Poi avrei dovuto calcolare le occorrenze dei diversi lemmi e infine scrivere la parte teorica. Avevo un computer (di allora) prestatomi da FF -che ringrazio ancora- proprietario della casetta alla periferia di Modena dove lavoravo e c’era come distrazione solo un vecchio giradischi e un solo disco in vinile con ‘Dio è morto’. L’ascoltavo mille volte tutti i giorni girando da solo per la cucina, poi andavo a sedermi e continuavo a dividere tipo homin-is homin-i homin-em e sentivo nella testa e nel cuore quel che scriveva GPII e sentivo nella pelle e nello stomaco quel che cantava Guccini.

 

San Lazzaro, novembre ’20

Il regalo del nonno Rino

Per vedere bisogna guardare,
meglio un’immagine
che immaginare. Stasera…

Il pensiero a dirotto sotto le coperte
per sudare tutto il vetriolo del
dolore

Sete di essere e sentire a una a una le pulsioni
di relazioni di fare di compiacere e infine di sesso.
Inconsistenza…

Tiene caldo la coperta ma si libera lo sguardo
all’abatjour –
anche prima, senza crederti, ti sapevo lì…

Mi guardavi dolce giovane volto (di mosaico ravennate)
buono come il nonno
che girava voce della sua bontà

Stare alla luce del tuo sembiante
momenti di eternità
di quando ero bambino

Non c’è altro da fare
stasera
come questo essere in pace

 

San Lazzaro, 5-12-’20

Flow

(Davanti a una fattura dell’acqua
e a un elenco delle cose da fare)
per la prima volta nella mia vita
ho sentito il tempo fluire e vivere

Perché c’eri tu alla finestra…

Io trattenevo il mio dire per non sopraffare
il pensiero
che sorgeva scorreva s’incagliava
e andava a tempo della Moldava

Risentire di partecipare
all’epopea mattinale

Perché c’eri tu a guardare fuori della finestra…

Ed eravamo noi senza dire niente
a mani aperte –
aprire le finestre –
viene dentro domenica
poche macchine
sopra il bagnato
senza passi

Storia ormai consapevole,
foglie pungenti
come persone che sanno
non malevole –
di un sempreverde
tempo
con cui crescere insieme

 

San Lazzaro di Savena, 29-11-’20

Non cosa è

Non cosa è
non da dove viene
ma che nome ha
voglio dare del tu
a questa dolente
inestinguibile sete

 

 

Bologna, 21-10-’20

Tre sì

Ma che ne sanno i maschi delle generazioni
dello sbattersi
dalla nascita alla morte?

E ogni volta volere andare oltre il ponte
proprio io dirti per certo
che l’attraverserai
e ci sarà ancora non forse
un campo più aperto

Ma poi sentire
proprio da te, forte,
fortezza (ora lo vedo eccome a ritroso)
che anche la fede a questo punto sa dire
solo “speriamo”

Allora mi volto indietro
questa volta a te
argine donato alla disperazione

Nella mente non ti posso e non ti voglio
più leggere –
per meglio ascoltare –
e vedo crescere in te la febbre
di mettere a terra
la potenza della tua giovinezza

Così ringrazio
per quella strana
commozione
dono scoperta dono
della figliolanza!

Che si perpetua
senza esperire l’altrui sentire
ma potendo dire
insieme e ciascuno
un sì virile

 

 

Bologna, 16-10-’20

È FINITA LA STAGIONE DELLA CICALA – la necessità di una transizione politica
La realtà è una provocazione. Cristianamente è una vocazione. Ma già il termine provocazione, nell’indicare il modo come la realtà ci si presenta, è il sedimento di una visione cristiana della vita, di un disegno che ci trascende e ci riguarda personalmente e collettivamente, e come tale rappresenta, nei momenti del quotidiano vivere e del suo farsi storia, UN INVITO.
La lunga crisi a più fasi e a più concause che i Paesi e i popoli stanno attraversando da tempo invita a un cambiamento. Ma la cicala, si sa, altro che cantare non fa. La cicala dei populismi e dei loro leader, proiezioni delle pulsioni inconsce o comunque irrazionali, perché non mediate da spirito critico, quindi grezze oltre ogni legittima critica del politically correct, finalmente direi becere.
Come acutamente hanno osservato, tra gli altri, Antonio Polito (nonostante io ritenga un’illusione la fiducia da lui riposta nel sì al referendum come le dichiarazioni del campione del populismo, Beppe Grillo, dimostrano) e Paolo Pombeni, inizia un’era per la politica, unico argine al potere del tecnocapitalismo, in cui non si potrà agire per rivoluzioni. Cioè dico io non si potrà agire solo di pancia, ma unire all’energia vitale, l’umiltà della ricerca, la lucidità del discernimento – pronto al rapido mutare delle circostanze – e il coraggio delle scelte.
Ci aspetta una lunga transizione, forse una lunga marcia nel deserto. Le cicale cantano già per i soldi del recovery fund della prossima estate e ciò impedisce loro di decidersi a fare un piano CONCRETO E CREDIBILE su come spenderli.
Le recenti elezioni regionali dimostrano tra l’altro due cose:
1. Che occorrono leader che conoscano l’umiltà del rapporto stretto con la gente dei territori, per intenderci coi piedi per terra, capaci non dell’euforia delle cicale ma dell’entusiasmo nascosto dentro l’operosità delle formiche;
2. Che non basta la persona, occorre la ‘circostanza’ sistemica. Fare il Governatore di Regione oggi, in Italia, se hai la caratteristica di cui sopra, anzi proprio perché quella posizione quasi da sé sollecita quella caratteristica, è più facilitante che fare il Ministro.
Nessuno ha la sfera di cristallo. Può darsi che la realtà ci chiami a cambiamenti ancor più repentini.
Ma la politica ha bisogno della pazienza che si mette in ogni mestiere. Scherzando su un vecchio slogan dei cattolici popolari, ma soprattutto su tanta retorica grillina direi LA POLITICA PER PASSIONE E PER MESTIERE.
Senza leader capaci di cultura, senza formazione del personale politico e amministrativo, senza il finanziamento pubblico dei partiti, senza un riequilibrio complessivo degli stipendi dei parlamentari e degli amministratori, la politica non si affrancherà mai dallo strapotere di pochi capipartito, che selezionano una classe dirigente scadente, dal dilettantismo dei 5S o dalla cortigianeria al magnate di turno, che, spesso tiene bloccati importanti processi e potenzialità di cambiamento.
Certo le cicale sono però simpatiche, più di quelle secchione sordomute delle formiche.
Infatti questo è il proprio dell’uomo, il suo lavoro è un canto. Come lo erano le cattedrali, mentre là in cima ne costruiva le guglie, dove poi avrebbero risuonato i suoi canti, dove -anzi- risuonavano già mentre lavorava.
La politica deve difendere tutto questo.
Pietro Lorenzetti
San Lazzaro di Savena, 26-09-‘20
Ha vinto il sì, ma c’è di più

Ha vinto il sì. Onore a chi ha vinto, ma si sappia che ha vinto per inerzia.

Un’inerzia derivante dall’oggettiva inadeguatezza dell’attuale compagine parlamentare, dalle indicazioni univoche dei capipartito, dalla banalizzazione anticasta del quesito referendario, dai sondaggi impietosi.

Niente di nuovo sotto il sole.

Non è certo un matrimonio quello tra popolo e 5S, non è certo un matrimonio l’alleanza di governo che dovrebbe garantire le prossime riforme.

Ciò che il popolo sposa è l’efficacia di una certa azione di governo sia quella centrale durante il lockdown sia quella dei suoi governatori regionali.

Questa seconda è forse l’indicazione più interessante: la gente non vuole meno politica, ma più politica fatta da gente che sia sentita vicino alle persone e ai territori.

Il popolo pur non chiamato a votare per il parlamento, continua a decretare un sostanziale equilibrio nella politica italiana, come si vede dal dato regionale.

L’affluenza significativa, l’ordine con cui si sono svolte le operazioni di voto (in paesi europei vicini non è così scontato, ma nemmeno va rivendicato come fosse una vittoria del ministero dell’interno più che della gente), la sensazione netta di un voto che ha espresso ancora una volta il buon senso delle persone, benché condizionato ancora da anni di demagogia e populismo.

Tutto ciò lascia ancora sperare. Grandi sfide attendono la politica, e le riforme istituzionali non sono tra le prime. Ci sono i fondi europei, ci sono da rilanciare le imprese, gli investimenti, il lavoro, insomma: ricostruire.

Non bisogna perciò partire dal tetto, come acutamente ha osservato don Ciotti, ma dalle fondamenta e dall’educazione del gusto e dell’armonia della costruzione.

L’amicizia civile, come meta e cammino verso una nuova società, è una prospettiva adeguata e attuale, erede della nostra storia millenaria di speranza indomita nel futuro, che può innescare il processo di un nuovo comunitarismo rispettoso delle differenze, che contrasti la vita liquida.

Non si tratta di fondare alcunché ma di tenersi presente, persone e gruppi, da appartenenze diverse, come si è fatto tra i sostenitori del no, che, a prescindere dalla pochezza del quesito referendario, hanno sentito che si andava a toccare un valore e un luogo importante della democrazia e si sono mobilitati trasversalmente.

Tutto questo continui oltre la sconfitta. La nostalgia del mare ci suggerirà come costruire la nave.

Pietro Lorenzetti

 

San Lazzaro di Savena, 21-09-‘20

Il nuovo tempo

Trepida
tutto ciò che c’è d’intorno,
piccoli pesci inconsapevoli nell’onda
bimbi spensierati sulla schiuma
le mie incerte aspettative –
e la paura di Ninive

Intanto facciamo tesoro
dell’azzurro cielo
in questo sipario dell’estate –
del suo partecipare agli uomini
forza vitale
e il grande disegno della natura

Quando poi tetra, la nube, tornerà
la memoria si staglierà lontana
richiamo a una festa ancora possibile

Complici e solleciti sguardi di amici
attraverseranno scaltri
il nuovo tempo

 

Casalborsetti, 12-09-’20

La nuova attesa

L’atteggiamento che caratterizza l’uomo che ha una fede è attendere, nell’accezione transitiva di aspettare e in quella intransitiva di dedicarsi a…

 

Bologna, 11-09-’20

11 settembre

11 settembre. Pochi ne parlano. Quel giorno del 2001 ha segnato la fine della spensieratezza della Civiltà occidentale. Come se la consapevolezza di un vecchio avesse preso possesso della mente di un figlio eternamente Peter Pan. Così ora, nel susseguirsi impietoso degli eventi, conosciamo ‘Il tempo sospeso’, per dirla col regista Gianfranco Rosi, un’incertezza come sentimento del vivere, che i popoli del medioriente (per esempio) già conoscevano. Dentro la lotta di ogni giorno non ci resta che alimentarci del sapore dell’attesa. Che non è sospesa, ma è operosa, perché per religione e cultura sappiamo che c’è futuro.

 

 

Bologna, 11-09-’20

Brillio del tempo

Le belle ragazze sono festa
non sono solo croce
e non sono solo testa

Quando hanno lo sguardo diritto
e il corpo fiorito
fiero –
quando hanno – anche allegro il pensiero

Ché la vita
non è da sfogliare tra le dita
le ama e basta

E questo
proprio noi
che ce ne andiamo via
col prezioso tempo
sappiamo di loro…

Del brillio d’oro
delle stagioni

 

Cervia, 5-09-’20

Omaggio

Come Piazza Grande
come il Golfo di Surriento
è questo lento ancheggiare
sulla bassa marea
vasta la riva
– di Settembre

Ed un omino piccolo così…

 

Cervia, 5-09-’20

Groviglio

E’ lo spazio è il tempo che si dilatano
non è un groviglio di mano, di amico
lo è forse del mio veloce sentire

E’ solo Settembre è solo Cervia
e c’è tanta gente perché c’è bel tempo

 

Cervia, 5-09-’20

I nostri ragazzi
I nostri ragazzi che sono andati subito a lavorare, che hanno preso un diploma o una laurea. E ora sono in un call center o fanno i rider e intanto continuano a studiare. Quelli che hanno preso una borsa e fanno un master magari all’estero. Quelli che la famiglia ce la fa a mantenerli, quelli del reddito di cittadinanza.
Quelli che hanno avuto fortuna, in politica, nelle referenze, in amore. Letteralmente fortuna.
I nostri ragazzi oro. Loro, tutti, anche chi va avanti per il rotto della cuffia merita, aldilà di quel che meriteranno da sé, una sola cosa: VERITA’.
Mi sono preso a cuore con le mie piccolissime possibilità e capacità questa storia del referendum del 20/21 settembre perché ritengo che esso rappresenti il capolavoro diabolico della demagogia. La demagogia anticasta. Se ne iniziò a parlare più di 10 anni fa: la politica colpevole di tutto, la politica corrotta. Solo ora viene fuori come agiva la Magistratura nei suoi confronti. Essa con la complicità dei mezzi di informazione ha distrutto i partiti e la rappresentanza. Da ciò e contemporaneamente dall’uso spregiudicato del web da parte di guru della democrazia diretta (tralasciamo le manovre di poteri occulti e potentati stranieri) è derivato il populismo.
Ma non voglio fare la difesa d’ufficio dei nostri politici degli ultimi 30 anni. Le loro mancanze sono evidenti.
Ma come ha detto Alessandro Mangia, illustre costituzionalista, distruggere il Parlamento per punire la politica è come distruggere l’auto perché il pilota è scarso.
Il Parlamento può essere riformato, ma non al buio, con una riforma parziale, senza la minima garanzia di un suo bilanciamento, producendo di fatto una oligarchia e uno svuotamento della rappresentanza con un abnorme potere dei capipartito attuali, che sono tutto fuorché grandi statisti.
I nostri giovani meritano se non altro che il Parlamento rimanga un’opportunità per fare argine ad altri poteri. Non solo appunto a quello di pochi leader politici, ma anche allo strapotere del capitalismo di tipo cinese o di quello delle multinazionali, che sempre più sostituisce alle coscienze gli strumenti della tecnica.
Ai giovani cui lasciamo tanto debito pubblico vogliamo lasciare uno strumento di difesa dalla politica come tecnica, uno strumento tipico della civiltà occidentale: LA DEMOCRAZIA PARLAMENTARE.
Bologna, 1°-09-’20
Temporale alla foce
Non si conosce la salsedine

che nel suo sibilare contro la duna

In questa grotta
di pini spezzati

Punto di vista
agrodolce
(al solo pensiero della tua presenza)

Da cui coperto
osservo

L’aperto fiume

 

Marina Romea, 29-08-’20
Mare di pace

Finché non si fa sera
il gabbiano come vela
vola traverso

Poi andrà a riposare
nella calda terra
delle campagne

Qualcosa – l’acqua vibra
nel tardo morire del giorno di sole
come un’impressione di Monet

E’ pace

 

Agosto 2020

Ricordano certe persone

Ricordano certe persone che la vita è dolente
anche sotto questo sole cocente
lo ricordano come se anche il più in forze
dovesse ricordarsene

Ci sono per esempio gli anziani che al mare
con gli occhi sembrano dire ‘arrivo’
e intanto arrancano
doloroso miracolo della vita in forse

Come se fosse il fondale
contraltare di questo cielo terso
ed è una segreta apnea della mente
dalla quale – dal niente –
si fugge con un sospiro

 

Agosto 2020

 

Sono dolci i colli

Sciogliermi nell’abbraccio delle tue acque di madre
è stata la mia infanzia

Quando ho capito che sarei cresciuto
da solo
tra aride solitudini

Ho cercato un volto
camminando nella speranza per esclusione

E ora sono dolci i colli
sulla via Emilia
come il tempo dell’attesa e del maturare

 

La Cicogna, 18-08-’20

Ritratto di donna

Hai gli occhi perla delle donne che ragionano
e si innamorano di un istante e di un tu …

Nel tuo essere bambina
biancheggiano colori
di regali attesi
da una vita …

Muto e coriaceo il cuore sospeso

 

Ferragosto 2020

Orizzonte

Là in fondo
come lo è la sera
è il mare
dall’orizzonte chiaro

 

Cervia, 7-08-’20

Da riva

Da riva non si fa a tempo
a salire con lo sguardo
su un’onda
per fare surf col pensiero
che questa ti ribalta
perché un’altra procede

Così la vita è un incedere
continuo delle cose
e delle persone
che a volte ti ribaltano –
altre ti fanno compagnia

Ma tutte le onde
che segui con lo sguardo
risplendono
e si distinguono
per la luce del sole

E anche se è più facile
guardare le onde –
ciò che rimane –
è la luce solare
con ogni suo riflesso

 

Cervia, 6-08-’20

Quasi settembre

Sorge tardi
si fa largo
e poi soccombe

Mentre il mare
tra le onde
ha teso tutta notte

Spire di vento
indossate al buio
e non più smesse

Fino ad ora
fino a che
tornano a lucere

Colori abbaglianti
macchie al largo
di calore e riva

Ora soltanto
scompare la notte
nel ventre dell’onda

Frastuona fino al bar
sopra il reggae
di Bob Marley

Pochi avventori
lo accompagnano
col rumore delle tazzine

In una scena amena
normale
di settembre

 

Cervia, 5-08-’20

Lungo la spiaggia

Camminavate più avanti di qualche metro
ed eravate così uni d’affetto, al cospetto
della gente che passava a fianco,
quasi individualmente

Così complici da sentirmi fuori perfino io,
finché ho carpito, in questo vostro essere
liberamente unito, un sentire ardito
tale da riunire tutto l’amore d’intorno

Finché ho capito di aver riscoperto in voi
il cercare e l’amare
il non finire mai
come una messa a fuoco indovinata
all’improvviso e per caso

Strano legame madre figlio
che non scompare sotto le nubi
a nessuna età
e sta
come azzurra vastità
sopra la terra dei rapporti umani

Eternamente romperà le acque della luce

 

Cervia, 3-08-’20

Gabicce

Da che mondo è mondo sulla spiaggia
i genitori costruiscono castelli di sabbia

Inconsapevolmente parlano ai propri figli
di un mondo che non c’è

Non c’è mai stato
non ci sarà mai

Eppure ogni figlio è stato principe
nei castelli e nei racconti che per loro erano veri

Qui il tempo è imprevedibile
la montagna si congiunge al mare
e i mondi paralleli si toccano

Senti il temporale. L’eco del mare
ora urla e porta via castelli e racconti

Ma c’è qualcosa dei sogni di quella riva
che forse è possibile avverare
tra le generazioni che sono cresciute insieme

 

Gabicce Mare, 24-07-’20

I padri

Non si stanca di ripetere il mare
nelle giornate calde
o nella baia invernale
dove la luna si cala

Ai cuori stretti sul molo
e a quello solitario del pescatore
che la vita è soffio e riflesso
istante perso di mistero

Così i padri
non si stancano di ripetere
ai figli
ma anche a voce bassa
l’offerta
dei momenti poveri
a un destino
che sia clemente

San Lazzaro, 9-06-’20
Mareggiata di luce

Sentire delle profondità
è reale (?)
questo spettacolo di mare
che è vastità
e io la vista
non riesco a spalancare

Le onde raccolgono giovani luci
in processione

Si scioglie verso riva il sacro gioviale corteo

Ottusità ancora
il cielo sembra uno schermo
a misura della terra
che il mare tambura
con potenza infinita

Non ho raccolto tutto il verde
là oltre le onde
e poi ho perfino creduto che fosse un giorno
come ogni altro
nonostante la sua eccezionalità

Ma la preghiera arriva
in quel cambio d’aria e d’arte meridiano
che prelude al pomeriggio. Contemplare
finalmente le nuove cose
la dolce potenza stabile del tutto
e l’imponenza intensa del colore

Mi resta in dono
sull’animo
una sfumatura leggera
di un verde più vero

 

 

Marina Romea, 6-06-’20

2 giugno

Sorride (non ride)
l’onda luminescente
nelle bianche ore
del pomeriggio
di una sordida apparente
cattiveria

Mezzogiorno morde l’uomo
ma c’è un cuore che gli dice
guarda che giorno
esplode
insieme col cuore
d’azzurro
incandescente cielo

E in questo stupore
si rimane
come una settimana
non feriale
abbeverati alla grandezza

 

 

Marina Romea, 2-06-’20

Entusiasmo

Lo sai che solo a te nel cosmo
avrei affidato il mio amore bambino?

Eternamente infante
e afasico in me
ma loquace nel tuo intelligente silenzio
magica combinazione
innaturale misura colma
noi due ostaggi
con la sindrome di Stoccolma

Lo sai che non poteva essere
tra noi normale
saremmo stati ridicoli
come due eroi senza super poteri
voglio solo dire che nel mondo
non insieme
saremmo state due anime perse

Così segretamente ci siamo scervellati
nelle rime più audaci baci
non rendendoci conto
che sono le più antiche amiche
del vero amore
della passione le spine anime

Ma la mente e la parola
non afferrano il segreto
c’è bisogno di affidare
a un giorno qualunque
l’amore e ai suoi ritorni
per vedere in lontananza

Tra noi lontani
vita normale
tra noi e il mare…
nostro karma ripetuto tuffo di Dio in noi

 

 

San Lazzaro, 27-05-’20

Soledad

Se caschi giù dai tuoi trent’anni –
dai è solo salsedine negli occhi

se ti guardi indietro resta
del tuo bel corpo la solitudine

E guardare una coppia giovane
con un sentimento confuso
forse lei s’è solo
scoperta un po’ di più

Squadri poi i nostri affiatati
e consueti gesti
forse si vede che sappiamo solo
stare insieme –
da una vita –
quasi cerchi riparo
in questa casuale
vicinanza di lettino

Rivendica al destino
cara,
il diritto di essere insieme,
i doni più grandi d’amore
esso riserva
a chi li chiede inerme

 

 

Marina Romea, 23-05-’20

Ricostruzione

Quando la tempesta
ci avrà sbattuto fuori del porto
la speranza prenderà folate
e ondate a denti stretti

Poi sarà bonaccia e anche stenti
la speranza continuerà
ad annusare il tempo
ma batterà ritmi sempre più lenti

Tornerà come un sibilo prima
poi rinforzerà e si farà forte
noi allora saremo pronti
all’unisono tesi come vele

Occorrerà che l’amore del popolo
possa mordere
il pane
e obiettivi concreti come un piano

Occorrerà che l’onore degli interessi leciti
si desti e si mescoli
all’ideale
praticabile di programmi e sintesi

Occorreranno governanti
del bene di tutti amanti
che si facciano strumenti
per orientarsi tra i venti

Non ci sarà più materia senza spirito
non ci sarà più respiro
ma sospiro
non ci sarà più porto senza mare

 

 

San Lazzaro, 6-05-’20

La pagina bianca

Era necessario vedere la pagina bianca,
Simone,
come me ora

Era necessario in quella corsia di ginecologia
con quei tuoi occhi grandi da cesareo

Subito tua madre riprese a parlarti
come ad un grande

Era necessario nella scuola dell’infanzia
dove dicevano che tu fossi intimista
e non capivano che stavi solo a guardare

Nei pomeriggi,
nell’attesa delle convocazioni,
nello stress da test
e ora nelle lezioni on line…
E’ necessario…

Nei campi da calcio
tu disegnavi il cielo
e ora che ti manca lo spogliatoio
disegni amicizie a modo di ognuno
a modo tuo, non come me,
magari col gruppo di economia

E scrivi report con dati e parole
dove c’è dentro passione, poesia,
disegni la pagina bianca
con un sogno di giovinezza
che ormai spazia reale nel mondo

 

 

San Lazzaro, 3-05-’20

Il tavolo verde

Quanto tempo perso…
Mi è mancato il coraggio per tirar fuori
ciò che pensassi
così ho lavorato nella confusione…

Ma di che mi lamento (?)
non ho dato le carte in questa partita
– si chiama vita –
quanta fatica
per accettarla
senza dimostrazione

Finché ho sentito una canzone
una vocazione
che sapeva di casa e di mondo
che sapeva di altro
e ho trovato per anni il semplice coraggio
di stare

E ora credo nel tempo
mi siedo tra amici
al tavolo verde col mistero
e non temo

 

 

San Lazzaro, 28-04-’20

La strada

Le contese del cielo
e il verde ormai vero
amano il bianco delle nuvole
che passano sulla strada
e intanto stanno
sul sole
a riflettere
ed aspettare

Le ferite lenire
della mente
è più facile
nel sentire
della primavera,
che non conosce misura
– le cura –
mentre la luce del dubbio
rende sensibile
– ed umile
il cuore
che rassicura
la strada

 

San Lazzaro, 25-04-’20

Lockdown

Ci son le campanelle viola
e la madonnina di terracotta
ci son le campanelle di breve vita
e di grande gioia,
la madonnina che ha meditato a lungo

Vola attorno a loro
per tutto il terrazzo,
incontrastata,
una farfalla bianca
di breve vita
e grande allegrezza

Sorge l’ulivo mediterraneo
antico e nuovo
dietro il tuo cappello provenzale
e ci sembra di essere al mare,
facciamo un tuffo
in mezzo alla strada
che a tratti parla
di quando riprenderà a fare
da irregolare ciò che è normale

Solo il sole nella sua incoscienza
il suo giro lo sa da sempre

 

 

San Lazzaro, 24-04-’20

Dal lato della luce

Se tutto il nostro momentaneo
esistere a pezzetti

sentisse ogni mattino
il calore della luce
del giorno nuovo

conoscerebbe fisicamente
il segreto della sua eternità

con un balbettio la riconoscerebbe
mentre trascorrono le ore
in un cinguettio

 

 

San Lazzaro, 22-04-’20

Il fruttivendolo pachistano

In questo collettivo amore virtuale
c’è bisogno di amore verginale
amicale, corporale

C’è qualcosa che non si razionalizza
…un po’ come quel che ci si dice
col fruttivendolo pachistano

E’ il corpo dei fratelli
coi loro fardelli –
belli, ognuno col suo essere sé
ognuno col suo essere di più
e per me tanti tu

Vigneti, campi di grano
nessuno lo dice, ma
manca l’acqua piovana
e noi chiediamo di mangiare
almeno un pezzo di pane

Perché sappiamo ormai
che non ci sazierà
solo il nostro fare

Rinnoveranno il mondo luoghi come fuochi

 

 

San Lazzaro, 18-04-’20

Nel segreto della tua camera

Stamane aggirandomi per casa
ho guardato la tua camera
con occhi di curiosità:
le molte povere cose
di un’elegante precarietà
quasi messe là
un foulard
una folata di vento

E mi son chiesto
in cosa rispecchiasse
il tuo carattere
ben piantato per terra
solido
che ci si trova riparo

Allora ho rivissuto per un istante
scene insieme
l’amore passionale
il sì totale
il crescere nostro figlio e il tuo adorare

Ti ho seguita nelle amicizie,
nei libri,
nei malati

Gli anni che ormai
vengono al contrario
come una brezza
non te la raggrinzano la pelle
e ci portano lontano

Ecco non smetti di parlare
del nostro mare
come se fosse…
la parte dicibile
di qualcosa che custodisci nel segreto

Ho allora tirato la tenda –
e mi ha sorpreso
come tanti anni fa
una carezza di cielo

 

 

San Lazzaro, 15-04-’20

Speranza

Per i campi con voi
cari compagni miei
per i campi con te
unico grande mio figlio
per i campi con te
unico grande mio amore

Immaginando una figlia
di nome speranza
una festa gli amici
i prati fioriti
selvatici e gialli
di margherite già bianchi
da sfogliare chiedendosi
come in queste mattine…

Sarà un mondo peggiore
sarà un mondo migliore?

 

 

San Lazzaro, 13-04-’20

Sabato santo
Oggi il tempo è sordo,
del senso il suono

ormai tacitato

Irriso e poi piombato
in una bara di incenso
di odio bestiale

ed erbe amare

L’uomo da te illuminato
sul futuro
la donna da te baciata
di amore duraturo,
te lo avevano sentito ripetere

che sarebbe dovuto succedere

Ma quell’altra inaudita parola
da te ripetuta
nel tuo volgere breve
solo lei l’aveva sempre saputa
solo lei ne era sempre stata,
con la memoria
e con le viscere,
certa.
San Lazzaro, 11-04-’20
Vetrata

La luce che non passa dalle serrande
ma dai vetri sì
gliele disegna sopra

Alba nuova
di certezza inarrestabile
oltre le tante grate della vita
da cui rimane segnata

Sono ferite che la rinforzano
come le cuciture delle vele
che una fresca brezza
quasi controvento tende

In queste estasi mattutine
io che temo le ombre
rinasco

 

 

San Lazzaro, 5-04-’20

L’istante rubato dal cielo

L’istante rubato dal cielo ridammi
l’istante di te e di me
il fiore e il momento dopo
al caldo del terrazzo di primavera

Ridammi il cuore di quando giovane
cercavo le ragioni di oggi
ridammi l’amore…
O forse a questo riguardo…
è tutto qui
è tutto ora

E’ tutto in te l’amore delle donne
che ho avuto
sono tutti nella passione di oggi
gli ideali per cui ho lottato

L’amore è indivisibile
e se lo curi cresce nel tempo
a dispetto
delle fratture e delle solitudini

L’amore è il nostro nome
dato dal cielo
che si fa storia –
e non si perde per strada

Non c’è niente che debba essere restituito

 

 

San Lazzaro, 4-04-’20

I minimi particolari

Quando il pensiero finisce
e si esaurisce nelle sue stesse secche

Come quando si pensa di conoscere
già tutto di una storia d’amore

E’ allora che
dopo un attimo di stasi
si aprono gli occhi

Si rilassa il respiro e si guarda…
si osservano anche i minimi particolari

L’anthurium macchia rossa
nello studio e tu
che scopri un chiodo nella parete
mi chiedi di alzare un quadro
così che si alzi lo sguardo

E’ il tempo del corona
ringraziamo che il cuore
sia sempre in movimento

E amiamo l’istante povero in sé
ma ricco di senso

 

 

San Lazzaro, 2-04-’20

Vincere è il tuo destino

E’ proprio vero che il destino
chiede in rapporto
a quanto ognuno possa dare
forse di più
come a te che sembravi solo molto figo
una ragazza in ogni porto
e dalla fascia sempre pronto a segnare

Poi come tanti un calcio
alla spensieratezza
la stessa passione
nei problemi nuovi
e in quelli conosciuti
capiti e amati
da uomo responsabile
una parola per tutti
il cervello sempre lucido
e un cuore grande così

Allora la sorte ha permesso
che capitasse proprio a te
la prova più grande
più di quella terribile
di questi tempi difficili

Con forza e coraggio ne parli
e si vedono la tua fibra
e il tuo forte viso d’uomo reagire

Certamente la sorte dei cieli
ti sarà amica e
sconfiggerai il male

La notte sarà breve
presto il giorno verrà
…il lavoro e il mondo ti convocheranno

 

San Lazzaro, 30-03-’20

Vorrebbe l’uomo avere la parola
In questi casi vorrebbe l’uomo avere la parola
tra le altre principessa e risolutiva
che sia
d’arte politica
di scienza o assistenza medica
di affetto o di condoglianza,
ma anche di speranza.
 
Però questo tipo di parola non è cosa da uomini
col marcio della nostra mancanza
di cuore e di intelligenza,
dove è la solidarietà tra i popoli?
 
Cosa abbiamo da parte
cosa abbiamo di riserva?
 
Un salvadanaio in soffitta
la parola che non è che non nasca morta
(il nostro fallimento)
ma che nasce risorta!
 
Come te amore che salvi e che convochi
che in mezzo a questo caos di morte e di niente
riscopriamo offrendo la nostra impari lotta

San Lazzaro, 28-03-’20

Il rifugio di vetrate

Spalanca il mio spirito

intensa terapia
di materialità

quando esso fugge

dal suo rifugio
di vetrate

posto al crocevia delle vallate

dominate dall’altissimo

lento
volare
delle aquile

 

 

San Lazzaro, 27-03-’20

Neve a marzo

E’ scesa neve dal cielo
sopra il lavoro e la morte
l’uomo non sa come
si possa avverare la sorte
di essere signore
della terra e del tempo
talmente gliene sfugge il senso
e forse non sa
che non è un calcolo o un pensiero
intanto che pensa
scende la neve dal cielo…

 

 

San Lazzaro, 26-03-’20

Le dune di carne

Tra le dune di carne
ha riposato spesso il mio cuore
quando le aride arsure
delle nostre solitudini
senza toccarsi si sono comprese
e prese sul serio

Si sono rifugiate per infinite volte
nell’immortalità delle persone

La violenza della guerra
con grazia
è stata messa al muro
dentro di noi
fino a farle sputare
la verità

San Lazzaro, 24-03-’20

Il presagio del ponte

Crinale dei cuori
spartiacque degli occhi
l’ombra tua lunga
anticipa le nostre vite
e le maledice
dalla nascita
come se nascessimo
untori di morte
gli uni degli altri

E tu presago
nefasto
sul bel Golfo del Tigullio
crinale dei cuori
spartiacque degli occhi

Non è tardi
per ereditare la speranza
degli avi
rimboccarsi le maniche
tergere ad ogni ora il sudore
stringere i giunti
al passaggio
di legami di perdono

Crinale dei cuori
spartiacque degli occhi
senza aggettivi
per questo tempo
di strana sfida ai lavativi
adulti forzati nelle proprie case
come bimbi sui banchi delle elementari
a imparare la civiltà minimale

Per un domani ricostruirla
con le proprie mani ormai grandi
e immaginare da infanti
con travi portanti
il nuovo mondo
come il ponte Morandi
e magari da qui
in un’estate incipiente
riprendere il mare

Crinale dei cuori
spartiacque degli occhi
che avremo imparato a tenere
all’altezza del compito
nostro di uomini

 

 

San Lazzaro, 22-03-’20

Primo giorno di primavera (riedizione)

E’ iniziata consapevole
questa giornata trepidante

Che le primavere
ritornino
e anche avanzino
con ritmo andante

Ma vibra dentro il sospiro
un’emozione triste
che non ci sarà niente
di nuovo sotto il sole

Se non lo sarà il colore
proprio di quella gemma
schiacciata
e rimasta indietro

Spalàncati…Spalàncati…Spalàncati

 

 

San Lazzaro, 21-03-’20

Lettera a un filosofo e politico

Tu fulgida intelligenza
che mi scrivesti
sai
da tempo io non ho più speranza

Mi chiedevi sottotraccia
– almeno io così l’avvertii –
un dono di cuore e anche di grazia
umile e certo

Si parlava di amicizia civile
e non feci altro –
che mandarti la foto degli angeli del fango
di Genova

Poi ti ho visto solo in tele
dire parole e cose chiare
sempre

Ora – la retorica non piace a nessuno –
sta storia dei balconi
è roboante quanto ridicola, se i giornalisti
la spacciano per la soluzione
(hai dunque ragione tu
a prendere la crisi per quello che è)

Ma se questi gesti
se questi canti
come flebili e fugaci lumini
di bellezza nel buio
fossero l’inizio di una nuova sintonia?

Azioni che significhino
‘io sono insieme con te’
e si facessero progetto…

A te che dici giustamente
‘niente dovrà più essere come prima’
non paiono un po’ strani questi condomini?

Accompagnare la loro emozione
non è questione di disincanti
ma di avere per amica la speranza.

San Lazzaro, 17-03-’20

Fiori gialli

Fiori gialli di primavera
dolce sceneggiatura
alla maniera del mediterraneo
caldo del sole sulla faccia
che sognare fa

C’è chi per dono (perdono)
conosce il fiore giallo della storia
segno gratuito di vittoria
passato per la morte

C’è chi per amore solidale
additò con poesia immortale
la tenace ginestra
all’umanità ferita ma non finita

Ed è in questo soccorso vicendevole
che per ognuno
trae radici dove può
– la nostra grandezza

 

San Lazzaro, 16-03-’20

Bergamo alta e quest’alba

Ormai è giorno
e si chiede l’uomo
dell’alta Bergamo
se sia giusto
un altro giorno

Anch’io sono tentato
guardando fuori dal terrazzo
di chiedere ragione
al sole sorgente
e potrei morire di questi sguardi indegni
che porto
alla sua alba

Resta
l’icona ferma
e nitida
del progressivo rischiarare
il cielo degli occhi
che non hanno tregua
mentre sale nel cuore
una pace
paradossale

La convinzione
che abbia un senso sempre nuovo
(diversamente non sarebbe senso)
quest’eterno lottare
che non sia il finire
– di giorno in giorno
che non sia solamente
un secolare morire

Che abbia ragione
dietro la tenda
l’icona
di quest’alba
che risorge

 

 

San Lazzaro, 15-03-’20

Il contagio della primavera

Non ti vedo
ma ti appartengo
tempo nuovo

Sento il cinguettio
degli alberi
e richiami di amici veri

Risuonare il sole
sulle facciate
certame del mondo

Dalla lunga luce di gennaio
a marzo
quest’umanità stanca e indifesa

E’ tutta nel singhiozzo di un merlo
custode della corte
che s’ode rivolto al cielo.

Promessa non vera?
Come se fosse una
primavera immaginaria

Non è che parvenza di morte
non è sommersa la nuova stagione
da un’effimera impressione

Impressi ricordi
sensi ed istanti vivi
nei secondi  della commozione

La giornata ormai è andata
la primavera
è anche un’infermiera

E ora so
ringraziare il cielo
che è caldo nel suo abbraccio.

 

 

San Lazzaro, 11-03-’20

Tempo libero

C’è una bottiglia di falanghina
vicino alla bibbia di gerusalemme
non è un altare è solo una libreria

Stamattina quasi per scherzare
per il timbro serio e pieno di mistero
della voce calda di un amico
mi son detto che c’è un momento
del tempo da ascoltare e guardare sempre

Amare il cuore del frammento
il suo essere nella ferma sacramento

Speranza che va ansimante per mano
che nelle valli aldilà del valico
tornerà a correre e a strattonare
– a sconfinare

 

 

San Lazzaro, 10-03-’20

La casa disabitata

Quando solcherai
della soglia il traguardo
ricorda la tua ultima
prima fioritura

E la casa là sulla strada
di campagna vera
soleggiata la piana
a primavera

Non avrai perso nulla
dopo quella curva
che si lascia
alle spalle un’epoca

Poca strada ancora
poi un’ubriacatura
… una malattia di città
e di loro il rigetto

Ozzano dell’Emilia, 7-03-’20

Sul covid 19

Tutti avvertiamo una contraddizione.
Tra la necessità di evitare il contagio e un risorgente desiderio di socialità e il necessario urgere delle attività economiche, che implicherebbe contatto tra le persone.
Un desiderio e un limite.
Molti hanno già intuito e stanno praticando per tentativi la via d’uscita, almeno per l’urgenza, per esempio le università con l’e-learning. Ma che dire di quella riaffiorante (sì come una risorgiva del nord) gentilezza evocata oggi dal poeta Rondoni che colora i rapporti di questi giorni proprio nell’impossibilità di darsi la mano. Non c’è bisogno di scomodare Freud per dire che il limite nelle relazioni da sempre provoca e tende a far riemergere l’eros.
Ciò di cui la società ha bisogno è questo eros, la riscoperta perdurante della necessità della relazione. Ciò di cui l’economia ha bisogno è UNA NUOVA STAGIONE DI CREATIVITA’ in cui noi italiani siamo maestri. Certo, con gli aiuti governativi ed europei che sono necessari, ma che cadrebbero nel nulla senza passione e creatività rinnovate.
Il desiderio quando incontra un limite, come un torrente, diventa passione e creatività. Aggira il sasso e corre più forte. I tempi non sempre sono nelle nostre mani.

