La vita che immaginavi
Una vita forse frustrata a insegnare elettronica,
la simpatia degli studenti dell’Itis,
tu sulla sedia d’ospedale,
con le calze bianche contenitive e i sandali a far da contrappunto,
il bianco camice da letto,
sembri una maschera di Goldoni o di Molière.
I canuti capelli tirati indietro
e i quasi boccoli sulle orecchie attorno a rosee gote:
lo riveli alla fisiatra che avresti preferito il teatro e la letteratura,
così anche nel tempo della costrizione a letto,
come nella condizione del lavoro,
la tua maschera ha rivelato, per tutta la vita, una tenue
sensibilità finissima,
ma continua a negarci per un nonnulla la tua anima.
Dietro una qualche signorilità, anch’io vorrei trincerarmi
per disarmare le impressioni
e amare un attimo prima di giudicare.
Bologna, 9-02-’14