Aquarius

Il caso della nave Aquarius con il suo carico di migranti, aldilà degli aspetti di natura procedurale in esso implicati, che in questa sede non si vuole, né si può prendere in esame, ha fatto esplodere la contraddizione esistente tra un certo modo di intendere l’interesse nazionale e le esigenze di una solidarietà verso i migranti che da anni sconta molti limiti.
E’ evidente che tra “prima gli italiani” e “accogliamoli tutti” è impossibile una sintesi. La contraddizione si fa agghiacciante alla luce di una sorta di “dottrina Trump” in salsa salviniana dell'”alzare la voce fa bene”, che nel caso del Presidente americano ha voluto dire in neanche due anni rischiare la guerra nucleare con la Corea del Nord, aprire una guerra commerciale con la Cina e l’Europa, scatenare la guerriglia nei territori di Gaza a seguito dello spostamento dell’ambasciata a Gerusalemme, tirarsi fuori dall’accordo sul nucleare iraniano, bombardare la Siria, ecc…
Sembra che la dottrina Trump (l’originale; di quella di Salvini non è dato ancora sapere) in parte funzioni.
In effetti dal 1989 vi è stato un periodo di globalizzazione “buonista” (ricordiamo il “Fine della storia” di Francis Fukuyama) che non teneva conto con realismo della natura umana nella sua infingardaggine sempre riaffiorante e soprattutto del fatto che l’unità tra gli uomini va costruita nella concretezza della vita, sulla terra della solidità. L’amicizia tra le persone è un’aspirazione originaria, che però si realizza solo con un riconoscimento e superamento del limite, della contraddizione, del sentimento di ostilità.
Detto ciò, se la speranza non era la globalizzazione “buonista”, essa non può essere incarnata nemmeno dai vari sovranismi.
Se infatti i sovranisti, con la loro dose di populismo, hanno il pregio di evocare il popolo e talora di dargli voce, noi sappiamo anche che essi, oltre a interpretarne semplicisticamente le istanze, inducono il popolo stesso in una sorta di dipendenza paralizzante, nel senso che tendono a ridurre i termini dell’azione degli individui e dei gruppi alla reattività e alla delega della responsabilità al capo politico.
Poi c’è il tema dell’impatto educativo di tali decisioni e anche del loro contraltare.
Un ragazzino delle elementari o delle medie cosa potrà credere, credere e sapere, vedendo che il nostro Paese chiude i porti a una nave con 629 persone bisognose di soccorso e magari sentendosi bombardato da una propaganda ideologica di segno opposto camuffata da insegnamento?
E chi ricorderà a questi ragazzi che molte delle azioni di accoglienza e integrazione più concrete e qualitativamente efficaci le svolgono organizzazioni cattoliche?
Così, tanto per vedere la concretezza e dargli un nome. Insieme con altri nomi e volti naturalmente.
Poi c’è il cosiddetto “mondo di mezzo” che ha fatto i soldi sui migranti.
A tutto ciò non c’è una risposta. Siamo in viaggio.
Aquarius siamo noi, tra le promesse mancate della globalizzazione e i sovranismi che chiudono i porti. Li chiudono a chi ancora crede nella terra promessa dell’Occidente, mentre ad aspettarli c’è solo la terra di mezzo. Nel caso di Aquarius il mare di mezzo. Tra Italia, Malta e Spagna, Aquarius cerca un approdo.
Anche la nostra Civiltà cerca una terra di approdo nuova per sé e per altri popoli.

Bologna, 12-06-’18