 

Bologna, 3-03-’20

 

Comunità 20

Ho avuto piacere
di rivedere persone amiche
ieri sera e ripetere
consuetudini antiche

Rinnovare la memoria
in tempi di covid 19
di una storia
che pur ci rende persone nuove

In cammino
tra le difficoltà
verso il destino

Che s’affretta
che s’appresta
nel compito che a ognuno spetta

 

 

San Lazzaro, 1-03-’20

Dedicata a Giorgio Rumi

Felicità mostrarti la via del mio maestro
che sulla porta di casa
elegante al solito
mi disse la battuta finale
cioè di battersi

Si confondono i ricordi di 15 anni fa
tra Sant’Eustorgio e Sant’Ambrogio
e la sua casa in via De Amicis
maestro di garbo alla Statale
ed in Rai –

Come quando, dopo aver ascoltato, mi disse
fermandomi con la mano
questo…è un libro –
poi quando di suo pugno scrisse
sintesi e poesia
l’ultimo rigo del volume

Felicità sei tu che dei tuoi studi
non solo capisci la meta
ma inizi ad amare (e a seguire) il percorso

Così Rumi caro prof. proprio ora
che chiudono i muri dell’università
capisco che è ora di ‘battersi’
per i giovani

Ché s’aprano a conoscenza amorosa
più forte di un contagio virale

 

 

 

Milano, 22-02-’20

Splendore a febbraio
Splendore

del sole sulla meridiana delle ore

Sarà questo inverno dicono in piazza

Eppure l’umore fa incetta di primule
nel tragitto che parte da casa

Splendore
non è solo il sole
è ascolto, parole
amore
e questa canzone

Accompagnarti al lavoro

Poi saluti giovani di vita
accompagnano la musica

Nel cuore di queste mattine ciò che è morte non è

 

 

Bologna, 21-02-’20

Cuore di pizzo

C’è un cuore di pizzo lì sulla stoffa
c’è un cuore di pizzo
che qualcuno t’ha messo
c’è un cuore di pizzo
nel tuo essere bambola

Sei donna e si vede
ma non per davvero
sei ancora nel cuore di pizzo
di un angelo madre

Non è che tu sia ancora bambina
è solo che sei –
la gioia di vivere

Dimenticare le chiavi di casa
ed il male del mondo
ed il male che fa
farsi da sé
diventar grandi
fingendosi grandi

Ed ora il destino
tu ragazza
continua a sfidarlo a ping pong
vedrai che la vita
non è affare da grandi

E’ una grinta bambina che la butta di là

 

 

San Lazzaro, 02-02-2020

Il calore dell’amore

Le serrande e la tenda lasciano intendere
un cielo conteso che non avevo mai visto
sarà lo stato febbrile o dei tuoi libri le pile
qui nella tua camera a darmi pensiero…

La mente va ad un passato ormai lontano
quando mi ammalavo spesso
gracile petto
e la mamma tornava dalla spesa
con un etto di prosciutto
perché io non mangiavo la carne
e la cura a base di spremute
quanta sostanza in quell’amore…

Così ora
immerso nella tua imbottita
ragazzo uomo
di cui conosco la storia ma non l’avvenire
risento in te
io padre
il calore dell’essere figli

Poi riguardo il cielo
che rimanda dentro luce e certezza

Il calore dell’amore non verrà mai meno

 

 

San Lazzaro, 29-01-’20

Il tempo del legame…

Non so più perderti
per un solo attimo
per un solo respiro
e intanto tu cammini le tue strade

Ma non dimentichi il nostro stare
sempre più spirituale
intellettuale
mentale
e così carnale

Eppure anch’io devo riprendere il cammino
per le contrade

Così ti sento vicino
nel destino nuovo di questa generazione
per cui ci batteremo

Saremo insieme ai bastioni di città diverse
attraverserai lustri che io non avrò visto
e forse io non ci sarò più

Si salverà dal tempo il nostro legame

San Lazzaro, 19-01-’20

Sintonia

Quest’energia che tende e che tiene insieme
insondabilmente
quelli che lavorano anche lontani tra loro
tu al bar e io qui in portineria

Con quelli che studiano e danno esami
andati bene, andati male

È una specie di inconscio collettivo
è il profumo di una donna che passa
sono litanie angeliche

Sarebbe un silenzioso raduno di Harley Davidson

 

Bologna, 14-01-’20

A giornata

Non riesco a pensare al giorno se non come preghiera
se non come una prospettiva nuova
se non come questa afasia stupita

Quando stamane dal ponte san Donato
il sole appena spuntato
dava il suo saluto

Ho sempre pensato che si sorgesse
per delle buone ragioni
sempre le stesse

Invece scopro in ultimo che si vive a giornata
che solo il sole ha una parabola
già disegnata.

Amici liberi di vivere a giornata
nemici tra i potenti nemici al biliardo
e qualche miliardo a vivere a cottimo

Sotto lo schiaffo solare polare di gennaio
gli uomini schiavi
piegati dalla inimicizia e dalla fame

Guardano in alto e chiedono almeno
una mattina liberata
o forse un paio, per non esagerare…

 

 

Bologna, 10-01-’20

La vita in tempo di guerra

Ho già voglia di rivederti
dopo questa notte
ho avuto paura sai
che non tornavi

Son qui coi miei ricordi
dell’altro anno
e domande aperte sul duemilaventi

Penso ai suoi occhi verdi
di ragazza
abbastanza trasparenti
per rappresentare
il manifesto dei figli
e anche dell’età che avanza

Io vado per mano
a te
amore mio
io ho bisogno di te
amico mio

La guerra è il nostro futuro?

Io spero in un Dio
che ha avuto
‘bisogno degli uomini’.

 

 

Bologna, 5-01-’20

Il riflesso

C’è un’anima silenziosa
nell’ombra
nella casa
che sposta i soprammobili
per dire qualcosa
alla gloria del nostro stare insieme

Non c’è che questa segreta
paradossale scoperta
di ciò che ci viene donato
a consolarci
a ridarci
l’aldilà delle cose

Come acqua di rada
tra il faro, la luna e la stella polare
cambia ma non scompare
il riflesso
tienimi per mano, esita la penna
…la luce non verrà mai meno

 

Bologna, 31-12-’19

Non ci perderemo

Non ci perderemo di vista
non lasceremo la presa

E questo sarà il perdono
che vien da dentro

La pace che toglierà
per sempre
il risentimento

Che si estenderà
diffondendosi

Con il suono
della campana delle feste

Irriverente
della quiete –
della gente

 

 

Bologna, 2-12-’19

La danza del sole

Ritorna
ritorna sui miei passi
e nei miei occhi

redimi via il fango

ridona sorrisi
spensierati

ridacci
poveracci
un giorno solo di sole

e noi, tra i denti dell’inverno,
splendore
ti ringrazieremo

 

Bologna, 22-11-’19

Sentire gli altri

Sentire gli altri
allontanarsi
e ritrovarsi estraneo

Il velo
contemporaneo
cadere
dal loro cielo
e questo sentimento
non voler perdere

Come se fosse un neo
che prima si vuol togliere
finché una lo bacia

Odo il movimento serale
dei passanti

Sotto la luce verticale
del lampione
non ne odio i passi

 

 

Bologna, 12/11/’19

Milano e il cuore

Quando guarderai il cielo una mattina
quello vero di Milano
rimani ti prego

E’ così grande da far paura
mentre piove la nebbia
rimani
nel lavoro duro
lo studio che ancora non è paga

Sul tram 4 da viale Zara
alla Statale
leggevo Fëdor Dostoevskij
senza sapere del destino
del nostro romanzo
trovato per caso poi
in quel mercatino

Perciò ora ti prego
ama e leviga
ciò che è grande dentro di te
più del miracolo di questa città

 

 

Bologna, 18-10-’19

Risveglio

Il pino tra il grigio cielo
come a dicembre chino
non dice più le pinete di mare

Ma chiede a noi
come se fosse per sempre
di riporre qui
questo velo
tolto dal cuore
e avvolto sulle campagne

 

Colunga, 8-09-’19

Il mare e il cielo uniti

Tornare a fondersi nell’azzurro serale

Il mare  e il cielo uniti
dai grigi uniformi colori del mattino

Attraversano questa linea di separazione
che li distingue di qua e di là dall’orizzonte
al meridiano sole

 

 

Marina Romea, 31-08-’19

E’ umile la terra

E’ umile la terra
senza lignaggio

Fradicio
al proprio posto il verminaio

Un fiore
s’asciuga
lentamente al sole
che riflette
l’anomalia celeste

(del grande spirito
che conobbe gli umori
della terra)

Io
ormai nulla

La giusta dimensione
nella mia opinione
e nell’opinione di me

Che siano quelle vere
delle sere
votate al tutto
oneste
che sia
realtà agreste

A fiori
di molti colori

 

Bologna, 29-08-’19

Dio era nella brezza

Dio era nella brezza
indietro negli anni
quando eravamo gli amici di un tavolo
solo, mentre dal parco fuori entrava
e noi si diceva una preghiera

Ora guardo il telegiornale
e prendo l’aria sulle gambe

Ma quale intreccio misterioso
c’è tra le cose ed il tempo
che avviene il momento
e un alito di vento
già lo accarezza via

Che ci lascia senza fiato
e lo riporta in alto?

 

 

Bologna, 16-08-’19

Come sono immobili i giorni

Come sono immobili i giorni
che attendono partenze

E tu che ora parli con tua madre
so dove andrai…
ma non chi sarai

Non è progettare il futuro
rimanendo gli stessi

Come sono immobili i giorni
quando si sente
che questa volta il tempo ti avrà

Ti tirerà fuori da te
e tu ti sorprenderai

A noi d’altra parte è ben chiaro
che a questo punto
sia necessario…

 

Bologna, 16-08-’19

Momento eterno

Azzurro che il sole fissa
al momento
ma sembra eterno
anche quando trema
come appare lontano
il mattino

Una vela di bolina
irride gli scogli
e i loro bacini chiusi

Se ne va
a vedere
altre cale
attorno
al monte
San Bartolo

 

 

Gabicce, 10-08-’19

Il rapporto con te

Pomeriggio d’estate
giorni che non si parte
la noia che ti stanca
e il pensiero che sul divano arranca

Tra la vita conosciuta e il coraggio
che ci vuole nel prossimo passaggio
ti addormenti come un attimo di gioia
da gustare nelle braccia della noia

Il mio morire dentro che hai trasformato
in entusiasmo ritrovato
una sorta di resa al senso
e un amore immenso

Forte più di ogni sorte –
è questo rapporto con te
che ora andrà per il mondo perdutamente
come una vittoria sul niente

 

 

Bologna, 8-08-’19

Ho bisbigliato un mattino

Ho bisbigliato un mattino
al cuscino
di una giornata come tante
che sarebbe stata senza volare
una giornata chiusa sul nascere
come, come…come?

E tra mille risentimenti
e senza pentimenti
ho detto, levatomi al tuo cospetto
essere umile, essere umile, umile

Piegare il lenzuolo
ed il collo
amare il cuore delle persone
e concedersi una mezza pensione

Accetto quel che c’è scritto nel destino
e ogni mattino
consumare una penna
per scrivere di getto
con te, con chi, la poesia
di una giornata che il cuore respiri anche d’agosto

 

 

Marina Romea, 5-08-’19

Baia di luce

Faccia immortale alla bellezza bisognerebbe stare
come essa ci avesse definitivamente preso
e invece il viso non si può estasiare
oltre un più o meno breve tempo di luce

Lo sguardo, anche se fuggitivo, sa stare ad aspettare l’alba,
ma dimmi, mentre ti formi, cosa hai da aggiungere,
cosa c’è di più totale di questa dolce baia del mattino
cos’altro sotto un sole che irrompe all’improvviso?

Eppure noi siamo quelli che aspettano…

 

Portovenere, 1°-08-’19

Terramare, irregolare

Solleva un po’ di cenere
dalle palpebre
Portovenere
e regala la bellezza
di volti

Bellezza da portarsi via, ora,
in cui si specchia
quella della mia storia,
dei miei affetti,
delle nostre anime, cara,
bellezza…

Tu amore mi suggerisci che è data
dalla grandezza del mondo
dove ognuno può essere se stesso

E questa terramare
si fa ospitale
ad ogni umanità,
così com’è,
irregolare

Portovenere, 31-07-’19

La sera di Portovenere

Che ha la bellezza di così eterno e momentaneo
che se ne va col sole e il cielo rimane appeso
i paesi erti sul versante opposto della terrazza
e gli rimane addosso una luce impossibile?

La rada ampia
le barche alla fonda
al centro il torrione
persa la sera
nel golfo dei poeti
inizia l’ora

Che trascorre senza voce la notte di Portovenere

 

 

Portovenere, 30-04-’19

I giorni di Eva

I tuoi capelli
portano qui
un sole
che splende
luce
d’altrove
– forse del nord –
ma io immagino
morbidi covoni
delle nostre terre
falciati di fresco
e ghirlande
che la natura
abbia messo
sulle tue spalle

I colori della mietitura
hai portato
qui al mare
– io credo giovane amica –
per gridare
alle acque
la fine della melanconia
delle campagne

 

 

Marina Romea, 6-05-’19

L’osteria del tempo perso

Dice una voce gentile
che sia qui
l’osteria del tempo
che non torna più –
l’osteria del tempo andato
da una vita,
smarrito come un bambino
che non sa ancora
la strada da prendere
e non ricorda quella percorsa,
semplicemente perso:
così in questa sosta
si può oziare,
forse tergiversando
verrà un’idea,
qualcosa da inventare
per fare meglio,
per arrivare a sera.

 

Ravenna, 5-07-’19

Vecchio portiere

Affetto umano
passa come te che dici ciao
in queste estati sudate?

Oppure è sovrumano
come la luce dei tuoi occhi neri
nel buio delle giornate?

Non so rispondere,
so solo chiedere,
vecchio portiere.

 

Bologna, 5-07-’19

Colore di cuori

Quella notte lo sai
ho cambiato un’unica carta
e ho fatto colore di cuori –

Non ce la farai allora
a togliermi l’amore
nel disperato tentativo
di rendermi più forte –

Proprio tu
che non mi hai preso per matto
e mi hai dato lo scacco
di farti mia compagna –

Comprendendo gli approcci maldestri
dai quali in passato
mi ero sempre ritirato
mortificato –

Tu sei venuta a vedere
il mio bluff
e nonostante le nostre paure
hai detto sì, io ti sto vicina!

Quella notte lo sai
ho cambiato un’unica carta
e ho fatto colore di cuori,

lalala, lalala
lalala, lalala
… …

 

Bologna, 1°-07-’19

Sdraio

Ampia veduta del mare
che respira –
il canto del cielo
e della terra si sposano

Mentre le rime
riposano
dal dovere dire alcunché
alla bellezza

Eppure la pace interiore
non è quiete, c’è l’onda (!)
pensiero a chiazze che si accavalla,
si riforma

Risacca
sale da dentro
dietro di essa
tutta l’ansia in schiuma
che si ritira –

Cadono da cavallo le acque laddove
le vince infine il sole
si compongono in macchie nuove
e fanno da specchio
a un pomeriggio di universo

Marina Romea, 29-06-’19

Adasperanza

Ora che ti vedo
che ti guardo realmente
dopo tanto tempo
tanto amare
e tanto lottare
al limitare dello scoppiare dentro

Ritrovo le scoperte sul mio viso
di quando ero bambino
presenze che credevo perfette
innocenza che avevo perso
nel tempo della stagione buia
dentro cui tu mi hai offerto una mano

Fino a questo buono
consapevole e adulto
rischiararsi del giudizio
mio in me
aggraziato dal silenzio
acquaforte della tua bocca ben disegnata

Che non ha mai smesso di parlarmi
ogni giornata arrancata con forza
col vigore di rialzarmi
grazie al coraggio fermo
di guardare avanti
di quei certi tuoi – begli occhi neri

 

 

Bologna, per 29-06-’19

Dedica

La tua non voluta scollatura
il tuo vestito elegante
sono solo una mancata sfumatura
del mio pensiero
sulla tua persona

Sul tuo fiero presentarti
discreta, limpida e determinata
come a un colloquio di selezione
come a un amico che torna
come ad un vecchio che trema

Per dire – generazione immeritata –
che avrai cura di te e del mondo
che avrai nel cuore
l’invocazione di tutto

 

Bologna, 21-06-’19

arte profana

Come un pensiero vago
per una mancata àncora
al dogma

E’ caos…
E’ questo cielo
carico

Non si fissa il vento
non si nasconde
il sole

Che – come sui cattivi
risplende il suo riflesso
in ogni dove

Così le sue stesse creature
inconsapevoli creano
– arte profana –

Una storia di provvidenza

 

 

Marina Romea, 15-06-’19

La tenda

La tenda si disegna dei capelli del pino
sembra così vicino
da sentirlo parlare
da poterlo baciare
e fiorire – su questa tela di Penelope – il destino

Stasera gli sposi diranno sì davanti al mare
nella calma della sera
ma io non so se si possa placare
il cuore di chi desidera,
senza la tensione – azzardo passione – della vela

Non c’è sguardo che innamori i pensieri
senza la distanza
– ambrata organza –
senza questo gioco a nascondino
del tuo volto, sulle volute del tempo e dello spazio

 

Marina Romea, 8-06-’19

Silenzio

Ho dedicato rime
a donne conosciute sulle prime
agli amori di una vita
con il garbo di disegni a matita

Ma qui solo, come tanti mattini
vestito di pigiama e calzini

Qui mi domando, ma a te?
E appare tremendamente vuota
la casa, se non per le gatte
e i rumori di fondo, tra cui
gli umori dentro –
nulla universale
che neanche l’autostrada
in lontananza, oggi
accompagnerà al mare

Eppure uno strano ticchettio…

Quasi tormento
fa compagnia all’animo
il mistero non assale
il desiderio grande non scompare
attesa sospesa

Sento fuori… pare il vento

Distende il ventre
la ripresa del respiro
il m-io tu dire
sono presenza di me
sono presenza di te

 

Bologna, 4-05-’19

Azzardo

Nel silenzio della notte penso alla prossima mossa
tutto parla nella casa di azzardi
di consumati giri di sguardi
e di una vecchia promessa

Ogni vita ha la sua partita
e io ne ho giocate tante
solo per restare in gioco
solo per stare al gioco

Ora punto la posta scritta dentro di me
non da me
solo per me

Desiderare il tempo e lo spazio dentro cui siamo
con la stessa forza di mio padre
con l’entusiasmo libero di mio figlio

 

 

Bologna, 10-03-’19

Attesa 3

Ho vagato senza volto
per le strade della gente

Come non attendessi
niente – anche poco fa

Con un io bambino
per la mano –  lui lo sa

Dove andare

Poi un vociare dal portone

Ma se non attendessi ora
la prossima voce
la prossima persona
non ci sarebbe incontro

Tutto sta
attendere
ad un compito

 

 

Bologna, 6-03-’19

Gli spigoli e l’armonia

Quando la vita manca
non c’è poesia
quando la voce va via
non c’è canto al vento
o forse sì
o forse sia
così

Risorgere a singhiozzi
in una mattina qui
un po’ fredda
un po’ penetrata
nell’aria di sole
un sì di petto
detto ai nostri giorni

Non ci ricordiamo più
che la vita
sarebbe miracolosa
sarebbe graziosa
sarebbe un sì di cuore
detto da una madre
al limitare del morire

Ora che la vita non è più solo desiderio
la morte si camuffa
dietro gli spigoli
della stanza
amorevolmente preparata
che abbia un nome la morte (?)
che voglia essere temuta

Al punto da essere chiamata
per nome
come se fosse di casa
uno che c’è
presente
allora la poesia fragile impotente
che farà?

Smusserà gli spigoli (?)
come quando mettevo
agli angoli degli stipiti di alluminio
delle finestre
il velcro da non far stridere le sedie
bambino mio
ora lo vediamo

Siamo grandi e la poesia
non la vogliamo morire negli spigoli
lotteremo e guarderemo in alto
ma lotteremo per richiederlo ogni secondo
il miracolo
della vita
e dell’armonia

 

Colunga, 24-02-’19

A quelli che restano

Cosa resterà di un tratto di penna triste
resterà forse la piena di un matto

Cosa resterà di questa canzone aliena
resterà solo il nome di chi me la insegna

La vita è davvero il folle spazio della relazione

 

Bologna, 22-02-’19

GMAT

Fa ridere
dire
a noi stessi
impotenti
che in questo momento
sei solo
davanti ad un test…

Al confronto
di quanta solitudine
ci voglia – segreto di famiglia
che ormai ben conosci –
per diventare un uomo
un dono
un mondo

 

 

Colunga, 14-02-’19

Rientro in campo

Eppure eccedi la mia poesia anche ora
che dici che giochi per ridere
per far passare un anno
sia per ricordare sia per dimenticare

Eppure quando rientri dagli spogliatoi
e tu, voi, vi schierate
e il tuo petto si fa aperto
come uno stadio

Il cielo di quando salti
più in alto di quelli più alti
e poi l’inverno nel fango che sai

– come una grande amicizia –

Essere segreto
delle miniere e delle famiglie

toccato da Dio
in una lotta impari
su questi campi
proprio ora

Bologna, 3-02-’19

Una fiaba, una storia

E’ un viaggio che mille volte
come questa notte
ho compiuto in sogno
col vago terrore che fosse una cosa da nulla

quella fantasia
che era la mia vita
ad ogni incredulo
e sospirato risveglio

Questa notte
nel mio letto
sotto il mio tetto
mi ha soccorso sorridente il drago bianco

e mi ha portato nel presente
di una storia infinita
e io, Pietro,
ho pronunciato, mamma, il tuo nome

Colunga, 19-01-’19

Fuori dalla disperazione

Non bastava che ciò in cui sperare
avesse un volto
e nemmeno l’adrenalina

Occorreva che ciò per cui cominciare
fosse familiare
l’infinito piccolo di una mattina

Per dire sì al nostro cielo
riconoscere chi non è di casa
e cominciare a lottare

Bologna, 17-01-’19

Le due finestre

D’inverno si fa in tempo
a cogliere dal basso verso l’alto
finché il davanzale
consente il sacrilegio

un raggio di sole
scendere puntualmente
prima sui tuoi capelli
e poi sulla tua pelle

Questa stanza s’è aperta a giorno tutt’intorno
e mi ha consolato
con un amore nuovo per il mondo

ho sfogliato così come pagine di cielo
un florilegio
di domeniche

 

 

Colunga, 13-01-’19

Migranti sì, migranti no

Le proiezioni demografiche danno centinaia di milioni di africani che esonderanno entro pochi decenni dal loro continente verso l’Europa. A molti perciò la strategia di Salvini e con lui dell’internazionale sovranista di superare Dublino 3 semplicemente chiudendo ermeticamente (0 ingressi salvo i corridoi umanitari) i confini esterni di tutta l’Unione europea, pare non realistica, se non nel brevissimo periodo, almeno nel medio. Certo sarà difficile resistere, tanto più con un’opinione pubblica europea divisa e col richiamo all’accoglienza della Chiesa. Sarà difficile perché questa strategia è miope almeno quanto autolesionista è quella dell’accoglienza indiscriminata da subito.
L’Unione non è in difetto soltanto sull’applicazione di quanto stabilito sulle quote di migranti da accogliere in ogni Stato, ma è in difetto di un progetto fatto di tempi, priorità e modalità di integrazione di fronte a quella che sarà un’emergenza epocale.
Hanno ragione coloro che dicono che sarà a rischio l’identità dell’Europa, ma hanno ragione anche coloro che dicono che cittadini si diventa e un’immigrato può in tal senso essere migliore di un nativo. La confusione non nasce qui, la confusione nasce prima, nella condivisione di ciò che la storia e la cultura dicono della vocazione dell’Europa per il mondo. E non è che ci sia confusione per il fatto che proprio l’Europa è la patria del massimo di pluralismo di visioni del mondo. C’è confusione perché manca l’identificazione di quelle cose che uniscono i popoli europei, le loro storie, le loro culture aldilà delle differenze. Come si fa allora a fare un progetto che non sia reattivo (tutti a casa) o passivo (accogliamoli tutti: centinaia di milioni?) se non si sa che cosa l’Europa è e vorrà essere?
I più illuminati dicono aiutiamoli a casa loro, esistono esperienze bellissime in Africa di condivisione e intrapresa.
Ma anche su questo l’Europa manca di chiarezza e forza, mentre la Cina (con una cultura più volta allo sfruttamento) è da anni ben presente nell’Africa, nostro continente fratello.

Bologna, 9-01-’19

Nel cuore della notte

Ha cambiato idea la notte
che prima mi ha svegliato nel suo cuore
e poi non sembra voglia sorgere il giorno

Alzato da letto come da scosse
di un terremoto reiterato di dolore
non sembra si muova foglia d’intorno

Leggo in silenzio le ultime della rai

Oggi però faremo ritorno alle Valli
come quando il fisico sano
gioiva e tremava solo per voi

Colunga, 5-01-’19

Nel buio della notte

Spesso il buio della notte
dalla finestra

Spesso succede che chiarisca il pensiero

Rimane mistero dove finisca
la stradina dopo la prima curva

Ma è sempre più convinto là fuori
il cinguettare del pettirosso al giorno

 

 

Colunga, 30-12-’18

Grazia

Strame di fango non fa schifo
sotto la neve
quando arriva il Natale

Ventate poi –
caramelle buone alla bocca
come baci di una saliva divina

Delle mie scarpe fangoneve
le stringhe
con forza e garbo nuovamente

sento tra profumi di cuoio
e capelli di donna
riannodare

Bologna, 20-12-’18

Attesa 2

L’armadio ha l’anta scardinata
come noi che non siamo più soli

Passa il documentario
sui popoli del Myanmar

La mia mente prima di juve inter
è in te che non arrivi

Musica del silenzio delle campagne
che percorri…

Finestre attraversate di crepuscolo,
luminose di buio

E di tutta l’altra gente
che attende

– l’aurora

stamane
ha scardinato le credenze dei secoli

Colunga, 8-12-’18

Il cartiglio

Una volta, non ricordo in quale circostanza, regalai a mia madre un quadretto semplice, un cartiglio di metallo appoggiato su una base di legno che deve essere ancora conservato nella casa di famiglia. Sulla piccola “pergamena” era scritta una frase di san Vincenzo de Paoli: “La vraie charité ouvre les bras et ferme les yeux”. Fui sicuramente convinto a regalargliela dal fatto che fosse in francese, lingua che mia madre insegnava a scuola, ma credo che in qualche modo la frase con una sorta di effetto tipico del “sublime” mi abbia attratto (anche se segretamente terrorizzato). Di sicuro, anni dopo, guardando mia madre a distanza, a molta distanza, nei lunghi due anni che la condussero alla morte, intuii che neanche in quei momenti quella frase era adatta: mia madre guardava in faccia il venir meno della sua capacità di parola, guardava in faccia mio padre ogni qualvolta la tirava su di peso dal letto e si incazzava pure –lei- (sant’uomo lui), guardava in faccia il Mistero che si faceva vicino ogni giorno di più; ha guardato in faccia mia moglie il giorno dopo il nostro matrimonio a meno di un mese dalla propria morte consegnandole la cura di me con un breve passaggio di mani e di sguardi (!) che ho colto tutto nella sua rapidità e vigore.
Non mi interessa sottilizzare. Ho in mente anch’io certi abbracci dove stringi forte e chiudi gli occhi e ti senti scaldare il sangue come fosse un Mistero del rosario.
Ma ho utilizzato questa storia e questa immagine per dire che se la carità è affermare l’altro per quello che è e perché c’è, ciò non può prescindere da una corrispondenza. Non si tratta di equivalenza di ciò che si offre, ma che vi sia comunque un’offerta da entrambe le parti (non importa come, non importa quanto, importa che vi sia e quindi che sia percepita una movenza dell’essere, si trattasse anche di una semplice domanda). Sto parlando di un’armonia in cui la volontà e il riverbero della relazione non sono unilaterali.
Per questo credo che nella carità non vi sia una regola: il movimento può essere di sguardi (e rappresentare tutta la bellezza e il limite propri e dell’altro), di parole, di braccia. Come in una relazione amorosa.

Bologna, 6-12-’18

le parole ultime

Ci ricovereremo nelle chiese
dai malanni del cuore

una cosa fugace
così di passaggio

una preghiera svelta
tra le campate solenni

e gli abbracci secolari
del clero sincero

che ci parlerà della luce
del rosone absidale

e ci lascerà tornare
oltre il rosone frontale

rifatti liberi
di moltiplicare il desiderio profondo nel mondo

per aver sentito
le parole ultime

sussurrate all’orecchio
tra i muri spessi

dette senza campo
così che di tanto in tanto

dovremo tornare
in ginocchio

a questo deposito
– di verità

Bologna, 4-12-’18

L’amore che non possiedo

Amore contraddittorio
urlare poi piangere
come se fosse sadomaso
e non stare tranquilli
nelle proprie torri d’avorio

Amore totale
nei mille modi dell’anima
una completa devozione
segreta
con la faccia normale

Amore sincero
che non conosci il percorso
ma hai coraggio per due
per tutti e due
nell’imboccare il sentiero

 

 

 

Bologna, 2-12-’18

quel parlare calmo

C’è un tono che convince a calmarsi
a calmarsi dentro
anche se non si era agitati fuori
c’è un tono che vorresti risentire
nel suo primo attacco disarmato
e nel suo avanzare piano, profondo
è un parlare che sa di terra e di alberi secolari
che viene sicuro dai continenti
che abbraccia il mondo e quello che credi il tuo
c’è un tono che è famiglia, ma non è ruoli
è lo stesso degli psichiatri, ma alla fine non li paghi
c’è una cadenza che fa cedere le armi
e un’intenzione che si percepisce d’amore
non può non essere reale

c’è un uomo buono
e tanti lorsignori,
c’è un uomo buono e tutti attori
uno sincero e non mi par vero,
c’è una preghiera, caro amico,  che diremo insieme

Quando? Dove?
Lontani nel mondo
la sera a modo nostro vicini
e allora ci sveglieremo nei primi mattini,
dovunque saremo,
a fare scherzi di carnevale,
a togliere le maschere truci
agli uomini buoni

 

 

Bologna, novembre ’18

Essenze

Una sfumatura
di luna
all’imbrunire
va a finire sulla tenda
quasi a lasciarvi
un’essenza di arancio

 

Colunga, novembre ’18

Illusione ottica

Sorprese
mi prese

sorrise
mi disse

che nessuna emozione

dolore

avrebbe più potuto
così ferirmi

io, che non seppi mai
se provocato
o improvvido,

avevo violato
ciò che è sacro

Colunga, novembre ’18

La foglia secca

La foglia secca
dal ramo ha preso il volo
sopra il rivolo
verso la diga naturale
fatta di sassi e di legname

La foglia morta
ha trovato la via
lungo il torrente
dopo aver girato a lungo
nello stagno

E ora si lascia andare
verso il mare
per sentirsi viva
per la sua morte dentro
per avere un senso

Ci saranno tappe
nei cespugli
sporgenti dagli argini del fiume
ma non ci sarà compimento
nella loro linfa vitale

Sarà l’acqua che scorre
la sua vita e il suo affidamento
di foglia persa

il suo grembo movimento

Apparterrà
solamente
al mare

Gli apparteneva da sempre

e la cullerà

 

Colunga, 25-11-’18

Game over?

Lo spread ci dicono non è un problema astrattamente finanziario, ma incide pesantemente sull’economia reale. È vero. Ed è anche vero che queste dinamiche siano ampiamente influenzate dalla politica. Proviamo ad immaginare come sarebbero andate le cose se gli attori di questa crisi europea, invece che mettere all’indice l’Italia prima di vedere gli effetti della manovra finanziaria, avessero mostrato rispetto per ciò che era logica conseguenza, in un Paese sovrano, del voto del 4 marzo. Non è astratta di per sé la politica, non lo è l’economia, non lo è nemmeno la finanza. Esse sono variabili dipendenti delle relazioni concrete tra persone, gruppi, territori, capi politici, capi di stato. La minacciata procedura di infrazione all’Italia, Paese fondatore dell’Europa, too big to fail, sembra anticipare il declino dell’Europa dell’astrazione, tutta regoline e regolette, salvo infrangerle per i protetti, interessi segreti e non detti, ideologie gloriose e atti spregiudicati, a condizionare i mercati, pur di affamare chi dissenta, chi tenti strade nuove.
Ciò a cui si attacca pervicacemente il 60% degli italiani sembra ai commentatori qualcosa di inspiegabile.
È il reddito di cittadinanza, sono le pensioni, è la sicurezza? Io credo nessuna di queste cose presa singolarmente, è probabilmente un istinto di sopravvivenza, perché la società dell’astrazione ha fatto crescere a dismisura le diseguaglianze e l’impoverimento, nonché la violenza e il degrado delle nostre periferie. E che dire della disoccupazione? Che dire dell’emigrazione intellettuale al Sud? L’astrazione dal sapore neopagano che ha dominato l’Europa del trentennio liberista – infatti – non ha più saputo guardare alla vita concreta delle persone e all’umanità delle loro relazioni. Politicamente, nel segno del socialismo e del popolarismo (che –ndr – avrebbe dovuto avere una visione cristiana, mentre i suoi esponenti sono stati per decenni i paladini dello status quo) la Commissione europea ha sbandierato la parola solidarietà strumentandola in modo discutibile (vedi Ong che operano nel Mediterraneo) senza favorire lo sviluppo di un comunitarismo civile tendente realmente al bene comune. Ciò che ogni uomo crede come ideale di vita diventa sacro quando egli lo mette in gioco nella relazione con gli altri. Ma chi, a Bruxelles, ha voglia di mettersi veramente in gioco, invece di avvalorare le proprie stantie idee economiche con l’ostracismo di ogni novità, con la minaccia e, di fatto, l’uso cinico dei mercati? Diversamente sarà game over sulla discussione, ma anche sull’Europa.

Pietro Lorenzetti, Bologna, 24-11-‘18

Una sveglia per tutti

La Commissione europea ha bocciato la manovra finanziaria italiana e presentato uno studio sull’evoluzione del debito pubblico dell’Italia che di fatto apre, dopo la consultazione degli Stati, alla procedura di infrazione.
Ciò sempre che sia vero che l’Italia sia davvero così isolata. La verità è che se il debito pubblico non è l’esito di questa finanziaria, ma della decennale storia dell’Italia nel dopoguerra, esso è semplicemente preso a pretesto per una bocciatura dal sapore politico. Probabilmente, almeno finora, non è stato fatto abbastanza per evitarla da parte degli esponenti del Governo italiano, anzi la politica del “tanto peggio, tanto meglio” sembrerebbe giovare agli oltranzisti del “prima gli italiani”. Ma la conferenza stampa dei commissari UE a mercati aperti e con la motivazione di un incremento del debito e di un’assenza di politiche di crescita non fa che gettare benzina sul fuoco.
Io credo che l’Italia non si possa salvare senza Europa (non con questa Commissione intendo però) e che l’Europa non possa fare a meno dell’Italia. Bene fa Salvini a non volere accettare più un’Europa in cui l’Italia subisca solamente le decisioni altrui. Anche la Germania e la Francia stanno attraversando una crisi profonda. Ciò che attraversa quelle Nazioni e quei popoli non è più rappresentato dalla classe dirigente e dalle sovrastrutture politiche di Bruxelles.
Moscovici e Dombrovskis hanno detto che la procedura di infrazione avverrà a seguito di una consultazione degli Stati membri. Ha scritto Sapelli che la Germania ci stupirà.
E’ certo che l’Italia ora non può più fare a meno, anche in un’ottica sovranista, di allearsi con qualcuno. Non basta fare affidamento sull’appoggio di Trump e di Putin, che probabilmente vogliono usare l’Italia come grimaldello per far saltare l’Unione europea. Salti pure questa Unione, ma non con tutti i filistei. Occorre iniziare a preparare, da questa circostanza del tentativo di comminare all’Italia una procedura di infrazione, nuovi termini di un’alleanza tra i popoli che hanno fondato l’Unione. I Capi di Stato di Germania e possibilmente Francia devono capire che anche nei loro Paesi c’è un’onda sovranista che intende bilanciare anni e decenni di esproprio dell’autodeterminazione dei popoli da parte di Istituzioni che non sono espressione del voto popolare e di politiche lontane dal bisogno di sicurezza e di identità. Ma Salvini rifletta sul fatto che nessuno si può permettere anni di sovranismo disgregatore e di arroccamento all’interno dei singoli Stati in barba a qualsivoglia esigenza/istanza di collaborazione (a diverse velocità naturalmente) tra i Paesi dell’Unione. La storia è lì a ricordarci ciò che hanno rappresentato i popoli europei all’origine stessa della fondazione/civilizzazione della Russia e dell’America. A differenza che in passato un ruolo peculiare i popoli europei non potranno più svolgerlo senza preservare forme di collaborazione politica tra loro, che rappresentino – non da ultimo – una garanzia di pace.

Pietro Lorenzetti, Bologna, 21-11’18

Blu

Fa chiarezza
questo blu veneto di vento
sfogliando terra, cielo
e coscienza

Poi sarà
ovunque sarà,
più futuro
che ricordo

Monselice, 17-11-’18

Verso la foce

(Io so bene quando il mio fiume
ha rotto gli argini)

E questa piena che non dà tregua
ha già dentro

un lento ritorno di mare

Bologna, 10-11-’18

Un cuore cerca l’aurora

Un cuore desto cerca l’aurora
all’ora solare
fa luce presto
nel nostro giardino

E’ il mio, è il mio, è il mio
dichiara l’amore su ogni gradino,
uno più sconnesso dell’altro

Dà accesso a sperare le nuove giornate

Solerte nel farmi strada
fino all’alloro,
al di là delle staccionate,
in piedi
dormono fieri e assorti i cavalli

Tutto il cielo avvolge
la povera terra,
entrambi chiedono al cuore

di trasformare
l’incanto
in estasi

Colunga, 9-11-’18

Il nome in fondo alla mail

Il nome proprio per esteso in fondo alla mail
Benedetta, Paola o Francesca,
quasi una scusa
per non scrivere cordiali saluti –

Tremanti,
l’umanità tra mani,
lievemente nodose,
che te le immagini –

Ti ricordi
dolci visi di donne lombarde,

amabili guerriere,
sarebbe sicura la casa comune
in loro mani

Bologna, 8-11-’18

Occhi dubbiosi

Stanchi gli occhi del mattino nebbioso
lo affollano

Mai stanchi di vetri opachi
gli occhi dei matti

E anche i gatti, che vorrebbero capire,
lavatisi i musini che non sanno ridere,
ti fissano con gli occhi dubbiosi…

Io alla finestra – alito e scrivo
un po’ gatto
un po’ matto
un po’ stanco

Colunga, 3-11-’18

Non c’è identità senza pace

Tutti sembrano già in campagna elettorale per le europee. Eppure nessuno, al di là di coloro che intendono riproporre uno status quo insostenibile, dice che Europa voglia in prospettiva. Quella che conosciamo ha garantito per decenni la pace perché ha comunque rappresentato uno spazio di dialogo e incontro. Ora pare che viga un altro principio, se vuoi la pace mostra i muscoli, alza la voce, metti in chiaro i tuoi interessi che vengono prima di quelli degli altri. Non è un caso: l’attuale costruzione europea, incapace di gestire la globalizzazione, i flussi migratori, la biodiversità economica e sociale ha portato a un impoverimento culturale, sociale ed economico. Un uomo si riconosce in una comunità quando avverte un’identità tra il sentimento dell’io e quello del noi, entrambi scoperti come dono di una storia e di un destino comuni (per chi crede, di una trascendenza). Ora è interessante notare come l’Europa mentre (obtorto collo?) rappresenti tutt’oggi una tutela del nostro patrimonio economico (il 66% degli italiani non vorrebbe uscire dall’euro), essa sia una comunità nella quale la maggior parte delle persone non si riconoscono (almeno dal punto di vista politico). Prima gli italiani. “Si vis pacem para bellum”. Questa posizione rappresenta una tentazione sottile ma pericolosa. Essa riproduce l’errore che vorrebbe curare. Anche qui infatti non si capisce che l’identità non è qualcosa dato aprioristicamente, ma qualcosa che si costruisce nella relazione con gli altri. In tal senso io e noi, italiani ed europei, siamo espressione di un’identità che si scopre come dono cammin facendo. E’ evidente che, se in questo cammino il sentimento che domina la relazione con gli altri è quello di ostilità, di prevaricazione, ciò può illudere di tutelare maggiormente i propri interessi, ma dimentica che il modo migliore di promuoverli è stabilire invece un’interessenza con i propri interlocutori, per cui occorrono capacità di dialogo, pazienza e tempi adeguati.
Se i sovranisti non hanno intenzione di uscire dall’euro (la qual cosa sarebbe lo sfascio) dicano che Europa politica vogliono e si candidino a guidarla con un programma chiaro e realistico di priorità, alleanze ed equilibri.
A chi dice prima gli italiani, prima gli ungheresi o magari prima i catalani chiediamo, incalzandoli, come pensate di ristrutturare l’Europa, sulla base di egoismi nazionali, o c’è dell’altro? Come garantirete una ri-costruzione pacifica?

