Propaganda (anche di guerra) e nuova consapevolezza

P.L., UN’AMICIZIA CIVILE, 2014, PAGG. 48-49:
“SOGGETTO E DATO
Nei fenomeni sociali poche sono le circostanze inevitabili o che non si sarebbero potute evitare, anzi
nessuna, e tutte sono l’esito composito di volontà di potenza e volontà di dono, mescolate come grano e zizzania fino alla fine della storia.
Ma allora ha ragione Vattimo, il reale è l’interpretazione che ne do?
Questa svista, questa rinuncia di fronte al dato della creazione, è scongiurato dall’incarnazione: il fatto dove l’Onnipotente ha abitato la terra e prima ancora il ventre di una giovane donna che si è donata: e così una volta per tutte la volontà di dono di una creatura ha partecipato della potenza invincibile.
Se è così, mentre mi addentro nell’interpretazione della realtà in una serie progressiva di barriere che cadono e di immagini che si presentano a dire “son più reale io”, c’è sempre la possibilità di ritornare all’evidenza primaria del dato, anche nel suo aspetto di limite e di male, che Dio permette, e di viverlo in rapporto al suo senso, alla sua destinazione. Dio, infatti, attraverso la realtà, educa gli uomini e i popoli.
Nuove energie sociali possono sprigionarsi solo come collaborazione all’affermazione di un senso, cioè di una direzione della storia, togliendoci dall’impotenza in cui il potere ci vorrebbe cacciare avvalendosi dell’idea di ineluttabilità dei fatti sociali.
Un senso della storia per collaborare a orientarne il corso. È l’assenza del senso all’origine della diatriba tra neorealisti ed ermeneutici.
Il fatto esiste in rapporto al senso (logos) e l’interpretazione consiste nell’offrire l’azione per scoprire e
collaborare a manifestare il senso.
1) Il metodo dunque è sempre partire dall’esperienza.
2) I fatti sono dati. Anche i fenomeni sociali che sono condizionati dal libero arbitrio. Poiché Dio c’è, un
fatto ingiusto ai miei occhi, prima che ingiusto, è un fatto. Anche se frutto della volontà di un altro uomo. Dio permette anche il male, per un bene.
3) Di fronte al fatto la mia ragione si interroga. A due livelli:
a) dà un giudizio sul merito dell’evento.
b) si chiede perché Dio (il destino) me l’ha dato. Cosa vuole da me?
4) Di fronte al dato, che è ultimamente la manifestazione della libertà di Dio, è in ogni caso qualcosa che Dio permette, la mia libertà si mette in rapporto, entra in azione per quanto le è consentito, e cerca di rendere adeguata –se necessario contribuendo a cambiarla– la circostanza alla ricchezza della mia umanità, che trova nel rapporto con Dio la difesa e il destino più alti. “
Pietro Lorenzetti