Game over?

Lo spread ci dicono non è un problema astrattamente finanziario, ma incide pesantemente sull’economia reale. È vero. Ed è anche vero che queste dinamiche siano ampiamente influenzate dalla politica. Proviamo ad immaginare come sarebbero andate le cose se gli attori di questa crisi europea, invece che mettere all’indice l’Italia prima di vedere gli effetti della manovra finanziaria, avessero mostrato rispetto per ciò che era logica conseguenza, in un Paese sovrano, del voto del 4 marzo. Non è astratta di per sé la politica, non lo è l’economia, non lo è nemmeno la finanza. Esse sono variabili dipendenti delle relazioni concrete tra persone, gruppi, territori, capi politici, capi di stato. La minacciata procedura di infrazione all’Italia, Paese fondatore dell’Europa, too big to fail, sembra anticipare il declino dell’Europa dell’astrazione, tutta regoline e regolette, salvo infrangerle per i protetti, interessi segreti e non detti, ideologie gloriose e atti spregiudicati, a condizionare i mercati, pur di affamare chi dissenta, chi tenti strade nuove.
Ciò a cui si attacca pervicacemente il 60% degli italiani sembra ai commentatori qualcosa di inspiegabile.
È il reddito di cittadinanza, sono le pensioni, è la sicurezza? Io credo nessuna di queste cose presa singolarmente, è probabilmente un istinto di sopravvivenza, perché la società dell’astrazione ha fatto crescere a dismisura le diseguaglianze e l’impoverimento, nonché la violenza e il degrado delle nostre periferie. E che dire della disoccupazione? Che dire dell’emigrazione intellettuale al Sud? L’astrazione dal sapore neopagano che ha dominato l’Europa del trentennio liberista – infatti – non ha più saputo guardare alla vita concreta delle persone e all’umanità delle loro relazioni. Politicamente, nel segno del socialismo e del popolarismo (che –ndr – avrebbe dovuto avere una visione cristiana, mentre i suoi esponenti sono stati per decenni i paladini dello status quo) la Commissione europea ha sbandierato la parola solidarietà strumentandola in modo discutibile (vedi Ong che operano nel Mediterraneo) senza favorire lo sviluppo di un comunitarismo civile tendente realmente al bene comune. Ciò che ogni uomo crede come ideale di vita diventa sacro quando egli lo mette in gioco nella relazione con gli altri. Ma chi, a Bruxelles, ha voglia di mettersi veramente in gioco, invece di avvalorare le proprie stantie idee economiche con l’ostracismo di ogni novità, con la minaccia e, di fatto, l’uso cinico dei mercati? Diversamente sarà game over sulla discussione, ma anche sull’Europa.

Pietro Lorenzetti, Bologna, 24-11-‘18