Pietro Lorenzetti, Bologna, 31-10-’18

Sangue da attaccante

…e sarà come lasciarsi andare
spinto in area dal tuo rivale,
prendere deciso in mano quel pallone
e quelle segrete indecisioni
che solo i difensori conoscono

…battere il rigore
dalla parte opposta del portiere,
col sangue freddo e raffinato
che solo gli attaccanti hanno,
non ricordo se quel giorno a Prunaro
eri raffreddato, come accadeva non di rado…

Oggi e domani hai esami,
importanti…
e vai malato, ma ti distingui
da lontano, dietro la rete,
mentre prendi la rincorsa…

Bologna, 29-10-’18

Cielo verticale

Lasciamo passare il tempo
la prima sera di ora solare,
qui nella campagna
davanti il cielo verticale,
plumbeo schermo
oltre le colline

Scorrono titoli di coda,
se eravamo noi gli attori,
forse, abbiamo desolato
la platea…ci diciamo stretti stretti…

Colunga, 28-10-’18

Il giardino di casa

C’è un rintocco interiore
quasi
come quello
di una chioccia campana…

Che mi fa scrutare ogni ramo, nido,
fino alla chioma
rovesciata a specchio,
dell’albicocco

Erba rugiada, le impronte,
la mattina presto
cerco –
un luogo aperto,
una preghiera grido,
scommessa sottomessa,
agli affetti, impronte realtà

Le foglie rame
gli occhi commossi,
nascosti allo strame
dei cavalli ghiacciato

La terra irradia
a tutto il giardino bagnato,
stagno riflesso,
i colori
di un presagio di sole

Colunga, 22-10-’18

Pur di non sfiorire il presente

Infanzie e lunghe semine
passate veloci come un viaggio
poi compagni ostaggio
senza inizio e senza fine,
inutile chiedersi quando
forse alla luce nascente di un mattino
del destino cercatori
del nostro cammino nuovo
attraverso inutili viaggi,
durante i quali ho imparato
a rispettare le pause
nei discorsi, o a calpestarle
pur di non sfiorire il presente
delle parole importanti
e il domani
delle margherite di campo
– ad ottobre.

 

 

Bologna, 15-10-’18

“Sere d’estate”

Mi ricordo sere d’estate,
l’amore dei bagliori ultimi,
sulle montagne gli amici
e scendere per mano

Poi siamo diventati destini senza,
lentamente ci siamo allontanati,
amare e andare
è impossibile agli adulti

Contare gli anni e ricordare i morti,
solo i figli hanno avvenire,
facciamo pure come gli stregoni,
ma il sole non è dei buoni

Ora i cuori non fanno più scorribande,
lentamente ci siamo allontanati
ognuno è diventato grande
ed è rimasto indietro

 

Bologna, 12-10-’18

Vendemmia

Gli ultimi acini dorati
sono sfuggiti alle mani,
al primo raccolto, sarà tempo,
oh sì verrà il tempo…

Sarà quando il tuo fratello di graspo,
già colto, ti chiederà di ricordargli
il bagliore di quando non era mosto,
il turgore di te che non sei morto…

Di te che lascerai la vite
naturalmente, come per marcire,
come fece agli inizi il seme
nell’utero della terra…

Saremo comunque vino
nonostante le tue giravolte nel tino –
fammi vedere ancora un attimo
un flash di sole e uva bianca…

Bologna, 10-10-’18

Il graspo

Veniva la sera
e mi domandavo il perché
fosse grama

Di sorrisi
e di soddisfazioni
e anche di pensieri
positivi,
come chicchi, come uva
strappati dal graspo –
e l’umore instabile
che hanno oggi i ragazzi nei talent

Non sapevo fare domande
e non sapevo rispondere
ad alcuno,
c’erano soltanto amici o nemici:
io, apparentemente colpevole
e poco ragionevole
verso un mondo chiuso e perfetto

Ora, qui, fumano la terra e i camini:
che sia il virgulto
o l’uva matura,
la vita da adulto
scandisce la pace del prendersi cura,
dell’uno
e dell’altra,
in un mondo a stagioni variabili

 

 

Colunga, 7-11-’18

Comuni amanti

Con un salto di passione cobalto
il cielo ti strappa
sospiri d’amore

Sapessi come è riposante
saperti di lui
comune amante

 

Marina Romea, 9-09-’18

Dopo Ferragosto

Tace il largo mare
che solca il cormorano
– alto il gabbiano ardito –

Mareggiate veementi e seducenti
spiagge abbandonate

Ora non sarà più lo stesso
ritornare qui

A vedere morire la stagione
a godere quel che ne rimane
a sentire parlare di altri mari

 

 

Marina Romea, 18-08-’18

Mareggiata 2

Si son rifrante
le onde di sole levante
dalle isole
al largo
nitide allo sguardo

Stanotte
il mare ha pianto
il suo sgomento,
ma ora tortura il giorno
come il lamento delle tortore

Giornata
tersa
di una  speranza mai persa
la salsedine addosso
più maschia dell’acredine

 

 

Marina Romea, 16-08-’18

In viaggio dopo la crisi

Sia le crisi, in senso personale e sociale, sia il mettersi in viaggio, come esperienza esistenziale o caratterizzante una certa temperie storica, presentano rischi e opportunità. Ciò è risaputo.
Si fa però fatica a intravvedere quali siano le opportunità offerte dalla crisi epocale iniziata nel 2008 e in Europa più acutamente nel 2011, che oggi, aldilà dei timidi segnali di ripresa basati su indicatori economici parziali, lascia una serie di problemi strutturali sul tappeto a cominciare dalla disoccupazione e dalle prospettive per i giovani.
Nonostante le iniezioni di denaro della Bce, i soldi per affrontare questa congiuntura, l’Italia non li ha a causa del debito pubblico iperbolico accumulato in decenni di politica clientelare e irresponsabile.
Quando non si intravvedono le opportunità nuove che una crisi apre è fatica identificare delle vie d’uscita, un percorso possibile. Si rimane come paralizzati, si discute, si dibatte e ci si dibatte senza costrutto, come spesso in questo periodo avviene sui social o nei talk show televisivi. E’ difficile dunque riprendere il cammino, mettersi in viaggio.
Invece di urlare, bisogna fare un po’ come gli indiani, cogliere i segnali deboli, sapere ascoltare.
Un primo segnale, che è debole in quanto difficile da cogliere sotto la caciara dei suoi stessi vessilliferi, sta nella pars costruens, positiva, dell’ondata di sovranismo imperante. Da un lato si tratta di bilanciare un’ideologia e una pratica buonista della globalizzazione che ha prodotto disastri, anche in questo caso perché non se ne seppe vedere il valore che avrebbe avuto se colta come opportunità.
Dall’altro lato, la sovranità trattiene quegli elementi di sicurezza e di identità che consentono di avere scambi commerciali, nonché collaborazioni culturali e politiche, nell’ottica di un mondo inevitabilmente globalizzato, in modo equilibrato.
Un secondo segnale debole è dato dalla generazione dei più o meno ventenni di oggi (e ovviamente anche dei più giovani): essi si sono formati nel periodo delle scuole elementari e medie respirando a scuola e in famiglia il sentimento della crisi, l’incertezza su cose che prima venivano date per scontate: ciò li ha resi più maturi e forti dei giovani di qualche anno prima (tagliando con l’accetta).
Un terzo segnale debole è offerto dalle molte forme di economia di condivisione che vedono protagonisti giovani e meno giovani, laureati e non, come nel caso delle svariate piccole e medie imprese destinate al fallimento e invece rilevate dai dipendenti a rischio di licenziamento e da questi poi gestite in forma cooperativa.  Senso della sicurezza e dell’identità dei popoli e delle nazioni, insostituibile funzione degli Stati per il bene comune, rinnovate e nuove collaborazioni geopolitiche, valorizzazione del senso di responsabilità e nuove visioni di cui i millennials sono portatori, economia di condivisione non come mantra ideologico, ma come immissione nel sistema capitalistico di germi di novità radicale. Sono solo alcuni dei segnali deboli positivi sotto gli occhi di tutti. Tanti altri se ne possono trovare scrutando la terra e il cielo dell’esperienza, per esempio nella sfida posta dalle nuove tecnologie e dalla robotica.
Ciò che accomuna questi squarci di realtà è l’aver dovuto fare violentemente i conti con l’esperienza del limite, praticamente sbatterci contro. Forse il segreto che possiamo ascoltare nelle nostre notti insonni sta proprio nell’accettare il limite come amico del desiderio. Perchè può rilanciarlo, può riformularlo, renderlo nuovamente creativo, a condizione che non si sia soli.
E’ una necessità per ciascuno, per vedere dove andare e rimettersi in viaggio.

Pietro Lorenzetti
Bologna, 11-08-’18

Tormento

In un momento
in un punto
di tutta la spiaggia
il sole si è fatto
improvvisamente
riflesso –
quando hai sciolto
dietro il lettino
i tuoi capelli
così poco inglesi
castani, sempre
più chiari e mossi
vicino alle punte

Li hai lasciati liberi,
li hai accarezzati ridendo
con il tuo compagno
senza sapere
di risplendere –
senza sapere
che da lontano
eri capitata qui
per questo preciso
motivo

Li tormentavi
li grattavi
forse perché
non ti raccapezzavi
negli itinerari
del Conero –
il sole intanto
non si raccapezzava più
nei tuoi capelli

Numana, 9-08-’18

a forma di cuore

Acciottolati
una mattina
a Numana
sulla riva
‘siamo stati’

A scegliere
i più levigati
di quella forma
e innamorati
a splendere

A cercare sassolini
nella confusione
tra gocce d’acqua
e gocce di sudore
all’Amore più vicini

Numana, 9-08-’18

Quasi estasi

Rifrange la risacca
e si spacca
sulla ghiaia tonda
la leviga. Come mani
sulle tue spalle, date al Conero

Calura
senz’ombra
neanche sotto le due sorelle

Un ragazzo contornato da belle ragazze
seni splendidi

Un antico senile senso di inanità
che apre al pensiero dell’infinito

In un attimo tu che mi schizzi. Presente.
Rovente. Occorre vivo come il fuoco,
quasi fisico il sentimento di appartenersi tutti

Ciò che scioglie la stagione timida è qualcosa come l’estate

Numana, 8-08-’18

Pienezza

Direbbe che nulla basta
all’animo umano –
dal colle di Recanati
rimane una mancanza soffusa

E il Dolore –
a volte crudele e preciso
rimane tutta la giornata
anche nella canea di Numana

Ma il ricordo delle verdi
sfumature piene di mare
ringiallirà controluce i girasoli bruciati

La collina stasera non dimentica niente
la mancanza e il dolore
la pienezza e il nitore

Recanati, 7-08-’18

La tua mano

Con le tue mani forti e già segnate
hai sollevato proprio stamattina
il tombino del degrassatore,
ma come ‘prova d’infanzia’,
ho trovato tra le mie cose
il calco della tua mano bambino,
che mi regalasti per la festa del papà

Segno d’appartenenza alla strada
lungo la quale saremmo
poi andati per mano

Segno – così aperta – d’accoglienza,
come per darla fiduciosi

Segno di personalità

Segno di impegno,
che fosse sul diritto commerciale
o a raccogliere patate

Segno di un’impronta tutta tua,
quasi impronte digitali,
che poi e poi e poi
lascerai
sulla strada e negli altri

Devo dirti una cosa:
poche volte mi hai abbracciato,
è così – si sa – tra uomini,
ma la tua stretta è
come un riparo in un granaio
durante un pellegrinaggio:
non si dimentica

Colunga, 4-08-’18

Nel Corso

Cosa siamo nel Corso
tra uno sguardo e l’altro
se non la casa in fondo,
cosa siamo nel corso
della nostra vita d’affetti
se non i nostri condivisi progetti?

Portovenere, 2-08-’18

Il cappello di paglia

Di te ho visto
solo gli abiti
succinti,
estivi:
forse il più importante
un cappello
sui capelli
ribelli
(e lunghi)
di paglia
che al sole
delle isole
avrebbero forse preso fuoco

Tu, come una strega
col tuo infantile
abitino
rosso pastello
a pois
bianchi
e le adidas
quelle bianche

Ti sei fatta un selfie
e solo
allora
ho notato
che eri da sola
coi tuoi capelli rossi
al sole, al vento che portavano via
la gonna
il cappello,
l’anima

Baia di Portovenere, 2-08-’18

Le bocche

Le bocche

Oltre cui s’increspa
il mare fuori rada

Socchiuse sere taciturne qui,
all’estremo

Segreti dei poeti
nasconde
per poco
ancora il Golfo

Turisti distratti poi attratti
dal segreto di Dio
che si spalanca oltre le rocce

ammicca imponente e
rassicura sorridente

Portovenere, 2-08-’18

Portovenere

Lugure, profondo blu
compagno di un anno
che non inaridisce ma inghiotte
oggi è un ritorno da te

Poi Tinetto rinverdito chiaro
riflesso di mare
che mi fa il pieno d’affetto
nel cuore svuotato

Il Golfo prende il sole da Est
e il mare da Nord,
c’è un lieve maestrale stamane,
ma trionfa antica di luce –

Portovenere

Isole Palmaria, 2-08-’18

Raticosa

Oltre il Passo
è un largo andare
di montagne
paesi lasciati
e ritrovati
più per l’eternità
che per il presente

Oltre lo stridore
sull’asfalto
– cielo di cobalto –
i cartelli di lamiera
stridono gli occhi a ricordare
bambini senza età
nella stagione delle castagne

La vita è un passo dietro l’altro
come la Futa
oltre lo spiazzo di centauri
della Raticosa

Bologna, 29-07-’18

Come te

Te stesa
Tu attesa
Logora
Sfolgora la pelle
E non dice
Né maledice
Accetta
Ama, le spetta
Come a ogni dea
Una gloria d’orchidea
Se fiore maturo
Non viva più duraturo

Marina Romea, 28-07-’18

In superficie

Pollicino nella fiaba
ritrova la strada

Dispersione di meraviglie
nel fondo trasparente

La proporzione di conchiglie
come una donna che esce dal niente

Di sassolino in sassolino ritrovare
il senso che appartiene al mare

Dove sale il sole e stare solamente
in superficie –

assaporare la fiera vittoria
della luce del mattino

Marina Romea, 28-07-’18

Nella mente

Luna sul mare
sarà,
per una notte
o per sempre,
in questo lembo
di niente

Tacere finalmente
di cicale

sceneggiatura

un nudo integrale
di pineta

Marina Romea, 22-07-’18

Il cielo domina il mare

Il cielo domina il mare,
ribolle chiacchiere
incomprensibile la riva
– tranquilla
come risorgiva
di verdi risaie

Un gabbiano confonde le ali
nelle nubi bianche,
domina il pensiero
impresso di lui
un desiderio
inappagabile di cielo

Ma piomba a picco
nel chiacchiericcio
smette di volare
in cambio del mare
un’altitudine infinita
in cambio della vita

Marina Romea, 21-07-’18

La forza per che cosa?

Si dice che la cifra della politica e dei governi populisti sia la forza.
Non solo nel senso di un atteggiamento ‘muscolare’ nell’affrontare i problemi, ma in quello più nobile di trasmettere fortezza, che è una virtù cristiana, e protezione al popolo. L’origine di questo carisma politico consisterebbe nella mancanza di paura del nemico, di paura del contesto incerto, del futuro e del limite.
Non voglio attribuire un’attitudine e una cultura da superuomini, sia che si tratti di pretesa superiorità morale o di spirito patriottico, a tali leader, ma indubbiamente la stessa definizione che qualcuno ha coniato di cattivismo la dice lunga sulla loro assenza di scrupoli e sulla loro bassa soglia di senso del limite.
E’ stato osservato da Mauro Magatti che il ripristino di un legame tra la politica e l’evidenza di una tutela della sicurezza del popolo è qualcosa di cui tener conto e da cui non si potrà tornare indietro. Lo stesso sociologo ha altrove notato che però una siffatta politica è solo apparentemente rassicurante in quanto essa trasmette bene le sue intenzioni, ma non può allo stesso modo controllare il corso degli eventi che contribuisce a innescare.
Ora è chiaro che una buona dose di politica ‘movimentosta’ per dirla con Davide Rondoni servisse: troppa incertezza, troppa insicurezza, troppo buonismo, troppe sottovalutazioni quando non svendite degli interessi del nostro popolo, troppe speculazioni su di esso, troppo potere delle tecnocrazie europee e italiane.
Arriviamo non primi a questa stagione, ma vi arriviamo mettendo al governo i paladini di un populismo che nelle nazioni dell’Europa occidentale non aveva ancora sfondato.
Ciò significa che gli italiani siano più propensi a sostenere ‘l’uomo forte’? Ha scritto Antonio Polito dalle colonne del Corriere della Sera che negli italiani vi è in realtà un profondo spirito democratico che ama decidere i suoi governanti nelle urne, ma il giorno dopo è pronto a riprendere la discussione con netto spirito critico sulle decisioni adottate dalla maggioranza politica, che di buon grado vede sottoposta ai bilanciamenti posti dalle altre Istituzioni di garanzia previste dalla Costituzione.
Vien da domandarsi se persone come Matteo Salvini, cui i sondaggi attribuiscono un crescente consenso, sapranno, non solo ora, ma in presenza di un’eventuale maggioranza pressoché assoluta al loro partito, rispettare ancora le citate prerogative costituzionali.
Io non penso che si possa contribuire a risolvere positivamente tale preoccupazione pretendendo, da lui e da altri leader spericolati, una maggior dose di quel senso del limite che nel loro stesso disegno in questo momento devono, e devono saper dimostrare, di superare e talvolta infrangere.
Ciò che si può pretendere è piuttosto una prospettiva strategica: che si dica chiaramente dove si vuol portare l’Italia e, per quel che dipende da essi, l’Europa, oltre questa contingente fase necessariamente difensiva e di tutela in senso sovranista.
La realtà si occuperà di dare lezioni di realismo, ma oltre il realismo occorrono gli ideali, occorre dire l’ideale di Paese e di collaborazione tra Paesi che si persegue, che è l’altro ingrediente della politica, come il lievito per il pane. L’ideale di convivenza politica a cui si vuole portare l’Italia va dichiarato subito e condiviso con il popolo. Popolo che non è giusto trattare da isterico tifoso di questo o quel provvedimento propagandistico, ma va reso protagonista di un grande afflato di ricostruzione. A meno che non si dica che l’ideale è salvare il salvabile, soprattutto la propria irresistibile ascesa politica.

Marina Romea, 14-07-’18

Piccolo universo

Quando del grano rimane
più niente da mietere
c’è un’estensione dello spazio
le colline, le nuvole bianche, a salve…

E mentre chi ara
benedice il cielo e santifica la terra
sudando,
perché amare non è roba da gatti

Una lunga storia riparte
alle otto e mezza
per arrivare
nel bel mezzo del luccichio del mare

Brilla ancora e ancora di quasi luglio
diverso poi al girare del vento
il pomeriggio scirocco –
ed è già ritorno –

I randagi in amore le
nuvole rosastre le
brune colline
hanno vegliato gratis

l’universo
strano
dell’aureola –
dei pini marittimi

Colunga, 30-06-’18

Duna

Addosso onde di brezza
sopra questa duna breve,
baldacchino
del mio corpo non più giovane

Rinfresca e vola lo sguardo
gabbiano lontano
dalla duna, il dardo
la contemplazione

Tremi una canzone
di quando le spiagge
erano tuo figlio e i tuoi muscoli

Dolore nel frattempo,
amore azzurrità
tuo figlio e una poesia

Marina Romea, 30-06-’18

Ciottolo di torrente

Non so cantare
cari orchestrali
e sapete anche
che il ritmo
non è il mio

Con fragore
il torrente
di montagna
ruzzola via
man mano
i ciotoli
sul greto
li ricompone
pian piano
più a valle

Dove un bambino
stupefatto
dalla lascivia
del sasso
conterà le battute
sul flusso eterno
delle acque

Bologna, 26-06-’18

Campagna dell’Idice 2

Racconta il vento della valle dell’Idice
di un tempo lontano che si sente vicino,
al contadino che lo vede mulinare nell’aia
e al cavallo che imbizzarrisce nella rada,
sa di mare e di vele ancorate che sventano,
strano antefatto collinare che già
alligna ulivi vicino alle viti,
aspetta, indugia, corteggia
i pioppi spettinati
– speranzose tortore che si librano e stanno –
poi vanno a prendere, a nutrire, a proteggere
i piccoli nelle fronde fitte,
le attorcigliano in nidi sicuri,
mentre sussurra
il fiume, la valle, il vento
– sale di tono la sua epopea:
quando rinforza urla
e allora anche i bimbi
si rifugiano,
in angoli nascosti dalla paura,
che sia sicura la tempesta
parabola forte del tempo –
il vento non si stanca di raccontare questa fiaba
che aspetta un finale,
per ricordare
alla piana
che c’è la collina,
che c’è il mare
e dopo una giornata intera,
ogni sera
proprio a queste coordinate si sposano,
così da abbracciare
il mondo
per poi ricominciare

Colunga, 24-06-’18

Casa

Dall’inferriata
da cui si vede il pioppo
come una claustrale
di là dalla grata
fa’ che non venda la mia anima

Coltiverò così
il giardino dei conventi

Vita, che dà di scoprire
le stanze obbligate
divenire nel tempo le più libere

Colunga, 23-06-’18

Pioppa

La chioma della pioppa centenaria
in primavera potata,
all’imbrunire attirava
la mezza luna lucente
nel suo cono d’ombra
e una piccola stella, forse la prima.

Dovevamo tuttavia convenire
che gli astri giocano
con le piante e con le vite potate
a loro piacimento –
come la brezza di una tarda sera estiva
che le faceva sussurrare.

Bologna, 22-06-’18

Ride la risacca

Questa poesia è stata
prima amata o creata?
Lo so che su Dio,
a far come gli antichi,
si sbaglia, ma deve essere stata
una cosa simile a questo mare.
E se son vere le teorie,
addirittura lo ha visto dopo,
lo sta vedendo adesso.
Anche io, che il mare lo guardo,
sono creato adesso.
Mi crea imperfetto,
primordiale,
ma con la libertà di dire no,
così ci creò, così ci volle, folle:
amore.
Che per Te, dai primordi al mare
era tutto prevedibile,
ma la nostra, la mia storia
di uomo no:
chi sei tu (?) che scuoti le onde,
e insieme col sole,
sul bagnasciuga ridondano,
che ami da sempre
il mio essere creaturale,
senza sapere niente
in anticipo
del bene e del male
che avremo scelto
e del finale…
Della mia poesia che ride
come righe di mare
su fogli bianchi di risacca.

Marina Romea, 16-06-’18

Suggerimenti 2

D’accordo non ti basteranno
e saranno solo un punto di vista
soltanto poveri gesti
parole tremanti
lo so non ti basteranno
per trovare la rotta
mi basterà che ti abbiano insegnato
un poco ad ascoltare i venti, il mare
e il sibilo dei suggerimenti
di chicchessia
chissà dove sarai
quando ricorderai
parole e gesti miei
sappi che allora
e solo allora
saranno miei
saranno tuoi,
saranno.

Bologna, 14-06-’18

Aquarius

Il caso della nave Aquarius con il suo carico di migranti, aldilà degli aspetti di natura procedurale in esso implicati, che in questa sede non si vuole, né si può prendere in esame, ha fatto esplodere la contraddizione esistente tra un certo modo di intendere l’interesse nazionale e le esigenze di una solidarietà verso i migranti che da anni sconta molti limiti.
E’ evidente che tra “prima gli italiani” e “accogliamoli tutti” è impossibile una sintesi. La contraddizione si fa agghiacciante alla luce di una sorta di “dottrina Trump” in salsa salviniana dell'”alzare la voce fa bene”, che nel caso del Presidente americano ha voluto dire in neanche due anni rischiare la guerra nucleare con la Corea del Nord, aprire una guerra commerciale con la Cina e l’Europa, scatenare la guerriglia nei territori di Gaza a seguito dello spostamento dell’ambasciata a Gerusalemme, tirarsi fuori dall’accordo sul nucleare iraniano, bombardare la Siria, ecc…
Sembra che la dottrina Trump (l’originale; di quella di Salvini non è dato ancora sapere) in parte funzioni.
In effetti dal 1989 vi è stato un periodo di globalizzazione “buonista” (ricordiamo il “Fine della storia” di Francis Fukuyama) che non teneva conto con realismo della natura umana nella sua infingardaggine sempre riaffiorante e soprattutto del fatto che l’unità tra gli uomini va costruita nella concretezza della vita, sulla terra della solidità. L’amicizia tra le persone è un’aspirazione originaria, che però si realizza solo con un riconoscimento e superamento del limite, della contraddizione, del sentimento di ostilità.
Detto ciò, se la speranza non era la globalizzazione “buonista”, essa non può essere incarnata nemmeno dai vari sovranismi.
Se infatti i sovranisti, con la loro dose di populismo, hanno il pregio di evocare il popolo e talora di dargli voce, noi sappiamo anche che essi, oltre a interpretarne semplicisticamente le istanze, inducono il popolo stesso in una sorta di dipendenza paralizzante, nel senso che tendono a ridurre i termini dell’azione degli individui e dei gruppi alla reattività e alla delega della responsabilità al capo politico.
Poi c’è il tema dell’impatto educativo di tali decisioni e anche del loro contraltare.
Un ragazzino delle elementari o delle medie cosa potrà credere, credere e sapere, vedendo che il nostro Paese chiude i porti a una nave con 629 persone bisognose di soccorso e magari sentendosi bombardato da una propaganda ideologica di segno opposto camuffata da insegnamento?
E chi ricorderà a questi ragazzi che molte delle azioni di accoglienza e integrazione più concrete e qualitativamente efficaci le svolgono organizzazioni cattoliche?
Così, tanto per vedere la concretezza e dargli un nome. Insieme con altri nomi e volti naturalmente.
Poi c’è il cosiddetto “mondo di mezzo” che ha fatto i soldi sui migranti.
A tutto ciò non c’è una risposta. Siamo in viaggio.
Aquarius siamo noi, tra le promesse mancate della globalizzazione e i sovranismi che chiudono i porti. Li chiudono a chi ancora crede nella terra promessa dell’Occidente, mentre ad aspettarli c’è solo la terra di mezzo. Nel caso di Aquarius il mare di mezzo. Tra Italia, Malta e Spagna, Aquarius cerca un approdo.
Anche la nostra Civiltà cerca una terra di approdo nuova per sé e per altri popoli.

Bologna, 12-06-’18

Riflessi sul mare 4

La rifrazione del sole
che punteggia il mare
è un’esplosione
di confetti a un matrimonio.
Eppure al largo si stagliano figure
mai tanto precise a quest’ora,
la speranza è un giorno visibile
già oltre i riflessi del primo mattino.

Marina Romea, 10-06-’18

Afa

Questa vitalità ammazzata
di noia
ricorda
che non ci sarà causa diuturna,
che potrà saziare la sete infusa
di cose e di persone.
Sarà un lancinante continuo strappo dalla sete
di narciso,
un sereno, sicuro sentire,
assetato, inesausto amore.
L’afa stasera attende, esausta,
il perdono di un temporale.

Bologna, 7-06-’18

Davide

Davide va.
Davide è forte.
Gli dico, come fosse una scoperta,
che la vita è ruvida e impassa il desiderio,
gli dico che quando stride come bottiglie di vetro
rotte per scherzo dal destino,
io non ce la faccio, non scrivo più,
che non mi è ancora nata una creatura dal desiderio negato
(… è stato tanto desiderato e subito amato!).
Strane parole via cavo:
“se dici non mi è ancora successo, allora succederà
che il desiderio negato partorirà”
(desiderio-limite-creatività,
scrissi io stesso).
Quasi fosse una consolazione
Lui mi parla di impossibilità del desiderio
da cui nasce la poesia.
D’accordo carissimo Davide purché siano poesie di visi ridenti
e non di soli versi.
Daremo tutto il cuore.
E non basterà.
Diresti Tu.

Bologna, 7-06-’18

“Poster”

Andare lontano
sulla terra,
per mare,
per il nulla,
perso.

Io non voglio andare
in Tunisia
o a svernare
alle Canarie.

Il mio viaggio
è qui ed ora,
domani è adesso,
lontano è nei tuoi occhi,
nel moltiplicarsi
di questi sguardi
di mondo,
innamorati
come ad ogni nuovo porto.

E’ il mare
increspato
dalle ciglia
che scuotono come palma,
sulla riviera
delle attese
e dei ritorni.

Io non sogno
di morire
lontano.

Io sogno
di andarci
poi.

Bologna, 5-06-’18

Ideale e principio di realtà

Mi domando se tutto ciò che ho implicitamente e incoerentemente tentato di vivere fin da giovane a riguardo dell’affezione in tutte le sue declinazioni, dai rapporti amorosi a quelli amicali, all’amicizia civile non sia ultimamente illusione. Certo le differenze. Certo la fragilità della nostra natura umana. Certo i tornaconti.
Ma io vivevo con un sogno, probabilmente quello di uno stato fusionale, eredità del rapporto materno.
Ora è chiaro, era un sogno conservatore, era un sogno disincarnato.
Ma si può andare avanti vedendo tutte le differenze, le fragilità, i tornaconti e incarnare l’ideale di una collaborazione matura?
Io in questo frangente riesco a trovare speranza, come diceva Mons. Giussani, solo in “persone o momenti di persone”.
Questo tiene in vita. Sono piccoli miracoli quotidiani.
L’attenzione al miracolo è ciò che rende umano il vivere, che rende armonioso l’essere amati e l’amare.

Colunga, 4-06-’18

2 giugno

Le cortecce degli alberi sfumava ieri la calma serale.
E la calma mattina lima stamane il parlare di un padre
e di un figlio già grande.
La calma, come la brezza,
è una buona consigliera:
non so se sia frutto di meditazioni orientali
o se sia un dono di dio alle fatiche dei mortali.
Oggi pomeriggio rinasco in una culla di mare.

Marina di Ravenna, 2-06-’18

Giuramento

C’è un popolo che si è diviso,
che ha inveito nei bar e sui social,
contro,
sempre contro, che la sa lunga,
che il capo gliela farà vedere lui, sperem,
e intanto che lavorava
sputava,
lei dietro il camion fumava
che qui l’è dura
e bisogna pur sopravvivere.
C’è un popolo, identico, anzi lo stesso,
che sapeva che non era facile
e che non si scherza con il fuoco,
c’è un popolo che andava a lavorare
in ginocchio,
che non fosse vano questo lavorare
a giornata
e le pizze recapitate dai figli,
e lei con la cipria in un appartamento,
che bisogna pur sopravvivere.
Ma che non diventasse un peccato collettivo,
che non ci andasse tutto il Paese a puttane…
Le agenzie battono la notizia, c’è l’accordo,
come un’intonatura, come un la,
come un improvviso collettivo orecchio assoluto,
razza di puttanieri in quale notte stonata
avete imparato questa ultima umiltà
femminea e virile,
terrena e celeste?
Giurate, su questo popolo giurate.

Bologna, 1°-06-’18

Popolo non plebe

La crisi di sistema e lo scontro istituzionale di questi giorni e di queste ore vedono scalpitare un protagonista sulla scena pubblica, che dalla crisi del 2008 è più povero e sente calpestata quella che avverte come unica possibilità di espressione di una volontà di riscatto, il ricorso alle urne: questo protagonista è il popolo, a volte si parla di popoli, il popolo della rete, il popolo dei territori, il popolo del sud senza lavoro e prospettive, il popolo delle piccole e medie imprese del nord saccheggiate dal fisco e penalizzate dalle normative europee. Il popolo che sta tentando un’integrazione con i migranti che arrivano da oltre sponda e si sente trattato a sussidi.

E’ il popolo, realtà per sua natura creativa e plurale. Realtà impossibile a definirsi, ma che non si può immaginare se non fatta di legami, di famiglie, se non aperta, se non salda, se non in cammino. Le istituzioni tenderanno a scomporsi, a ricomporsi, a irrigidirsi, ad essere rovesciate. E’ comunque difficile prevederne il futuro. Ciò ci impone una responsabilità maggiore verso la nostra storia e verso il nostro futuro in quanto popolo, in quanto popoli nei quali, prima che nelle istituzioni statuali o sovra statuali, si gioca il bene delle persone. L’esperienza dei movimenti popolari dell’America latina, che può essere un’esperienza riproducibile non negli stessi termini in Occidente, è però un punto di riferimento. Quando Francesco dice pan, trabajo y techo, dice qualcosa di molto preciso che interroga il livello di benessere cui siamo abituati, ma soprattutto le modalità per garantire una dignità del vivere. Sempre meno lo Stato potrà garantire sicurezza e tutele. Nemmeno in antistoriche roccaforti chiuse.

Il cosiddetto populismo pare cogliere almeno in superficie tutto ciò e politicamente esprime anche rappresentanti e posizioni dotati di efficacia, ma ancora una volta corre il rischio di appaltare le proprie istanze alla politica, in un novello rapporto plebe-tribuno, che svilisce i tentativi, presenti anche in questi mondi, di vivere ed esemplificare rapporti di comunità. Nella vulgata populista il popolo diventa una caricatura di se stesso, si inveisce nei bar o sui social, ma cosa fare lo si aspetta dall’alto.

Ciò che assicurerà la persona come la corda di una scalata in montagna, sarà la fiducia che nella fedeltà di certi legami sarà custodita. E questa fiducia, questi legami, sempre aperti all’altro, rappresenteranno il punto continuamente generativo di popolo. Da questo rinascimento spirituale, ricomincerà creativamente, già sta ricominciando – si pensi alla sharing economy, all’housing sociale, alle tante forme di economia di comunione – una nuova capacità concreta di solidarietà, una capacità autonoma e una responsabilità condivisa e ordinata di risposta ai bisogni concreti della vita personale e associata.

E’ in queste forme di unità, di comunità, è in questo prendersi cura gli uni degli altri, che vengono coltivati ed espressi, come nei primi ospedali medievali, il riconoscimento della dignità sacra e inviolabile della persona e la consapevolezza di un destino comune e buono che non chiedono altro se non una vita appassionata e costruttiva, in qualunque condizione ci si trovi.

Bologna, 28-05-’18

Arrivati qui

Arrivati qui si svolta verso casa,
non c’è afa
di questa stagione, c’è amore alla sera
e ce ne sarà in quantità al risveglio.

Questa vita al tramonto riserva,
non direi il meglio,
ma il senso sapido e bello
del suo sorgere innocente,
spensierato,
del suo soffrire acuto e pubblico.

Un segreto per me ho tenuto
in ogni cominciare
e in ogni finire,
da svelare come un singhiozzo
di gioia trattenuta
e aperta al cielo…

Una teoria di amori e di amici,
il vero senso,
quell’odore,
quel sapore…

Sotto un cielo che abbraccia
la campagna e la città,
i monti e il mare,
amare

di un umano voler bene.

Bologna, 25-05-’18

Rose gialle

Ci si ritrova in un momento più vecchi
riconoscendo ciò che indica il segno
ai nostri occhi stanchi di mattini ‘falsi’,
la speranza che ha un nome e non altri,
così io son fatto della lana
marrone scura che ho ai polsi,
un po’ come vestivano negli anni poveri i nostri vecchi

Bologna, 15-05-’18

La ballerina

Ciò che resta del cristianesimo è la Grazia. Un giovane perché dovrebbe crederlo? Per avere vita anche dopo la morte a condizione di comportarsi bene in vita? In realtà donarci l’eternità è cosa di Dio. Perché credendolo si vive meglio? Non è la prima mossa del cristianesimo che chiede di credere un fatto…E crederlo non è cosa che viene da noi. Appunto, il cuore dalle ferite allargate, lo sguardo dalle sfumature moltiplicate e finalmente la ragione che non giura ma dice sì è vero: tutto ciò è Grazia, è ciò che rende alla realtà che ci è dato di vivere la grazia dolce e struggente di una ballerina.

Bologna, 10-05-’18

Olive e capperi

Nasce come un ritrovo in pizzeria
finisce come un incontro sulla via
a crocchi e capannelli
questa serata che non conosce cosa
riserverà il domani,
e ci si àncora ai figli,
si parla di loro per non parlar di noi,
ma lo sai che hai il colore dell’oro:
mento a mento il parlare
ripara una tentazione di disfacimento
e tu lo sai che hai l’argento:
ti ho di fianco, non ti vedo, ti so tranne quando…
Rita ha letto un libro
di adesso, una storia moderna
che parla di un ritorno,
sembra la speranza confusa,
trepidante, intrepida dei primi cristiani,
noi siamo quelli che aspettiamo
tra le incertezze della vita
e la pizza ben lievitata di stasera
una ‘chimera’, una nuova cometa
il filo che non si distrugge della seta delle donne…
Tu ridi e mi chiedi di ripetere,
sorridi, sorridi…
io non so cosa veramente tu creda di questa storia
io non so cosa veramente io creda di questa storia.
Questa sera però è così.
Per te, per lei,
per noi che ci muoviamo solo per la bellezza,
lo sguardo non sarà stato innamorato invano
e non sarà più mezzano, ma deciso e dolce,
si arrenderà alla sua profonda nostalgia,
che dice di guardare dentro
quel filo che c’è nella seta delle cose tutte,
è lo sguardo umano,
che a sessant’anni ama il futuro
come l’inestricabile dono
di dare vita,
di dare la vita
e di ancora ridonarla.

Bologna, 6-05-’18

Nell’argento dei capelli

Vorrei dondolando
Vorrei a tuo comando
Piccina sull’altalena,
E una cantilena
Cigolava il pesco,
Che nonno Francesco
Mentre ti spingeva,
Mentre il riso e il pianto tratteneva,
Ti avesse visto con questo tuo splendore
d’amore
Che ora luccica
E spicca nell’argento dei capelli.

Bologna, 3-05-’18

Rotta nel mare

Certe volte è arida
come la matematica e i suoi dati
che non puoi manipolare,
certe volte è ruvida
come una storia che finisce
che non puoi riscrivere.

Eppure una rotta nel mare
del reale
è il nostro destino
(e ci si può fare incatenare
per non cedere
al canto delle sirene).

 

Bologna, 30-04-’18

Piazza o pazzia?

Quanto lacera… andare ed amare ad un tempo.
Lo disse la madre al padre, lascerà (…) lascerà andare
sciolti i sentimenti, lo disse il vecchio
al giovane,
– cuore è sentimento e ragione…
andare ad un luogo infinito,
strappi ed abbracci
nella piazza del tempo risanato.
Pazzia?

Bologna, 30-04-’18

A 14

Casa luce,
fuori
d’amore,
trattori
arare,
latrare
un dolore,
chiamare
per nome,
tra la finestra
e i campi,
l’autostrada
che va al mare,
battono forte
i cuori,
come una povera voce.

 

 

Colunga, 27-04-’18

vagherò così…

proprio quando crederò
di sapere dove andare,
vagherò così,
come un mistero
nelle mani
di Dio

Bologna, 24-04-’18

Certezza?

