Migranti sì, migranti no

Le proiezioni demografiche danno centinaia di milioni di africani che esonderanno entro pochi decenni dal loro continente verso l’Europa. A molti perciò la strategia di Salvini e con lui dell’internazionale sovranista di superare Dublino 3 semplicemente chiudendo ermeticamente (0 ingressi salvo i corridoi umanitari) i confini esterni di tutta l’Unione europea, pare non realistica, se non nel brevissimo periodo, almeno nel medio. Certo sarà difficile resistere, tanto più con un’opinione pubblica europea divisa e col richiamo all’accoglienza della Chiesa. Sarà difficile perché questa strategia è miope almeno quanto autolesionista è quella dell’accoglienza indiscriminata da subito.
L’Unione non è in difetto soltanto sull’applicazione di quanto stabilito sulle quote di migranti da accogliere in ogni Stato, ma è in difetto di un progetto fatto di tempi, priorità e modalità di integrazione di fronte a quella che sarà un’emergenza epocale.
Hanno ragione coloro che dicono che sarà a rischio l’identità dell’Europa, ma hanno ragione anche coloro che dicono che cittadini si diventa e un’immigrato può in tal senso essere migliore di un nativo. La confusione non nasce qui, la confusione nasce prima, nella condivisione di ciò che la storia e la cultura dicono della vocazione dell’Europa per il mondo. E non è che ci sia confusione per il fatto che proprio l’Europa è la patria del massimo di pluralismo di visioni del mondo. C’è confusione perché manca l’identificazione di quelle cose che uniscono i popoli europei, le loro storie, le loro culture aldilà delle differenze. Come si fa allora a fare un progetto che non sia reattivo (tutti a casa) o passivo (accogliamoli tutti: centinaia di milioni?) se non si sa che cosa l’Europa è e vorrà essere?
I più illuminati dicono aiutiamoli a casa loro, esistono esperienze bellissime in Africa di condivisione e intrapresa.
Ma anche su questo l’Europa manca di chiarezza e forza, mentre la Cina (con una cultura più volta allo sfruttamento) è da anni ben presente nell’Africa, nostro continente fratello.

Bologna, 9-01-’19