Sono uomo, niente di ciò che è umano mi è estraneo

Quando dirigevo il Consorzio interuniversitario di sette Università “Nova Universitas” cercammo una frase icastica che potesse significarne lo spirito.
Fu Davide Rondoni a suggerirmi la frase di Publio Terenzio Afro: “Homo sum, humani nihil a me alienum puto” (da uomo non posso considerare estraneo a me niente di ciò che è umano). E in effetti ci occupammo di promuovere attività interdisciplinari di alta formazione che attraversarono interessi diversi. La stessa Ministra dell’Università, Maria Stella Gelmini scrisse che era un contributo innovativo e di qualità all’università italiana.
Lo strumento giuridico del Consorzio fece il suo tempo, ma quella frase, quell’idea, che già prima conoscevo, ma che nel corso di quel lavoro fu verificata, continuò a baluginare nella mia mente come pulviscolo in un occhio che non riesci a toglierti.
E’ una suggestione che chiede quell’allargamento della ragione di cui parlò Benedetto XVI. E di qui si capisce che la Chiesa è Magistra vitae.
Questa suggestione ha guidato il mio lavoro di ricerca e scrittura poetiche e non solo.
E’ stata anche un orientamento morale e spirituale.
Perché per dirla in termini laici, l’umanità si capisce da quanto non ha paura di confrontarsi con tutto,
niente di ciò che è umano mi è estraneo, vuol dire non un’idea di uomo, ma l’uomo concreto non mi è estraneo, con tutte le sue devianze e contraddizioni, imperfezioni.
Forme d’arte che non consideravo, le prese di posizione che non si capiscono, l’affetto per gli animali di cui avevo paura, la tenerezza verso persone di altre tendenze sessuali, il riconoscimento che i migranti vanno innanzitutto accolti, mettermi in discussione di fronte a persone che consideravo antipatiche. Sono uomo, niente di ciò che è umano reputo estraneo. Fobie, antipatie vengono corrette e anche superate dal lavoro del giudizio e dell’affetto, l’altro non mi è estraneo, siamo creature, ci apparteniamo.
Accettare questa sfida può mettere in ginocchio, il premio però non è solo una ragione che si allarga, ma anche un cuore che si spalanca.  Il peccato, anche in senso laico, è il limite posto a questo spalancamento, ed è inevitabile: quel che conta è la semplicità di riconoscerlo.
Il tempo farà il resto.

 

Ravenna, 8/01/’22