Non è certezza che vorrei dirti
Ma pazienza
Non è la sicurezza dei mondi
Ma neanche quella interiore
È un sospiro profondo –
Dato insieme sulla porta dell’ascensore
Mentre tu vai su
E io scendo le scale…
Lo so che ciò che manca
È ciò che più vale
L’abbraccio che ti avrei voluto dare.

Ma sappiamo anche
Che la vita canta
Nei sospiri profondi
E negli abbracci mancati e presi
La certezza tenace di chi non vuole

Finire nel niente,
Il suo eterno cominciare

Bologna, 4-04-’18

Neve di vento (domande)

Neve di vento
padre del tempo,
darai una direzione
o solo mulini a vento
a questa storia?

E’ fin troppo facile maledirti
nei giorni polari,
ma le ricorderemo
le parole dette sull’uscio ghiacciato
di padre in figlio?

Ci divertiremo ancora
grandi e bambini,
quando anche i giorni saranno vento di neve,
cercando insieme l’impronta
di un piede più grande?

Bologna, 25-02-’18

La parete del futuro

Quando scenderai le scale
saranno bianche come le volevi tu,
quando aprirai la porta
il quadro appeso contro la tua volontà…
ti ricorderà
quello che avrai scoperto nel corso del tempo,
che il bianco non è il colore del niente,
che l’amore unisce, sulla parete del futuro,
rischio e certezza.

 

Bologna, 25-02-’18

Donna Stefania

Elisa e le
tue risa
lungo via San Felice,
come la vostra vita futura,
esile figura –
di madre
e di figlia.

Bologna, 15-02-’18

Ombre nere

Ombre nere
come ricordi s’affastellano
di pini all’alba
nella bruma,
il resto è grigio merletto di mura
disegnato dalle punte
di una ballerina triste
senza la fantasia della musica,
sullo spartito della cima
di una chioma antica
creduta sempreverde
solo per fede.
Basterà attendere un poco
– l’apparenza ha i minuti contati –
e il cielo si schiarirà,
gli aghi di pino
si distingueranno nelle cime
e la sagoma scura
rivelerà il verde albero
– eterno movimento –
che già si protendeva
dalla terra.

 

Colunga, 28-01-’18

Caffellatte

Tiro giù le coperte
una mano sopra gli occhi
guardo l’ora
in direzione della finestra
desidero Dio
e il caffellatte.

Mi alzo,
la vita è andare avanti,
l’ho imparato quando coprivo gli occhi,
con la mano,
per non vedere
niente,
l’intimo corrompersi –
che poi è un eterno –
movimento del tutto.

Bevo il caffellatte,
latte freddo
sopra il caffè caldo,
ritrovo le forze,
la vita è andare avanti,
tra il niente e il tutto,
la poesia del cuore
non è quella
composta ieri,
ma è ancora nella penna
e l’aspetto.

 

 

Bologna, 27-01-’18

Quelli delle 5 e 32

Daniela è viva
Tra qualche tempo sarà
Nuovamente là
A lavorare l’unica religione che conosce,
La figlia le dice
Mamma non è poi così vero
Che è tutta sfortuna la vita
E le accarezza i capelli bianchi
Come avranno fatto i bresciani,
I muratori che l’han tirata fuori
Dalle ferraglie del treno
E posta là sulla banchina,
Quelli delle 5 e 32
Che la vita l’è dura
E tiri avanti per starle dietro:
Che ti strattona come questo treno
Impazzito
E finisce male, che fa male
Due vertebre
La vita è pazza e fa male
Come si fa a non maledire
Che vadano tutti alla malora.

Tu che hai avuto il coraggio
Di incolpare la vita
E non chicchessia
Ora che gli altri son morti e tu,
I bresciani e tua figlia
Siete al mondo,
Vi rimarrà una domanda,
Ci rimarrà, Daniela, una domanda,
Da dare una risposta segreta
Come un seme di cui a primavera si veda il fiore,
Un fiore di amore e di lavoro come te:
Ma tu pensi davvero di essere al mondo
Per un giorno sfiorire
Ingoiata resa, sfortunata,
Per tua stessa ammissione,
Maledizione?

Bologna, 26-01-’18

Quando scompariranno le rondini

Quando scompariranno le rondini,
lucciole bianche all’imbrunire
– e non per tornare nei propri nidi
sarà sì verso altri lidi,
ma per noi suonerà garrulo
come un addio.

E non ci consoleranno
i racconti sui ritorni,
non aspetteremo più
né lucciole, né rondini,
scambieremo per miti
i loro sporadici avvistamenti.

Quando scompariranno le rondini
non aspetteremo più le stagioni,
comparirà l’uomo senza attesa
e diremo anche –
che prima di questi avvenimenti
avevamo una qualche fede.

 

Bologna, 20-01-’18

Galaverna

…pagina bianca
piena di mille tradite aspettative
ma dietro me, calmo a comporre
volute di pensieri e visioni,
rivedo un attimo fa
anni e anni, tanti,
una finestra opaca,
una pagina bianca
senza confine all’orizzonte.

E come allora alla finestra,
in braccio a mia madre,
guardavo campi innevati,
ora io esisto
nello sguardo che valuta
queste sfumature invernali,
torno seduto
e le confondo.

 

Bologna, 20-01-’18

Rotta azzardata

Rotta azzardata per una promessa di amicizia
l’onda solca… Raffiche e relitti,
ma non l’emozione
che ti entra dentro

Grandi vele spiegate come progetti,
il vento di notte
– incerto –
sventare le fa

Al risveglio brucia narici
la salsedine – uomini – amare erbe
rivedono là, sotto gli aghi di pino,
rami di timo e di rosmarino
portati con sé per addolcire il viaggio

Al profumo del baccalà
sottocoperta
che amare li fa
la barca, la rotta, il mare

Bologna, 19-01-’18

“perfect”

E nessuno è risolto
E sono io un’infinita tensione
Eppure tu mi stai vicino
E ti chiedi quale sia il mio segreto
Non vedi che anche tu sei mistero
Mistero inesauribile per me
E in questo sta il nostro segreto,
Ora lo stiamo imparando
di tutti gli incontri – persone –
Noi neofiti del mondo
Non c’è riposo per noi,
Senza paragone è il mondo
Alle nostre forze, siamo
Sempre bambini, sì amo
Il nostro destino incompiuto
Nella solitudine, ora mai
Siamo in gioco, resteremo
In questa inquietudine,
Attraversata dal ripetersi
Degli incontri d’amore e d’amicizia,
Che ci danno ogni giorno la gioia
Che ci danno ogni giorno la forza

Bologna, 10-01-’18

7 gennaio

Alberi potati a gennaio,
tolti gli addobbi dai rami,
tendono le rimanenti mani nella nebbia
e, senza nidi, cinguettano
sottili e fermi –
l’assenza delle foglie dorate
e la presenza delle prime gemme.

Qui nella valle tutti dicono
non ricordiamo
un inverno cosi pietoso a natale –
e quando non è tepore e sole
la nebbia ovatta e copre
le fresche bagnate speranze,
di polistirolo e latta,
serra sigillata
che trattiene a terra tutti gli umori.

Noi umore cosciente della terra
desiderio del verde
– quest’anno,
quasi genitori della natura
sorprenderemo ogni precoce crescere
di gemme e di arbusti.

 

Colunga, 7-01-’18

Fiorenzuola di Focara

La nebbia che vela il mare
non dice quale stagione sia.
Là – sotto – lo si sente arrivare
e andare, difficile e naturale
sciabordare, incalcolabile dirupo
una vela che prende il largo
tra le onde e un sibilo di suono,
sembra dirtelo ma non è vero.

 

Fiorenzuola di Focara, 5-01-’18

Monterenzio

Sole in poppa sullo specchietto.
“Guarda la luce nuova di gennaio
trasparenze assolute e sottili
sciolte dal tempo!”

Poi attraversano i prati
– e noi
mentre scendiamo le strade
come fossero i tuoi seni
lungo la valle
silente
neanche le gomme veloci –
rompono il silenzio.

 

Monterenzio – Colunga, 4-01-’18

viaggio

Fin qui
Il cielo
E’ stato conteso
Dal grigio steso
– A olio
E dal pastello
Chiarorosa
Ancora oro.
Poi
Sono stati tinti
da lacrime riflesse
– I visi –
Non se ne andranno più.
Ora
Sarà sempre acquerello
(scherzi nel cielo)
Sarà solo sera,
Saremo abbracciati,
A questo tramonto
Senza età.

 

Colunga, 3-01-’18

Abat-jour del cielo

Abat-jour del cielo laggiù
fora il grigio
e infuocare mi fa,
bordi e promesse
– del fascio di luce calda –
tenui pennella

 

 

Colunga, 28-12-’17

Ridimi –
non ridarmi indietro
il mio sussiego
… Sul serio
ridimi addosso
la tua ironia,
fammi felice
a suon di risate

 

 

Bologna, 26-12-’17

Proprio la valle che risale
trasalgo –
e nel punto esatto
del distributore,
dietro cui ci sorprese
…la polizia,
penso che per una volta
nelle nostre vite,
il Dover essere
non ci portò via
il futuro.

 

Cusercoli, 25-12-’17

Si assapora una gioia totale
una pace universale pervade
a natale rimane, di tutto quanto,
ciò che è buono. E vorrei sempre mattine
in cui scoprire felice
che il caffè è già acceso
come fosse il presepe a natale.
Da bambino imparavo
a non essere taccagno
come intendeva la mamma;
ho conosciuto paternità magnanime
che mi hanno sempre detto alla fine
tocca ai bambini di allora
perdonare ora.

 

Bologna, 25-12-’17

Sarà come un natale senza le convulsioni del centro
Sarà tra i cavalli mentre scende il buio della vigilia
Si sente già l’odore del pesce e l’amore di un figlio
Si sente dalla cucina vicina e da un racconto lontano
Il crepitio del pesce miracolosamente pescato
– – Soffritto intanto
L’intesa degli odori dei cibi e delle persone
La musica che non copre le voci collaborare
“Io metto il brandy adesso”, “hai visto la triglia sfilettata?”
E questa mia mania da handy di scrivere solo poesie
Oggi il cielo ha atteso il Natale con un tempo pasquale

 

 

Bologna, 24-12-’17

Come una cosa inutile

Figlio mio, come adoro parlare con te
di cose inutili,
del calcio e ancora più futili,
son quelle più vicine,
le più bambine,
le più facili,
le più simili,
ai regali del cielo,
che era così felice
di stare con noi,
da nascere in una mangiatoia.

 

 

Bologna, 19-12-’17

Senza pensare alle rime

Ama mentre scrivi,
come nei temi (e ai tempi) di prima media
e non pensare alle rime,
non le hai cercate allora…
Adora quel che c’è:
era un pallido sole di ottobre
e non pensavi alle strofe,
scrivevi di getto,
ricorda mentre componi,
anche se non sei più innocente,
un bimbo che correva.
Non chiederti ora, andando al bar,
chi tu sia diventato adesso,
ama nella fretta
adora nella calma,
ricorda il tutto
il niente lo scorderà la mente…
Non chiederti se ce la farai,
tu portavi nel cuore la mamma,
scrivi dunque…Come ce la farai:
sarà più semplice che allora,
tutto sarà deciso nella calma che adora.

Bologna, 11-12-’17

La poesia dei ciclamini

Da dietro un vetro di cucina,

la poesia fumante dei ciclamini,

canta le sfumature dell’essere insieme:

e sarà come coltivare un campo,

e sarà come modulare un canto,

e sarà come abbassare le armi,

e sarà come stringersi le mani…

In un’amicizia precaria passeremo il natale,

qualcuno ci farà attraversare l’inverno,

gli anni caro Gianni, ci sorprenderanno bambini.

 

 

Bologna, 10-12-’17

Rosso variare

Dai vetri appannati dell’auto alla rotonda,

l’improvviso chiarore di un tramontare

che sa di giorno nuovo,

ricorda giugno con il rosso variare delle amarene,

scoperte tra il fogliame fitto del maraschino

e la confusione del pregare il cielo vespertino,

poi del lavorare con quello mattutino

e viceversa,

nell’avvicendarsi dei giorni in giorni nuovi.

“Il mio canto libero”

In un mondo senza Dio
non sarà finita qui,
rinasceranno i fiori
e i tuoi capelli biondi,
sarà lo sbaglio più divertente
della storia dei viventi,
ti avranno straniato
ti avranno negato, obbligato,
ma tu sarai sempre vivo imprevedibile
negli spazi di ogni cortile,
accudito da uomini liberi
stranamente fratelli,
sorpresi…

Nella terra dell’apparente niente,
dove ancora germoglierai, amore totale e ardente.

Bologna, 6-12-’17

Luce che tradisce i giorni

Rivedo per un momento i tuoi capelli neri

 

Ha ripreso a salire

lungo la schiena

il dorso e le colline

come un brivido dal fondo buio

la luce calda della terra invernale

 

Finalmente s’avventura in cielo

e apre le nuvole

come pietre sul cuore

rotolate via,

e non c’è alternativa

a questo contrasto animale di sentimenti forti

 

Non si impara a pregare

soli, nel buio della stanza

nell’assenza di speranza,

ma insieme negli spazi aperti,

oltre il dolore pungente

delle lunghe attese

 

Luce che tradisce i giorni

e appaga le ore,

infinite

 

 

Bologna, 3-12-’17

Il tempo

Forse perché la val di Zena è sempre uguale,

se non fosse per le strane anse del torrentello,

a me pare che si sovrappongano i ricordi

ai reali colori autunnali di quest’ora.

 

Reclamo il presente e uso il tergicristalli

per non fuggire col pensiero all’immagine viva,

ma quando, salendo, si svalica verso Pianoro

alla luce serale le nuvole si fan violacee.

 

Ti sollevano il mento, ti fiaccano di meraviglia,

mentre l’enfasi del presente si fa imponente,

dominante e incontrastata dentro di me

 

e dentro di te che fotografi appassionata…

Il tempo che ci sfida, tra l’oblio e la vita,

nello stupore per il cielo che scende in terra.

 

 

Pianoro, 26-11-’17

 

Modulazione di frequenza

Ti terrà un po’ di caldo il tucano?
Fino a quando ho creduto che tu fossi io,
piccolo mio?
Ora anche io consueto e solerte mi destreggio
tra le auto.
Alla stessa ora la Musa si dirige al lavoro,
tutti dentro la città.
Questo vivere necessariamente separati parte del tempo
sarà una perdita o un guadagno?
Ora che tutti si è andati via di casa
chi saremo ciascuno di noi nel mondo,
a chi daremo quell’abbraccio profondo
che ci ha fatto nascere insieme
visceralmente e spiritualmente?
Chissà se talvolta, alla radio, la stessa frequenza
ci farà compagnia?

Colunga-Bologna, 22-11-’17

Via Emilia

Solo dal cavalcavia,
salito su dalla campagna,
l’ho visto in fondo alla via Emilia,
come un pettirosso,
il sole rosso
civettare dal suolo.

E mi sono detto
non posso perderti oggi,
per un solo istante,
come una luce tenue
sul taccuino,
come un bacio divino.

Mi son detto che bisogna conservarla dentro
questa fiera luce invernale,
tra tutti i tristi trucchi del disincanto
e i freddi fulmini di maltempo,
che vorrebbero stringere
il fiato del pettirosso al canto.

E ancora lo ricordo dolce
là,
stamattina dal cavalcavia,
ora che già sarà,
di un’altra dolcezza ancora vivo
dall’altra parte della via Emilia.

Bologna, 20-11-’17

Come una margherita

Le margherite si sono piegate
sotto la neve,
o forse è stato un gatto
che ne ha approfittato,
come un bambino del cuscino,
ma non si sono spezzate,
come una donna che conosce l’amore
a differenza del suo uomo rimasto bambino.
Tutta la speranza di una lunga estate di vita
conoscerà poi il miracolo dei fiori e delle donne,
sarà potata,
portata,
dalle dolci dita di Dio
a rinascere,
esplosiva, primaverile, vita
di una margherita.

Bologna, 17-11-’17

A te a voi

“…Fragile che potevo ucciderti stringendoti un po'”,
l’ho detto Lorenzo senza che fossi come te
a tutti quelli che ho pensato di potere accostare,
negli stessi anni che ho passato con loro due
a cui non ho mai mentito…
Dire a tutti la fede che il domani
non fa più paura, senza esserne davvero sicuro
a causa di questa forza che presume del pensiero
più che della pazienza di fare tutto il sentiero…
E sentire che tu, proprio tu sei più grande di me
vivendo così il mio sogno di unità bambina,
un girotondo di amicizia, via la sporcizia del prevalere,
l’unico sogno possibile agli uomini, il più semplice,
una forma banale collaborare,
fidando nell’altro e nel domani,
perché si può stare sulla terra
bandendo la violenza dei piani criminali.

Bologna, 16-11-’17

Aspettando il caffè

Non è maledetta
l’attesa di tutto
che ci portiamo dentro
mentre ordiniamo un caffè al bar
e non ci sei tu.
Rifletto la sua battuta di prima
– lei giovane e carina –
e che una volta mi aspettavo
tutto da ogni cosa
facendo confusione…
E non ci sei tu.
Un ordine naturale quasi
sereno, dopo il travaglio la gioia,
sapere che a certe domande,
ogni cosa,
ogni persona – e non ci sei tu –
risponde a suo modo.
In certa parte,
occupando
un certo posto,
nel cuore del mondo,
su cui è stata crocifissa
la pretesa.
E non ci sei Tu,
di cui mi hanno parlato,
non Ti conosco,
se non perché
questa attesa infinita,
inizio a sentirla
più amica.
E ora posso chiamare le cose
con il loro nome.

Bologna, 14-11-’17

Cittadino del nulla

Il sole ha ferito il cielo

che non si è più ripreso

finché la notte oscura

ne ha immortalato la paura

e io che mi alzo di schianto

vado al lavoro

con gli occhi velati di pianto

non mi basta più l’oro

dei tuoi capelli al vento

piango sulla città perduta

che da adulto

non ho mai saputo abitare.

 

 

Colunga- Bologna, 9-11-’17

Alba d’autunno

La piana ai piedi della collina

non aspetta più

l’ultimo dei primi mattini,

come se fosse un amore impossibile.

E invece gode, non meritato,

di questo sole sornione,

imprevisto dal nero fondo,

tra nebbie e zolfi giallastri.

E’ la stella d’autunno che

ha occhi di gatto,

una speranza intera

da quasi morirne.

Che questa stagione vive,

inconsapevole e possibile,

nello sfinimento del tempo,

ad ogni levar del giorno.

 

 

Colunga, 5-11-’17

Le donne, gli uomini

Solo le donne san prendersi cura,

è come un’arte antica,

un ricordo interessato e fortunato.

Guardai colpito senza capire

mia madre cosciente e terminale,

privata del linguaggio delle parole -appunto-

stringere i polsi di mia moglie

e scuoterli con vigore, all’altezza degli occhi,

come un incestuoso patto di sangue…

Correva l’anno 1996.

Ma gli uomini sanno scommettere,

questa almeno era la loro arte,

di scommettere un’intera vita

e di farsi sfiancare da tutto

per un figlio.

Sai Simone, proprio il fatto che ci sei,

è il segno di una scommessa amorosa e benedetta,

sulla scelta più imprevedibile e avventurosa che io abbia mai fatto.

Per sempre.

 

 

Bologna, 4-11-’17

Campagna dell’Idice

L’essere e i ricordi del giorno prima
rintoccano sul bronzo della campana della mattina,
in cui cauto mi nascondo al mondo…
Vorrei sollevarla e viverla al futuro,
come un’anima bambina,
sparsa nella campagna dell’Idice.

Come un frutto maturo che si offre volentieri
ai contadini e alla loro saggezza,
perché ti raccontino dove va il mondo
e farsi levare dagli occhi,
con le loro mani rugose,
la paura del vento.

Colunga, 27-10-’17

Alba

Mi son subito perso
in quest’alba scarlatta
di una gota sola del cielo.

Colunga, 26-10-’17

Nebbia

Rende la nebbia una densa luce d’altrove.
Che c’è là dietro,
il dolore e Milano,
oppure l’infanzia ed il cortile?
Forse un qualche domani…
I primi rintocchi delle campane
dicono è ora,
intanto che sorgono le luci delle campagne
e dicono è qui,
ma danno a vedere a malapena
un po’ di raso dei campi fino al muro bianco,
tra l’alto cielo
e la nebbia mezzadra.

Colunga, 22-10-’17

L’alba e un giovane sorriso

Bacia (!) l’alba che attendevi qui,
stanotte,
tra un biscotto del lidl
e le fusa delle gatte,
bacia le sue labbra
socchiuse nella nebbia
e il sorriso di tutti i sorrisi.
Aprono anime a giorno
e la mia alla speranza
di avere un cuore per puramente amare
e dare al mondo il mio saper far niente,
la mia tremante, letterale attesa
di ogni alba chiara,
che non sia amara, non avara
di splendore e di dolore,
te… fiore!
Che mi sorriderai come se l’avessi sempre fatto,
rassicurarmi sul mio conto,
sì, davvero!
Le albe di campagna,
di questa stagione della vita,
sono come l’espressione
quasi risolta,
sul viso di una figlia grande che ti guarda,
dolce, serena e risoluta.

Colunga, 14-10-‘17

Le sorprese di Bologna

I cieli di Bologna sono torri
proiettate in alto
e aerei sulla città

sono giardini e tetti mattone
riflessi su questo azzurro
ottobre che è ancora settembre,

c’è del nuovo per le strade di ciotoli,
ci sono occhi azzurri e marroni
e quegli strani stivali slacciati come sempre,

ci son libri fotocopiati
e biblioteche sudate
abitate da pensieri e sorrisi,

c’è qualcosa, Bologna,
più dei tuoi 365 cieli
e delle tue 3 T…

C’è una giornata andata via
e mai più ripresa
che pesa sulla coscienza,

ci son giornate passate
e mai più riprese
e 1000 sorprese

sui volti dei ragazzi
di Bologna, e come li chiamano
fuorisede, sorprese e momenti mai più dimenticati.

Sono loro gli occhi blu che portano un nome
e tu cielo cobalto di settembre non ce l’hai,
le loro speranze conoscono l’orgoglio,

son loro le pupille grigioverdi che portano un nome
e tu cielo grigio di ottobre non ce l’hai,
questa nuova età conosce anch’essa la tenacia.

E ci darà la forza di riprendere.

Bologna, 10-10-’17

Lasciare

Lasciare gli ormeggi come quando si era giovani,
lasciare che la speranza spinga i nostri anni vecchi,
lasciare infrangere ad ogni onda gli schemi di prima;
lasciare per mare
amore sudato e gratuito:
lasciare, partire, andare…
capire che è sempre stato così
e che ora non c’è ritorno.

Colunga, 4-10-’17

Rugiade

Nelle prime rugiade,
nella rosa che curo con poca arte
e con molta parte,
o forse in quel campo,
è stata l’ultima volta che ho visto un fiore.
Per queste giornate di un’onestà agreste,
il tuo improvviso sbocciare giovane,
il mio impossibile sorriso complice,
in un moto dell’animo non voluto
rivelano alcunché.
Ed è stata l’ultima volta che ho visto un fiore.
In un pensiero serio, in un problema posto
solo perché un amico lo ha condiviso,
è tutto improvvisamente capovolto,
la luce sarà tra poco,
dietro questo vetro tetro
da cui ha preso a far rugiada la mattina
e non sarà l’ultima volta che vedrò un fiore.

Gira il vento

Quando a Marina, passata stanca

la mattina,

la fortuna gira il vento a scirocco,

le ombre diventano

bambole vive coi capelli bruni,

riflessi biondi

e ondine laccate.

E’ allora che la vista controvento

si fa impietosa,

un pareo sotto i piedi

e il rigore della bolina

da un comodo lettino,

a soppesare la perfezione dei corpi,

a perder tempo,

perché passa l’età breve, come i giorni

di una farfalla che va a morire sulla duna.

Ma mentre il vento rinforza

ritorna in mente

la bellezza di abbracci maturi

e il loro mulinare

frescura calda sulla pelle,

e quante volte bambini ritornavamo indietro

a chiedere l’aggiunta del cioccolato fuso sul gelato.

E’ dentro, scritta come il seme

di un fiore che a primavera rinasce,

è certa,

come il giorno che rinasce,

è mia, come l’amore che sfascia il tempo impietoso,

la bellezza in ciò che vedo.

 

 

Marina Romea, 30-07-’17

Dopo il temporale

Si disseta il tempo

e bagna i cumuli

residui di rabbia,

tra l’acre sapore che si spande

ci sentiamo vivi.

 

 

Colunga, 11-07-’17

Bar 9

Un bar da camionisti.

Un tantino son lì per la barista.

Lei lo sa e lascia fare

anzi ci fa, ma lo si sa

che è solo un gioco

e oggi sul poco seno

perfetto, col resto del corpo,

porta scritto

“ma anche no”,

così è più chiaro

che qui si scambia poco,

una brioche per un saluto alla malizia,

che non è poco la mattina presto

andando al  lavoro;

e intanto nei tuoi occhi,

a veder lei che fa l’infermiera e lo si vede,

scorre la stessa dignità fiera

che dice “anche no”,

con quell’aria da cambusiera

che fa voglia di venire in questo bar.

Così quel vizio di provare se è mattina

non ce lo toglieremo mai,

anche se è no,

perché ora è più chiaro

che basta quel poco

al giorno che viene.

 

 

Bologna, 30-06-’17

29 giugno

C’è un cielo di viaggio questa mattina

come di un padre e di un figlio,

c’è un cielo matto come le valigie

che ho fatto e disfatto con te,

sa di settembre con le nubi a migrar

sa di autogrill e di auto veloci.

Ma batte la strada anche in città

gli sguardi sorpresi da un cielo di maggio,

dopo un estate precoce così tutti sospesi

così tutti un po’ matti son neanche le sette,

così tutti reali per mete distratte alla mente

sapute d’istinto e tirate fuori per l’occasione.

 

 

Colunga-Bologna, 29-06-’17

Un’emozione della terra, una giovane canzone

Quale equazione del cielo ti ha dato al mondo…

quale emozione della terra ti ha fatto fiorire…

quale giovane canzone ti ha accompagnato…

per fottertene di tutto questo equilibrio,

degli astri e della sintesi clorofilliana,

che secondo il mio timore egoista di padre

avrebbero dovuto governare anche il tuo sbocciare.

Lasciami perdere, sii libero,

ama,

abbi amici,

desidera, ricorda i limiti,

progetta, la tua vita sarà una poesia più bella della mia.

 

 

Bologna, 26-06-’17

 

 

 

Situazione angusta

Forse bisognerebbe spostarsi più spesso

come per inseguire l’ombra

o il sole dopo la pioggia.

Questione di prospettive:

uscire dagli angoli delle situazioni anguste,

dalle occasioni mancate,

dagli spazi ristretti.

Basta fuggire da un ristorante che fa schifo

con la scusa del maltempo,

bastano i colori dei fiori dopo l’acquazzone,

basta innaffiarsi per prendere il sole che è tornato.

Basta poco,

di cosa non so.

 

 

Colunga, 25-06-’17

a dorso di mulo

Ti ho vista alta

in fondo a via Marzabotto,

io a dorso di mulo,

come ci si può sentire nel traffico

alle cinque di pomeriggio

di una calda estate a bologna,

e tu eri sul colle,

ma in fondo al viale alberato,

senza portici,

come un improvviso apparire

di donna.

 

Bologna, 19-06-’17

Quasi poemetto

Ho accarezzato l’alba

e la tua spalla

ho chiesto solo di sfiorare

l’aria, tra me e il cielo

tra me e noi,

tra me e il pensiero appena,

e quasi sentire,

andare a capo

senza perdere musica,

andare a letto

senza delusione:

qualcuno mi ha detto poi

la vita non è canzone,

non annegano nel suono le parole

le gioie, le sfighe

in un campo di grano -che ne sai-

come fossero spighe:

è arte povera la vita

è poesia,

è arte forte,

in questo mondo stupefatto di spazio

la poesia che sente

senza perdersi a sentire,

che pensa senza che il suo pensiero

sia raziocinio:

ho chiesto tutto

e ho avuto il nitore

di albe e tramonti

carminio,

ed ho amato serenamente e fermamente,

tra qualche conato di dolore antico,

una passione

di nespole mature,

poi a seguire il pensiero lucido,

amore nuovo

e asprigno, frutti vergini del maraschino:

in questo tempo naturale e andante

sento finalmente

il mio polso regolare e calmo,

e so che il sentimento

non è né condanna né trappola

e non ha età,

che il sentire e il pensiero

sono l’acqua e la terra,

il torrente e il sentiero,

verso l’Eden di noi peccatori.

 

 

Colunga, 11-06′-17

Profondo nero

Svegliarsi curiosi

e scoprire che il cielo

è rimasto nero,

chissà perché;

aspettare l’alba

al caldo di una coperta

e sentirsi senza,

chissà perché;

guardare di sbieco

i primi bagliori

che sanno di giorno aperto,

chissà perché;

sfidare l’anima arida e l’alba inesorabile a dire sì

e dire no, non ci crederò

oggi non morirò,

so io perché.

Ma è il giorno che sale,

è la gatta che salta,

a lentamente condannare il cuore…

a quale vita chissà,

a quale giorno chissà,

a quale amore chissà,

a tutto sicuro,

perché sei più forte di me…

profondità del cielo ampio

dalle grandi braccia

su questa terra di rugiada di maggio.

 

 

Colunga, 11-05-’17

Nuvole all’alba

Clamore del cielo solo di luce,

senza colore,

è assetata la terra bagnata

di un riflesso,

è il rimpianto di un mattino di maggio

senza pianto delle contadine,

una pozza in cui contrasterà

l’azzurro speranza,

tra una nuvola e l’altra,

passeggere,

leggere

e guardando il cielo sarà più facile chiedere.

 

Colunga, 7-05-’17

Le lepri

Con la penna non riuscirò mai a catturare

l’emozione del cielo

che ci sveglia,

ma stamane

ho visto

l’alba di un sabato eterno.

Come lepri tra i fossi

son scappati

nei minuti che passano

il carminio viola e l’arancio

e poi il sole, forse

negli occhi ho catturato

l’emozione del cuore.

Ma col mio magro bottino

son sempre qui a chiedermi ancora

dove scappino,

come lepri tra i fossi,

le emozioni.

 

Colunga, 6-05-’17

Il salice

Non mi resta che scrivere

mentre sale lo sguardo al salice,

una qualsiasi altra sciocchezza

che rappresenti come nuovo anche per me

quel che ho di dentro,

sarà il prossimo istante

non è poi così distante il verde salice al cielo.

 

 

Colunga, 29-04-’17

25 aprile

Quanto volerei come le frecce tricolori
Del pettirosso sugli alberi di casa mia
Che ghiotte osservano le gatte
In questo sereno venticinque aprile,
Che si arrende ad un amore che arcano non è
Ed una volta svolto nel pensiero chiede solo
La prossima volta un mento più umile
Un cuore più caldo un semplice sì,
Il cinguettìo appassionato e sincero
Del pensiero e dell’amore, e il coraggio
Non ce lo daremo da noi.
Ci sarà quanto basta.

 

 

Colunga, 25-04-’17

“Diamante”

M’hai dato un diamante
La vita
Ha tanti lati
Ed io sono spesso stato
Latitante
Più che altro
Nei dissennamenti giovanili
E nel tiratardi degli anta
Mi sono dimenticato
No quello mai
M’è piuttosto
Scappato di mano
Non ho sostenuto lo sguardo
Di quegli occhi azzurri
Temevo, mi sembravano duri
Eppure, sfaccettati
Diversamente ogni volta,
Diamante
Di amante in amante
Una luce, una lotta
Mi ha condotto
All’unica sposa
Per sempre.
Ed ho iniziato
Tra nuove distanze a riavvicinarmi
Combattere da soldato
La mia guerra
Ama quegli occhi neri e quelli blu
Mi ha detto il cuore
Nel legame diamante
Le mille facce
Nel cuore saldo
Di una domenica passata in pace
Sapere perdere la guerra
E vincere la pace
Il diamante, il mio, sul cuore
Il mio futuro
Amare,
andare per mano in controluce
Moltiplicare
la nostra voce.

 

 

Colunga, 25-04-’17

Visita di controllo

In un piccolo angolo di tempo

da questo policlinico

io levo un sorriso di attesa,

la luce che entra dalla finestra

in questo ambiente triste

non cancella dolori e fatiche,

ma basta a farmi certo

che ora siamo più forti

e ogni giorno ha un domani,

che la speranza è sempre più chiara

già sulle pareti

di questo lungo corridoio.

 

Modena, 24-04-’17

Claudio

Dire tu
Ad un amore accoccolato al mare
Come fa Claudio,
E’ la stessa cosa,
E’ la stessa Persona,
E’ il pescatore,
E’ tutto in tutti.
Inerpicare i gelsomini
Accoccolato nel cortile di campagna
Come fa Claudio,
E’ la stessa cosa,
E’ la stessa Persona,
E’ il giardiniere,
E’ tutto in tutti.
E se il mare,
E se la campagna,
Andranno in amore
Con il loro creatore,
Potrà esserci amicizia
Anche tra gli uomini.

 

Colunga, 23-04-’17

Maria

Voglio dire il tuo nome una volta tanto
madre del destino,
quando ti ho guardata per la prima volta dentro il seno,
quando ti ho guardata in faccia
e ho perso la testa,
tutte le volte che ti ho cercata in una donna
per poi scoprire che ognuna,
anche lei, proprio lei, rimaneva mistero.
Allora se non ti avrò ti griderò,
sussurrerò alle narici di ogni uomo il tuo balsamo di speranza,
come il vicks che una madre premurosa
cospargeva sul mio petto bronchitico.
E se il petto è la sede del coraggio
io ora a Te chiedo quel dolce massaggio.

 

Bologna, 20-04-’17

Ritorno a casa

Ho bruciato tutto in pochi istanti

e non ho più niente da dire

di cui già non conosca risposta.

Forse una cosa mi resta

che non abbia ancora risposta

la speranza di tutto da portare insieme.

 

 

Colunga, 19-04-’17

Aspettare

E c’è il cielo oltre la finestra
e barcollano i pensieri nostri,
ma l’infinito non è il niente
anche se pensare è come annaspare.
È negare che sia tutto lì, ogni volta
che si è raggiunto un po’ di blu,
nel vetro appannato
da non chiudere gli occhi,
aprirli al cielo come a un gesto di benedizione.

 

 

Colunga, 18-04-’17

Sara

Sara dimmi che sarà
Dimmi tu papà
Che ne sarà
Di questo blu
Degli occhi dei bambini
Del medio mare
E della cattedrale
Dove andrà come padre
Il nostro papa,
Se quella pasqua
Ci sarà, perché questa
Che è poi la stessa
Coi suoi venerdì più o meno santi
È già costata troppo,
Ma non ci ha tolto 
Quello che abbiamo di più caro,
Il Tuo sguardo 
R
aro,
Mai del tutto amaro,
Neanche appeso lassù.
E hai preso con Te 
Tutti i bambini del mondo
Perché i vivi conoscano il blues
E i morti siano i primi risorti.

 

 

Bologna, 11-04-’17

Bar 8

Arriva da lontano, arriva il ricordo e quella vibrazione autentica

della tua voce e di un calice di vino, che si confonde bianco alle pareti,

arriva ora quel pallore di vita vissuta, la tua e la mia…una domanda

e il sapore della compagnia, con i tanti che sono presenti adesso come allora.

Gioia e dolori sulla tovaglietta e la cesta di vimini del pane, mentre rimane

alle pareti della bocca, e dello stomaco alto, il sapore del vino

con domande da bambino, chi siamo – cosa facciamo, come per giocare,

io rimango senza fiato come sempre a queste domande.

Il tuo parlare si fa chiaro, duro e chiaro, della durezza e della chiarezza

di un buon soave, anche se tu sei emiliano, buona terra la tua,

infatti parliamo anche di Enzo e della fede e del mistero

che non si può misurare e sempre meno con l’andare del tempo:

vincerà il mistero, alle sue condizioni ovviamente, ci sbaraglierà fino all’ultimo respiro,

ma durerà soave ed eccezionale, per sempre, come in questo ritrovo da bar.

 

 

Bologna, 6-04-’17

Senza luce

Quanto amore arde 
dietro il livido il viso
Come goccia cade
Dal tuo sorriso
Che si apre ormai consapevolmente,
A tempo con la vita
In spazi infiniti.
E tu, anche se non sei come lei
E tu, anche se non sei come lui
In cui si rincorrono ricordi infantili,
Mi fai compagnia 
Ora che questi silenzi del destino,
Senza luce, 
Suonano una musica da compagnia.
Ed io senza voce
Grido
Al destino
Che ho smesso di chiedere la trama di tutto il cammino,
Ma solo il senso e la pace
Necessari a questo istante:
Tu ci sei.

 

 

Bologna, 24-03-’17

Figli nell’anima

Nell’anima del giorno,
mentre sei con la tua lei,
figlio dell’amore
da cui sempre si impara a soffrire,
penso alla tenerezza, occhi negli occhi,
con quel cinno che da due mattine
mi attraversa sulle strisce indeciso,
neanche dieci anni e un po’ claudicante.
La stessa tenerezza che ebbi per primo per te, 
aitante negli occhi di tutti i claudicanti,
che ora hai capito a che prezzo
capita che si cada di sella.

 

 

Bologna, 23-03-’17

La nostra speranza inerme

M’hai amato sempre, lo sai, stanne certa,
come quel sorriso sereno che hai,
come quella risata aperta talvolta
e che ora rendo a un giovane 
che mi ha fregato,
a una giovane donna 
non più di te,
che sai ancora lasciarti andare
nonostante i mie puntini sulle i.
Capelli argento
lievemente ribelli a un antico patimento, 
tra le mie dita il tuo mento
ora che il meglio di noi due,
lo sai, deve ancora venire 
come un futuro che trascina
e un presente 
che si arrende
a una speranza inerme.

 

 

Bologna, 7-03-’17

Sera

E’ scesa la calma serale 
nel guardare le stelle.
Desiderare il domani,
senza perdere la vista 
e il pensiero tra le mani,
immersi nei giorni del fare.
La notte e il domani indulgono
anche alla forza del petto,
vigoroso soffio trattenuto
di coraggio, che fronteggia
le ostili forze del buio.
E m’invade fioca, una forte luce.

 

 

Colunga, 6-03-’17

Pettirosso

E’ tramontato il sole stamattina
a Ovest contro la chiesa,
fragile pettirosso di eternità 
su questa strada dissestata
breve di Colunga,
scherzi celesti da martedì grasso,
progetti semiseri, schemi in frantumi,
a tirarsi i coriandoli con il destino
che colora l’attesa.

 

 

Colunga, 28-02-’17

Champions

Il Paris ha vinto quattro a zero
Ma io non ero lì
Con te a vedere
Su premium
Mi ha tirato via la stanchezza
E stamane leggo che ti sarai divertito
Mentre tu dormi e io vado via
Come un letto rifatto
Con la voglia di un gatto
Caro tu
Figlio benedetto
Che mi hai dato la forza.
Lo sai che esiste davvero
Quel cielo benedetto delle sette
E ce ne andremo fieri
– Lo sto chiedendo a me –
Della nostra unità
Anche quando le forze non ci saranno
Anche quando la morte crudele
Per un momento ci separerà?
Buongiorno figlio mio…

 

 

 

 

Bologna, 15-02-’17

I prati

E quando rivedo i prati là dopo la chiesa
oltre la curva, 
lungo la strada
che porta a casa,
guardo dal finestrino
gli eroi di tante cavalcate
e penso al provvisorio e all’eterno
a ciò che ho sofferto e a ciò che ho goduto,
ma – si sa – non so far di conto;
questo sterrato mi ha portato qua
e mi riporterà ogni giorno al mondo,
fino a ciò che sarà.

