Le sirene

Ci fu un momento in cui capì che bene bene
non sapeva fare niente,
bene che andasse sapeva riconoscere
le sirene

Avevano da bambini svariate volte ad agosto
attese quelle del treno in fondo a via Dorese
(c’erano le more lungo i binari)

Aveva atteso incredulo con l’aplomb paradossale
di chi è abituato ad essere fottuto
quelle dei vari 118

Ma una spensierata perdizione
sempre troppo abissale
per smettere con ragione di ricercare
gli aveva detto infine che se la conta a terra
non era arrivata fino a dieci
ci si poteva ancora rialzare
e lo avrebbe rifatto
finché il cubo di Rubik
non si fosse chiuso a lapide sul nome e sul battesimo

Possibile che fosse questo lo strano destino di Pedro Pedreiro
il figlio del geometra il palazzinaro ingenuo
il seguace di Trasumanar Organizzar ritornato alle lettere
per non far danno?

Ascoltare le sirene una vita e sviarsi,
quelle del treno
quelle del 118
quelle delle guerre non guerreggiate,
delle navi che entravano in porto
del turno di fabbrica a mezzogiorno alla Callegari
del fargli credere sorrisi di ragazze comprati anche se regalati
dell’abbrivio di un discorso che prometteva e infine toglieva

Ora però le sirene sapeva distinguerle molto bene
le une dalle altre
anche il rimescolare delle carte

Solo che ora non c’era più tempo per cimentarsi in alcunché

C’era solo l’inesorabile spazio vuoto dell’ignoto
e finalmente la resa stremata
cui non importava più niente dei bilanci della vita
ma che chiedeva alla notte
là dove c’era l’alluvione
affetto, amicizia e soccorso

‘Succurre cadenti’
implorare salvezza per le vie contorte della vita
ora dunque veniva
semplice
da dentro

 

Ravenna, 3-05-’23