‘Nella terra dell’apparente niente’ (P.L.) – recensione di Davide Rondoni

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Il diario spoglio di Pietro Lorenzetti

di Davide Rondoni

Nel suo “Nella terra dell’apparente niente” (Bonomo 2019) Pietro Lorenzetti continua la sua opera di scavo esistenziale in versi, che nel tempo mi pare stia raggiungendo una maturità dove forza di evocazione e forma tendono a raggiungersi. Sono testi con un linguaggio ricco ma spoglio (solo qua e là occhieggiano certi giochi) abitati da una tensione sincera a indagare tra sperdimenti di riflessione e immagini del quotidiano quale sia la posta in gioco dell’esistenza.

“Al mio processo ho patteggiato
un ergastolo d’amore
alla vita e alle sue condizioni”

scrive in un breve testo, fulminante, che solo una lettura superficiale potrebbe scambiare per un testo amoroso, e invece rivela, nella sua durezza, una vicenda ben più vasta e drammatica. La vita e le “sue condizioni” sono del resto un tema ricorrente nel libro e declinato in vario modo. Tali “condizioni” infatti sono indagate e rappresentate, sorprese nelle immagini del figlio che esce dal campo di gioco, nelle foto sfogliate del padre, nella “paura del vento” che vorrebbe “levare dagli occhi”, in una libertà amata, terribilmente, “più della speranza”.
Leggere questi testi con attenzione alle faglie che si aprono, alle ombre che nel nitore del dettato affiorano, significa rendere giustizia al lavoro del poeta e ottenere il massimo che essi possono offrire. E anche laddove il tono si fa pensoso, dichiarativo, a tratti asseverativo, si coglie ovunque un grande tremore, una qualità di ritmo interiore che sostiene anche i momenti più caduchi. Ne risaltano alcuni testi e momenti sfolgoranti, come quello del selfie in cui l’autore vede la solitudine di una persona e questa, forse, risulta come una pugnalata all’osservatore:

Ti sei fatta un selfie
e solo
allora
ho notato
che eri da sola
coi tuoi capelli rossi
al sole, al vento che portavano via
la gonna,
il cappello,
l’anima.

Lorenzetti non devia da una sorta di percorso e di tono diaristico, ma ne sta facendo, per spogliazione e acquisizione, una sua cifra stilistica e non un limite.
In una progressione che è al tempo stesso concentrazione nella scoperta dell’amore come dismisura attuale e presente del tempo che corre e va, e a volte sembra regnare in una terra che rende “niente” la vita. A questa vittoria apparente lo sguardo del poeta, mai indenne, si oppone.