Il secolo di chi osa (2)

Per rischiare prima del coraggio occorre un’intuizione.
L’intuizione non è una stravaganza della mente. Ma più o meno latamente consiste del significato profondissimo ed espresso in maniera insuperabile da Dante nel paradiso: “S’io mi intuassi come tu ti immii” (Cfr Paradiso IX,81).
Ogni intuizione, come ogni conoscenza che determina l’idea per la quale si rischia non nasce da un iperuranio platonico. Molto spesso una sana induzione dalla pratica, dalla concretezza dell’esperienza può avvicinare attraverso l’elaborazione creativa all’identificazione dello scopo.
Ma l’esperienza ci dice che né induzione né deduzione sono sufficienti.
Occorre quella che Aristotele chiamava meraviglia perché l’uomo si inoltri nella conoscenza vera, in una nuova conoscenza, che possa trascinare con sé il sentimento e l’azione.
E’ la conoscenza amorosa o – utilizzando un sintagma più alla moda – è l’intelligenza emotiva.
All’origine c’è l’incontro tra il nostro protenderci in uno sforzo immaginativo (intuarsi) e l’attimo (attimo fuggente?) di una rivelazione che ha sempre i connotati di qualcosa di imprevisto e assolutamente non conosciuto.
Normalmente, anche se in una sorta di trasfigurazione che solo la passione dei nostri giovani imprenditori e in generale il genio del made in Italy conosce, questo incontro tra l’io che ricerca e il tu della realtà – vissuta come alterità che sorprende – rivela un aspetto nuovo del proprio lavoro, del proprio compito, della propria missione. In certo senso una dimensione nuova. Passi e metodi nuovi, che ridefiniscono la meta.
Segue…

 

Ravenna, 29-12-’22