 

 

Bologna, 10-02-’17

Cielo

E’ morta in me la vita tutte le volte che
ho creduto che tu fossi assente, che in fondo
mi dileggiassi, come in un giorno oscuro
il più buio nel fondo del tempo
del mio tempo e poi
tutte le volte che si è sbranata l’amicizia,
senza la forza di battermi uno ad uno,
senza che si sgranassero melagrane di sorrisi.
Dio com’è pesante il sembiante del nemico che
è in me come morte lurida,
putrida oscenità dell’amor proprio.
E come è leggero l’amore al vero,
ora
quel cielo anche un po’ mio,
che batte il tempo del tu e non
annega nel controtempo dell’io.

 

 

 

 

Bologna, 2-02-’17

amicizia civile vs società liquida, appunti

Di fronte alla globalizzazione e alla società liquida la sovranità è un’esigenza comprensibile e umana. Ma può innescare anche pericoli apparentemente contrari e forse peggiori, se non collocata nella giusta prospettiva. In entrambe i modelli infatti c’è chi gioca a risiko (finanziario o geopolitico) e chi fa carne da macello. L’antidoto alla società liquida è l’amicizia civile, cioè vivere la famiglia, il lavoro, la società come un dono di cui aver cura, da far fruttare e da mettere in comune. Proprio mentre dico “mie” di queste cose dico “io” di me umanamente. In tal senso ogni uomo è sovrano. Ma la possibilità che queste cose durino dipende dal non essere soli (perché la proprietà può diventare fonte di egoismo, oppure semplicemente può venir meno, come per i terremotati). Non essere soli vuol dire avere accanto degli amici che abbiano la stessa passione e la stessa tenerezza per il tuo destino che ha avuto per te tua madre. Perché civile? Perché ciò ha un risvolto pubblico, cioè ha a che fare con la forma che si dà, attraverso tutti gli impegni, di qualsiasi rilevanza, alla civiltà.

Critica a “Un’amicizia civile”

Pietro Lorenzetti: UN’AMICIZIA CIVILE la meta e i passi di una nuova società, Raffaelli 2014. Massimo Cacciari (filosofo): “un testo pieno di intelligente speranza”. Stefano Zamagni (economista): “un saggio denso e intrigante”. Augusto Barbera (giurista): “sono pagine assai interessanti e scritte in modo chiaro ed elegante. L’amicizia civile impostata come antidoto al familismo amorale e  al nichilismo imperante”. Massimo Borghesi (filosofo): “un tema molto attuale che si incontra con le tematiche del comunitarismo americano. La matrice aristotelica del tema dell'”amicizia civile” è evidente. Una risposta alla “società liquida”. Mauro Magatti (sociologo) – dalla sua introduzione al volume: “ciò di cui tratta il libro -l’amicizia civile-  costituisce in realtà un tema centrale. Per qualsiasi democrazia avanzata. Ma, in special modo, per la realtà italiana. Non c’è infatti alcun avvenire per chi non è capace di riconoscere un bene comune. Né tanto meno per chi non sa coltivare l’amicizia con e tra i propri cittadini”. Lorenzo Ornaghi (politologo): “riflessioni che, capitolo dopo capitolo, esplicitano ciò che il bel titolo del libro subito preannuncia. Davvero si intuisce con immediatezza come queste riflessioni nascano e siano sostenute per intero dall’esperienza di vita e dal senso religioso”.  

E’ quasi ora

Ho cosparso di sale i cubetti di porfido

tra la notte, la siepe e una porta

lasciata socchiusa, ti ho vicina,

ha ghiacciato questa notte

profonda, ma solo sull’erba

di fresca semina, ti ho vicina.

La cima ha innalzato la stella mattutina

e il grido del gallo allerta i gatti,

si affollano i visi a giorno, è quasi ora.

 

 

 

Colunga, 17-01-’17

Etate

Se ne va dissennando le ali

se ne va assaporando le ore

se ne va su aspri colori

se ne va dissestando la terra,

questo volo folle di gabbiano

e con lui la nostra estate.

 

 

Marina Romea, 28-08-’16

Vacanze

Il mare che giorni fa tuonava forte

sotto il cielo stranito d’agosto,

ora riposa festivo

sopra un letto disfatto di sole.

 

 

 

Marina Romea, 14-08-’16

Il martirio e la diplomazia

Caro cardo salutis. La carne è il cardine della salvezza. La carne di Gesù. La carne di Cristo. La carne dei santi. La carne dei martiri. La carne degli operatori di pace. La carne degli uomini di buona volontà. La carne degli uomini e delle donne che si amano nella fatica di ogni giorno. Può darsi che la religione non c’entri con l’omicidio di padre Jacques. Che il movente di questa guerra sia tutto politico ed economico. E’ molto probabile. Ma poiché la politica e il denaro fanno parte della carne, e poiché il cristianesimo è incarnazione prima che religione, Padre Jacques è morto per tutto questo. Per ricondurre (e lo ha fatto in un istante che sta a noi rendere storia) a un significato tutto questo: in quell’istante non ha dato la vita per il Dio della religione, ma per il Dio a cui nulla di ciò che è umano è estraneo. Il resto è diplomazia.

 

 

 

Bologna, 28-07-’16

Razza

L’affinità aiuta a vivere la differenza, la differenza purifica l’affinità.
Il nemico più grande di queste dinamiche umane è l’ideologia. L’amico, il realismo.

 

 

Bologna, 26-07-’16

Fotogramma di mare

Non c’è parola più ironica della poesia

perché essa conosce per provata esperienza

l’impossibilità di dire,

come una piccola bambina muta,

non tutto,

ma anche solo in parte il mistero.

Esso è più reale

in un lampo di nulla squarciato di tutto

e afferrato per un attimo

in un pensiero quasi totale.

Anse calme,

plaghe leggere

è saggio dunque, affidare al fiume

la bambina.

 

 

Maarina Romea, 17-07-’16

 

Il destino del mare

Han preso il mare per le braccia

dietro le tende

ed è stato un lungo groviglio

d’amore dato

al bacio languido

di un sole filtrato.

Il mare, dopo l’amplesso,

concesse al suo sublime destino

una lacrima d’acqua dolce, di gioia.

Egli, infatti, non se ne era mai andato dal mondo

e lo aveva sempre aspettato lì.

 

 

Marina Romea, 17-07-’16

1000 innamoramenti, un unico amore

Nel tardo pomeriggio l’esuberanza delle giovani

fa sbottonare la realtà e rivela non so che cosa,

l’ìncavo emaciato e pronunciato ospita l’allegria

degli occhi ed è un contrasto che fa innamorare.

Stamane però il cielo è una mammella lattiginosa

che ricorda amori infantili morbosi ed esclusivi,

la brezza che esaltava  la pelle giovane dei pomi iersera

ritarda, il sole non dà tregua alla rena.

Così lascia gli innamorati liberi di dimenticare

e di amare la bonaccia con vigorose remate.

 

 

 

 

Marina Romea, 10-07-’16

Cosa è vincere?

AGLI EUROPEI L’ITALIA HA VINTO

Se vincere non è primeggiare, ma dare il massimo, migliorarsi, superarsi.

L’Italia ha vinto.

 

 

Bologna, 3-07-’16

Sbocciare

Sgomitola questo cuore
che a pugni chiusi si difende
dal miracolo della vita (!)

 

 

 

Bologna, 30-06-’16

Princìpi di Civiltà

APPUNTI

Princìpi di Civiltà:

a) la dignità sacra e inviolabile di ogni persona umana, dell’uomo e della donna, nella certezza di un destino comune e buono, secondo l’aspirazione della natura umana, i momenti più alti della riflessione filosofica dell’uomo sulla propria esperienza e l’insegnamento della rivelazione ebraico cristiana;

b) la libertà di coscienza e il senso religioso di ogni uomo, riconoscendo quali fondamenti di civiltà e di democrazia lo spirito ecumenico e la dualità tra autorità civile e autorità religiosa;

c) una cultura dell’amicizia e della non violenza come richiamo alla natura essenzialmente relazionale dell’uomo e alla sua vocazione all’unità;

d) una concezione della cultura non relativistica, da intendersi perciò come ricerca della verità;

e) la ricerca di forme sempre più compiute di giustizia sociale e di bene comune intesi non come utopia futura, ma come esperienza di solidarietà possibile;

f) una concezione laica della politica, al servizio cioè non di chi detiene più potere, ma della vita, della speranza e della creatività sociale del popolo, nelle sue espressioni più autentiche anche se deboli o appena insorgenti;

g) la tutela e la promozione del capitale umano, sociale e civile delle persone e delle comunità, fattori di responsabilità sociale e di cittadinanza attiva;

h) la tutela della vita in ogni suo momento ed aspetto;

i) la solidarietà tra generazioni;

l) il sostegno della famiglia fondata sul matrimonio tra l’uomo e la donna e la promozione di una reale libertà di scelta della scuola e del progetto educativo per i propri figli;

m) il rispetto e la tutela in ambito civile dei diritti e dei doveri di solidarietà vicendevole all’interno di forme diverse di convivenza;

n) la tutela di un autentico pluralismo di espressioni culturali e ideali;

o) il rispetto dell’autorità e della legge come fattore di sicurezza, crescita della convivenza civile e integrazione, nonché come aiuto alla persona nel perseguimento del suo bene e bene di tutti;

p) l’investimento in capitale umano, come elemento fondante lo sviluppo economico, culturale e sociale dei popoli;

q) una cultura del lavoro e della vita come compito, fattore fondamentale ed inalienabile della realizzazione dell’uomo e della sua dignità e argine alle posizioni di rendita di tutti i tipi;

r) una cultura dell’impresa e dell’iniziativa operativa, radicata nella vita delle famiglie e delle comunità, per dar vita a un’autentica economia civile e della condivisione, che abbia come fine non il profitto ma lo sviluppo;

s) la sburocratizzazione degli Stati;

t) l’innovazione sociale, con particolare riferimento al welfare, che resti universalistico, ma al contempo responsabilizzante e sia riformato sulla base del principio di sussidiarietà;

u) la solidarietà tra i popoli.

Lettera alla “perfida Albione”

C’è chi dice che tu non ci fossi mai entrata nella UE. Un piede dentro, uno fuori. Ora te ne esci con tutti e due, armi e bagagli. Tornano lontane le bianche scogliere della Cornovaglia e serpeggia non detto l’appellativo di perfida Albione. Inaffidabile, sempre pro domo tua. Può darsi che per il mondo globalizzato sia un bene, magari rispolvererai qualche altra alleanza. Sarai una scheggia impazzita o ti ricorderai il segreto della tua storia? Non fuori dall’Europa, ma l’altra Europa, il suo alter ego, la sua coscienza critica. Dalla battaglia di Trafalgar contro l’impero napoleonico, alla resistenza sotto i bombardamenti della Luftwaffe di Hitler. Un baluardo di libertà. Troppe caricature di uomini si aggirano per l’Europa di oggi. Senza bisogno di mani nelle uniformi, baffetti inquietanti e proclami da Piazza Venezia. Non c’è ostentazione di volontà di potenza. Ma tanta astrazione. Questo, il tuo popolo ha visto nell’Europa di oggi. E ha preferito cercare la propria strada. Teneteci informati.
I VOSTRI AMICI EUROPEI

 

 

Bologna, 24-06-’16

Maturità

Mentre mi chiedo che traccia tu abbia scelto
su quale tema tu stia faticando
se ti aiuti la logica o la fantasia
mi chiedo anche quale traccia di vita tu abbia scoperto
su quale percorso tu stia ansimando
se ti aiuti la sicurezza o il coraggio
e ricordo quando piccino riposavi bocconi sul mio petto
che si sentivano i cuori
e una nenia d’amore sussurravo a stento
“c’è una lunga, lunga traccia finché ogni sogno si avveri”.

 

 

 

Bologna, 22-06-’16

Bonny

Ha preso il vento a forzare la vita,
che non vuol dire ciò che riserva.
Bisognerebbe correre più forte del vento,
a perdifiato e salsedine,
i cuori senza allori
i pensieri senza redine
e la speranza colore di un aquilone,
non tolto, ma travolto ogni timore.

 

 

Marina Romea, 18-06-’16

Guerra

Questa guerra che la nostra epopea europea 
ha conosciuto solo dalle note di generale,
dai soldati tornati che hanno ricostruito,
mentre di la’ della manica si cantava imagine,
ci sta facendo a pezzi, ci tramortisce di dolore sordo,
colpisce a pezzi,
ammazza a brandelli di la’ dal mare e dall’oceano…
In quale abisso ci daremo, fratelli, appuntamento?

 

 

Bologna, 13-06-’16

Tra solitudine ed inutilità

… Così la vita, tra solitudine ed inutilità,
gode di improvvisi e rapidi orgasmi dell’essere,
si accende, ma non impara la lezione.

Automotivazione è il mantra,
ma la vita è viziata, come un primo amore,
viziato di miracoli e mistero.

 

Bologna, 11-06-’16

2 giugno 2016

Così andrai in campo

aperto

e troverai chi è più furbo di te.

Dovrai

fare tuoi

gli amorosi promemoria.

Il cuore dovrà  

respirare verità

tra molti successi e le cadute,

poca  paura e molto coraggio.

Ti darà forza

la tua fede,

ti darà luce

la tua mente:

lasciala sorgente, lasciala andare torrente

e poi fiume, ti prego, fino al mare.

 

 

 

Bologna, 31-05-’16

I colpi della vita

Ho preso i colpi
Ho perso poi
E adesso arranco
Come un fesso
Ferito dalla vita
Ad ogni curva
Che mi fa sbandare,
andare oltre l’ironia,
mia e altrui.
E intanto ride il mondo
Di una risata fessa
Mentre ride il cielo
Dei tuoi occhi
Di misericordia
Ad ogni appuntamento
Con la nostra terra.

 

 

 

Bologna, 24-05-’16

Aljosa

13140494_10209365960132712_490591000_nLa pagina della letteratura che letta a 30 anni più mi ha segnato (Fratelli Karamazov):

 

 

 

Sempreverdi

Vissi di ciò che mi deste e succhiai

vissi di ciò che vi diedi quei sempreverdi ai ghiacciai,

ma non basta a questa età;

e come un liquore cordiale

si vuol risentire nel calore animale

la sicurezza che non cede, dei rapporti  

e degli abbracci forti.

 

 

 

Bologna, 22-04-’16

Mattino

Di questo strano insorgere di giorno
restano solo un trionfo di luce
e le strade appena bagnate.

 

 

Bologna, 19-04-’16

Bar 7

Sola con una figlia

ti sorregge a stento una gamba

sorridi e scherzi stanca di anni

e stanca degli scherzi del destino,

ma la gente, tutta la gente del popolo qua attorno

fa come noi

alle sei della mattina

viene a cercare il caffè della signora,

perché tra i denti che mancano

tu hai parole da vera signora.

 

 

Bologna, 15-04-’16

Ritorno a casa

Un ciclista va, in un pieno di coscienza della realtà,
che svolazza una foglia. Pasqua t’invade e si prende il tempo.
Guidi tu, ed io di sottecchi ti guardo le mani curate.
Poi il viso ed è festa. Dammi cuore tu che ti prendi cura di me.

 

 

Bologna, 28-03-’16

Venerdì santo

Uomo dei dolori
e delle gioie inaudite,
dei profondi chiodi
e dei profondi sguardi,
che ci hai chiamato amici,
donaci l’esperienza
oltre i dolori e i nostri chiodi, piccoli
e grandi come una strage,
la vera promessa
d’amore vero,
oltre i pensieri
e le difese,
che tu ci sei venuto incontro.

Bologna, 25-03-’16
Primavera

Ridendo crescerai
sotto un cielo di marzo
come grano che non ingiallisce

 

Bologna, 22-03-’16

Primo giorno di primavera

E’ così passata come un sospiro
questa giornata attesa con trepidazione,
la scommessa di qualcosa di scontato
che le primavere ritornano e anche avanzano,
ma vibra dentro il cuore come un’emozione
che non ci sia niente di conosciuto,
sorrisi ninnoli sconosciuti del mio cuore
che sarà a sé stesso una scoperta nuova,
come il colore di quella gemma del parco,
spalàncati,spalàncati, spalàncati, spalàncati.

Bologna, 21-03-’16

L’Europa che fa schifo

Quelli che vengono a tifare a Roma per la loro squadra e orinano a turno su una mendicante. Quelli che ne costringono un’altra a fare le flessioni per poi darle una banconota non prima di averla data alle fiamme, deridendo la donna che cerca di raccoglierla.
Questi mendicanti sono dei giganti a confronto non solo di questi vermi, loro aguzzini, ma anche di quei nani del consiglio europeo che hanno partorito l’accordicchio sulla Turchia.

 

 

Bologna, 18-03-’16

Pensiero

Ci son fiori di stagione che ti regalano un sorriso,
ci son fiori fioriti sempre che sono un sorriso dentro.

 

Bologna, 18-03-’16

Più degli occhi blu

Quegli occhi, come le ore passate
d’estate,
blu e profondi,
prima e dopo il tramonto:
le stagioni, gli sguardi che all’improvviso
sono solo per te
gioia,
anzi scappano e poi ritornano,
giocano e ora finalmente sai a cosa,
tutte e due scalze sulla sabbia,
a benedire i piccoli passi
di lei che già corre.

 Bologna, 15-03-’16
Paesaggi nuovi

Appena mi sono arrischiato a vivere,

oltre le remore, oltre gli schemi,

è comparso un albore, un paesaggio,

un antico presagio, divertito come un puzzle.

Come il nitore di un cielo fiammingo

è una speranza luminosa e precisa.

Non so però cosa voglia dire:

so che il mio cuore come pellicola

ne è rimasto indelebilmente impresso.

 

Bologna, 13-03-’16

Abbraccio

Abbraccio il mondo e te che canti sotto la doccia
abbraccio il tempo di questo sabato di marzo
e non so se ce la faccio, sento che non si trattiene
tutto il primo polline e l’emozione e l’affezione
sconfinata, perché il cielo non è un movimento
del dare, né del ricevere, nè tanto meno del ripensare.
E’ solo quando tu ti rivolgi imprevista o tu amico imprevisto,
che rivivo l’esperienza vera dell’essere voluto e nato.

 

Bologna, 12-03-’16

Clericalismo

Il clericalismo è una condanna innanzitutto per i preti, anche per quelli che non sempre lo hanno favorito. E’ infatti una dipendenza malata dei laici da logiche che riguardano la chiesa, ma ancor di più da preoccupazioni temporali della chiesa. Il punto è che in una logica di testimonianza, se la chiesa è un corpo essa non può agire tramite i laici nel rappresentare le sue istanze. Non può se non altro dopo le acquisizioni conciliari sulle responsabilità dei laici nel mondo, ben tradotte anche nel magistero di taluni movimenti ecclesiali come personalizzazione della fede. La sfida è che la fraternità rinasca autonomamente, in termini sociali, come frutto di fedi mature, libere e aperte a persone di diverse estrazioni culturali e religiose.

 

Bologna, 11-03-’16

Eroi

E così mi vien da pensare, a questa strana ora,
al nostro strano universo, quasi lasciato lì
o forse un lascito di battiti del cuore:
amori, passioni, ritorni e mondi abbandonati dagli eroi.
Poi mi vien da pensare ad eroi che mi son stati
semplicemente compagni, così come voi,
amori sopra ogni altro, e allora si illumina la volta
e questa volta il battito del cielo è una canzone di strada.

 

Bologna, 11-03-’16

8 marzo

Il cuore di una donna che batte e sospira,
sta solo ricordando qualcosa che sarà.
Certamente sarà.

Scrivere, vivere

Ti ho scritto ad ogni chiamata,
destino,
ti ho scritto e ho scritto di me,
fino a sentirmi vuoto il cuore ogni volta di più.
Ora chiedo di sentire, fino al vuoto del cuore,
il vivere pieno
di un’intensità,
che lo scrivere non dà.

 Bologna, 2-03-’16
“Un giorno mi dirai”

Ti sei ritratto dal mio e nostro abbraccio
con pochi passi all’indietro, ti sei messo nell’angolo
e, lontano da lei, mi hai svelato in una frase
che la tua felicità è vedere la felicità degli altri.
Ho riflettuto a lungo su questo scambio e mi è parso
della natura delle persone. Ché alcune hanno il destino di conservare
per noi, un malloppo di felicità, così che il tempo non lo cancelli
e ne perda il balsamo e il ricordo.
Anche lei ora lo sa, da madre e io, da padre.
Grazie grande amico don Giuss.

 

 

Pisa, 22-02-’16

Per qualcuno, per tutti

Ora vedo solo le lattine di birra
vuote
sui tetti dell’ospedale.
Un controluce di nubi fitte
come un cambiamento definitivo
del colore, proprio là,
sulle montagne dei pisani.
Non mette angoscia questo
quadro di arte contemporanea,
fatto di oggetti spogli e cieli plumbei
e poi non amo le speranze cupe.
C’è qualcosa che brilla nei cuori che sperano,
c’è un amore disposto a tutto
per l’amore dolce,
portato da chi si ama.

 

 

Pisa, 18-02-’16

Grazie

Quando ti ho vista lontana
nei nostri giovani anni,
quando mi hai abbracciato
nei nostri cuori per sempre,
ogni giorno poi rivederti più bella
in ogni donna,
senza il sapore dell’inganno
tu che mi hai dato la vita
e prima ancora la meta
dei miei passi stanchi,
quando il cielo esulterà
dei nostri e tuoi sorrisi bianchi.

 

 

 

Bologna, 9-02-’16

Candelora

Ti scrivo nella rete,
ti scrivo sull’aria piovosa,
ti chiedo nel cuore spento,
chiedo a te,
io che non fido più di me stesso
figuriamoci gli altri:
capisco il tempo dell’attesa
e del giudizio che sa,
che ritornerà
il sole a far stupire
di persone e di riflessi,
gli occhi nostri.

 

 

 

Bologna, 2-02-’16

Ciao Amelia

Cordigliera, collana,

corona, cuore e coraggio di mamme

che si abbracciano

e ci proteggono,

che continuano

a dare la vita,

come hanno sempre fatto

e continueranno

a fare nella loro eternità…

 

 

Bologna, 22-01-’16

Sei tu

Sei tu
che cambi discorso
che poi torni ad ascoltare
i casini
il dolore
e quell’Altro che ricompare,
sei tu ferma sponda
che l’acqua graffia
del mio fiume irrequieto
dolce sponda
che l’acqua calma
ti accarezza
mai abbastanza.

 

 

 

 

 

Bologna, 21-01-’16

Nuovi amici

Per il mondo si sbranano le carni i cani
e in quell’angolo di cuore che è il mio.
Nei sorrisi divini e furbi degli anziani
ho visto una portaerei di fiori
e petti al vento gelido e sordo.
Ora so che la pace non teme la lotta,
ma solamente di stare senza amore.

 

 

S. Alberto, 17-01-’16

PERSONA E POPOLO – una riflessione

Ognuno di noi nasce partecipando di una vita, di un flusso che lo precede e dentro cui cresce fino ad acquisire autonomia e capacità di creare a propria volta relazioni stabili e feconde.

L’immagine di questi giorni del piccolo jihadista di due anni armato e (teneramente) minaccioso ci dice subito che questa introduzione alla vita, nel mondo di oggi, può essere contro natura.

Ora però, normalmente, la tradizione  veicola valori che vogliono portare a un’interrogazione positiva del destino e delle vicende umane. Non violenta dunque, ma aperta. In ogni caso questo cammino è fortemente condizionato da un senso di paura e inanità che deriva, in tempi di globalizzazione, da una “radiazione cosmica di fondo” che si è fatta minacciosa, un po’ come i colpi del destino magistralmente musicati da Ludwig van Beethoven. O non ci si pensa o il destino è una minaccia.

Nel rapporto che l’uomo, partendo dalla tradizione e dagli affetti in cui cresce, stabilisce con la realtà, il problema del destino è consciamente o inconsciamente il problema capitale, anche perché sullo sfondo ci sta il tema ineludibile della morte. Che sul destino la persona abbia un’interrogazione aperta e una percezione intuitiva positiva è questione di libertà. Gioca però un ruolo decisivo l’educazione e – appunto- il contesto affettivo.

La questione drammatica è che, avuta un’educazione a porsi in modo aperto il tema del destino – che alcune ideologie religiose invece tendono a chiudere  – fare storia, cioè realizzare la propria libertà, necessita di una riconquista personale e autonoma dei termini del problema. Del destino cioè come suggerimento e invito della realtà. Il destino non è una minaccia, ma una promessa.

Questa verifica, che non può che essere assolutamente libera – nel cristianesimo il Figlio di Dio va in croce per conquistare all’uomo questa libertà – è, appunto, un dramma. L’uomo è chiamato a restituire ciò che ha ricevuto con il dono della vita: in ultima istanza a riscoprire attraverso tutte le circostanze di essere amato e di essere capace di amare.

Dove questa riscoperta può diventare casa ma anche abbattere muri? Dove questa riscoperta può diventare famiglia e unità senza diventare chiusura? Dove questa riscoperta può avere identità e gettare ponti?

In qualcosa che ci coinvolga come un torrente l’acqua e poi l’acqua il fiume. E’ qualcosa simile alla rete, ma non è solo l’amicizia o il seguirsi vicendevolmente nella rete. Sono le comunità, sono le social street, per esempio. E’ dove la persona si riconosce partecipe di un destino, o anche solo accomunato da una circostanza e dalla ricerca del modo migliore per viverla insieme. Come in un concerto dove si vada un po’ impersonalmente, in massa, per il cantante, per un idolo, poi la musica pian piano scaldi i cuori, la pelle, i sogni finché giunga improvvisa una parola, il verso di quella canzone che colpisce nel profondo tutto lo stadio e coinvolge tutti in un solo pensiero. Una parola detta in un certo modo può, anche in una mattina qualunque di lavoro, prendere  sentimenti e pensieri e unire le persone.

E’ il popolo. Realtà impossibile a definirsi, ma che non si può immaginare se non fatta di legami, di famiglie, se non aperta, se non salda, se non in cammino. Le istituzioni tenderanno a scomporsi, a ricomporsi, a irrigidirsi, ad essere rovesciate. E’ comunque difficile prevederne il futuro. Ciò ci impone una responsabilità maggiore verso la nostra storia e verso il nostro futuro in quanto popolo, in quanto popoli nei quali, prima che nelle istituzioni statuali o sovra statuali, si gioca il bene delle persone. L’esperienza dei movimenti popolari dell’America latina, che può essere un’esperienza riproducibile non negli stessi termini in Occidente, è però un punto di riferimento. Quando Francesco dice pan, trabajo y techo, dice qualcosa di molto preciso che interroga il livello di benessere cui siamo abituati. Sempre meno lo Stato potrà garantire sicurezza e tutele. Salvo in antistoriche roccaforti chiuse.

Ciò che assicurerà la persona come la corda di una scalata in montagna, sarà la fiducia che nella fedeltà di certi legami sarà custodita. E questa fiducia, questi legami, sempre aperti all’altro, rappresenteranno il punto continuamente generativo di popolo. Da ciò rinascerà creativamente, già sta rinascendo – si pensi alla sharing economy – una nuova capacità concreta di  solidarietà.

E’ in queste forme di unità, di comunità, è in questo prendersi cura gli uni degli altri, che vengono coltivati ed espressi, come nei primi ospedali medievali, il riconoscimento della dignità sacra e inviolabile della persona e la consapevolezza di un destino comune e buono che non chiede altro se non una vita appassionata e costruttiva, in qualunque condizione ci si trovi.

Questo amore è il segreto semplice che il nostro tempo può ancora svelare, da persona a persona, sotto il frastuono e lo sferragliare delle armi.

Pietro Lorenzetti, Bologna, 10 gennaio 2016

Buon anno!

Quel che si fa
non è quel che si progetta,
ma quel che ci viene incontro
dalla meta del cammino.
 

 

Bologna, 31-12-’15

Dammi l’allegria

Dammi l’allegria
e la ridonerò senza pensarci,
dammi la nota
e stonerò canzoni d’amore,
piovimi negli occhi
e piangerò la tua inconfondibile gioia per il mondo,
stammi vicino Tu, l’inarrivabile,
e non tremerò più di nulla,
ecco Amico, soffia sul nulla,
così che il nostro tempo sia prossimo al tutto.

 

Bologna, 29-12-’15

Tutto il cielo

Tutto il cielo che io posso vedere
da questa sera di terra
lo posso aspettare
e camminare,
tirar giù la tenda a brani
di un tu che chiama
e dire io, sempre più amante
del domani
Bologna, 14-12-’15

Scorcio

E più marcisce e più fiorisce

la terra mia,

di amori e di ritorni

si popola,

e più il cuore conosce

umile

il destino umano,

in segreto dice sì teneramente,

allora non c’è più dolore che oscuri la voce amica,

neanche il disfarsi di questo corpo,

non c’è paura da voltar le spalle al domani…

Da qui tramonta la terra invernale.

Bologna, 2-12-’15
Trasfigurazioni

La carne è esplosa

nelle stragi

e nelle giornate

degli uomini figli

di una strana felicità

 

 

 

 

Bologna, 26-11-’15

Sorriso di donna

Amico non conosci la forza di vita di un sorriso di donna?

Riconosco il tuo riso beffardo mentre spari per niente

Anch’io ho assaporato la buccia amara del nulla

Poi tutto è successo nell’incontro di volti

Il segreto è la speranza che nasce da uno sguardo.

 

 

 

Bologna, 18-11-’15

Fatti di Parigi
  1. L’efferatezza di ciò che è successo a Parigi è nuova per l’Europa, ma reitera ciò che è successo anche recentemente in altre parti del mondo, a Garissa come a Beirut, e ci fa capire ancora una volta che la guerra portata dalla Jihad col supporto di potenze mediorientali è globale (guerra mondiale a pezzetti)
  2. L’obiettivo non è solo l’Occidente, anche se nell’Occidente si incarna il nemico ideale per accreditarsi presso l’opinione mussulmana come leader
  3. La guerra è anche e prevalentemente intra islamica e come tale va trattata
  4. Il nostro atteggiamento non può perdere la virtù del dialogo, non con le frange violente, ma con tutti coloro che mostrano un minimo di disponibilità. Occorre un’indomabile certezza nel desiderio di bene che può emergere dal cuore dell’uomo e che è più forte degli abissi e dei propositi di male
  5. L’Occidente, che ha una grande risorsa nella separazione di autorità civile e religiosa resa possibile dalla natura del messaggio cristiano – e Ratzinger aveva ragione nel discorso di Ratisbona ad ammonire sul fatto che l’Islam non possiede questa  risorsa nel suo bagaglio culturale e quindi è dubbia la sua possibilità di coesistere con le democrazie – deve valorizzarla
  6. Spesso l’autorità religiosa è costretta invece a supplire alla mancanza di una politica capace laicamente di porre le basi di una convivenza civile ordinata, capace di trasmettere i valori della dignità della persona e della difesa del bene comune alle giovani generazioni, difendendo la sicurezza certamente, ma anche esercitando l’accoglienza che ha reso tale l’Europa nei secoli e nei millenni, nonché alimentando il dialogo di cui al punto 4
  7. Oggi più che mai noi universitari sentiamo il bisogno, come crediamo sia successo a Valeria Solesin, di alimentare ciò che amiamo, cioè la meraviglia per l’essere che nella corrispondenza con le nostre esigenze umane più profonde si manifesta come verità che mette in cammino. Questo cammino ha come impedimento la riduzione ideologica dell’identità, l’appiattimento dei desideri, la distruzione del senso estetico
  8. Ai politici chiediamo di esercitare il discernimento più responsabile e morale, cioè l’amore a ciò che è vero più che  alla propria opinione. Perché nel loro cinismo cresce quello del popolo, nel loro vuoto risuona lo sferragliare delle armi.

 

 

 

Bologna, 17-11-’15

 

 

 

 

 

 

 

Vivere, vincere

Dedicato a Valentino che non ha vinto, ma ha conquistato ancora una volta i tifosi. A Francesco (si licet parva)  che è in difficoltà, ma continua ad avvicinare i cuori di molte persone al messaggio cristiano. E a ciascuno di noi, che inizia una nuova settimana. 

Vivere, vincere

C’è un impulso che muove l’uomo che lo spinge a raggiungere un traguardo a superare un limite. A compiere una promessa. “Qualcuno ci ha forse promesso qualcosa. E allora perché attendiamo?” recita e ferisce la famosa lirica di Cesare Pavese. Appunto, come se si trattasse di una spinta a conseguire qualcosa a prescindere dall’oggetto stesso. Sembrerebbe uno stato di soddisfazione di desideri, uno stato di libertà avulso da un contesto. A cosa pensa un centometrista quando taglia il filo di lana per primo? Non è il premio, non è il podio, non è il primato, non è l’applauso, non è nessuna di queste cose da sola e nemmeno la loro somma che giustifica lo stato di ebbrezza. E’ la vittoria, è il vincere. Quasi non se ne potesse fare a meno, quasi fossimo stati messi al mondo per questo. Proprio quei vagiti iniziali sono, in fondo, un grido e un pianto di dolore, ma anche di vittoria. “La Maestà della vita”, titolò una sua famosa opera Giovanni Testori. Eppure la vita nella sua normalità contraddice questo bisogno di vittoria e ci prostra nelle frustrazioni di un’ordinaria sottomissione ai condizionamenti. L’ordinario e lo straordinario, il quotidiano e l’eroico, in realtà non sono affatto dimensioni separate dell’esistere. Occorre capire bene le ragioni per cui ciò che la vita offre ogni giorno e ciò che la vita ti ha dato al tuo nascere non sono un peso ma una chance. E’ l’esperienza di qualcosa di divino che cerchiamo in quel desiderio umanissimo di vincere, di superare un limite. Si esprime a livello adulto nel desiderio di creatività, di utilità. Molte storie di persone segnate dalla vita dicono che non c’è condizione che possa interdire irrimediabilmente questo desiderio e  questa esperienza. Vivere è vincere, anche se questa vittoria prende forme che non avremmo aspettato o voluto. Solo la certezza che nella vita si vince, che la sua natura è promessa leale di compimento, può dare ai giovani la libertà di rischiare fino in fondo i propri talenti, cioè i doni unici che il destino ha fatto a ciascuno. Rischiarli, non nel senso di alienarli a padroni invisibili. Bensì guardare bene in faccia l’ideale in cui si incarna, in cui trova un’immagine, in cui prende forma il nostro desiderio. Sono gli incontri più imprevisti, son testimoni discreti o maestri appassionati che ci fanno vedere che anche per noi si potrebbe verificare la stessa verità e la stessa passione. E che solo rispondendo con passione a questa intuita verità possiamo realizzare noi stessi, la nostra vocazione. Disse icasticamente Steve Jobs nell’indimenticato discorso rivolto ai neolaureati dell’Università di Stanford: “dovete trovare ciò che amate. Se non lo avete ancora trovato, continuate a cercare”. Oppure Etsuro Sotoo, l’architetto  giapponese che sta continuando l’opera di Gaudi nella Sagrada Familia di Barcellona, quando ebbe acutamente a notare che l’allievo deve guardare non il maestro, bensì ciò che il maestro stesso guarda, perché solo così la sua originalità e la sua creatività si liberano veramente. La vita è il gusto dell’esplorazione, della scoperta  e della conquista, siano esse quelle dello spazio, oppure quelle di un nuovo algoritmo, ma anche più semplicemente del miglior funzionamento del tornio.

 

 

 

Bologna, 9-11-’15

 

 

A mollo

La vita mia ha cantato tutto sul mio conto

me l’ha detto il più intelligente di tutti,

che ho perso,

ma che ho vinto a modo mio

come quel cretino di bio presto.

Ora farò così, e non perché non abbia alternativa,

ma perché ci ho provato gusto,

smacchierò le camicie nelle fontane

e tornerò a mangiare

insieme con i figli di un destino d’amore.

 

 

 

Bologna, 29-09-’15

La vita è bella

Di questi tragici tempi mi sa che mi ritrovo bambino sul carrarmato a gridare “abbiamo vinto!” Eterna lotta, guerra senza quartiere contro l’incomunicabilità, la tremenda incomunicabilità, per cui ognuno prende, nei rapporti, solo ciò che gli interessa, senza lasciare spazio all’altro. Ma la tenerezza e la fortezza creano lo spazio della condivisione, lo spazio di una società nuova. E’ mattina, le stelle si son spente, si accendono gli occhi degli amici, che bello pregustare il senso della totalità mentre si lavora! Compito all’altezza di donne e uomini non addomesticati, ma capaci di collaborazione.

 

 

Bologna, 23-09-’15

fotogramma

Sorridi là in fondo tra la gente

infinitamente bella

come il destino totale

che aspetta le vicende umane

 

 

 

Bologna, 22-09-’15

compimento

Non è stata livida la tua giornata

non ne ha avuto il tempo

tu promessa di Dio in un grembo

 

 

 

 

 

Bologna, 16-09-’15

Giornata di mare

Assolo con orchestra

sorge un baleno di luce cristallo

che rimpiattino degusta,

una giovane festa,

di bianco vino settembrino

 

 

 

 

 

 

 

Bologna, 6-09-’15

Compagna di scuola

Finalmente parlarsi diretti,

sui tasti sentirti che tocchi

smaltati di rosso

accendono dubbi

che sono falò.

 

 

 

Ravenna – Bologna, 2-09-2015

Partire

Partire è come dare vita, paternamente.

Da qui, dalla casa del sentire,

non si è abituati al commercio dei saluti,

se non di arrivederci;

e proprio ora si sente

che ogni arrivederci è un appuntamento

con un altro momento

delle nostre persone

che il tempo, già tra poche giornate,

avrà sbocciato,

tra nuove rugiade

e bevande fresche,

per strapparti, amico mio,

un momento

di racconto della tua eternità.

 

 

 

Marina Romea, 14-08-’15

The sound of hope

Anche per me è tornato a brillare il mare;

per tutto il navigare

brancolando,

nelle barche e dei barconi;

nelle arche

degli archi delle chiese,

di chi non sa

come cavarsela

che sono tutti quelli che ci pensano.

Solo il sound di sottofondo è sicuro,

ma qui

chi ha bambini non sa come fare,

l’estate dimentica ma non scorda

i presentimenti delle stagioni

il loro ritornare

tra ritmi di batteria,

sperando,

in certe improvvisazioni

di solo jazz

e baby dance.

 

 

Marina Romea, 12-08-’15

La morte nera

C’è una scena che da ragazzo mi colpì molto in guerre stellari. Luke Skywalker sta entrando con la sua astronave a velocità pazzesca -improbabile missione- dentro i percorsi labirintici della morte nera, per farla saltare. Luke è però inseguito, quando la macchina da presa inquadra ancora più indietro la faccia sicura di Harrison Ford, nel film un suo amico mercante, che si infila anche lui a velocità pazzesca nello stesso cunicolo coprendogli le spalle. Il finale probabilmente lo sapete. Così nel mio immaginario ho sempre pensato che ci sarebbe stata una nuova battaglia, una battaglia finale, una morte nera da far saltare, ma non da soli, con la forza di un legame. Ho capito, amici, che ciò in cui occorre entrare con la forza di questo legame, ciò in cui un giorno sarei entrato finalmente è l’istante, con tutte le sue fatiche; ogni istante in un tentativo ripetuto e diuturno, ma sicuro, di vivere all’altezza del mio desiderio di uomo.

 

Bologna, giugno 2014

Biancore

Oggi Marina è pensiero che sfuma

in un suono celeste

di risacca e di foschia

biancore,

è nata quasi soffocata

la giornata cianotica

all’ombra di niente,

dove la natura si protegge

con il sudore dei corpi

con il vapore della piallassa.

E’ giallo, il limone nel bicchiere freddo

d’acqua brillante,

sa di terra e sa di cielo

la buccia liscia di una giovane

pelle da poco esposta al sole,

che non suda e lucente

si colora,

cosa che le ali bianche di un gabbiano

non sanno.

Il loro volo va,

vela e vento

nel latte del cielo,

e scompare.

L’afa qui

non è peccato da scontare.

 

 

Marina Romea, 7-08-’15

Il ristoro del tempo

Ebbe caldo il giorno,

di quello che non dà tregua

neanche di notte,

di quello che la luna suda

e solo i merletti dei castelli

danno riparo agli amanti.

