Come lanterne?

Nella notte dei tempi Dio creò l’uomo. Dio aveva già, azzarda l’iconografia medievale (Chartres), il volto di Cristo. L’uomo fin dall’inizio era pensato in funzione della redenzione di Cristo, dell’uomo nuovo. Non è il peccato originale (felix culpa per Agostino) che motiva l’intervento di Dio nella storia. Dio non ripara una  colpa. Non si mette una toppa in un vestito vecchio, o vino nuovo in otri vecchi. Dio manda il figlio perché l’astinenza è durata troppo. L’astinenza dalla familiarità. La famiglia di Dio, la trinità, fin dall’inizio plasma l’uomo ad immagine del figlio unigenito. Tutta la storia è la storia di questo grande amore. Che nel Natale di Betlemme si compie. E’ l’amicizia di Dio con l’uomo (‘non più servi, vi ho chiamato amici’). La compagnia dei cristiani vive solo di questa eredità e del compito di indicare che essa è destino per ogni uomo. Per questo noi sappiamo quando vediamo il telegiornale che c’è un movimento di superficie orchestrato dai potenti e che c’è un invisibile movimento di profondità che è il sale che si scioglie, che è il lievito che si impasta. E’ il Regno di Dio, che viene incontro alla fiumana umana attraverso i nostri gesti più semplici, coraggiosi e gentili (Carofiglio), offerti inconsapevolmente sull’altare di un bancone da bar ringraziando per un cappuccino. Sale, lievito, le grandi metafore evangeliche del Regno. Ma ce n’è un’altra. Quella della lanterna. La lanterna non è fatta per stare sotto il moggio, ma sopra il moggio. Cosa è questa lanterna? Cosa non é? Non è una verità usata come clava, non è una verità senza misericordia, non è una verità affermata senza che essa rappresenti prima di tutto un giudizio su colui che la afferma. La scienza dice che pochi micromillesimali di tempo dopo il big bang l’universo aveva la grandezza di un melone. E la ricerca tenterà ora di fermare le immagini prima.
Allora scienza e amore si incontreranno! La lanterna non è, nella metafora, qualcosa fuori di noi. Ma è qualcosa che è dentro di noi come l’universo nel grembo di Dio. La lanterna è il desiderio messo come stigmate (se non accettato e riconosciuto dissangua) nel cuore di OGNI uomo. Ed è grande, in finito, creativo. Che la lanterna vada messa sopra il moggio vuol dire che il desiderio umano, di bellezza, verità, giustizia, è insopprimibile e deve combattere e orientare  dal profondo la superficie della storia. Ecco la lanterna del profondo va portata in superficie. Perché il profondo è buono. Perché Gesù ha già vinto l’epica battaglia degli abissi, perché già nella creazione l’universo usciva dal grembo di Dio e noi venivamo plasmati dalle mani di Cristo.
La semplicità di cuore consente di portare il desiderio profondo alla luce della giornata terrena. Il desiderio di ogni uomo contiene tutti gli elementi della sua vocazione nel mondo (Recalcati). Dalla semplicità, libera nasce la creatività di ogni giorno, del politico come della casalinga (Giussani). Anche il limite e il peccato – l’uomo semplice lo sa – sono permessi per farci ricordare ‘anche nella distrazione di ogni giorno che tutto viene da Lui’;  ‘attraverso il peccato che è l’infermità più amara, più mordace, più avvilente, l’uomo trova se stesso, la verità di se stesso: l’essere creatura, figlio di Dio, fatto da Dio, istante per istante il polpastrello delle sue mani modula la nostra cera, così molle, così sottile, che dal nulla nasce e al nulla ritornerebbe. Perciò neanche l’obiezione che la menzogna pone davanti ai nostri occhi, neanche questa obiezione valga a fermarvi. La vostra convivenza, che proprio nella fatica trova la sua prova – la sua prova, il gusto di diventare vostra, la vostra unità. Il gusto della collaborazione.’ (Giussani, omelia ad un matrimonio).

 

Ravenna, 16-12-’21