‘Il regalo più grande’

In una società liquida ci vuole qualcosa di indissolubile.
Solo da lì si può ricominciare.
Dove Cristo ha fatto il primo miracolo, a un matrimonio, quel vino buono in dialetto milanese che Dario Fo cantava mirabilmente nel suo ‘Mistero buffo’.
Il dono di quel vino stava a significare per tutti gli amori del mondo che una volta che non ne avessero avuto più, sarebbe arrivato quello più buono. ‘Il regalo più grande’ che il cristianesimo ha fatto all’umanità, anche a chi non ce la fa, anche a chi ha altre tendenze è l’indissolubilità del matrimonio cristiano.
Era costume, fu spesso anche ipocrisia. Sarebbe ipocrisia, tanto è negato il desiderio di fondersi se non in alcuni momenti, che non sempre si può dire tutto, sarebbe ipocrisia nella sua pretesa di eternità, sarebbe ipocrisia l’eternità del legame che il cuore dell’uomo desidera, se non ci fosse la consapevolezza del divino nel rapporto.
Ho sempre detto che per quanto avessi avuto dal primo momento la consapevolezza che il rapporto con mia moglie fosse l’avventura col nostro-mio destino, mai le avrei detto ‘ti amo perché c’è Cristo’ (il rischio di ridurre l’altro a pretesto, illudendosi che la vita cristiana possa tenere in piedi una vita di coppia che non si voglia affrontare).
Ma il punto è un altro. Non è la famiglia tribù come qualcuno ha detto, che appunto aggira il problema, e tantomeno la famiglia borghese  causa di tante nevrosi.
Il punto è se sia possibile una famiglia destino, dove marito e moglie – prima che padre e madre – inizino un cammino, presentito e avvertito come possibilità dall’inizio, di redenzione del loro passato, di amore nel presente e di apertura al futuro. La famiglia destino non finisce mai di lottare, con dentro la promessa di significato e di eternità del proprio legame. Il cielo che tocca la terra all’orizzonte è là dove i corruttibili legami umani si fanno eterni.
Gesù conosceva bene questo tipo di rapporto tra l’uomo e la donna, il sonno travagliato di Giuseppe e il travaglio di Maria e sapeva che se l’Onnipotente aveva affidato la storia della salvezza a questa storia tanto umana, avrebbe continuato a farlo.
Molti nuovi diritti vengono rivendicati. Bene. Non c’è nessun modello da difendere. Con tutti varrà la legge della fraternità e dell’amicizia sociale, come richiama papa Francesco.
Un’amicizia che abbraccia tutto e tutti e che diventa responsabilità civile.
Essa però non ce la fa senza l’intervento di Dio che avviene nel legame basico e primario, come per Adamo ed Eva. Uomini e donne uniti dal sacro, per sempre, che scommessa, che bellezza all’orizzonte, dove cielo e terra si toccano!
Così avranno più forza anche quei tanti che stanno insieme una vita, per i figli, per il loro avvenire, per una certa forma di solidarietà. Per un senso di responsabilità verso il destino e la società che in qualche modo fa parte del rapporto.

 

 

Marina Romea 9-09-’21