Ecco, chi sa quanti amplessi,

quanto amore superò il dolore

nel corso della notte

e percorse i corpi bramanti,

gli occhi aggrappati alle stelle

e il cuore più in là,

come un pensiero inebriato

dai liquori

colati, da un cielo sognato da Bacco!

Oggi, nell’oggi del tempo

s’è alzato il vento

e ha dato ristoro agli antichi,

ha restituito tersa la luce

e la frescura,

oggi la natura ha liberato i miti

e ha chiesto calore agli uomini,

la gratitudine dei piccoli cuori e i loro dolci sospiri.

In quest’affare di realtà

non li sovrasta più

la gota turgida di Eolo.

 

 

Bologna, 6-08-’15

Cattolica

Azzurro è il levare l’ancora dello sguardo,

poi liberarlo in equilibrio tra terra e cielo

alle nuvole bianche e quasi beate, passeggere che

raccontano un’altra estate qui.

Le serate sul lungomare

a vivere d’amore senza sapere come

e immaginare domani

a forza di voli bizzarri di gabbiani.

Da allora ho imparato ad abbracciare la visuale del mare

come i corpi dei miei amori e gli infiniti inviti a festa.

Ora tutti i pensieri quasi lucciole ammiccano,

nonostante i corpi più pesanti e le ferite brucianti

le carezze sollievo, ora, la meta nascosta ascolto

e picchiano più deciso i miei sandali sui talloni,

nei cammini audaci della passione e della riconoscenza.

Vita mia ti riconosco.

 

Cattolica, 30-07-’15

Madre

Madonna dei tramonti, del grande pittore Pietro Lorenzetti, basilica di San Francesco d’Assisi.
La mia mammina, da ragazza era in Umbria e amava questo affrresco, non conosceva ancora il paparino, che incontrò poi tornando in Romagna. Chissà dunque cosa le frullò nella mente, dato che mi confidò poi, portandomi a vederlo, che le capitò di pensare, allora, “se sposo un Lorenzetti, un figlio lo chiamo Pietro”.

 

 

 

 

Bologna, 22-07-2015

occhi mori

Nei suoi occhi, vidi i sospiri stellati,

i suoi mi condussero nei boschi,

lei usciva dal mare nell’età del sole.

Ma fui solo, deserto dentro,

nel tempo degli sguardi immobili,

finché vidi a te,

biancheggiare nella notte,

mille occhi mori di carovana.

 

 

 

Marina Romea, 12-07-’15

Campovolo

Gli atteggiamenti, il ballare quasi

dei cantanti che ravvicinati e maschi

si divertono scanzonati,

fanno ondeggiare le braccia

a migliaia come un’unica sculettata,

spensierate note,

al cielo della bassa nella notte.

 

 

Bologna, 25-06-’15

Commiato

Spazio che ho abitato non ti possiedo,

ho passato tanti anni tra due balconi

e opposte finestre, su tante visioni,

ma nessuna era l’una, quella che vedo

ora, ora che devo andare, è forse la più reale.

Ma tutto mi sfugge, o forse non a me,

perché non son bastati tredici anni

per catalogarti, mi è rimasta l’aria

temperata, delle mezze stagioni e la corrente,

da strada a strada, da fronde a fronde.

Mia casa,

tra queste finestre, le gabbie

sono saltate per sempre.

Pace

Lasceremo che ci invada

quella strana tenerezza di creature,

che sarà vetro soffiato e modulato

lungo le ore del giorno,

oltre ogni resistenza,

da alito e mani di padre.

 

 

Bologna, 22-06-’15

Acquamarina 2

Riabitueremo il cuore

a prendere il largo,

di momento in momento,

come un veliero disincagliato…

E basterà un’acquamarina di compagnia.

 

 

 

Bologna, 22-06-’15

La ballata di Ilaria

I tuoi vent’anni

sono belli nel mezzo

del mio vivere,

sono così, come fai tu:

una piroetta e via, a modo tuo

e ti riesce di consolare questo mondo.

Egocentrica come poche,

ti ha reso così la dote

della sorte scritta sui tuoi seni

e sui riccioli dei tuoi capelli.

E’ l’eterno segreto del mondo

che ci tiene in vita con l’inganno

della bellezza e del ritorno,

ad un’età,

che forse sarà,

splendore anche aldilà, lalala lalala …

 

 

 

 

Bologna 19-06-’15

Delusione

C’è solo adesso

con questo cuore che arde,

c’è solo poi, un respiro

strozzato,

ho appreso ormai,

a non fare rumore.

 

 

 

 

Bologna, 17-06-’15

Temporale

E rompe il cielo

dagli argini e dai sipari,

è il suo teatro che si riapre

tra grosse grida e chicchi di gocce,

acuti di soprani e di tenori

dicono che sarà solo gioia.

 

 

 

Bologna, 16-06-’15

Sperdutezza

Mi hai toccato nell’abbraccio di un padre e di una madre

e da allora io vivo ogni istante in uno sperduto desiderio:

ritrovami Signore!

 

 

 

 

 

Bologna, 10-06-’15

Donna 3

Come se tu portassi una ricchezza,

ti porti dalla spiaggia al mare

con i fianchi che non son più gli stessi,

mentre i capelli ed i riflessi

spandono bellezza, lucente essenza della tua persona

tutt’intorno a te.

 

 

Bologna, 6-06-’15

La canzone e la riunione

l’ho ascoltata mille volte questa canzone…
Sst!
Sogno di fare nel bel mezzo
di un ritrovo che non c’entra niente.
E sentirla imprevista da dietro la porta,
da non so dove, come se fosse un canto
lontano, ma dentro il cuore che si riconosce
nei presenti e dice il perché
siamo diversi eppure insieme.

 

 

Bologna, 1°-06-’15

Le parole da non essere dette / Ballata

Quelle frasi che tu dici t’ho detto al momento giusto ed esatto /

insegnamenti di vita per sempre io di certo non so che fine hanno fatto /

e neppure ci credevo ti arrivassero, l’ho fatto per darti speranza, /

per evitarti forse qualche sostanza, /

per dirti di una fede incrollabile e di un labile fedele. /

E allora ho detto: “io muoio per lui”, perché tu meriti tutto, /

la sostanza della vita che mi hanno insegnato /

e poco importa se davvero ci abbia creduto. /

Tu già lo sai di saperci stare a ‘sto mondo, io non sono stato, /

anche se c’ho provato con qualche stratagemma /

che purtroppo con me non ha mai funzionato. /

RIT:

Quelle frasi che tu dici t’ho detto al momento giusto ed esatto /

insegnamenti di vita per sempre io di certo non so che fine hanno fatto. ///

Non ti ho mai visto passare, però, questo no /

perché sono sempre stato con te, i vuoti interiori non so. /

Non voglio perdermi la tua stagione di uomo maturo /

e  voglio che sia il ritorno migliore del mio investimento più puro. /

Ritrovassi – dicono gli altri ed anch’io – spensierati sorrisi, /

tu me li avrai regalati con tanti interessi. /

RIT:

Quelle frasi che tu dici t’ho detto al momento giusto ed esatto /

insegnamenti di vita per sempre io di certo non so che fine hanno fatto. ///

E allora lo sai, tu per me, io per te, racconteremo emozioni /

squarceremo a modo di ognuno la gola in speranza /

braccheremo l’amore a trarre vita da furibonde passioni /

e la sua argentea sapienza. /

Saremo insieme, come non so, ma ci riconosceremo tra i volti di mille /

e sapremo a memoria le parole da non essere dette. /

RIT:

Quelle frasi che tu dici t’ho detto al momento giusto ed esatto /

insegnamenti di vita per sempre io di certo non so che fine hanno fatto. ///

Perciò figlio mio, capitano e maggiorenne, /

basta parole, si cazzano le vele /

largo alla vita, pulsare del cuore tra le dita, /

si scioglierà a poco a poco anche il pack del ghiaccio perenne.

 

Bologna, per 2-06-’15

Compleanno

Il tuo primo respiro, grido del cielo e fu subito il nostro,

ora scopro anche il tuo, disse il destino che tu ti segnassi

e che mi insegnassi e segnassi le piante del tempo,

in orme latenti, sotto il patio di un cielo lucente all’aperto

gli astri in amore, di successo in successo, di fatica in fatica.

Ora guardo: “che c’è?”, sempre meno lo dici, ora mai tu conosci gli sguardi

sull’uscio di camera tua, a dirsi di oggi le parole di ieri e i pensieri domani, sarà

perché sì il domani sarà…la la la la la la, è già in erba è come ridente,

non pretendere niente, chiediti  tutto, domanda alla vita

come un Dio latente la la la la la la, la la la la la la

 

 

 

 

Bologna, per 2 giugno ’14

Campanelle

Di là da una tenda di motivi e di fiori

rivoli piovani di campanelle vere.

Mi ritorna il loro rosa fulmine di fioritura,

come un pensiero che attraversa la trama del nulla.

 

 

Pietro, 23-05-’15

Le lucciole delle periferie

L’uomo di oggi – è stato autorevolmente detto – si capisce meglio dalle periferie. E sempre nelle periferie è dato, nelle tarde tiepide sere di primavera, avvistare ancora le lucciole e le loro luminescenze, un miracolo che incanta le pupille. La loro ricomparsa non suggerisce tanto il ritorno di valori tradizionali nella nostra società (come per converso della loro scomparsa ebbe a dire il grande Pier Paolo Pasolini), ma, piuttosto può – esse possono – evocare come d’incanto una speranza ineffabile. Una speranza quasi impalpabile, che appare, scompare, la prendi, ti scappa via di nuovo. La punteggiatura di questo disegno nell’aria è l’aspetto quasi sfidante della speranza che ci è rimasta.

 

 

 

Bologna

Un piacere più grande

E’ proprio in questa necessità di attendere,
in questa possibilità di perdere,
in questa disponibilità a perdere,
che comincia un successo più grande,
che comincia un’attitudine stabile a godere della vita
e ad incunearsi negli spazi che lascia alla gioia.

 

 

 

Bologna, 20-05-’15

Ascoltando “A modo tuo”

Scriverò la vera storia di tutti i miei sogni,

abbraccerò le persone vere

che saranno poi state tutte quante.

E sulla soglia di ogni vendetta ricorderò

che tu mi apristi lo sguardo

quando iniziai ad arrendermi.

Io amo, amo questa vita

e la voglio lottare

se ciò è necessario per amare ed essere amati.

Voglio il futuro, che mi abbia del tutto

e a dispetto di tutto,

consumare la paura nella passione degli amori e degli amici.

Sono per me le canzoni

che i cantanti dedicano

ai loro piccoli figli.

 

Bologna, 19-05-’15

Dopo la notte

E’ calata la notte sui sogni più belli,

è rimasta una storia che finisco di scrivere

e cui manca il finale.

Sarà quello il sogno più bello.

 

 

 

Bologna, 17-05-’15

Terrazzo

Solo con me davanti al mondo riguardo a fondo

la vita mia a sbalzo sulla strada,

c’è una campanella che ora è polline di suono intorno,

i pensieri vanno ma non mi avranno,

din don,

è l’ora di uscire, contemplare ed agire.

 

 

 

Bologna, 17-05-’15

Regali

Stamattina il mondo ci regala il cielo

e una ragazza che accudisce i mici di strada,

come quella che puliva alghe di fiumi

e s’interrogava segreta sul suo destino.

 

 

Bologna, 15-05-’15

Ascoltando “Adesso e qui” (Malika Ayane)

Il desiderio di una vita cui

hanno detto di non

desiderare

sarebbe urlare di rabbia,

non è quello che ci spetta,

non è quello che ci basta, ma cantare di gioia,

arrendersi a questa tonalità sorpresa

commossa vitale e corale,

ecco, tutta la sofferenza,

è stata per questa vocalità estesa e corale,

se la smetteremo di provarla.

 

 

Bologna, 12-05-’15

Tapparella

Ho schiuso poche righe di luce che sono giorno

 

 

Bologna, 4-05-’15

L’uomo, il male ed un cronista

C. Qual è la soluzione, se non l’assoluzione?

U. Ho cercato giustizia, ma hanno risposto soltanto echi solitari.

M. Ti ho instillato l’amor proprio: che te ne facevi di ideali che ti avrebbero portato fuori di te?

C. Tu dividi, io ti narro la loro storia; ci hanno provato a riprendersela secondo i loro istinti…

U. Noi volevamo giustizia.

M. Se vi foste alleati con me, i vostri istinti sarebbero deflagrati in un potere immenso, in un globale regolamento di conti.

C. Appunto, la storia dice che non c’è giustizia senza amore.

U. Amore a sé, amore agli altri.

M. La mia condanna è l’uomo reso amore dall’amore.

 

 

Bologna, 2-05-’15

Alberi

Ecco, rivedere il verde,

gli alberi sventolare,

è come andar via,

è come perdere.

Lo sguardo a volte fa nascere,

sotto il vento,

una cesta natante di neonato.

 

 

 

 

Bologna, 1°-05-’15

A viso aperto

Venne fuori, prima dal labbro, dalla fossetta del labbro superiore, poi sgrinzandosi a sorridere, le due labbra comprese, così, come tra loro e loro. Gli occhi umidi, senza lacrimare, accompagnarono il leggero elastico del viso. Era luce. La consapevolezza leggera di tutta la fatica, del dramma che era stato lasciar scalfire il marmo del cuore. E riconoscere che lei (ogni lei) c’è, che tu (ogni tu) ci sei, che il senso di ogni momento si potrebbe fare vita.

 

 

Bologna, 1°-05-’15

La tua voce

Resti solo tu, la tua voce,

il resto se n’è andato via,

c’è quello che mi sussurravi da piccolo,

poi più non tanto.

Toni rudi della vita, gli occhi tuoi

accompagnano i suoni dolci e quelli stupiti,

ma ora è tutto più rapido,

rapide fughe per capire e più non solo,

solo silenzi, serbatoi d’amore,

dentro le pieghe del vivere intenso.

 

 

 

Bologna, 28-04-’15

Torna la calma

E’ questo portarsi dietro tutto,

è questo non poter dimenticare nulla,

è questo navigare sulla rotta

strattonati dall’onda e dalla risacca.

E’ questo aprirsi quando tutto si chiuderebbe,

è questo coraggio pieno di paura,

è questo inizio umile che ha dentro tutti,

per il resto è il cuore che riderà,

prima delle labbra degli occhi

e dei pensieri calmi nella tempesta.

 

 

Bologna, 22-04-’15

Santa Caterina Valfurva

Mi portasti, amico, in disparte
e dicesti quelle parole alle stelle,
come un notturno di montagna,
come un tragico segreto.

Non ne ricordo se non l’accento
ed il senso, profondo,
di strappare
il mio destino al destino.

Ho vissuto giornate senza luce,
temendo che questa fame mi avrebbe fatto a morsi,
finito in poche ore,
prima del tramonto.

Quante altre volte ho preso a morsi la sorte,
recondita la notte,
per conoscere un nome, il suo,
per avere un nome, il mio.

Quando ti ho riconosciuta,
ho capito cosa avessi strappato al destino:
il primo passo, il suo,
nella nostra storia d’amore.

Bologna, 16-04-’15

Aurora 3

La bellezza di tutto,

il cielo da cui sorgi,

sconosciuta amica,

sarà l’aurora insistente

di questo giorno di guerra.

 

 

 

 

Bologna, 10-04-’15

Università

Certe chimiche cerebrali abbreviano le sproporzioni illusoriamente. Distruggono il percorso, lasciano pugni di mosche. Come sarebbe a dire? C’è che le conoscenze del prof. sono una montagna da scalare. E la bella studentessa la deve scalare senza scorciatoie. Il prof. saprà amare il gusto del vero come l’affezione della sua donna? Come un pensiero d’amore che vede splendere in ogni fiore?

 

 

 

Bologna, 01-04-’15

Linfa vitale

Non aver paura dell’insondabile, se dai fatti si vede, a Dio  va dato il rispetto che gli si deve. E consumare – ovvero vivere – quel che ci è dato di sentire, realtà strapazzata come frutti mangiati a morsi. L’insondabile non teme il mondo col suo disordine: tranne – inconsolabile dolore – l’accavallarsi delle generazioni come grappoli non raccolti, spaccati al sole e caduti sotto i filari, che saranno calpestati.

 

 

 

Bologna, 31-03-’15

Cuore e polmoni

Il cielo ci apre vallate ogni mattina, ma anche boschi e nuvole di cui abbiamo paura, perché la vita dell’uomo è così, quando essa si spalanca al massimo, per un attimo si restringe in una morsa di paura. E non lavorano forse così anche il cuore e i polmoni? Quando la morsa si fa più forte ci vuole la stretta ancora più sicura, vitale e fatata di un abbraccio del destino, dell’amore e dell’amicizia.

 

 

 

 

Bologna, 27-03-’15

Airbus

Ho infranto il desiderio nei dirupi della vita come la mano di un pilota folle. E lassù non è ancora tempo di ginestre. Questa concentrazione di sciagura, come una congiuntura che il destino ci prepari a velocità folle, con incosciente determinazione è … sì è almeno un’avvertenza nuova alle nostre giornate. Perché non si sa oggi dove e come colpirà. Comunque abbatterà il desiderio. Il desiderio che non è mai sazio, il desiderio che non si consola, verrà tradito. Pardon, da che mondo e mondo viene tradito. Verrà sconfitto, piuttosto! Perciò è l’abbraccio miracoloso che deve avvenire, non si scappa. O noi oggi torniamo a mendicare il cuore salvato, il cuore guarito, il cuore amato, il cuore consolato, da qualcosa di storico che è più grande del cuore umano, oppure non saremo uomini. Non sappiamo noi come finirà l’avventura del mondo, se tra città ricostruite o se tra campi di desolazione. Non importa però se saremo cittadini o profughi. Ciò che conterà è se saremo ancora uomini.

 

 

 

 

 

Bologna, 26-03-’15

Eclissi

Arde, non demorde l’arsura, che sale da dentro, come un’ubriacatura di tutto il dolore reale. Oh cosa ne so io? Sete d’amore urtata, contro, ma più che altro sentire il mondo. Che siamo tutti così, a modo nostro, infatuati di felicità, in questo sole di primavera, la prima, che anticipa come, ma non dice quando. Domani ci sarà l’eclissi. Solo questo, noi uomini, sappiamo.

 

 

 

Bologna, 19-03-’15

 

Postura

Umile inizio il gesto vero. Umile al mattino. Umile chiedo cuore al mistero. L’umiltà sa l’abisso che conosco e che non voglio più. L’umiltà sa però che cosa non posso più sopportare. Amare è una cosa libera tra quelle possibili.

 

 

 

 

Bologna, 17-03-’15

Bianco e nero

Tra le partite passa un breve racconto di seduzione. Due giovani dai lineamenti affusolati e sorridenti, una pubblicità in bianco e nero che li esalta. Sull’altro schermo, la finestra a giorno della sala, il cielo e i rami sono in bianco e nero in attesa della primavera. Il cuore si apre al pensiero dell’infinito. Le sue domande scolpite in bianco e nero sono come visi in cerca di avventure e rami scarni in attesa di gemme.

 

 

Bologna, 15-03-’13

Appassionarsi alla vita

Lottare è come morire senza smettere di respirare, è un respiro profondo che fa rialzare la testa e sentire se stessi. L’odio tramonterà e il fuoco di un amore immenso e pieno, sui nostri visi induriti e stanchi, sarà il vero cielo. Sarà quel giorno, a cui tutto tendeva mentre doveva stare, paziente, sul ciglio del desiderio, godendo di rapidi sorrisi. Neanche il volto conosciuto e amato, conosciuto e consuntosi assieme a te, l’avevi in realtà mai veduto. Tensione, fuoco vivo, ardere d’ambasce sconosciute agli altri, che ci separano e uniscono, ciascuno di noi, con ogni altro. Dall’alba al tramonto, come un crepuscolo che non si schiarisce del tutto ancora, ma si rischiara sempre di più. Un po’ alla volta, un pensiero dopo l’altro, appassionarsi a giocare con semplicità la partita più importante. Ogni volta che si semplifica, la vita è nuovamente pronta per essere vissuta.

 

 

 

Bologna, 13-03-’13

Basta la piccolezza?

A forza di cantare ho sentito la campagna gialla, come se fosse lì veramente distesa tra la stazione e via Indipendenza. A forza di guardare il cielo ho ricordato lezioni di astrofisica e le costellazioni, come grosse pulsazioni del cuore. Ho ricordato le frasi dei maestri e la maestria della vita, che sono vivi allo stesso modo. Non c’è una dimensione, non si contiene l’emozione, la ragione vera non ne ha paura. Agli occhi umettati dei nostri vecchi basta rimpicciolirsi per apprezzare le distanze. Basta la piccolezza ad ogni giovinezza. Basta la piccolezza per stare tra le faccende dell’essere. Ma cosa diremo alle bambine dei postriboli delle metropoli del mondo?

 

 

Bologna, 12-03-’15

Pianoforte

Ho gli occhi redivivi di bellezza
come la stella polare nei cammini notturni,
mentre prende a tremare intorno
il restante blu.
Tra i tonfi degli accordi e il nulla vibrato al cielo
si è dilatata questa sera:
l’emozione ha percorso i tremiti del corpo
e il petto, massaggiato impetuosamente da mani di pianista,
ha trovato consolazione.

 

 

 

 

 

Bologna, 01-03-’15

Tempo amico

La pennichella non dura fino all’alba,
tengono aperti gli occhi le giornate, 
come laggiù nella baia,
dove si rompe il sepolcro della luce.
Trapasserà le nubi e sfavillerà,
come la sera di un fiordo,
come la maturità di un figlio,
negli anni che il tempo mi darà
e di cui non sarò più preda.
Ora che l’amore è carnale,
anche la luce dentro del tu
conosce un tenero impazzimento,
che non farà avvizzire l’amicizia.

 

 

 

 

 

Bologna, 23-02-’15

Domenica mattina 4

Cadenza il tempo senza finire,

pioggia fine,

di una domenica di carte e ciclamini,

anche le gatte sentono vera la presenza,

stranamente,

dei silenzi

e delle gocce

fuori,

ritmo nascosto

dentro

le cose,

sapere stare

sul loro dire.

 

 

 

 

 

 

Bologna, 22-02-’15

Lacrima

Una lacrima tra le altre faceva male e aveva percorso tutta la lunga ruga dalle ciglia alle pieghe del viso. All’avvicinarsi dell’angolo della bocca questo si scostò per il sale e per il dolore che essa recava. Una buona bocca è fatta per ridere, lo si sa, che è brutta quando piange. Così le lacrime, tutte le lacrime conobbero in anticipo il destino di un viso atroce. Ed ebbero paura. Ebbero paura del loro volto atroce. Finché si dischiuse la voce. Finché il ghigno, reso dolce da dentro, impercettibilmente sorrise e accolse una lacrima e poi due e tre e le altre. Ed esse luccicarono di sorrisi.

 

 

 

Bologna, 19-02-’15

Sera 3

Spigoli la vita per non ferirti,
basta la sera di un giorno normale
a spiegarti gli incontri e i sorrisi lieti?

 

 

Bologna, 18-02-’15

Sera 2

Mi cresci dentro
non sei più io, infinita scoperta
tu figlio mio.
E’ il tempo che ci fa reali,
alibi neanche, non ho più scuse,
non ha più senso chiedersi:
“cosa farò domani?”
C’è solo il momento
che tracima storia
oltre il prevedibile.

 

 

 

Bologna, 17-02-’15

Sera

Coricarsi smarriti,
chiedere al sonno di chiudere il discorso,
già finite le gioie,
ma in qualche luogo, capriola dell’animo,
sentire,
echi di frasi, sapori rari, mani,
che la passione non è vana,
anche quando frana,
all’ombra dell’amore,
come i baci dati fino a stancarsi
di un amore giovane,
come i baci dati con misura..
di un amore sicuro.

 

 

 

 

Bologna, 16-02-’15

Kayla

A un certo punto ho parlato solo con Dio,
mi hanno tolto i fogli e la nostalgia,
è rimasto solo l’orrore
e un rivolo d’amore.
A un certo punto si sono armati,
mi hanno tolto i vestiti e la forza,
ma essa è rimasta, diversa da prima
e un rivolo d’amore.
A un certo punto ho perso la vista,
mi hanno tolto il mondo e gli amori,
è rimasto il boia lì a vedere
un rivolo di sangue.
Ora io canto nelle arie perse
dei mari agitati,
ora io canto alla faccia feroce
dei destini atroci
e scrivo con l’anima
a voi cari tutti
un rivolo di lettera.
Scoppia, sotto la vanità dei mitra e dei coltelli,
la domanda d’amore dei miei anni belli.

 

 

 

Bologna, 11-02-’15

Juke box

Juke box
di un vecchio bar
è la mia vita.
Chissà se un cono di luce
mi sorprenderà sul posto,
sentirò i passi
e gli accordi,
le prove di un’orchestra dal vivo, speciale
e andremo fuori a ballare, tutta la vita?

 

 

Bologna, 29-01-’15

Fioretti

Ho vissuto l’infanzia nell’emozione,

piccolo cavaliere di mamma, sempre di mamma,

nei fioretti incrociati e in quelli offerti.

 

 

 

Bologna, 27-01-’15

Ada

Tu sei casa mia.
Tu sei dove si ricorda.
Tu sei una finestra che a volte apro sul tuo e mio volto.
Tu sei lo specchio e io nudo.
Tu sei il battito dell’orologio, regolare e costante
… Ma agli angoli degli occhi sorprendo le tue risa…
Tu sei un sogno più grande di una casa.

 

 

Bologna, 24-01-’15

Pini marittimi

Ho stampato

pietre miliari

nelle mappe

delle città

 

 

 

 

Bologna, 23-01-’15

senza titolo 4

Non è bellezza ma attrazione,
chissà cos’è che mi fa prostrare, è passione,
perfezione neppure, il tuo seno prorompente
come un cielo chiaro la mattina dopo.
Sono stanco di negare a me stesso
la stretta animale delle amicizie spirituali.

 

 

 

 

Bologna, 18-01-’15

Greta e Vanessa

Anime ragazze nelle galere,
riscattate di sera,
abbracciate stamane,
chi lo sa quanto avete aspettato
il riscatto ed il giorno, da sotto il velo
desiderato per scherzo, imposto sul serio,
quanto avete aspettato che Aleppo
si tingesse di bianco, di muri e di sole?

Qui, si attende il Presidente,
qui, si attendono le gemme degli alberi,
qui, si attende domenica.
E’ poca cosa per le anime in pena,
ma le anime di vita riconoscente
amano la libertà.

 

 

Bologna, 16-01-’15

Dialogo della figliolanza

DISCEPOLO: voglio conoscere la verità, padre.
MAESTRO: a proposito di cosa?
D: di ciò che ho dovuto soffrire.
M: perché me lo chiedi? La vita è sofferenza.
D: sì, ma in tutto questo tempo è accaduta una cosa strana.
M: vale a dire?
D: io ho un nome e le cose hanno un nome. Ho sete.
M: non ti hanno dato dell’aceto?
D: sapeva ancora di vino…
M: e ora?
D: è rubizzo nel mio cuore.
M: mi stupisci.
D: e allora perché ci hai scommesso?
M: per la tua curiosità. Di cosa avevi sete?
D: di realtà.
M: hai imparato a sopportarla?
D: tu sai cosa mi hai insegnato come prima cosa.
M: siamo uomini.
D: capaci di amare l’infinito.
M: la luce di ferragosto abbacina…
D: ma lenisce le ferite più di quella di luglio…
M: allora sei pronto. Cosa volevi sapere?
D: il mio respiro…Chi lo ha educato? Io sapevo solo affanno.
M: tutto qui? Io ti ho abbracciato. Ma è Dio che dona la calma agli ossessi.

 

 

 

 

Bologna, 12-01-’15

senza titolo 3

Nenia, la neve

un nitore d’alba

e d’ignoto anno

 

 

 

Bologna, 31-12-’14

aridità

Si è spenta la miccia del cielo.

Dove sei Amico che scaldi l’alba di rosso?

E’ così lungo l’inverno, da infrangermi dentro?

Le ginocchia piegate non hanno più sangue per pregare.

 

 

 

Bologna, 13-12-’14

Luminarie

Grida!

Bella ghirlanda

di cristalli,

al freddo che sfila

e la fa sconvolta,

dispersa, fa’ che non sia

la via.

 

 

Bologna, 10-12-’14

senza titolo 2

Per te

il mio restio sì

batterà le ali

 

 

 

 

Bologna, 2-12-’14

Nebbia

Non si vede la nebbia,

l’illusione o il nulla…

Solo la terra è calda,

desiderio dell’universo

…Sai, si è fatto tardi.

 

 

Bologna, 28-11-’14

Impressioni

Sfuma rosa il giorno

poi strapiomba blu notte.

 

 

Bologna, 19-11-’14

La patatina

Alla fine è rimasta lì
la patatina,
mentre la madre piangeva
seduta al centro della mensa
vicino al figlio,
dopo la mia preghiera
segreta e atea,
finché non mi è costata
un’offerta,
che ho lasciato sul mio piatto
deposto nei carrelli.

 

 

Bologna, 19-11-’14

Sul far del giorno

Ma per me sarà sempre mistero e fragore di cascate
questo stupore di voce bambina
la la la la la la la la la la la
la ridonerò nel tempo dell’attesa
e per sempre potrò guardare le tue risate.

 

Pietro, 19-11-’14

Babbo

Non ti potevo capire tanto era urgente il bisogno ed il niente.

Con calma, le mani, tra lo sfogliare una fotografia e l’altra,

svelavano il segreto, più delle stesse immagini.

 

 

Ravenna, 16-11-’14

Ieri

Come un viaggio di luce, un volo di sguardo

e vedo che ieri non mi ha dimenticato.

 

 

Bologna, 17-11-’14

Il grido

Tra le creature e Te il mio cuore si dimena

e raramente si ricorda di essere grido:

non urlo, grido.

 

Bologna, 16-11-2014

senza titolo

Al mio processo ho patteggiato

un ergastolo d’amore

alla vita e alle sue condizioni.

 

 

Bologna, 1-11-’14

La borsa

L’anima e le cose

consumano i pellami

e cedono fermezze…

Il tempo sfascia la vita

Sparpaglia sicurezze,

come carte tessere,

senza poter mai più ritrovare quella giusta.

 

Bologna, 31-10-’14

 

Riscoprirsi figli

Non comporre un puzzle, né
alla linfa di un albero appendere foglie morte.
E’ stato perdersi per i sentieri troppi 
e disperare come un bambino
(desiderare e poi amare)
e infine ritrovare la semplicità di dire sì alla vita,
e al suo mistero. Ritrovarsi piccolo, preso per mano,
per le strade sassose, dalle albe ai tramonti.
Che la realtà sia onesta così, anche con te, figlio!

 

 

 

Bologna, 25-10-’14

Bufera

Riapre una mattina nata chiusa
quale aborto, o un torto, tanti forse
il sibilare limpido nel buio e la fresca musa
dell’aria ventosa tra foglie morte;
che se ne vanno e lasciano
dire a ciò che sta, gli alberi e la cattedrale,
che ne vale la pena e il giorno non è vano
spalancato all’amore dal soffio dell’universo vitale.

 

 

Bologna, 22-10-’14

Non spegnere quei tuoi occhi

Non spegnere quei tuoi occhi,

senti la musica vien da dentro,

vibrerà nel vento

del dolore e dell’amore,

nell’ugola dei valichi da cui si vedrà,

da cui si vedrà ciò che senti vero

dentro,

la piana e gli accampamenti e i falò:

e vedrai, amico, sarà stato lieve accettare il viaggio

e giusto viverlo con le sue paure.

Che non l’avranno mai vinta.

 

 

 

Bologna, 6-10-’14

Folata

Un improvviso vociare di mare

arriva qui sulla riva

e mi invita

a ricordare, quasi ad evocare,

come in un grande coro,

le voci del mio cuore

le voci dei tanti che la vita mi fa amare.

 

 

Porto Corsini, 27-09-’14

Sentire la vita

Lo capirà da un fiore che le regalerò

il cammino che ho fatto…

e non ci sarà stato bisogno di dirglielo

come ora sento la vita,

perché sarà come una poesia

e la foschia di settembre

che accresce la magia, dietro sé.

 

 

Bologna, 27-09-’14

Ideale bambino, non più

Sopra carta da riciclo

mi sono immaginato

bimbi persi e felici

sul loro triciclo

e nella sperdutezza

di questa foto

familiare paffutella

di ormai dura tenerezza,

ho chiesto inchiostro e una penna

per scrivere a te che mi hai scassinato il cuore

il futuro che ho sognato

in cambio di un bacio e di una pergamena.

Così, nello scrivere  ti ho detto il mio segreto,

e non so se mi pento più dell’uno o dell’altro,

so solo che non posso più fare  a meno

di parlare della vita e del vigneto,

quello di casa mia, piccolo filare

delle nostre vite di bambini,

come la tua sul fiume,

e lì quel poco ritrovare

dell’immagine futura del mondo

di quando la famiglia si allargava

 e il portichetto traboccava

di amicizie e di conquiste,  giocondo.

 

 

 

 

 

Bologna, 16-09-’14

Ristrettezze

Cammini, volti,

ti volgi e non sai dove,

strappa il cuore la vita

che avara e stretta,

dètta,

la paghetta  – dei figli.

 

Pietro, 15-09-’14

Duna

Che meraviglia, mare, accade davanti a me

Sei più splendido dalla duna,
dove ancora garrule le rondini,
di luce bianca nei color cobalto

Su una stuoia stesa, ed è proprio settembre,
ci scambiamo l’amore del cielo,
dicendocene i colori.

 

Porto Corsini, 13-09-’14

Attesa

Tremo di brio e di mattina che non sta,
al finestrino t’aspetto,
già se ne va, prima di viverla, la vita.
Ma tu, amore, hai l’argento vivo nei capelli.

 

 

Bologna, 13-09-’14

Sabato mattina 3

E’ ferma la vita senza la fatica.

Si alternano tra le narici le essenze

degli ingredienti di cucina

e del fogliame mosso dal vento dietro le vetrate.

Profondamente respiro le esistenze

degli slanci e dei cammini,

l’estate degli sguardi

e il passo settembrino di chi aggredisce,

di chi dice al mondo che ha voglia di pienezza.

 

 

Bologna, 13-09-’14

Istantanee di settembre

“Stasera – mi chiede la finestra a giorno della sala –

vedrò i cieli arati di rosa?”

La voce più sincera

mi rivela

che l’istante non ritorna.

E’ il mio battito ora che ridonda il pendolo

e fa perfino della noia un’esperienza,

a durare

nei cieli arati e rosa

di sempre.

 

 

Bologna, 11-09-’14

Essenziale

Poveramore…

Amica del mio cuore

che hai sentito? Se hai detto sì

ai giorni che passavano

e alla vita povera,

a questo sogno meno folle

solo per la cattiveria delle maschere?

Di persone ne ho contate poche.

Siamo diventati poveri per possedere

la nostra stessa vita.

 

 

Porto Corsini, 7-09-’14

Luci del pomeriggio

E’ quasi una giornata di estate piena.

Vivere oramai vedrò

tra noi

tutto ciò che resta.

Tutto ciò che rimane per sempre.

 

 

Porto Corsini, 30-08-’14

Luoghi della mente

Il mio mare è come la mamma,

gli paragoni ogni donna

e questa verde leggenda,

che sotto la bianca Vieste

non ha pineta.

 

 

Vieste, 04-08-’14

Falò tra le nubi (tela)

Dentro il contorno tenue di rosei cirri

esplodono vivaci getti di vernice rossa.

 

 

Bologna, 2-08-’14

Rada

Il mondo ascolta

con un sottofondo di marina

le armonie dell’anima

 

 

Porto Corsini, 2-08-’14

Verso l’ignoto

Solo il presente è noto, dico tra me e me

e non ti conosco, proprio tu, tutti voi

qui sulla spiaggia. Solo il presente è qui,

domani partirò, vita avara di partenze.

 

Ma la partenza che voglio

è quella del prossimo istante, qui

come se fosse verso l’ignoto,

proprio con te, proprio con voi.

 

 

Porto Corsini, 2-08-’14

Campi di mais

Si possono strappare a morsi i morbidi ricordi dalle pannocchie di mais.

Nei campi maturi, piccolini, percorrevamo i lati disegnati dalle semine,

scappando a fucili caricati a sale.

Sotto i fusti robusti e verdi  c’era il mondo squarciato,

c’era l’ombra e la luce,

la terra acre e il raccolto giallo da rubare

da far scottare in fuochi di fortuna,

col sapore dolce di una conquista di bambini

sudata insieme.

 

 

Porto Corsini, 2-08-’14

 

 

Il fiume va

Ti ho amata con amore rabbioso e melodioso

(è stato rapida e plaga),

l’amore si è riversato dalla diga del possibile

e la rabbia è scoscesa,

verso la sabbia levigata dal mare

e quell’incanto adorato ad ogni ansa di cielo,

di cielo del mare nel fiume tranquillo.

 

 

 

Bologna, 31-07-’14

Suggerimenti

Suggerire cosparsi semi

come puntini neri

su un piccolo pezzo di pane,

papaveri sparsi che non c’entrano niente,

tra campi di spighe di grano e

rosseggiano giugno ormai maturo.

 

 

Bologna, 29-07-’14

Barolo

Il dolore cupo e sordo fatto di speranze ineffabili
è una vecchia bottiglia di barolo che a fatica si stappa, ora
per una nuova piovosa giornata, di un’estate sperata

 

 

Bologna, 21-07-’14

Gli amici non muoiono mai

La “belle vie” non voler garanzie,
ma darsi al futuro, non sicuro.

Voce amica più di allora!
La scommessa del tempo si vince,

i capelli tuoi d’oro,
come le stelle del cielo.

Porto Corsini, 19-07-’14

Panama

Lasciare gli ormeggi con un calcio i marinai
e i turisti salutare protetti dai Panama
fazzoletti bianchi alle banchine, di ogni nuovo porto,
è un viaggio per storie coloniali di decenni fa.

Ora il viaggio è più spirituale, fino alla fine del mondo,
verso un nuovo mare che medichi ogni ferita del cuore,
dentro ogni tenero affetto e appresso a ogni brandello di umanità.

Perché Lui
per questi
si è commosso.

Bologna, 19-07-’14

Corrispondenza

Ora, ogni momento
disorienta il cuore,
nel suo innamoramento.

Castel San Pietro, 18-07-’14

Prendere

Prendere a vivere e riprendere sempre

è questo il cielo su questa terra,

inesauribile avventura di vita.

Soffio

tuo

di figlio,

che la sospingi infinita.

 

Castel San Pietro, 17-07-’14

Mimì e il Califfo

Cantare,
sentimento di vita,
Minuetto, poco scherzetto,
il latin lover che tutto il resto è noia,
ti scrive addosso la canzone
della preda e della resa, incondizionata,
e anche i sogni di bambina
sotto la nevicata, che rendesse
la purezza, a un mondo dove
prede e predatori,
sono comunque sognatori.

 

Bologna, 13-07-’14

Per le strade

Solo i girasoli raccontavano il sole

a questo pomeriggio di luglio.

 

 

Bologna, 12-07-’14

Felicità

Il mare eterna la terra,
ma è nel faticato approdo ai porti
che l’uomo inizia a rallegrarsene.

Bologna, 12-07-’14

Attraversamenti

La tenerezza,

i confini della vita,

sudati e benedetti da arresi banditi,

li attraversa e li libera in una festa di rapporti.

E paterni,

dei figli ci si meraviglia,

attorno ai fuochi,

sui valichi di frontiera.

 

 

Bologna, 11-07-’14

Crescere insieme

Ti vedo uomo, che soffre quanto più capisce,
ti vedo uomo, che non si nasconde le difficoltà e le sfide.
Cosa ti posso dire ora che si diventa uomini
anzi, che non si finisce mai di diventarlo.
La vita, dalla torre antica, è una lunga planata al suolo,
tu, figlio, vola, ma non amare il volo più del suolo.

