Hannah Arendt sull’amicizia

“Per i Greci l’essenza dell’amicizia consisteva nel discorso. Essi sostenevano che solo un costante scambio di parole poteva unire i cittadini in una polis. Chiamavano filantropia questa umanità che si realizza nel dialogo dell’amicizia, poiché essa si manifesta nella disponibilità a condividere il mondo con altri uomini”.
“Oggi siamo abituati a vedere nell’amico solo un fenomeno di intimità, in cui gli amici aprono la loro anima senza tener conto del mondo e delle sue esigenze. Invece il colloquio intimo in cui gli individui parlano di se stessi deve aprirsi al dialogo, che per quanto intriso del piacere relativo alla presenza dell’amico si occupa del mondo comune, che rimane ‘inumano’ in un senso del tutto letterale finché delle persone non ne fanno costantemente un argomento di discorso tra loro”.
(Amicizia è..) “… non generica immedesimazione, né accattivante empatia, ma dal sé fare spazio all’altro, con il proprio concreto esistere intraprendere il viaggio politico e pubblico verso la diversità in me e fuori di me, accettando il cambiamento di ciascuno che ne deriverà”.
“Questo modo di concepire la nostra ‘umanità’ ci permette di dialogare con un maomettano convinto, un ebreo pio o un cristiano credente”.
“Agire nel mondo ognuno nel proprio ambito e nelle proprie possibilità, facendoci uscire da una posizione di indignazione passiva, ci immunizza da quell’atteggiamento che ci fa sentire impotenti e lascia quindi libera strada proprio a chi vorremmo combattere”.
(Hannah Arendt, L’umanità in tempi bui, 1959)
Ravenna, 2-12-’21