Un 2024 elettorale – appunti

I temi che caratterizzano la tornata elettorale di giugno per il Parlamento europeo, come d’altra parte in altre situazioni del mondo tante altre competizioni elettorali che si terranno nel 2024, si incroceranno intorno a una questione di fondo, vale a dire la posizione che si assume di fronte al fenomeno della globalizzazione.
E’ chiaro, come è stato scritto, che fin dal suo primo manifestarsi tale fenomeno ha suscitato sia speranze, sia paure. E anche benefici concreti, come pericoli e danni.
Non si può credere alle ‘magnifiche sorti e progressive’ della globalizzazione.
E’ di tutta evidenza che essendo passati da 3 miliardi di persone sulla terra a circa 8 in pochi decenni, la vicinanza si presenti come elemento critico, cioè pericolo od opportunità. Rischio di scontro e inimicizia, come possibilità di incontro e amicizia.
L’umanità può essere una famiglia?
A giudicare dal numero e dalla violenza delle guerre che ci sono oggi sul pianeta non sembra possibile (sulla terra e non solo: è di oggi l’indiscrezione di fonte americana secondo cui la Federazione russa avrebbe allo studio un dispositivo atomico per far saltare satelliti spaziali nemici di nuova generazione).
Ora ci si potrebbe soffermare sugli interessi e sui progetti comuni a parti del mondo che possono motivare e rendere possibile la collaborazione e questo è sicuramente un livello della questione.
Certamente sugli interessi e sui progetti in campo si implementerà l’Unione europea e bisognerà dichiararli in sede di campagna elettorale da parte di tutti i partiti. Non dico da parte delle famiglie politiche perché credo che vi sarà, all’indomani del voto, ed è meglio se sarà così, una situazione fluida e un ricollocarsi dei partiti nazionali, delle famiglie politiche e probabilmente maggioranze in parte variabili (o appoggi esterni) in funzione delle votazioni per la Commissione e per i principali dossier.
Ma c’è un quid che non compare in tutto il dibattito politico (peraltro per ora poco incentrato sui temi di interesse europeo) e che è anche il convitato di pietra quando si parla di globalizzazione.
E’ l’aspetto più distintivo dell’umanità e dell’umanesimo, è il cuore.
I sistemi politici, tantopiù in epoca di globalizzazione devono tutelare le società e le società prima che da interessi e progetti sono tenute insieme da una tensione ideale.
La verifica della verità dei valori e delle tradizioni sta nella capacità di aprirsi alle altre realtà valoriali, come se gli esploratori del ‘500 non avessero avuto l’esito del colonialismo ma l’incontro (ed è stato in realtà così in alcuni casi). Ma le grandi monarchie di allora, le multinazionali di allora non lo resero possibile andando alla sottomissione delle popolazioni indigene. E’ un fenomeno che oggi verrebbe definito capitalismo predatorio come avviene in Africa. La postura culturale del Piano Mattei rovescia il paradigma.
La modernità ha significato anche per l’Europa la scoperta della soggettività, che le crisi nei vari passaggi e nelle varie declinazioni del ‘900 hanno messo davanti alla paura, all’orrore e alla confusa, ma inamovibile convinzione cinica che si possa distruggere tutto, ma non si possa –  insieme – costruire nulla, con una conseguente paralisi delle volontà.
Non ci tirerà fuori dalle secche, perciò, l’assioma tutto sociologico che, raggiunto il livello più basso si verifichi il momento in cui le società risalgono, ma sarà una questione di libertà che riguarderà l’uomo singolo, in comunità e nelle società, rappresentato dalla politica (non populista, ma popolare e capace di dialogo).
Come accennavo, la prima risorsa che l’uomo ha è il suo cuore che non è un insieme di reazioni, emozioni e sentimenti, ma di esigenze di fondo e di evidenze esperienziali e storiche.
Per tutti, per le società, ascoltare il cuore è il modo per trovare i camminamenti.

 

Ravenna, 15-02-’24