Bologna, 9-07-’14

Vedere dentro

Un leader o una donna idealizzare, è stravedere

non saper più dove andare,

perché la direzione è dentro, non fuori.

Anche i cori cantano armonie nascoste

cuori poveri di direttori che le disvelano

e forti orchestre che,

che inonderanno il mondo d’amore.

 

 

Bologna, 8-07-’14

Vita mia 3

La vita è così

dicono molte voci, inascoltate

da una vita.

La vita è così

dicono molte cose, imposte poi,

dalla vita.

E ora guardo le cose

e ritornano le voci, che ho amato

anche se non capivo.

Ora è reale la calura,

ora è reale il dolore

e non li sopporto più.

Non si può amare tutto il reale, lo si può sperare

come una brezza dal largo mare, che rifranga,

in splendore la terra.

 

 

Porto Corsini, 6-07-’14

Faccia a faccia

Vorrei occhi assoluti d’azzurro,

sicumera che teme e non cede il mio sguardo all’infinito.

Si complica nel ghigno dei ragionamenti

il lacrimare che solca il viso.

Perché non c’è pace nel cuore (del mondo)

senza la fragile, commossa obbedienza dei bimbi.

 

 

Marina di Ravenna, 5-07-’14

Anniversario

Ci stringiamo la mano
come musici di strada
e ci diciamo che lo amiamo
il tempo che è passato,
amiamo gli inizi e il grande passo,
il lungo crescere, annaspando.

E ora non sappiamo se siano pochi
o se siano tanti, ma la musica è gitana,
è tendere e lasciare, sia che sia corda di violino
o vitale soffio di fisarmonica,
sia che la nota sia stretta in una sosta, in una morsa,
o sia estesa ed estenuata nel distinguersi del tempo e del suono.

E intanto una giovane voce solista, sicura,
prende a cantare al mondo la nostra musica,
che sarà futura.

 

Bologna, 29-06-’14

Luci radenti

In certe stagioni ci sono orari per luci radenti,

ricordo i pomeriggi di maggio, che ho perdutamente amato,

riflessi sui mobili lucidi della sala, come se tutta la stanza

della mia giovinezza,

solo di quello avesse riso.

 

Ora, nelle luci che si infiltrano, que se infiltra en la dulzura de la caña,

come cantasti allora,

nei vetri che mani adorate puliscono, ripetuto dono,

c’è l’amore diffuso dalle vetrate di quella stanza.

 

Continua a ridere l’universo e accarezza la terra

di luci di sbieco, la sera,

sui palazzi dai doppi tramonti.

 

 

Bologna, 27-06-’14

Vita mia 2

Ho detto troppi no anche per uno come me,
ora però non è più remora la morte,
al sì dolce e persuaso d’amore.

 

 

Bologna, 23-06-’14

Vita mia

E’ una cosa che ho dentro, ma vien da Te,
amore fatto di cose, amo te…
e tu non me lo dici nel cuore duro di tenerezza.

Ti chiama, ci chiama a un matrimonio strano, il destino
tra l’amore tenue e l’azzardo totale
del semplice sì alla vita.

 

 

Bologna, 22-06-’14

Soprano

La bocca fremente, turgida e lucida,
canta anime sempre libere e trae
me a lei. Un bacio, sfiorarle o cosa?
Cosa? Rosa, e io qui di là, distante
tu che mi tendi e mi ritiri. Cosa?
Non c’è soluzione all’attrazione,
ma solo un sentire di petali, sete e spine.

 

Bologna, 14-06-’14

Prima mattina

Brucia l’istante di amicizia nuova.

Davanti al tostapane.

 

 

 

Bologna, 12-06-’14

Stelle fisse

Siamo zolle sotto la cupola del cielo,

fatte a pezzi facilmente,

ma fertili come terra brinata

oh come te che accavalli le gambe.

E non è fisso il come e perché

alla vita che attrae,

si costruisce il destino

di imprevisto e imprevisto.

Gli uomini infrangono le regole,

salutano le madri

e se ne vanno liberi,

sotto un cielo di stelle fisse.

 

 

Bologna, 11-06-’14

7 di mattina

Le ragazze gentili danno il buongiorno nei jeans

alla città dove non dorme il desiderio.

Ancora splendidamente separati dalla notte, nelle nostre voglie,

a quest’ora ce lo diciamo con gli occhi “non è te che vorrei”.

Ma urlare tutta la bellezza a squarciagola, a  ogni finestra e  oleandro colorato,

di odore mediterraneo e di compagnia infinita.

 

 

 

Bologna, 10-06-’14

Mare di giugno

Ho cercato una conchiglia,

spensierato fotogramma

di quand’ero bambino

 

 

Porto Corsini, 2-06-’14

Donna 2

Come in una parte recitata a se stante
non gloria delle gambe accessoria,
a questo sguardo che venera e non incenera
ostenti una bellezza che rimane,
la stessa per cui stamane ho gridato
e la mia storia mi ha promesso vittoria.

 

 

Bologna-Firenze, 14-05-’14

Pilar

Madonna mondana che un soffio accarezza,

Pilar,

qui e in ogni santuario del cuore,

tutti quelli feriti del mondo

 

 

 

Castenaso, 11-05-’14

Pendolari

In treno, la valle che verde ride al Reno

ha stamane, il sole un non so che di brina

e i bambini già grandi,

qui, mentre ripetono lezioni stanche,

sperando che la vita sia amica

e vorrei dir loro che lo è,

che è onesta e non ha prezzo.

 

 

Porrettana, 6-05-’14

Casalborsetti

Ma come fanno a tirare avanti
certi paesi, penso commosso,
da secoli, è una chiesa la piazza
con le offerte silenziose
del bar e del forno
per pochi clienti, dentro cesti di sorrisi pronti,
al ritmo delle grandi occasioni,
solo perché è pasquetta,
in questa vecchia terra
repubblicana e rivierasca, almeno
così dice il tempo,
delle prime rose nei cortili,
ogni avventore è come un pescatore di ritorno,
insomma, una benedizione, del mare.

Bologna, 21-04-’14

Resurrezione 2

Mare rinchiuso nel porto,

apre improvviso

le braccia da morto,

balena un sorriso

nel cielo risorto

 

 

Bologna, 20-04-’14

Mattina di Pasqua

Colore mediterraneo in terrazza

il limone

splende la scorza al sole

sarà aspro?

Spruzzerà sul sale di carni tagliate,

è dolce.

L’aroma di erbe amare

ha viscere di pietà.

 

 

Bologna, 20-04-’14

Tra il cielo e la terra

La nostra riconosciuta amicizia,

la nostra incompiuta amicizia.

Sta tra il cielo e la terra

è umile come la terra.

Ha dentro un seme di cielo.

 

 

 

 

Bologna, 20-04-’14

Mercoledì santo

Il senso è un fatto di sangue, successo.

Trasalirà nelle corde della storia

e nei cuori degli uomini di buona volontà,

trasuderà nei pori dell’amore

e nell’eccesso esangue degli amanti,

non sarà se non misericordia.

 

 

Bologna, 16-04-’14

Da Ponte Rizzoli a Prunaro

Canneti ninna sul fiume oh

uggia

d’aprile, si riapre sul manto verde

della ghirlanda

 

 

Prunaro, Bologna, 5-04-’14

Dalla terra

Storie tue ma che io non ho vissuto,

storie  di amiche e di altre metà ricomposte

ora, mentre passiamo accanto ai campi umili,

nella terra dove ogni giorno si muore

e il senso delle stagioni inesorabile trascina ogni cosa,

non disperda per te, amore mio, alcuna metà.

 

 

 

Bologna, 31-03-’14

Paola

Rosa fioriti chissà di cosa

della pianta sul greto del Savena

resisteranno ancora, come i petali tuoi

stagliati sul cielo cupo

reclameranno forti il sole

 

 

San Lazzaro di Savena, 27-03-’14

Ucraina

Majdan, usata dai violenti,

abusata dai potenti,

grida ancora nel cielo di Kiev la rabbia degli amici,

ma dolcemente,

coi lumini degli oranti che ci hai mostrato,

lustrini del vestito della notte nera.

E l’ignavia imploderà come il buco di una stella.

 

 

 

 

Bologna, 14-03-’14

La balbuzie dei sani

Il tutto è nel come dirle,
parziali frasi,
il tutto è nel fugace incontro di timidi occhi.

 

 

 

Bologna, 11-03-’14

Umiltà

siamo un punto, ognuno, nello spazio grande, con lo spazio dentro

 

 

 

Bologna, 4-03-’14

Finestra 3

Case come vecchi,

gli occhi narrano i cieli

fuori e dentro dalle finestre

 

 

 

Bologna, 28-02-’14

 

Finestra 2

Non incasellerò questo raggio di sole

disteso,

in una riflessione,

ma lascerò che rida sul mio viso

 

 

 

Bologna, 28-02-’14

Matteo

Appesi ad un ragazzo.

Quello dentro ciascuno di noi.

 

 

 

 

Bologna, 21-02-’14

Febbraio 2014

Armonie di corde

ugole e chitarre d’Irlanda nel teatro all’aperto

e l’attesa nel tempo da dentro del cuore.

 

 

 

Pietro, 21-02-’14

Conflitti

la morte aleggia occhiuta,

mirando a sbeccare finiti parti

 

 

 

Bologna, 15-02-’14

La vita che immaginavi

Una vita forse frustrata a insegnare elettronica,

la simpatia degli studenti dell’Itis,

tu sulla sedia d’ospedale,

con le calze bianche contenitive e i sandali a far da contrappunto,

il bianco camice da letto,

sembri una maschera di Goldoni o di Molière.

I canuti capelli tirati indietro

e i quasi boccoli sulle orecchie attorno a rosee gote:

lo riveli alla fisiatra che avresti preferito il teatro e la letteratura,

così anche nel tempo della costrizione a letto,

come nella condizione del lavoro,

la tua maschera ha rivelato, per tutta la vita, una tenue

sensibilità finissima,

ma continua a negarci per un nonnulla la tua anima.

Dietro una qualche signorilità, anch’io vorrei trincerarmi

per disarmare le impressioni

e amare un attimo prima di giudicare.

 

 

Bologna, 9-02-’14

Martina

La bellezza no, non s’incupirà in nere oscenità,

le leggere strabie di occhi e le labbra uniche,

carezzeranno delicate al cuore

la tristezza dei malati,

anzi, la leveranno.

 

 

Bologna, 8-02-’14

Notti

Ardire di ardere non è altro che attendere
vigili istanti tramandarsi l’amore
tra sordide dissuasioni.
Il metallo colato nelle forme presto si raffredderà
e in maschere di bronzo reciteremo
atti imperfetti e dolci,
come il dolore lancinante di amplessi infiniti.
Diuturna è la pace nel sale delle lacrime.

 

 

Bologna, 5-02-’14

Con Enzo sulla mongolfiera

E da qui e da qui, qui non arrivano gli ordini
e da qui e da qui infiniti mondi
una certezza, un maestro, un amico
di vita
era così,
ora l’hai data via
e da lì, e da lì, se ne vedon delle belle
mi inginocchio col cuore
guarda noi figli
e i nostri figli.

 

 

 

Bologna, 3-02-’14

Pose di ragazza

Di qua e di là dal mare tu sei.

Le parole delle chiese ti prendono in pose di ragazza

e i santuari a cielo aperto ti raccontano gloriosa,

mira tutto il popolo la luce universale degli sguardi,

lui che tu proteggi dal maligno, Maria.

 

 

 

Bologna, 3-02-’14

Dove inizia l’eterno

Non verrai dal cielo, ma trasformerai le cose,

il bocciolo mattutino non conoscerà stagioni

sotto lo sguardo umido e fresco dei nonni.

Le loro mani e la tua non perderanno la presa

e noi vedremo tramandarsi l’amore senza perdita,

compiersi il miracolo degli affetti e sconfitta la melanconia.

Profuma di pace la lotta che ancora ci tocca.

 

 

 

 

Bologna, 27-01-’14

Gli occhi del Giuss

Dove andavano i tuoi occhi, dove andavano? Nelle nuvole credevo

ed era dentro le cose, era dentro un ricordo e c’era dentro qualcuno,

un sentiero sicuro, per tanti, ampi spazi disegnavano, di verde cielo.

Soltanto questo – ma è poco? – sguardi levrieri del cuore, donavi, agli avventurieri,

dell’amore.

 

 

Bologna, 24-01-‘14

“La vita è adesso”

Non sei scomparsa come chi vuole pianti,

quando il destino ha cinto

te, madre dall’abbraccio che non ricordo,

che risentirò profondo, portandolo nel mondo.

 

 

 

Bologna, 19-01-’14

Poesie

Baci non previsti,

fulmini della vita e squarci della meta,

lenti movimenti sorprendono in controtempo.

 

 

 

Bologna, 17-01-’14

Caldo inverno

Secondo le stagioni amare

giornate grondanti sale

al cielo grigio una litania colore

arreso sereno amore.

 

 

 

Bologna, 17-01-’14

Gennaio 2014

La dimora del tempo

apparentemente stagna.

Son torrenti di ricordi

e tende piantate nel presente.

Il futuro s’aggira là fuori

in cerca di volti.

E’ il tempo delle mani nude.

 

 

 

Bologna, 11-01-’14

Travaglio

Sono sceso a patti col cielo.

Gli sono andato in braccio,

lui mi aveva già preso in braccio.

Qui sulla terra si sta sul chi vive,

scottature, la pelle non ride

e fumiga grigia di elettrodi.

Gli occhi invece ridono e piangono

si colorano di cielo, corrono per terra

e si aprono alla vita.

 

 

Bologna, 8-01-’14

Fine anno

Basterà poco

e l’alba di ogni giorno

a risvegliare il sogno,

ma ora lasciatemi così,

gli occhi pianti e riarsi

tra due viandanti,

nel tempo senza oasi.

 

 

Bologna, 28-12-’13

Uomo

Etichette lise

e il ragionare laico che le slava via

dalla testa lucida,

della tua fama mi aspettavo pensieri di diritto

non scherzi da amico.

Essere a un convegno e sentire

con la testa  e con il cuore

la speranza e il coraggio chiamare

gli uomini a un grande

convegno d’amore.

 

 

 

Bologna, 16-12-’13

Perdersi

Carcassa pesante stasera

non chiudere gli occhi vivi

persi in pensieri leggeri

per loro

 

 

Bologna, 14-12-’13

Risveglio

“amato, Dio ha parlato”

 

 

Bologna, 12-12-’13

Viali

Dietro il verde pino stanco

occhi marroni, gli scuri di quella porta sui viali

della Bologna antica

 

 

 

Bologna, 10-12-’13

Via San Felice

Quasi Dio ambulante,

cieli belli e luminarie

dice l’edicolante!

Il giorno è un verso che viene da est,

par tramontare e invece sorge.

 

 

 

Bologna, 6-12-’13

Tramonto

Sguardi rubati alla guida fioca,

abbandonando le bianche strisce,

si ritrovano sotto le dolci colline

a studiare il carminio e a dire sì a quel fuoco.

 

 

 

Imola-Bologna, 29-11-’13

Aurora 2

Camini,

piccole nuvole salgono

alla volta plumbea,

là dove sfonda l’aurora.

E ora, nel primo giorno,

già vince su tutto il cielo,

che si colora.

 

 

 

Bologna, 28-11-’13

Rinascita

Respiro, riposa l’istante in Te

 

 

 

Bologna, 24-11-’13

Stradelli Guelfi 2

Cielo d’asfalto,

si ferma prima delle  colline

e si apre in acquerelli

 

 

 

Ponte Rizzoli, 23-11-’13

Tra due grigi

E’ l’alba tra torri e roccaforti,

due cieli,

uno scuro, uno chiaro,

si contendono l’aura.

Non dire che è impossibile scegliere tra due grigi,

scegli!

Perché il cielo sceglierà.

 

 

 

Bologna, 22-11-’13

Inizio giornata

Cantano primi mattini e merli nei cortili,

è sereno laggiù il crepuscolo e

in gesti prosaici, che già lo presentono,

la città si prepara.

Poco importa quanti passi faremo

oggi

mentre il cielo si alza

e ci viene incontro

Il volo dentro

Ha un volo dentro la vita

anche dopo decenni ad arrancare passati.

E stroppia ancora l’ardore

di sentimenti

che il tempo

non ha strappato.

 

 

 

 

Bologna, 18-11-’13

Autobus

Ma se stamane in pieno giorno

brillano stelle e crolla il bieco carpire

di occhi,

il volto vero dell’avvenire

è il fulgore delle ragazze del mondo!

 

 

 

 

Bologna, 14-11-’13

Parco

Certamente i tuoi begli occhi valgono più del cielo

e i capelli più dei rami,

forse quella nuvola l’ha accesa la tua sigaretta,

ma ora, qui, tra queste mura aperte

ove passeggio su e giù,

nulla vale come quelle nuvole sul cielo e come quegli alberi veri,

nulla vale per me come la libertà, il prezzo e il dono.

 

 

 

 

Bologna, 13-11-’13

Filippine

Innanzi all’immane

che parte avere?

Che parte poter avere

all’immane mistero?

Accettare bambini la vita,

come i nostri vecchi

e se immane è la tragedia,

ardenti chiedere

una parte attiva

in commedia.

 

 

 

Bologna, 12-11-’13

Video

Annegare nella musica vorrei,

estranea com’è la mia pelle

al divino abbraccio d’insieme…

Commosso soffrire live Verona

 

 

 

Bologna, 9-11-’13

Stazione centrale

Ti sei fatta reietta con quella garza da sembrare infetta

e ridondi, mendicante, un lamento

che suona “vicino!”

 

Se così teatrale, se così ricurva,

richiami soltanto una carezza di denaro,

perché quell’ambiguo “vicino”, detto ad ogni estraneo,

rimbomba nell’alto soffitto che solo comprende?

 

 

 

Milano, 9-11-’13

Bar 6

C’è una foto nel bar

di spalle al bancone

due calciatori anni ottanta

uno qui a Rocca se gli davi un pallone

palleggiava correndo, capriolo di montagna

per centinaia di metri…

Un signore gentile, appostato a questa lapide di foto

come ogni giorno lo cerca,

non al cimitero, ma qui nel bar dei vivi destini.

Vent’anni a dovere e a non volere parlarne

tra la pancia che fatica a vivere

e la testa ferita da un fulmine di cicatrice,

la testa aperta sul mondo come una grande parrocchia

che ha conosciuto per sempre

la gioia di vivere.

Ti vedo ora cercare mio figlio con lo sguardo

e fare ciò che avevo desiderato

guardandoti a lungo negli occhi.

Seguendone lungamente la figura in divisa,

come benedicendo,

gli infondi un augurio di gioia nel cuore.

Che la vita non ti ha strappato.

 

 

 

Rocca San Casciano, 1°-11-’13

Senza pietà

Morsa bastarda al basso ventre

che per non sentirla ti sbrani la mente

non c’è scampo è il distacco

fin dove questo lungo parto s’attarda

 

 

 

Bologna, 2-11-’13

Gallerie

Sul treno che va ognuno riflette

e s’affretta sui fogli alla luce fioca

di lunghe eclissi e del breve tramonto

 

 

 

 

Firenze-Bologna, 30-10-’13

Piazza San Pietro

Urti tra la folla

e voli larghi e dritti

nella terra e nel cielo,

urla dalla piazza che abbraccia l’umano e il divino,

la fede ampia e fissa del popolo

e il suono profano della banda

chiedono il raggio caldo dell’amore del cielo

che già accarezza i cappellini

un nome sconosciuto

rimanga sulla terra e ci affratelli,

più forte della tenia

tra il riso perlato dei matrimoni.

 

 

 

Roma, 30-10-’13

A bordo chiesa

Ragazze sbracciate

bianche lesene

improvvise roteare

mano nella mano.

 

Nei vicoli di città

che sanno di periferia

il loro vortice

sarà glicine di cortili.

 

 

Pietro, Bologna, 19-10-’13

Grigiore 2

Persone che si giocano il destino
e fatti che cambiano la storia
sono stelle di prima grandezza e buchi neri
sullo sfondo del cielo grigio
di queste giornate di primo vero autunno.

Feste di solidi patroni
con la bruma tenue
che riposa la mente
non più abbacinata estiva
ma nuovamente recettiva.

 

 

 

Bologna, 4-10-‘10

Un nuovo inizio

La faccia di uomini sciupati
che ora tirano un respiro e poi un altro e ci credono
ognuno
e si ritrovano
si riconoscono
nelle pupille il mondo, partire
e poi andare, ragazzi della passione e della carità politica

 

 

Bologna, 2-10-’13

Uno per tutti

Come sta il Paese?
Non c’è analista che te lo possa dire o giornalista
che sappia in definitiva
se siamo sull’orlo della fine tutti quanti
come tu, senza lavoro,  lo sei.
Ora, ora, amico, lo so. Tutti lo siamo perché tu lo sei.

 

 

Bologna, 30-09-’13

Scorcio

Tra valli e montagne incastonate e scolpite
non sarà, non sarà un pensiero impotente
a scalpitare.

Percorrerà la stagione del rischio,
stretto al cuore di giovani amici,
come un torrente che tumultua dalla sorgente.

 

 

Bologna, 28-09-’13

Voler bene

Amico quella tua E miniatura paziente di una riunione presente lei
è il mio sguardo adorante libero a chi voglio bene

 

 

 

Bologna, 28-09-’13

Che sarà

Il senso dell’avventura non canta le imprese grandi,
ma prende per mano una bambina dalla voce suadente
all’alba del cammino di ogni giorno

 

 

Bologna, 26-09-’13

Settembre

Questo sudore di fine settembre
non è taumaturgico come l’estate

Non basta soffrire le sofferenze dei lavoratori
non basta singhiozzare gli strazi dei martiri

Ci vuole una carnale grande gioia
da spezzare come il pane del focolare


e per lasciarsi andare

 

 

 

Bologna, 25-09-’13

Giardini pensili

Vista tardoromanica

strattonata dall’arco del porticato

e poi su,  su!

tra le fiancate strette di via san Felice

fino alle terrazze ed ai giardini alti,

dove l’azzurro cielo è vicino

 

 

Bologna, 20-09-‘13

Per il capo e per lo sprinter

Pubblico solo ora questo cenno di saluto in cui lego idealmente Manganelli capo della polizia e Mennea recordman nei 200 m. morti negli stessi giorni

PER IL CAPO E PER LO SPRINTER
Ma come si fa
a sorridere così,
ma come si fa
a far da capo così
a farsi amare una vita,
“ciao amore mio”
ha detto tua moglie
l’ha sussurrato come sempre.
Ma come si fa a correre così
a finire una gara
e fermarsi a Formia ad allenarsi,
per strappare al fisico,
come i pomodori alla terra,
un’andatura irregolare
che scoppia quando deve,
quando ormai nessuno se l’aspetta

La tensione esalta l’istante.

 

 

 

Bologna, 17-09-’13

Traiettoria di libertà

Ricacciare un pensiero e riaprirsi più puri
l’istante non ha scelta per chi vuole tutto,
tra imprevisti, fatiche e risate donare
un ripetuto libero sì alla vita che apre

 
Bologna, 12-09-’13

Siria

Duemila anni, duemila anime
nella bella Maaloula
che ora urla…
e non ha più parvenza di bellezza
quando faceva incontrare
cristiani e musulmani

Con colori di foulard
copriremo i volti cerei
dei morti e degli assassini
e aspetteremo una mano
candida e redenta
di innocenza

 

 

Bologna, 8-09-’13

Mediterraneo 2

Settembre caldo
è un brodo primordiale
scoppierà la pace o scoppierà la guerra?
Di sicuro sarà un big bang
e un giorno i miti
erediteranno la terra

 

 

Bologna, 4-09-’13

Ospedale Maggiore

Tu sarai un istante sopra di lui

delicato alito di vento

dal colle della guardia,

invisibile a chiunque

scompiglierai capelli per la città felsinea

e lo attaccherai alla vita

 

 

Bologna, 4-09-’13

7 settembre

Chissà se fermerà la guerra
soffermarsi bambini voraci
a guardare
occhi di madre…
e tra bracci fratelli
sentire altre frequenze al cuore?

 

 

Bologna, 3-09-’13

Matrimonio

Di tutte le ragioni

restiamo semplicemente noi

 

 

 

Marina Romea, 31-08-’13

Compagni di viaggio

Pensieri persi senza diventar parole
a cosa servirete? O, a suo tempo,
gratis azioni susciterete?
Non siete quindi miei,
da dove venite e di chi siete?

 

 

 

Marina Romea, 31-08-’13

Dal cielo e dalla terra

Quest’anno è buona  e ricca

da lavorare e da raccogliere, da rilavorare

e vivere di vendemmia, da una vita.

Da generazioni dipendere dalla terra

ogni anno guardare il cielo

e dell’uva chiedersi il prezzo…

è un vitigno tenace la speranza.

 

 

Bologna, 29-08-’13

Damasco

Uomini folgorati dai gas, là
dove Paolo fu folgorato di luce, allora
quando cominciò la storia nuova
con viscere d’amore
e navi di fortuna,
senza alcun missile

 

 

Bologna, 27-08-’13

Valle a Marina Romea 2

Gonfia la valle il petto dei gabbiani,

turgide acque sotto un volo di nubi

attendono un comando del cielo

 

 

Marina Romea, 24-08-’13

Davanti al mare

…e non mi accontento certo
del mare che non smetto
di interrogare.
Al mio pensiero
lo spazio del mistero
non può bastare,
ma è troppo presto
non è il momento
per stancarsi di vagare.
Per questo ho in serbo
un segreto
che si è fatto spazio dentro
…un amico vero
è rimasto nel tempo
che lo attende dimentico.

 

 

Marina Romea, 24-08-’13

Foto d’epoca

“Come i treni a vapore”
ed il fumo più bianco
che va nei cieli, andremo
avanti senza binari
tra la neve e le orme,
con la meta nel cuore
finché la valle non si aprirà.

 

 

Rimini, 23-08-’13

Passione

Abissale domanda di gusto
nel nostro tamburellar la vita
e sorridere esausti,
sorpresi al Tuo contrappunto
in un battito di ciglia
…ora.

 

 

Rimini-Bologna, 21-08-’13

Ballata serale

Cime sugli alberi
di vele ammainate
ritmano lo sciabordio
e canzonano il vento
per accompagnare le chiacchiere
e i tamburelli di spiaggia.

 

 

Marina Romea, 17-08-’13

Donna

Lisci i capelli biondi chiari, tu mora

fini i lineamenti,

non vuole saperne il tuo bambino

di quel padre putativo magrebino.

Se ne va senza aspettarlo e tu dietro,

scuoti la testa, come farai,

quel figlio che ti tiene in pugno,

i tuoi compagni non hanno capito

che avrebbero potuto senza infierire.

Restano fiere e incomprese

le tue domande di donna.

 

 

Marina Romea, 17-08-’13

Mezzogiorno d’Agosto
Si rincorrono gli sguardi
cercano approdi immaginari,
soltanto immaginari
uomini ignari,
soltanto attesi
uomini della speranza.
Marina Romea, 16-08-’13
Mediterraneo
Il cielo terso del mare,
il cielo terso di piazza Tahrir
contano ancora i morti.
E qui per tutti è normale
quel che accade aldilà del mare,
Dio delle madri
Dio dei padri del popolo,
contano ancora i morti?
Pietro, Marina Romea, 15-08-’13
Auguri Ada 2

dicevo di non cercare l’amore
e tu mi hai raggirato,
l’uomo a volte non sa
cosa chiedere al destino
sta solo cercando sé

quando ho riconosciuto Dio
riflesso nelle tue pupille,
ferragosto di bambina e di donna,
era già troppo tardi per scappare
e sudando ho corso verso di noi

così vorrei correre verso di te, amico

 

 

Bologna, 13-08-’13

Vento al traverso

Come un traghetto per le isole
il mare transita al largo
dove invita lo sguardo
a scoprire isolati squarci di sole

 

Pietro, Spiaggia degli Etruschi, 8-08-’13

Bandiera rossa

Vibra di raffiche e riflessi il gonfiore
incute timore,
ma risveglia fiero lo sguardo
il promontorio che fissi per poco.
Una segreta sicurezza schizza
negli occhi fermi
e nel pensiero rapido,
rubando consapevolezza alla natura ignara.

 

Pietro, Spiaggia degli Etruschi, 8-08-’13

Le rondini

non è solo per uno sguardo ampio
che le vedi tra i pini a sorvolare
il nostro cielo coperto.
E’ il volo che si prende l’anima.

 

Pietro, San Vincenzo, 7-08-’13

Mattinata 2

Nel mare liscio, monte Sant’Andrea

è un atollo pacifico

che spunta improbabile

da foschie persistenti.

Di là il libeccio increspa

ancora impercettibile

poi accalora la macchia e la riva

dal lieve fresco di ieri.

Nei tempi implacabili della rosa dei venti

l’uomo si sente fragile placare

ma si dedica libero al proprio gioco.

Un padre sulla riva

guardando negli occhi sua figlia

tiene in braccio l’orizzonte.

 

 

Pietro, Spiaggia degli Etruschi, 7-08-’13

La doppia scena della sera

L’universo si accomiata blu notte
dietro i pini marittimi
mentre qui va più alta
la nota allegra della danza
sul ricamo silenzioso del cielo

 

 

Pietro, San Vincenzo, 6-08-’13

Piscina

atmosfere di sole
serena assetata attesa,
aperitivo del tempo
che fa rabbrividire…
nelle vene vicino al cuore
come amici all’improvviso

 

 

Pietro, San Vincenzo, 6-08-’13

Madre, madri

Risalta la tua felicità
bionda giovane mamma,
due occhi solo per lei
e il tuo corpo solo per lui,
sotto questo cielo malato
che già un sorriso rischiara

 

 

Pietro, Spiaggia degli Etruschi, 6-08-’13

Mattinata

Luci oblique prestissimo,
l’onda al traverso del mare
sibila un sì al mistero

 

 

Pietro, Spiaggia degli Etruschi, 6-08-’13

Fragore di mare

Il mare acclama il suo creatore,
la risacca ricorda
il tempo del fragore,
esulta e rompe l’onda
al sole del suo amore.
I venditori, diverso fragore,
danno l’anima,
sanno di sudore e di cammino
e amano chi li riconosce,
occhi scavati che ricambiano.

 

Pietro, Spiaggia degli Etruschi, 5-08-’13

Brividi nel caldo

Mandano Winehouse come dal vivo
nella spiaggia davanti al mare
nostalgia di grazia, gioia
inestricabili colori,
la bimba dietro il soffio del pareo
ti vedo e non ti vedo.
Sì.
Io sento la mancanza di Te
dentro il tu, natura stupenda
profumo di Tirreno,
aria d’amore e velieri felici
ispirano promesse,
durature e veritiere.

 

Pietro, Spiaggia degli Etruschi, 04-08-’13

Vacanza

Ci si sente sinceri
nel dire ciao
allo sconosciuto
simpatia di chissà dove
destinata a ritrarsi
o a ridestarsi
nell’attrito delle strade di città
e delle mail scambiate d’ufficio

 

Pietro, Spiaggia degli Etruschi, 4-07-’13

Autostrada

Tra gallerie sospese
all’alba appare
un infinito mare
che non mi so godere

 

Appennino, 3-07-’13

Eleganza

Il nastro è rosa tesa di paglia

approva il filiale e paterno

dialogare e guardare,

intanto smentisce

la svista che pretende,

dai fianchi delle donne,

la loro età.

 

 

Marina Romea, 28-07-’13

Finestra

Campana nel capitello dietro casa

e poi campagna a perdita d’occhio

quadro antico

come corteccia secolare

dove ogni ferita può riparare

e trovare un cuore amico

 

S. Alberto, 27-07-’13

 

Vicina di ombrellone

Sorridi così  – sarai lombarda?

reminiscenze confuse,

la tua bocca benedice

e a lui l’affetto complice

cosa sei?

Carnale nelle movenze,

spirituale nelle luci,

ilare i limiti comprendi:

composto spregiudicato

amore che sorprende

 

 

Marina Romea, 27-07-’13

“La musica è finita”

Miracolo a musica spenta

risento voci grosse e sottili

come di città la domenica

da spalancate finestre,

anche qui col timbro della festa

la spiaggia –

ridona nostrana

una litania a cielo aperto

 

 

Marina Romea, 27-07-’13

Dalla riva

Ti ricordi -mi dici- era così

e un soffio si alza improvviso,

allora ti sento qui

ti vedo sicuro di sorriso,

da altri mari

insistente invitarmi

come allora a tuffarmi

 

 

Marina Romea, 27-07-’13

Chiome ricce

Riccioli riavvolti e poi sciolti

nelle volute colpite dal sole

trattenuti oppure neri,

qui al mare ripetete luccichii

carezze pensieri leggeri

quasi arazzi di schizzi,

ne rasserena la brezza il cielo.

 

Marina Romea, 26-07-’13

Bar 5

“Lo vuoi freddo il latte?”
inconsapevole ti sfiori la tetta
sotto il grembiule nero,
intrattieni nel bar
i lavoranti a giornata
che sono già stati
a prendersi dei no dai caporali,
e non vogliono più svegliarsi
se non col caffè
macchiato da te,
che un po’ toglie la paura…
insieme forse sarà meno dura

 

Bologna, 25-07-’13

Ragazza in costume

ti ho vista imperfetta

malanimo

finalmente ti ho guardata

magnanimo

ed eri tu,

ed ero io,

anche in costume

 

 

Marina Romea, 20-07-’13

Nave da crociera 2

arriverà bianca… quasi non vista

sotto sfondi lattiginosi

pochi istanti assolati

poi in porto come un pensiero

che afferra il percorso e si spalanca

a nuove mete da esplorare

 

 

Marina Romea, 20-07-’13

Mattinata a Mandriole

Percorre la sponda del fiume

e scappa il sole sull’acqua dapprima

poi sui petali di ogni girasole

fa festa in questo sabato dato

che gira la ruota dell’usato mestiere

e si domanda il senso

che il momento insegna.

Appare –

dunque d’incanto l’eterno

mare sfociare al fiume

di volumi d’acqua e di fatica.

 

 

Mandriole, 20-07-’13

Linea dell’orizzonte

Si incontrano così

il cielo e la terra

nel nostro mare di cuori,

gioiosi,

talvolta

 

 

 

Marina Romea,

Costume intero

C’è gioia al mare

nei colori scelti con cura

e in un cielo in erba

sapiente che ci guarda.

Giovane luce e suono di risacca

nei cuori di mamme illuminate

 

 

Marina Romea, 19-07-’13

 

Stradelli Guelfi

Sagome di segnali stradali
compaiono a prostituire i pensieri
in spettacoli di arature frementi
spalancate sotto colline benedicenti

 

Castelguelfo, 17-07-’13

Campagna romana 3

Dal treno, tra l’ansia e il lavoro
vedo le anse alberate del Tevere
e le ombre nascoste alle luci ponentine,
ignota pace nel cuore del nostro Paese!

 

Sopra Roma, 15-07-’13

Campagna romana 2

Fiumi, ruscelli del luglio
calura e sassi acciottolàti sui greti
qualcuno grida,
chi cura le viti turgide
sui tronchi bassi e robusti?
L’uomo è tristezza
e la natura assenza,
ma la pienezza
che emana da questa terra
è un abbraccio sponsale e accaldato
sopra campi di girasole.

 

Sopra Roma, 15-07-’13

Turista in treno
Tra le colline e le tue gambe
c’è un finestrino a sfrecciare
e sei bella da morire,
poi al buio della galleria
non c’è più sfondo,
ma sono ancora sacre le dolci curve.
Bologna – Firenze, 15-07-’13
Campagna romana

I campi riposano

accuditi e fecondi

tra fiori gialli

e mucchi di paglia

Altri spazi, altri tempi,

nonostante le macchine,

chini tra cielo e terra

Talvolta sulla corolla di un fiore selvatico

– come non so,

riaccade di

vederli abbracciarsi.

 

Sopra Roma, 8-07-’13

Bar 4

La domenica al mare,
il solito gran premio
per gli uomini che se ne intendono
ma si accontentano.
Le mamme invece invocano
un’altra vittoria
per i loro piccoli, staccandoli dal seno
abbracciano il mondo
e chiedono tutto con lo sguardo,
vogliono che si compia la promessa
di quell’attimo di sperdutezza
e di tutta la pazienza.
E che dopo il gran premio
qualcuno accarezzi quegli occhi di mare.

 

Marina Romea, 07-07-’13

Dai binari San Luca

I vigneti e le piantagioni
lì nella piana proseguono
sino ai colli sotto le nuvole
e il sole che compare a circondare
di pace i pensieri e a raccoglierli,
come covoni offerti a Dio
da amati santuari di pietra
e da cuori carnali di viaggiatori,
splendono lavoro e amore
che i colori delle colline
e la loro aria gaia
asciugano da lacrime e sudore.

 

Bologna, 6-07-’13

Preghiera 2

perché ha il tempo e il ritmo
di un respiro,

vieni santo spirito vieni per maria,

è un sospiro di senso
nel cuore dell’istante che l’eterna

 

Bologna, 3-07-’13

Bar 3

Musica simpatica
risale agli occhi
e in un attimo lacrimo,
quasi cantautore,
un abbraccio innocente
a tutta la gente
di questo carnaio

 

Marina Romea, 30-06-’13

Promesse da marinaio?

Non so se diciassette anni insieme
ci hanno fatto vedere
il mondo come il mare,
promesse da marinaio che tu non volevi.
Abbiamo patito la bonaccia
e le solitudini del nulla.
Ora è sempre più facile
godere di questa brezza
che scapiglia il cuore
e rischiara l’orizzonte.

 

Marina Romea, 30-06-’13

Mezzogiorno settentrione

 

Ti guardo a lungo, la riva che va
a settentrione e si perde lontano
mentre il sole ti bacia da mezzogiorno.
Prospettive nuove e scorci del mare
sul viso della donna che amo

la spiaggia di quand’ero bambino

…e mi sussurravi promesse
che ho cercato in ogni volto,
finché ho scoperto vivendo
che solo l’amore sorprende.

 

Bologna, 23-06-’13

Donne di romagna 1

Ci son formiche alate
e chi ha olio di gomito
letto e colazione per i clienti
in questa campagna non subito amata

una casa sofferta
i figli che son voluti andar via
e il ventre di terra garibaldina
che non rifugia il cuore ferito

a ogni angolo hai messo una madonnina
e la formella sulla porta
“i migliori amici sono i clienti”

con essi viaggi lontano
e stai qui con il cuore in mano
come formica alata in terra di bonifica.

 

Bologna, 23-06-’13

Marina

Se chiudo gli occhi
al mare conosciuto
tra il sole che riappare
attraverso le palpebre
e il vociare dei timpani,
il pensiero riemerge
in specchi d’acqua lontani
finalmente nitido e leggero

e mi possiede questa latente felicità

Bologna, 23-06-’13

Vitalità 2

Centauro razze e colori
ride l’asfalto
di robuste carlinghe
che stridono su strade estive

 

Bologna, 22-06-’13

Generazione ritrovata

non ti ho perso per le strade
mentre impari a soffrire
e Iddio di male in bene
ti prepara all’avvenire

sarà vero il tuo sogno di vita
e ad una porta esulterai

della felicità
toccherai il cielo con le dita

strette
a mani di Dio, di Padre non più mie.

 

Bologna, 19-06-’13

Rotte di vita

Come è vago il mare
ai miei occhi scuri,
certi, confusi
da rive aperte e battute
e indefinite acque

non morirò in un lago
chiuso e tranquillo

 

Bologna, 16-06-’13

Binario 17

In queste nuove cantine ferrate
mi muovo come uno scarafaggio
che le ha sempre sapute
ma a Bologna non viste
penombra innaturale,
immemore del mondo,
soffusa di suoni e di passi
come un luogo che non esiste
e non lascia speranze
fino al prossimo treno
che ci riporti alla luce
e al racconto interrotto
delle colline che la coronano.

 

Bologna, 13-06-’13

Ballata semiseria

La tua ballata d’amore

accanto a me

non mi farà chiudere occhio

e la micidiale luce

della  realtà

sarà la mia tortura

 

Bologna, 12-06-‘13

Libertà

T’ho amata più di una donna
più della speranza.
E’ stato amore
come vorticoso germoglio
avviluppato d’illusione.

Ma il destino m’ha messo alle strette
e ha preteso un sì o un no
(orrenda fine nel nulla)
non a questa o quella cosa,
illusione della prima libertà,
ma alle cose in sé, al sole che filtra
– dai vetri
e non mi dà tregua
in questa mattina di giugno
in cui direi basta.

Ancora una volta,
nel momento più tragico,
il pensiero di te
e del tuo giovane cammino
cantano il mio inno

…così la speranza
chiede fragile un sì
– semplice
alla libertà.

Pietro, Bologna, 11-06-’13

Respirare realmente

Fa’ Signore che con le parole Ti chiami
e poi con il pensiero disperso Ti cerchi,
così sia ogni respiro
più profondo e calmo e sicuro
al Tuo riparo.
Miracolo gridi il mio cuore
al risveglio quando è rinnovato amore.

 

Bologna, 10-06-’13

Strade di giugno

Sull’asfalto le cabrio
riscaldate dal cielo,
non manderò a puttane
questo desiderio d’estate,
non strapperò dalle persone
i riflessi del sole.
Voglio la realtà pura,
gli occhi mobili dei bambini,
gli imprevisti reali,
i semafori rossi
e sarà –chiedo troppo?-
un battito di vita eterna.

Bologna, 04-06-‘13

Rose in terrazzo

ho trovato una rosa spampanata

nelle pieghe di un mattino di maggio

la sua fioritura sotto la Madonnina

m’è scappata via come una madre

 

 

Bologna, 9-05-’13

C’è spazio per i fiori freschi?

 

Anche ora, proprio ora,

non mancano in casa i fiori freschi.

Sarà la primavera

o quella discreta compagnia che mi fai.

Il mio cuore ormai è uno spazio di realtà.

Amore.

 

Bologna, 26-04-‘13

Compagni di classe

una foto…
e ci si stupisce e si invidia
il tuo camminare donna
il tuo crescere uomo.
Chissà forse anch’io
sembrerò ai tuoi occhi,
sempre sinceri e innocenti,
un po’ cambiato dentro.
Ma mi importa di noi
di questo esporsi comune
quasi giornaliero
e in questa discussa rete
stare
con la sete di amicizia dei ragazzi!

 

Bologna, 23-04-’13

Bar 10

C’è sapore di fratelli
stamattina al bar,
chi sei tu che sai di uomo
mentre mi parli di Valentino Rossi
e non mi conosci?
Comincio a credere vera
questa esposta, sgualcita, disponibile
impronta comune
che abbiamo sul viso
in queste ore così grevi

qualcuno l’ha chiamata fraternità.

 

Pietro, Bologna, 22-04-’13

C’è spazio per le colline?

Se solo percorrendo

questo disperato battito

d’autostrada,

sorprendessi il  vostro sinuoso

calmo andare

e mi sentissi guardato dalla vostra pietà,

vi comprenderei

nel mio sordo dolore

e sareste il mio accorgimento,

il verde e bello, aperto

fiore all’occhiello

della mia storia.

 

Bologna-Ravenna 18-04-’13

Tracotanza

Quell’orologio che luccica al mattino

dal finestrino di quel Suv

sono la tua sicurezza,

sguardo rapace

distanze di sicurezza

senza troppa simpatia.

E il rombo che riparte

tracotante  inizio di giornata

supplichevole per molti.

 

 

Bologna, 18-04-‘13

Centro città

Quattro vie in croce
tra zeppe e scamiciamenti,
ritrovi mesciati d’attraenza
catturano occhi di primavera,
che secernono liquide speranze
di apparire e rimanere impressi

nel prossimo

Bologna, 17-04-’13

Sensibilità

 

Qui a temere domani

perché arrestarsi davanti

al dolore di un venerdì?

E si può andare dovunque

ma non ci si libera  di questo acuto sentire,

c’è solo il chiedere

che da noi  per le strade

esso si liberi.

 

 

Bologna, 11-04-‘13

Tra mille linguaggi

Se almeno nelle parole dei poeti

risuonasse il tempo

e questa umanità ferita

con uno stesso timbro

la speranza soffrirebbe meno sola

nel cilindro dei fratelli

 

Bologna, 8-04-‘13

Sabato mattina 2

Volute delle tende

spartito in dote dal cielo

sui riflessi dorati

 

suoni di una primavera di strada

qui sulla poltrona

ebbro di pace

a ricordare

 

 

Bologna, 6-04-’13

Dramma

Amore chiedono le corde delle chitarre

amore chiedono le corde degli impiccati

amore chiedono i nostri giorni

e l’indifferenza trapassata di incontri

 

Bologna, 6-04-’13

“L’immenso”

Vita che mi superi da ogni parte

come un fiume in piena

travolgimi nel cuore

 

Bologna, 04-04-’13

Carcere minorile

Come tanti parroci nei secoli.

Ma come se fosse nuova la lavanda.

Come se profumassero e ad un tempo maleodorassero

nel dolore quei piedi tattuati di resa e di disperazione.

Ti sei piegato fino a farci sentire il cattivo odore,

ti sei piegato fino a farci sentire il profumo.

Li hai lavati, li hai strofinati, Francesco

poi li hai baciati, non per finta, non per rito,

non scostate le labbra  impregnate nel piede,

proprio come deve aver fatto Lui.

Che nella mente aveva il nome di ciascuno, Giacomo, Matteo, Giovanni,

fino a Pietro, i loro piedi tra le labbra

e i loro volti scolpiti nel cuore.

Potendo con la stessa intensità,

con la stessa realtà

“se avrete Fede farete opere più grandi delle mie”,

inaudita forza che nel Tuo martirio s’irragiona

e da cui sprigiona una speranza libera,

che viene nelle nostre  carceri  a lavarci i piedi

e a dire: “uscite!”.

 

Bologna, 29-03-‘13

Lunedì piovoso contaminazioni

Come in una danza polovesiana
mi echeggi nelle steppe del cuore
un trionfo di popolo
bella Signora

Bologna, 25-03-’13

L’abbraccio che attendiamo

Ti affaccerai alla città eterna

e saluterai

e sarà vero  ancora vero,

il popolo di Dio esulterà

e ti abbraccerà

e sarà vero  ancora vero,

non importa chi

la carità non avrà mai fine,

e sarà vero per sempre vero

si proclamerà il  tuo nome

e ogni uomo

chiamerai per  nome.

 

Bologna, 12-03-‘13

Domenica mattina 3

Che belle le campane

di senso spandono

le strade

 

Bologna, 10-03-‘13

A don Giuss

tu che sei presente
se dovessi dirti
saresti canto
e per ringraziarti
non ci sarebbe tempo.
Brandire l’istante,
non solo di energia vitale
e temperamento,
ma di amore
preciso e perentorio
nell’ostensorio dell’offerta.
Siam figli tuoi
di cuore mendicanti.

 

Pietro, Bologna, 22 febbraio 2013

Amare il destino

E’ la ragione che si dilata
nel paziente macerarsi dell’esistenza,
resa inevitabile e subita…
o gusto consapevole
– e quotidiano!
Non c’è capacità più grande nell’uomo
che quella del destino.
E’ la vita che è grande.

Bologna,  9-02-‘13

Cuori dilatati

Hanno sbagliato l’operazione,
ti si è gonfiato il cuore
e l’addome
come un pallone

cos’è il mio cuore
a confronto di tutto il dolore
cos’è il mio cuore
a confronto di tutto l’amore

non posso far nulla per te
lontano conoscente…
senonché alla vita esser presente
e riconoscente

Bologna, 07-02-‘13

Forme

Ti ammiro
mentre cammini
perfetta,

come si può
ardere di passione
per la carne
quasi fosse un simulacro,
quando il tempo
si prende la sua perfezione?
La tenerezza a mani aperte,
la tenerezza di uno sguardo rapito,
la tenerezza trattenuta di rispetto…

la tenerezza quella sì grida,
come un’offerta,
l’eternità dei corpi che si consumano.

Bologna, 6-02-’13

Ingiustizia

Criminale.
Una colpa tra tante ma fatale,
quasi non consapevole
la più grave.
Criminale a metà
di una colpa originale
totale
che nessuno può scontare
neanche una vita intera
ma Dio può salvare.
Una colpa non cercata
come la tua che non ti dai pace
ora che immagini
come sarebbe stato,
se in un istante il tuo destino
non si fosse rovinato.
Ma il tuo dramma, amico, è quello di tutti i vivi.

Bologna, 05-02-‘13

Preghiera

Confusa sera
attraversata
come stalla diroccata
dal vespero.
Tu mi scruti e mi conosci
e mi restituisci
la vita
di luce ferita.
Il fieno riluce giallo
e scalderà
fino al cantare del gallo
l’anima e la sua povertà.

Pietro, Bologna, 4-02-‘13

Domenica mattina 2

Dorme, forse solo ora dorme
la città avvolta di chiarore
che prega nel mio cuore.
Le prime auto, è piovuto
storie che riposano
sotto i tetti rossi.
Quanto amore chiede
quando si ferma forse prega
tutto il cuore della città…
Gli affanni, le settimane gli anni
c’è un cuore piantato lì
che grida a tutti i figli: non temere!

Pietro, Bologna, 3-02-‘13

Generazioni

Parto di carne
la fragile storia che muore
sono solo ora, senza madre

Se il tempo ci irride
salderò il mio debito di vita
e imparerò a rinascere
nella tua freschezza
e nei miei errori di padre
fino ad amare la carne
che veneravo immortale.
E forse un giorno, di nuovo bambino,
mi stupirò di avere avuto
ragione a crederla tale.

Pietro, Bologna, 31-01-’13

Baci amore

Baci amore.
Provo un senso
profondo di nostalgia che fa male
(come una ferita arsa di sale).

Bologna, 29-01-‘13

Finestra del soggiorno

Mi parli come certi impressionisti
acquerello contro l’acqua del cielo
colorato di nuvole e rami spogli
in un attimo transiti e racconti
una storia che non riesco a fermare.

Bologna, 21-01-’13

Reparto di pneumologia

Gesti ripetuti stanchi
ma nuovi
in un reparto d’affanni normali,
piccolo lazzaretto d’uomini.
i gesti, le cure, si sta appesi
alla loro allegria di professione
 di necessità
di chissaché,
la vita non è soltanto catarro.

Bologna 15-01-2013

Macchine dell’ossigeno

Amabili ora appaiono
loro tre a bocca aperta.
Non è facile faticare il soffio
come accadde a mio figlio
e anche a voi nonni senza dentiere
vorrei dare un bacio.
Chi mi strinse, padre,  al seno e al bene
come ad un riscatto?

Bologna, 15-01-‘13

Domani è un altro giorno

Avanza la notte, Pietro
il mio vicino,
s’attacca al trapezio
e dice “domani”.
Risale il cimurro dei rimpianti
poi scoppia un colpo di tosse come di pianti.

Bologna 15-01-’13

Sabato mattina

Non T’ho guardato
non T’ho pensato stamane
vi ho cercato fino alle serrande abbassate
dove dormivate
non ho suonato
vi ho guardato
vi ho pensato
ma il desiderio non parla se non vien toccato.

Bologna 12-01-’13

Caterina

Occhi di cielo non abbandonarmi in volo
proprio ora che si scompiglia il capo
s’abbandona il cuore sempre più appassionato.
Caterina, Lui solo conosce i camminamenti nei boschi,
i nostri, i tuoi, le consolazioni,
le desolazioni, le paure, i morsi.
La sofferenza e la gioia sono giornate della stessa vita
amanti dello stesso amore.

Bologna, 27-12-2012

Preghiera di Natale

Cosa ci conquista in questo piccolo imbonitore
appena nato, che già si carica tutto il nostro dolore?
Seducente Santo di Dio senza aureola e lumini
è reale la tua storia come l’inquieto viaggio dei nostri destini,
a volte la povertà innalza le mete della conoscenza,
tu povero, l’han capito i pastori, sei la gioia e la sapienza.
Far parte, far parte, far parte di questa storia
che si insinua nel cuore e si concluderà con la Tua Gloria:
prendici al tuo servizio Signore buono,
per portare nel mondo la tua pace e il tuo perdono!
Amen.

Bologna, 25-12-2012

Jazz

Dissonanze casuali
fingono di concludere
un’armonia notturna

Bologna, 16-12-2012

Domenica mattina

Ci guarda il cielo di casa nostra
in un’estraneità senza nome.

Come si può dormire al tempo
nei risentimenti invece di gridare

fino all’eco dentro di una tua parola.

Bologna, 16-12-2012

Astri del mattino

Una stella
sua luna sorella
mi han sorpreso.
E ho mandato un bacio al cielo.

Bologna, 11 dicembre 2012

Alberi fuori stagione

Riestiva,

neve caduta dagli alberi
sotto il sole che nuda le foglie
con luci di  finta primavera 

tra poco saran gemme
le bianche stelle del cielo
a cullare il Mistero
è Natale.

Bologna, 9 dicembre 2012

Meditazione

Hai scelto la vita.
E i suoi tentennamenti
i suoi andirivieni
i conti che non tornano
le esperienze,
ciò che non puoi prevedere.
L’hai scelta per salvare il mondo.
Venire al mondo.
Come un figlio d’uomo.
Incognita,
perché l’uomo può negarti
e rinnegarti come suo salvatore.
Quando tornerai, troverai la fede sulla terra?
Incognita,
la stessa, le stesse incognite
della vita di un uomo.

E dei suoi figli:

rischi.

Che rischio ti sei preso a vivere una vita umana!

A usare la vita.

E non la magia

e  non la forza.

Hai usato lo strumento più incontrollabile.

L’unico completamente incontrollabile.

 

Bologna, 13-11-2012

Fave dei morti

Oggi non è terra del sole

nascosti i colori
rinascono colline
di uggia

il vitigno di Malaga che qui attecchisce,
ha il sapore di certi passiti
di dove il sole non passa mai

e fa festa con le fave dei morti

chiusi in casa a Castrocaro si assapora
– il tempo
in questa culla di eternità

Castrocaro Terme 17-11-‘12

Calar del sole

E qui
sempre qui,

alla rotonda,

si eterna lo spettacolo
della trafittura di luce

come un rosone cromato

sulla facciata del cielo.

Villanova di Castenaso 6-11-2012

Cortile

Rincorse e fischi di merli
per l’aria
mi alzano lo sguardo alla luna
nel chiarore di prima mattina

Bologna 6-11-2012

Santa Messa

Desiderata e inaspettata
nelle braccia dei ragazzi
festa
sacrificio
concupiscenza di vita!

Bologna 3-10-12

Vaccinazioni

Come nel video della cantante che scorre
il tuo omero adulto e lentigginoso
aveva due segni
su cui bambino mi soffermavo curioso:
rose nella carne ancora giovane di donna
e matura di madre,
perché mi attraevano?
Mamma come hanno fatto?
Hai sentito male?
Ma non ti stavano male
quei due sigilli
che erano stati sanguinanti
e i miei occhi intanto
adoravano tutto di te.

Bologna 31-10-2012

Stasera una birra

Le parole lente e tarde
che non ho assaporato mai
in quest’ora laida e cortese
dei locali di periferia,
mi invitano qui
a rivedermi nella grassa
rilassata figura davanti a me.
E non so perdere il tempo
non ne conosco il valore,
abbrevio il rito come l’avido amore rubato.
Ma non ancora, non vorrei dire buonanotte,
c’è tempo per pagare il conto, stasera.

Bologna, 29-10-2012

Fiume Po

Argentato e turgido
fiume irriso e reso grande
dalla luce dell’ora solare
come una consolazione nordica
nel permanere estatico delle chiatte
sulla scia più fonda del riflesso.

Bologna > Milano 29-10-2012

Martiri neri

Tocca a voi
ora
come fascine
affastellate
fumiganti,
quale onore
che resurrezione
dolentà
di amanti
dalla morte,
così lontani
così fratelli.

Bologna, 23-10-2012

Fotogrammi

Chiaroscuro trafitto
– tra i vetri
luce che sa di calore
c’è più colore
di quanto ne sperassi stamane

plumbeo cielo
come di una ciano
impressa di oceano
in un mattino d’ottobre
che non ha ottenebrato lo sguardo

Bologna 16-10-2012

Cortile dei nonni

Le rosee ortensie lungo la stradina
e dopo il fonte il melograno

scherzi orditi di fratelli
poi su di corsa per lo scalone
alla calda casa comunale

melagrane spaccava mia nonna
che pulivo con puntiglio dalle membrane

e in una coppa i chicchi
come perle discinte,
pallidi riflessi rossastri
amavo vedere sciorinare tra le dita,

aspro, dolce e succo offerto di vita in vita.

Bologna 14-10-12

Ciao Dad

Sospiro quel saluto
che non ti ho insegnato io,
come invece ha fatto Lui
che sospira il mio Padre Nostro
e lo spera ogni giorno
più cordiale e informale.

Bologna 12-10-2012

Cieli d’Autunno

Sempre azzurra la tela
dei cieli arati di rosa
come ora li vedo ridenti e maestosi
al cedere e al sorgere dei giorni.
Mi rimboccava le lenzuola setose
con un bacio e una parola
suadenti
e in tutti i crepuscoli del cuore
ho iniziato a pregare Te
che riposi e risvegli le penombre terrene.

Bologna 8-10-12

Bar

Notarla sempre per quel particolare.

Occhi stanchi che s’ingannano,

ma il primo sguardo fu puro
pensieri sul suo lavoro di cameriera.

Proprio oggi, Tu che mieti dove non hai seminato,
lei serviva più lieta

e sentire, sentire,
sentire più prorompente del suo seno un’onda d’amore.

Bologna 28-09-2012

Resurrezione

Stasera a San Luca eri bella
e ridevi sulle colline
perché Tuo Figlio ti ha inondato di gioia

Bologna 22-09-12

San Luca

Sempre più bruma
anche al sole
tra le quinte di colline
che velano lo sguardo
sulla scena
del teatro della Guardia
dove chi sale a pregare
trova la Donna
che ha occhi di lacrime e risa
e insieme
sembrano affacciarsi alla balaustra
per lo spettacolo dell’infinito

Bologna 22-09-12

Mattino Di Settembre

Trasale il sole sullo specchietto
lungo i viali di circonvallazione

Bologna 21-09-12

Serata Di Settembre

Colli come allori all’imbrunire
quasi siepi irregolari
dove trasecola il sole

Bologna 20-09-12

Ginecologia

Seduta ti rimane ancora un poco,
incinta,
come un fagotto tra le cosce ed il seno

dolce lo guardi
allibita
e fai come toccarlo
quasi che fosse già nato
coccole rimandate

ora ti chiamano, forse è già tempo
sarà una vita, la sua, a disvelare il mistero
che oggi, madre, ti sfuggirà.

Bologna 19-09-12

Rita

Come la vedo io?
Come ti vedo io mistero doloroso?
Da egoista.
E me l’hai insegnato tu.
Per quella parte di sacrificio che hai offerto
per me,
finalmente abbandonato al Padre.
Amore senza ritorno e senza confronto
di donna,
poi sei caduta io credo di gioia.
Tu stessa mi scrivesti in coda a quella canzone
strani versi senza immaginare come:
“…io non ho paura/di quello che non so spiegare
di quello che ci cambierà

E chiedo continuamente al Padre che mi attiri,
– come una calamità ardente,
– a Gesù.
– Lui lo disse:
– se lo chiederete al Padre,
– in mio nome,
– vi esaudirà.
– E in questa Famiglia
– le promesse
– si mantengono,
– sempre!

Altro che paura!”

Bologna 19-09-12

Promessa

Svegliarsi sazi alle tre
quando i fornai vanno a dormire
non vi sono punti di riferimento
nell’andar via del tempo.

Non c’è cadenza che tenga
non spartito –
solo i giorni lunghi e brevi
– della pazienza

muto e arido grido d’amore.

Bologna 19-09-12

Pronto soccorso

Una lastra d’ansia
s’intuisce sul tuo viso

così trionfante così indifeso,
quindic’anni su spine di cuori
indelebilmente
come un dovere d’affetto,
di primo acchito
a chiunque
com’era tra i tuoi.

Si separeranno, ora, le loro sponde
mentre le tue acque ricche
chiederebbero un letto sicuro
come quand’eri bambino,

necessitano nuove
sponde protette da scorze di fortezza

insensibilmente scostanti
eppure presenti
al tuo scorrere generoso,

fino ad una sinfonia di larghe anse d’amore

Bologna 16-09-2012

Uomo Finestra

Sei mancato e non so chi tu fossi
mentore paziente,
so che allargavi gli orizzonti
della mia mente,
io intirizzito e acerbo della grande Milano.

Bologna 12-09-12

Alla stessa ora

Città mattutina travagliata di traffici,
prima della materna guardavamo i cartoon
dentro lo stesso tripudio di vita.

Bologna 11-09-12

Carnato

C’è più terra e c’è più cielo
in questo presagio d’autunno

Bologna 10-09-12

Il tuo volto bello

Sì m’importa di me,
che tu traluca
anch’in me,
mio t’adoro Gesù.

Bologna, 10-09-12

Anniversario di nozze

So solo che dialogare con lei aveva per te il sapore dell’aria.
Dovresti prestarmi tu le parole babbo
per dire la compagnia di anni e anni
che io ho conosciuto solo da figlio
e gli anni e gli anni della tua solitudine.
Mi basta la tua persona eretta
la speranza che sopravanza lo sconforto
e quella forza sconosciuta che aspetta
come una conoscenza nuova
il sussurrìo sempre più chiaro di lei…

Bologna 29-08-2012

Andando al lavoro

E’ d’oro dietro il parco dei cedri
la nuova alba di questo anno
e si diffonde mite e terso il giorno
andando al lavoro. –
– Ora Ti prego:
che sorga musicale il generare
come questo diffuso albore.

Bologna, 27-08-12

Colline d’Agosto

Tiepide verdi e lievi colline
(neppur’alta Bertinoro)
che il cuore di romagna custodite
compagne discrete di viaggi
lungo la strada normale al cielo,
con ritmo ombrato e lento
in dolce processione
sinuosamente andate
nelle luci radenti della sera.
La piana mancante –
di slanci e pinnacoli di montagna
rientra dal mare in città e paesi
mentre suonan le campane
ché Lui scenda con la pioggia su questa terra
che lavora sorda
ma il cuore non vuole levare
più in alto delle sue colline.
Pesano i dorati vitigni.

Rimini-Bologna 24-08-12

Segni d’argilla

Profili di donna
lungo la passerella della spiaggia
traiettoria di libertà
che ci attrae e distacca
alla nostra destinazione.

Marina Romea 18-08-12

Riflessi sul mare 3

Trillano sul mare ritmi mutevoli di luce

Marina Romea 18-08-12

Poetica

Improvvisa
infinita vita

Marina Romea 17-08-12

Abbronzature

Il provvisorio splendore di corpi
nella torrida spiaggia accecata di sole
è disinvolto e inconsapevole tripudio a Dio.

Marina Romea 17-08-12

Nave da crociera a Marina

Bianca Sfinge, non so risponderti:
quanto sanguinerà ancora il Mediterraneo?

Marina Romea 17-08-12

Riflessi sul mare 2

Bianche lucine di presepe
ricamano il mare stamane.

Marina Romea 17-08-12

Riflessi sul mare 1

Brina di sole che si disfa e si rifà
sul mare stamattina.

Marina Romea 16-08-12

Giunco d’estate

Filiforme raggrinzita t’avanzi
passi di convalescenza di piedi e non di gamba
sulla sabbia fina fatichi e non affondi
fibra forte tenace e testarda
il tuo fisico s’appoggia
il tuo sguardo sofferto e concentrato
segue in questa spiaggia
la direzione del tempo.
E chiedi che sia clemente per tutti.

Marina Romea 15-08-12

Ferragosto

Cosce di calore e di colore
si consumano in un caos
di sguardi sparsi e persi
storditi di disordine.
In questo formicaio bruciato di consunzione
– e non del sole
la via non è l’astrazione
ma l’assunzione.

Marina Romea 15-08-12

Auguri Ada

E’ impossibile pensarti senza i tuoi affetti
aurora di Ferragosto.
Andremo a lavorare a giornata
da Colei che per prima è stata assunta.
– Forza partiamo
tra un po’ è tempo di vendemmia.
Amore.

Marina Romea 15-08-12

Vigilia Di Ferragosto

Scorrono collanine impolsate
imbracciate e accollate
come figurine variopinte e contese
dalle ragazze
e dai bambini
dalle signore accrocchiatesi
nel clima insolitamente clemente di punta.
Hai fatto affari amico
nel suq di colori improvvisato.
Indossateli domani (!) i colori ilari
per la Regina dei corpi.

Marina Romea 14-08-12

Mattino in valle

Tornano i gabbiani
dalla valle al mare
proteggono i pini
le tiepide acque di riva
che l’aria non smuove di terra,
mentre le trama il muto boccheggiare dei pesci.
Più in là, cartapesta lavoratissima,
la corrente affonda nel blu
e sembra ritrarsi a Nord,
l’upupa e il picchio
ripetono diverse alternanze
e su questa valle
ballano dei cuori le danze.

Marina Romea 14-08-12

Olimpiadi

Occhi di lacrime o di ghiaccio gli atleti
quando passa l’inno che li incorona
viaggio nel paese in cui sperano di vivere
e che s’imbandiera come fosse il loro.

Marina Romea 11-08-2012

Mareggiata

Costa d’acqua franta e striata
arrivi d’oceano in Adriatico
non è levigato il bassotorbido
– oggi ondifrago.
Mareggiata –
salita di tuffi di rischio
acqua fresca ossigenata,
la solita noia sopraffatta
e inondata da nuova voglia di vita.

Marina Romea 11-08-2012

Valle a Marina Romea

Sorge dietro i pini il sole
rosa la valle bassa
dove le chiazze meno increspano
e cullano tiepide i gabbiani.
Prospettive rovesciate
dei bacini chiusi, rare folate
di fenicotteri ed aironi
nei romantici colori.
Qui sul quai è facile pregare
che s’è incarnato in un seno materno,
e questa valle sospira
commossa di lacrime.

Marina Romea 10-08-2012

Solleone San Lorenzo

Fiero agosto che par serio e immòto
abbronzatura di riva ritirata
tamburar di temerari fin a tarda
non s’àncora allo zenit il solleone
e prima sera la terra non s’arrende
all’orbitar di carminio e di candore.
Solleone di ore e di sguardi arsi
che non del tutto questa notte archivia,
guizzi di sguardi immortalano rapiti
non meteore ma luci di certezza.

Marina Romea 10-08-2012

Pineta marittima

Ampia pila di frescura benedetta
pur se sai di mare e di salsedine
e i pini qui son tese di cappello
al pari di montagna aghifoglie
verde foresta sei.
Ombra e ristoro al tuo riparo
e vola più forte sul tuo cielo
la brezza del mare alle campagne
accarezzando la bassa Romagna
e a questo volar ti progettarono i benedettini
col loro voler collaborare al creatore
che dà refrigerio e speranza ai campi e a chi lavora.
Concepimento amoroso e cosmico
di cui oggi gode ancora
chi t’attraversa guardando l’arenile a est
o percorrendo in longitudine i sentieri
dalle salaci valli
ma pure dai morti acquitrini
che ricordano le paludi di un tempo.
I pini
abbracciandosi in cima
ove son marittimi
ricordano da queste parti
archi di antiche basiliche.
Vien voglia nuova di piantumare
le paludi di solitudine del nostro tempo.

Marina Romea 7-08-2012

Aurora

E’ arrivata un’ambasciata sotto l’ombrellone

un’aurora di amicizia che scioglie la paura.

Tenerezza e fragilità

e l’incredibile dono al mondo

(che tu gioiosa e giocosa scopri)

dei tuoi occhi blu commossi

da tuo padre presi

e quelle labbra comprese di stupore

ammiccano di sorriso

sprizzano di gioia in compagnia

poi  raggomitolata a tua madre

tutte le braccia e le gambe esulti.

Allora inoltro l’ambasciata

all’aurora di ogni giorno

come una speranza d’amore

da accudire diuturna.

 

Marina Romea 7-08-2012

Braccia del porto

Due bianche braccia e qualche capanno
come le mura di Troia
in un mare di guerra
per chi ha dentro ormai
il sapore frusto del vento
e della pesca al largo
delle navi e dei vaporetti
il gusto avaro dei commerci
e quello prodigo dello svago a vela
di una temperie che comunque illude, soffre
e ripiomba nella risacca dell’onda
sperando che il faro un giorno
proclami amore.
Ormai sei rifugio saltuario
al mio pensiero ondivago e temerario
non più immemore che in questo porticciolo
provvisoriamente accogliente
anche noi indigeni siamo solo turisti.

Marina Romea 7-08-2012

Acquamarina

Gioia del mare
mi chiedesti tu quell’estate, primamore
vero e orfano
quando la Stella del mare
mi arrese
in lacrime e risa
e anche mia madre si prese.
Pietra terragna ed unica
la più semplice delle nobili
che vive di luci sublimi e riflesse
incastonate nei cieli del mare
e decanta il nostro triste
essere orfani
trasparendo ‘l Suo amormaterno.

Marina Romea 5-08-2012

Mezzogiorno levante

Brillìo d’incanto
sotto barche ammainate
aspettando pomeriggio scirocco
che capovolgerà la clessidra dei riflessi
con tenace brezza.
Ora, alle ore contate
ai sorrisi bianchi di ragazzate
alle sabbie roventi ed assolate
Dio non lesina chiarità.
E gli uomini prendono abbagli.

Marina Romea 4-08-2012

Guardare avanti

Sposto gli appunti sul tavolo
in un istante che non è banale
sento che me ne sto andando.
Malinconia mortale alla mia età
se il gesto che accompagna il respiro
non è per la Tua gloria e per il Tuo ritorno.

Vitalità

Sei volato.
E volerai lentamente mi auguro.
Prima ci hai addormentato tra favole e carte da gioco.
Già in società, noi recalcitranti la prima elementare.
Hai sempre spinto tu, ora già maturo
non possiamo dartelo a vedere
sull’acceleratore della vita.
Che non si spenga
che s’affermi il tuo essere uomo
con la vitalità dei calci ad un pallone
di amori sempre più presi
sei tu che prorompi.
E ci rimandi nel mondo
dove tu, figlio mio, sembri entrato prima di noi.

Sogno e Ideale

Come al solito l’hai vista tu la piccola preda
in becco al gabbiano controcorrente.
Per diciotto anni consecutivi di passione
ti ho confidato (a te) il mio sogno di amicizia,
ma forse solo ora ne parlavo umanamente.
Attimi e ferite necessari
del tempo e degli amici che ho sognato.
Era infinito come il mare e volatile
come la sabbia che calcavamo,
il necessario sfarinamento dei sogni al veder nuovi orizzonti.

Mail da un amico

Dopo che ti ho letto al chiuso dell’aria condizionata
mi si è spalancato l’animo a notte fonda,
ho aperto la finestra e non c’era il cielo stellato
(cercavo in cielo la fratellanza)
ma l’aria profumata saliva alle narici da terra,
in un’onda di fragranza.

L’amico di strada

Chissà come è successo?
Me lo sono chiesto tante volte
dandoti gli spicci
e quella volta un pocket coffee estivo
che hai preso benedicendo
dal mio finestrino col tuo unico braccio.
Oggi col caldo la camicia te l’eri tolta
e andando via dall’incrocio
che ti ha adottato
verso il centro città
la portavi sulla spalla monca.
Forse per coprirla forse per renderla utile,
ma avevi un portamento da attore consumato.
Che la tua benedizione mi accompagni
lungo la strada, amico.

Leggerezza

Ti ho vista fine e sensuale in tutto
seduta al tavolino del dehors,
le gambe in spontanee pòse
e le mani mentre parlavi…
cosa c’entravano quegli short
con gli occhi verdi, fieri, puliti?
Tutto irradiava un mezzogiorno di quasi agosto
sul tuo volto.
Si dice gli occhi e i tuoi sognavano
e guardavano lontano
e il corpo era fine, levigato e affusolato,
seducente, nei vestiti, apparentemente buttati là.
Vederti è stato un piacere,
vederti è stato puro,
come la storia di miracolo, la vita, che cambia lo sguardo.
Poi mi sono chinato sui leggeri involtini del ristorante greco.

Icone

Siamo icone come specchi
di un’immagine in immagini
su di noi dove tutto traluce
un significato di bellezza.
E non ascoltiamo la musica dentro
e non recitiamo la poesia
per paura di soffrire
perdiamo la speranza, tragicamente.
Ma sempre lo sappiamo
cosa fare di giorno in giorno
come una spada al calor glaciale
posta tra l’essere e il nulla.

Particelle?

Luci sull’autostrada
nel nodo di Bologna
sfrecciare a notte tarda,
forse un luccichìo fraterno.

Popolo

Ed è un lento macerarsi a far da sentinella
non comandare in battaglia
ma rispondere alla domanda
che tiene il cuore sveglio
come stilla di lacrime sul viso
chi sei tu che mi dai respiro?

Foglie

Per un attimo mi ripiegavo cupo sui fogli.
E lo sapevo.
Che non potevo riassumerle tutte, signorotto triste, le ramificazioni dei pensieri, degli spunti.
Aperture.
Così una sorpresa come quella di Alesa nel vedere scuotere il mio desk.
Non di terremoto.
Di brezza delle foglie. Attraverso il vetro e la tagliente luce mattutina.

Per il Cev

C’è anche chi dice che siete tutti la stessa razza.
Coraggio dell’ignoranza
negazione dell’evidenza.
E’ logico è facile cercare spiegazioni
del perché il tuo tratto gentile
ha voluto far questa fine
e si è interrotto.
Del perché di fronte al destino
ha prevalso la solitudine.
Anch’io ti avrei dato la mia preferenza
a tutte le elezioni
tu eri il boss dei matrimoni
delle preferenze, quelle della gente
e dei campi sportivi.
Era amicizia, eri buono, ma non eri un boss.
Eppure non è vana la tua vita Maurizio
la tua gente
costruirà e ricostruirà come te,
per passione di civile amicizia.

Bar 2

Lievi convenevoli nei bar
viene così  il regno dei cieli.

Turbamenti

C’è un attimo nel mio sguardo
tra l’apparire di una bellezza procace e provocante
e il marcire furtivo della sua immagine fugace in me,
in cui mi invade prepotente e felice
la bellezza infinita e verace dell’essere.
E mi sconcerta.

Fino a licenziare la vita

Assumere i figli caricarseli
chissà magari averli sperati altrove.
E poi non reggere più
questo tutt’uno d’azienda e famiglia
che ha fatto parte di un amore
sconfinato.
Come quando muore un amico
si velano gli occhi
e il cuore dubita
che ce la si possa fare tutti quanti.
Non coi conti a fine mese
Ma col ritorno alla fine dei giorni.

Moreneta

Tra agavi e capre
mentre ci precedevi veloce
nella salita coi tuoi diec’anni
noi che lo riscoprivamo per caso
come un buon vino assolato
che prima riguardi
questo Monserrato dell’Elba.
Ti stavamo dietro a fatica
increduli che ci fosse ancora la prova
di una promessa e di un’invocazione:
Pietro e Ada uniti per sempre.
Nell’intonaco della porta
scritta con la forza di un destino
prorompente che doveva attecchire
in terra sconsacrata
abbiamo trovato incisa
la rabbia di dodic’anni prima.
E ci siamo stretti tutti e tre
come abbracciando tutto e tutti
dal santuario impervio e profumato
che guarda il mare.

Con l’ignoto

Sbandare abbandonare schemi meschini.
Bisognava andare
oltre la misura
per riavere vita.
Per ritrovare
la pace di un’apertura
infinita.
Io, dominato da te
spalancato istante
trattengo i volti non già il respiro mio,
squadernarsi e stupirsi in protési destini.

Ferita aperta

Per questo inquieto lavorare
non posso consigliarmi
neanche con te
sarebbero parole
le solite.
La realtà che procede
in questo trattenimento,
il dolore che sopporta
e che sopporterà
il suo patimento,
dà,
già
i compatimenti
della Sua voce
che mi fai compagna.

L’urlo di Munch

Ero combattuto tra la speranza
che tu non li sentissi
gli sbandamenti, gli stordimenti
esasperati del patire, almeno così, i miei, no.
E il desiderio che non
lo tacitassimo, noi grandi,
il tuo cuore.
“E’ poco centoventimilioni. E’ bello!”
e lo guardavi benedetto
in tv, quasi ce lo fossimo aggiudicato noi.
“Anche a me Simone piace”
e la mia voce davanti al volto dell’angoscia
ha tremato soltanto d’amore.

Deserto

Vigliaccamente perbene
e non ero io
vigliaccamente ho fatto il male
e non ero io.
Quando sarà vivo e reale
nel dono
l’amore avido della mia sete
di Te?

Squilli alla porta

Incompiuto.
Il lavoro è questa
ferita che ad ogni sosta
si sente di più.
Squilli alla porta
gioia sconfinata
che mi si stringe il cuore
se solo ritardi.
L’ansia è diventata passione
e amore
e lavoro
hanno la loro mercede.

Fantasmi

Non ti vedo
non ti sento
non sei tu.
Ora lo vedo
ora lo sento
non c’è più,
sul tuo volto
di volta in volta
l’ombra distorta
del risentimento
del momento.
Il destino ci ha smascherati.

Terrazza

Sapido ed umido asfalto
cielo tra nubi di cobalto,
immaginetta cara
terrazza di fiori rara.
Sguardo avido
che in un mattino impavido
ti cerca in ogni dove
senza saperti e senza crederti Dio.
Di ogni dove.

Mare

Gioia che si puo’ guardare irriducibile,
arte seducente e incommensurabile!
Mare di libertà che non ci vuoi arresi
se non all’infinito blu
dagli occhi sospesi.

Distanze

Echi  di te  morsi  al cuore,
l’arte di  vivere non mi  ha ucciso l’ardore.

Grazie Giacomo

Nostro padre mi ha fermato
sulla china del servilismo,
ma i tuoi semi erano gratuiti
quando un attimo ti distoglievi.
Dall’ascoltare il Giuss,
dal pregare per regalare,
è stato poche grandi volte
come quando Donadoni entrò in area.
E tu mi sussurrasti:
“cos’è questa cosa di cui tutti parlano?”
mi folgorasti, mi trafiggesti
eterna bellezza del Risorto!
Quando altrove me lo dicesti
come il segreto semplice,
che l’uomo in ogni canto di sé
in ogni scritto di sé parla di Lui.

Per Antonio Simone

Mi sono figurato io in quello spazio angusto
e solo l’offrire, silenzioso seme e giusto
renderebbe vita a quei lunghi istanti
per non abbruttirsi animali sbraitanti.
Così il silenzio sia quello tuo solito
pause infinite e sguardo mansueto
vorrei che il tuo cuore fosse lieto
perché l’ Amico ti ha fatto pulito.

Per il “Moro”

Sulle ginocchia e ad un tempo bocconi
tre volte sei caduto tra un cenno
col capitano a dirigere l’azione,
poi gli occhi riversi spalancati.
Un tremito di vita che esce e ti svuota
di dolore, del dolore delle tre cadute
di un calvario da sempre e di una passione da sempre,
di una gioia a metà.
Tu pezzo d’uomo che amavi gli angeli
e te ne eri scelto uno a fianco,
intelligente e delicata la prima che ha capito.
Vedendo il tuo volto in sorriso
che anche Gesù era caduto tre volte
prima del Paradiso.

Grigiore

Il fiore nuovo nelle ripetute cose
non appassirà
puri sguardi di rugiada e rose
lo veglieranno eterni.